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Il tutto ovviamente dee essere coordinato con il principio dispositivo, per cui il giudice non può mai decidere ultra petita.

• Per quel che riguarda il primo punto, vale a dire in presenza di una versione concorde dei contraenti, la

giurisprudenza in alcune occasioni ha escluso la possibilità per il giudice di discostarsi dalla comune

interpretazione del contratto proposta dalle parti. La dottrina, a partire da uno studio di Schlesinger, si è invece

per lo più espressa in senso favorevole.

In realtà anche a questo proposito occorre distinguere a seconda che la questione interessi solo le

o parti od anche i terzi. Se le parti concordano su di un’interpretazione del contratto, non vi è in realtà

motivo di discostarsi da essa, non essendo un punto controverso; salvo ovviamente che si tratti di

un’interpretazione del tutto inverosimile, indirizzata a creare un’apparenza, a dissimulare la vera

interpretazione dei contraenti, od anche a frodare la legge od a recare nocumento a terze persone, nel

qual caso prevalgono le esigenze di tutela dell’affidamento.

Ancora diverso è il caso in cui l’accordo interpretativo sottenda in realtà un accordo modificativo del

o contratto. Anche nei casi di questo genere, vi è un indubbio profilo di tutela dell’affidamento dei terzi;

l’accordo può inoltre essere finalizzato ad eludere norme interpretative, salve ancora eventuali carenze

sotto il profilo formale, ove si tratti di un accordo modificativo di un contratto per il quale è previsto

l’impiego della forma scritta.

Un’altra possibilità ancora è che le parti risolvano un dubbio di carattere interpretativo mediante un atto

o di interpretazione autentica. L’interpretazione autentica costituisce una tipica applicazione del contratto

di accertamento, il quale ovviamente vincola le parti in modo definitivo ad intendere una situazione

controversa in conformità a quanto accertato. Sempreché ovviamente siano rispettati i requisiti di

forma e di sostanza previsti in materia di contratto di accertamento; trattandosi di un contratto di

secondo grado, la forma dovrà essere infatti determinata per relationem; sotto il profilo della sostanza

accertare non significa inoltre modificare, ma unicamente sciogliere eventuali dubbi di carattere

interpretativo. Questo non significa ovviamente che non sia consentito altresì modificare il contratto,

ma il negozio modificativo è un qualcosa di diverso sia sotto il profilo formale che sostanziale rispetto

all’accertamento. Là dove finisce l’interpretazione autentica inizia infatti l’accordo modificativo, anche

se in concreto può non essere facile distinguere le due situazioni, si consideri infatti che ove le parti

non si siano attenute ai criteri interpretativi legali, il loro accordo ha un contenuto innovativo rispetto a

quello precedente.

• Ancora diverso è il caso in cui le parti propongano due interpretazioni differenti del contratto, come del resto il

più delle volte avviene. Anche nei casi di questo genere occorre ritenere che il giudice, sempre nei limiti del

principio dispositivo, non sia necessariamente vincolato alle interpretazioni proposte dalle parti, che proprio per

essere entrambe di parte, non necessariamente sono oggettive; ma ben possa proporne una terza in

applicazione dei principi ermeneutici previsti dal codice.

• Ancora diverso è il caso in cui il debitore interpreti male, ma adempia bene; nei casi di questo genere la

controparte non dovrebbe avere motivo di doglianza.

Volontà e dichiarazione.

In tutti i sistemi considerati viene enunciato il principio per cui l’interprete non deve limitarsi al significato letterale delle

parole, ma deve indagare quale sia stata la volontà comune delle parti.

Il senso della norma è chiaro: l’interprete non deve limitarsi ad un’indagine di carattere testuale, ma deve cercare di

ricostruire la volontà delle parti.

In una prospettiva rigorosamente volontarista, il requisito della volontà comune è stato inteso in senso psicologico, come

effettiva ricerca della volontà comune delle parti.

In una prospettiva più marcatamente dichiarazionistica, per ricerca della volontà comune si è inteso l’accertamento del

significato oggettivo del contratto quale risulta dal tenore delle dichiarazioni e dei comportamenti delle parti.

In ogni caso il primo passo consiste ovviamente nel verificare se le parti hanno effettivamente inteso dar vita ad un

rapporto contrattuale giuridicamente vincolante.

In secondo luogo occorre cercare di ricostruire l’esatto contenuto di tale volontà, nonché l’effettivo contenuto

dell’accordo.

Per comune ammissione, i motivi per cui i contraenti concludono il contratto possono anche essere divergenti. Questo

non esclude che il contratto possa essere validamente concluso.

Parimenti, il contratto è validamente concluso anche se ciascuna parte riteneva che dal contratto discendessero

conseguenze giuridiche differenti; al limite il contratto è validamente concluso anche in presenza di un errore o di una

divergenza tra la volontà e la dichiarazione, ove non si tratti di un errore essenziale, riconoscibile, sia possibile rettificare

il contratto, o siano prescritti i termini per l’impugnazione.

Vero è che la dichiarazione contrattuale può risultare giuridicamente vincolante anche in assenza di un effettivo incontro

tra le volontà; nei casi di questo genere, tenuto conto dell’impossibilità di ricostruire un nucleo comune di volontà,

l’interprete dovrà comunque cercare di attribuire un significato oggettivo al contratto in applicazione di criteri di

ermeneutica previsti dal legislatore. Interpretazione letterale.

Ai sensi dell’articolo 1632 comma 1 cc, nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia la comune intenzione delle

parti e non limitarsi al significato letterale delle parole.

La norma presuppone l’esistenza di una dichiarazione, in forma scritta od orale, composta di parole.

Il comma 2 precisa ulteriormente che per valutare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro

comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

Si tratta di principi che all’incirca vengono enunciati da tutti i codici continentali, a partire dal codice Napoleone.

Numerosi sono peraltro i problemi che tuttora si pongono in sede di esegesi di questa norma, cardine dell’interpretazione

soggettiva.

In particolare non del tutto chiariti sono i rapporti tra testo e contesto.

In Italia il dato non appare del tutto chiarito neppure oggi, sebbene siano ormai passati molti anni da quando il codice è

entrato in vigore.

In base ad un primo filone giurisprudenziale, se il testo della dichiarazione non dà adito a dubbi di carattere

interpretativo, non sarebbe possibile prendere in considerazione elementi o dati di carattere extratestuale. Che viceversa

sarebbe possibile in presenza di un documento non chiaro, in via sussidiaria. Competerebbe inoltre al giudice di merito

valutare a questi fini il grado di chiarezza della clausola contrattuale, con conseguente possibilità di ritenere esaustivo ai

fini dell’accertamento della volontà delle parti il solo riscontro letterale e sistematico. Fermo restando il principio che in

presenza di cancellature od abrasioni occorre in ogni caso cercare di risalire alle ragioni sottostanti che hanno indotto ad

effettuarle.

In base ad un secondo filone giurisprudenziale, la possibilità di ricorrere ad elementi extratestuali non sarebbe limitata ai

soli casi in cui il documento dà adito a dubbi di carattere interpretativo, ma sarebbe possibile in ogni caso; in questa

prospettiva, l’interpretazione extratestuale non sarebbe subordinata a quella testuale, ma potrebbe aver luogo in ogni

caso, dato che ben può prospettarsi il caso di un documento apparentemente chiaro, ma in contrasto con elementi di

carattere extratestuale.

Fermo peraltro il principio che il senso letterale della dichiarazione costituisce il punto di partenza dell’interpretazione,

con la conseguenza che l’attribuzione alla dichiarazione di un significato diverso deve essere adeguatamente motivata.

Il principio della prevalenza della volontà sul significato letterale delle parole, anche noto come falsa demonstratio non

nocet, trova del resto specifica applicazione in materia di testamenti. La dottrina concorda inoltre che, anche in assenza

di un richiamo specifico, principi analoghi trovano applicazione anche in materia contrattuale.

In questo contesto non sono sicuramente chiare le ragioni del persistere di una regola giurisprudenziale che viceversa

relega il ricorso ai dati extratestuali ai soli casi in cui l’interpretazione testuale dia adito a dubbi di carattere interpretativo.

Quello che comunque è possibile rilevare, è che si tratta di una problematica ampiamente condivisa anche in altri

ordinamenti europei, ed in particolare nei Paesi di common law, dove tradizionalmente si consentiva l’ingresso della

prova testimoniale solo in presenza di un dubbio interpretativo non risolvibile in virtù della sola interpretazione letterale.

In questa prospettiva può quindi ritenersi che attualmente in Italia convivano due regole, una più antiquata ed una più

moderna che consente in ogni caso il ricorso ad elementi di carattere extratestuale, che anche in una prospettiva

europea è destinata ad assumere il sopravvento, in quanto connotata da una razionalità intrinseca maggiore.

Auspicabile sarebbe comunque un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Contratti redatti in più lingue.

Problemi particolari sorgono nel caso in cui il contratto sia stato redatto in più versioni linguistiche; nei casi di questo

genere sembra preferibile privilegiare l’interpretazione desumibile dalla versione in cui è stato redatto originariamente il

contratto. Interpretazione sistematica.

In ogni caso il criterio di interpretazione letterale non può operare da solo, ma deve essere utilizzato congiuntamente con

quello di interpretazione logica. Ai sensi dell’articolo 1363 cc, le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo

delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.

Il testo contrattuale deve infatti essere considerato in modo complessivo, considerando le singole clausole non

separatamente, ma nella loro connessione reciproca.

In questa prospettiva eventuali contrasti tra clausole potranno essere risolti in via interpretativa, cercando di risalire al

senso complessivo del contratto; salvo ovviamente che il testo sia talmente contraddittorio da non consentire di

ricostruire un significato plausibile del contratto, come per esempio nel caso in cui una parte asserisce di vendere e

l’altra di prendere in locazione, con conseguente incon

Dettagli
A.A. 2017-2018
17 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca ghione di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Gallo Paolo.