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FONTI DEL DIRITTO EUROPEO (THE EU LAW)

Esistono tre fonti principali (le parole costituzione, decreto e legge non esistono nel contesto del diritto dell'UE, anche se hanno le stesse funzioni):

  • I trattati costituenti: questi sono i trattati (internazionali) che hanno costituito e fondato l'UE, a partire dai Trattati di Roma del 1957, passando per Maastricht, Lisbona, ecc. i quali hanno progressivamente regolato diversi e progressivi ambiti della vita dell'Unione (compiti delle istituzioni europee, commercio, economia, sistema doganale, difesa, rapporti di politica estera, diritti umani e giustizia). Essendo come trattati internazionali, è necessaria la ratifica unanime di ogni membro al fine di apportare modifiche.
  • I regolamenti: è un testo estremamente simile alle leggi interne di uno Stato, poiché essendo adottata in modo tassativo e perentorio, può modificare automaticamente la legge interna degli Stati membri ed essere subito efficace ed applicabile.
  • Le direttive: sono atti normativi che stabiliscono degli obiettivi da raggiungere entro un determinato termine, lasciando agli Stati membri la scelta dei mezzi per raggiungerli. Gli Stati membri devono recepire le direttive nel loro ordinamento giuridico interno entro il termine stabilito.

applicata (sia che uno Stato sia monista o dualista).

Le direttive: queste hanno un impatto diverso, è politico. L'UE non vuole imporre una particolare legge uguale e tassativo per tutti i membri, ma vuole introdurre una integrazione più leggera, uno standard generale. L'UE impone solo delle linee guida al fine che le leggi attuate dai paesi membri tendano ad un certo obiettivo specifico (come la lotta alla pubblicità ingannevole) in modo eterogeneo e con mezzi diversi, ma seguendo lo stesso principio. Ciò che viene lasciato ai paesi membri sono le modalità con cui i membri implementano tali principi. I paesi membri sono però obbligati a uniformarsi alle direttive europee entro una certa data (di solito entro due anni) specificata nella direttiva. Dopo l'implementazione il paese membro deve trasmettere alla Commissione europea la legge approvata e questa verificherà l'ottemperanza all'obiettivo e ai principi.

delineati nella direttiva. In caso di non ottemperanza, nel contenuto o proprio nel ritardo dell'implementazione, i paesi membri possono subire una procedura di infrazione, naturalmente dopo la procedura prevista per questi casi, fatta di: lettere, opinioni, dopo cui si può arrivare a richiami o minacce di essere portati di fronte alla Corte di giustizia europea o di sospensioni di finanziamenti nazionali (questa è una modalità persuasiva quasi sempre efficace).

Un "trucco" politico della Commissione per far passare una direttiva, potrebbe essere quello di promulgare una direttiva particolarmente dettagliata da lasciare poco spazio per le modalità ai paesi membri.

La differenza tra questi due strumenti sono gli obiettivi diversi che vogliono perseguire: uno persegue l'armonizzazione e l'altro l'unificazione.

Le corti dei paesi membri dell'UE sono obbligate, in caso di dubbi, ad interrogare la Corte di giustizia dell'UE.

In caso di difficoltà nell'interpretazione del diritto dell'UE, dei regolamenti e delle direttive. Questo obbligo deriva dalla volontà di uniformare e armonizzare l'applicazione e l'interpretazione delle norme europee su tutto il territorio dell'Unione; per esempio, per le normative della concorrenza in ambito di mercato unico.

Nel caso delle risoluzioni del Parlamento europeo, diverse da regolamenti e direttive, non c'è obbligo di adempimento. Le risoluzioni colpiscono un particolare problema e sono uno strumento debole, hanno solo un fine politico e morale, di determinare dunque una linea di comportamento degli Stati membri che però non ha un valore legale coercitivo.

LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

I pilastri di questa comunità sono:

  • gli Stati (indipendenti e sovrani) e le Organizzazioni internazionali.
  • Gli individui non fanno parte di questa comunità ma alcuni magnati dell'industria o filantropi.
(comeBill Gates), vista la loro influenza, possono diventare soggetti di rilevanza internazionale.

Un'altra figura internazionale è quella delle ONG, che giocano un ruolo importante nelle dinamiche globali ma non hanno uno status di Stato (anche se la National Red Cross ha un seggio nell'Assemblea Generale dell'ONU).

Una condizione particolare è quella dei movimenti di liberazione, tipici dei paesi in una condizione statale critica o transitoria, come una guerra civile. Questi sono potenzialmente futuri Stati, a seconda dell'andamento delle operazioni sul campo (difatti, il loro ruolo deriva dal controllo di un territorio, di una parte di popolazione, caratteristiche affini alla definizione di Stato).

Infine, le corporazioni e le multinazionali possono avere un ruolo, insieme ai loro "leader", nella comunità internazionale.

I prerequisiti per essere uno Stato, che devono essere accontentati contemporaneamente:

  • Un
  • territorio definito, reale, tangibile. La dimensione e la struttura geografica sono irrilevanti. Non appartenere a un altro Stato: come il caso di Taiwan; in teoria, i territori acquisiti con la forza non fanno parte dello Stato. Una popolazione permanente. La dimensione è irrilevante. In questa voce nasce la controversia dell'autodeterminazione dei popoli (in particolare delle minoranze secessioniste). Una struttura di governo (deve esserci un'istituzione, di qualsiasi tipo democratico o non, che controlli effettivamente il territorio e la popolazione). Per esempio, la Somalia è uno Stato fallito, o collassato, poiché non controlla effettivamente la totalità del suo territorio e popolazione. Un altro caso particolare sono i Governi in esilio, come durante la Seconda Guerra Mondiale (i governi di Polonia, Olanda che si sono rifugiati a Londra, i quali non avevano alcun effettivo controllo, ma erano riconosciuti per motivi politici durante la loro occupazione). Dunque,alla luce di queste definizioni, bisogno tenere conto della forte componente politica dei vari casi, alfine di definire uno Stato.Il principio di autodeterminazione dei popoli nasce nel periodo post-coloniale (decolonizzazione), dopo il secondo dopo guerra, in particolare durante gli anni '50 e '60, in cui si verificarono l'affermazione di molti nuovi Stati in Africa, nati sulle ceneri degli ex imperi coloniali europei.Non è facile determinare quale sia l'esatto contenuto del principio in quanto principio giuridico: si applica soltanto ai popoli sottoposti ad un Governo straniero (autodeterminazione esterna), in primo luogo ai popoli (ormai pochi) soggetti a dominazione coloniale, in secondo luogo alle popolazioni di territori conquistati ed occupati con la forza. Questo principio permette ai popoli sottoposti a dominio straniero di divenire indipendenti e scegliere il proprio regime politico.Questo principio ha un limite temporale, non si applica

    Antecedentemente all'epoca in cui questo principio si è affermato, il secondo dopoguerra. Su questo divergono due principi della carta ONU, che apportano spinte storiche diverse. In particolare, la dichiarazione dell'ONU (14 Dic. 1960) sul concedere l'indipendenza ai popoli e ai paesi coloniali:

    • Art. 2, tutti i popoli hanno il diritto a definirsi come uno Stato sovrano con un territorio
    • Art. 6, il principio di integrità territoriale degli Stati esistenti

    La dichiarazione prevede, e consiglia, che questa divergenza si risolva con un referendum, poiché l'ONU tende ad interpretare l'autodeterminazione come sinonimo di democrazia e legittimazione democratica dei Governi. Questo però crea difficoltà a seconda della circostanza: chi deve votare? Tutta la popolazione presente, quella di origine o quella arrivata dopo? I paesi ex coloniali devono avere questa libertà di decisione? La norma si è adattata sul

    salvaguardare l'integrità territoriale. Infatti, in base a tale principio occorre tenere conto dei legami storico-geografici del territorio da decolonizzare con uno Stato contiguo formato anche esso, magari precedentemente, per decolonizzazione. La sfera di applicazione di questo principio è piuttosto incerta: tutto ciò che può dirsi è che il principio di autodeterminazione deve cedergli il passo solo quando la popolazione locale non sia in maggioranza indigena ma "importata" dalla madre patria. Anche in questo caso c'è però da chiedersi in che senso, e fino a che punto, le pretese dello Stato contiguo vadano soddisfatte. Occorre poi guardarsi dall'interpretare il principio di autodeterminazione come capace di avallare le aspirazioni secessionistiche di regioni o provincie più o meno autonome, e sia pure di aree etnicamente distinte dal resto di un Paese. Come è stato dimostrato (TANCREDI) non

    La secessione come rimedio alle discriminazioni

    La secessione può essere considerata un rimedio giuridico da adottare quando una minoranza è soggetta a discriminazioni intollerabili o simili. Un esempio di autodeterminazione è il caso delle isole Mayotte, situate sulla costa orientale del Madagascar, dove una parte della popolazione è di origine polinesiana.

    Nel 1974, la maggioranza dell'isola di Comorian votò per l'indipendenza, ma l'isola di Mayotte votò per la maggior parte per rimanere con la Francia. Mayotte ha una popolazione particolarmente eterogenea, con molti abitanti non mussulmani, a differenza di Comorian.

    Nel 1976, la Francia organizzò un referendum specifico solo sull'isola di Mayotte, con lo stesso quesito: rimanere o no con la madrepatria francese. Tuttavia, l'esito del referendum è stato contestato da Comorian, che ritiene che, per il principio di integrità, il primo referendum debba essere considerato legittimo poiché riguarda l'interesse di Mayotte.

    L'intero territorio. La Francia risponde con un terzo referendum (2009) presentando l'alternativa di essere territorio francese oltremare, un dipartimento (provincia francese); gli abitanti di Mayotte hanno risposto di sì, così il territorio francese è integrato amministrativamente a quello francese (oggi anche UE). Questa è stata una chiara violazione del diritto internazionale da parte della Francia (oltretutto le isole interessate non hanno alcuna rilevanza strategica o risorse di interesse).

    Il caso del Sahara Occidentale (territorio povero, senza risorse, se non per una piccola area di interesse ittico per la pesca). Quando Franco morì, il nuovo governo democratico spagnolo si trovò a dover gestire molte colonie oltremare. Dunque, il governo decise, per abbattere i costi, di abbandonare molti di questi territori, senza interessarsi degli esiti di questo "ritiro unilaterale". Subito dopo l'abbandono, il Marocco, da nord,

    e la Mauritania da est, invasero il territorio (avanzando scuse di affinità culturale e storiche). Effettivamente, la poca popolazione presente non nutriva affinità per
Dettagli
A.A. 2020-2021
16 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher quirinodamelio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di International law e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Espa Ilaria.