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Glorioso va a ricercare a che punto della tradizione giuridica data questa auto-rappresentazione

dell’individuo come insieme di dati: egli va a citare il principio di autodeterminazione informazionale del

1983, elaborato dal BVG tedesco (vd. libro).

E da allora i modi di appropriarsi di dati sono aumentati esponenzialmente (vd. tecniche di profiling, club

computing, ambiente intelligente ecc); già allora però la Corte poneva attenzione su due aspetti fondamentali:

­ esigenza di trasparenza (dell’individuo): noi siamo abituati, parlando di dati, a riferirlo

automaticamente al concetto di privacy; qui però la Corte ci dice cosa opposta, che per proteggere dati

personali serve trasparenza, cioè sapere chi, che cosa, per quanto tempo, con quali mezzi detiene i

nostri dati, perché ciascun individuo possa avere potere di autodeterminazione dei propri dati; su

ciascuno di quei 4 punti si potrebbe sollevare un dubbio di legittimità. Questo ha notevoli ripercussioni

sul piano politico, è un pre-requisito della democrazia, cioè requisito dei requisiti di libertà di pensiero,

opinione politica, espressione ecc.

Questo evita l’autocensura preventiva, tipico di una dittatura efficiente, dove non si prova nemmeno ad

esprimere un’opinione dissenziente per timore della repressione.

Nel rapporto tra autodeterminazione e privacy, se tutto è concepito come dati, non c’è nulla di più

ampio della tutela dei nostri dati; se invece questa autodeterminazione informazionale riguarda solo la

trasparenza, allora sarebbe la privacy ad essere la tutela più ampia.

­ esigenza di informazione (della collettività), di conoscere dati che sono stati resi pubblici, presupposto

per accedere a delle conoscenze (fondamento del copyright digitale); la nostra soluzione finora è stata il

consenso, ma non sempre il paradigma del consenso è sufficiente (dev’essere consenso informato,

non c’è controllo dei successivi trasferimenti dei miei dati, non c’è controllo del nuovo contesto in cui i

miei dati siano messi); eppure è stato ammesso un diritto all’oblio (a cancellare contenuti), che è una

sorta di correttivo alla logica del consenso

Dato è una differenza, un punto di non uniformità (es. la differenza tra un punto nero e uno sfondo), che può

essere percepita e isolata; è una differenza che fa una differenza, che rende visibile qualcosa.

Informazione è il significato attribuito ad un dato (informazione semantica).

Il dato può essere decontestualizzato, e quindi produrre una nuova informazione; perciò sono tutelato o no,

se il mio dato può essere decontestualizzato? E se questi dati esistono in uno spazio condiviso, può il loro

significato esser considerato privato?

Open data e trasparenza

Il principio di autodeterminazione informazionale dice qualcosa di diverso dalla privacy, cioè che in

riferimento ai dati noi dovremmo poter sapere chi come quando e perché li detiene, quindi creare una cultura

in cui i dati sono visti come aperti, accessibili, conoscibili, in base a un principio di trasparenza.

Ormai la trasparenza è un principio proprio del nostro ordinamento (vd. nei rapporti con la p.a., nel decreto

di trasparenza ?).

La trasparenza (elettronica o digitale) si rivolge ai cittadini e consiste di:

­ diritto di accedere a determinati contenuti, che prima non erano conoscibili

­ diritto di riutilizzare i dati a cui si hanno accesso 8

Questo è un diritto molto più generale del diritto amministrativo di accesso agli atti, che spetta al singolo

cittadino che ha interesse a quell’atto, mentre questo è rivolto al cittadino in generale per qualunque dato.

Concezioni della trasparenza

Ziccardi distingue quindi tra due concezioni della trasparenza:

concezione radicale della trasparenza: tutti i dati prodotti dalla p.a. o comunque detenuti da uno

• Stato dovrebbero essere accessibili e conoscibili, come una prerogativa assoluta e non negoziabile che i

cittadini hanno nei confronti dello Stato (verrebbe meno il segreto di Stato, e magari lo Stato non

avrebbe i mezzi e i fondi per rendere tutto conoscibile)

concezione limitata della trasparenza: lo Stato può individuare le classi di dati che possano essere

• rese accessibili, e questa è la tendenza prevalente

Possiamo ulteriormente distinguere:

concezione strumentale della trasparenza: io posso produrre un documento inconoscibile e

• inaccessibile, ma un certo momento renderlo accessibile e conoscibile

concezione ambientale della trasparenza: qualsiasi documento dovrebbe essere fin dall’inizio

• prodotto in modo trasparente, per cui il cittadino dovrebbe poter accedere a qualsiasi cosa riguardi lo

Stato; dovrebbe essere un principio generale per tutto ciò che è rilevante a livello pubblico; questa tesi

stenta a esser accolta, è difficile pensare a un’idea di trasparenza assoluta

c’è stato grande dibattito su consultazioni del Presidente della Repubblica per il presidente del Consiglio, se

dovessero o no essere trasmesse in streaming; ma così inevitabilmente, dall’inizio, il significato sarebbe

alterato perché ci si rivolgerebbe al pubblico piuttosto che all’interlocutore.

Trasparenza nella p.a.

Il decreto-trasparenza dispone l’accessibilità totale dell’informazione concernente l’organizzazione e

l’attività della p.a. ecc. allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle procedure e

sull’utilizzo delle risorse pubbliche, più tutti i principi enunciati, quindi:

controllo delle procedure

• affidabilità

• protezione contro la corruzione

• partecipazione alla democrazia

• uguaglianza, imparzialità, buon andamento

• efficienza delle strutture pubbliche

• garanzia di libertà e diritto

Al secondo comma subito compaiono mille deroghe alla totale affidabilità (segreto di Stato ecc.)

Tuttavia è solo presupposto che la trasparenza concorra a tutti questi scopi. Ma un conto sono i dati, un conto

sono le informazioni inserite in un certo contesto  la p.a. è obbligata a farci accedere ai dati o a rielaborarli

in modo da renderceli effettivamente comprensibili e accessibili?

Obbligo minimo sarebbe farci accedere ai dati in termini di formato aperto.

Questo è anche perché c’è un’ulteriore finalità: il riutilizzo dei dati a qualche fine (qui a maggior ragione si

pone problema del formato); sulla base della conoscenza di molti dati si può fare molto, si può prevedere e

anche influenzare il comportamento degli individui.

Copyright digitale

La rivoluzione dell’informazione e la capacità di accedere ai dati modifica alcuni istituti.

Vediamo il diritto d’autore:

­ aspetto personale : diritto di un soggetto sulla propria opera dell’ingegno, purché sia caratterizzata da

originalità, a veder riconosciuta la propria paternità dell’opera; diritto inalienabile e che non si perde

9

mai; tale diritto si acquista per il semplice fatto della creazione, senza dover chiedere un

riconoscimento

­ aspetto patrimoniale : diritto allo sfruttamento commerciale della propria opera, cedibile e con scadenza

70 anni dopo morte dell’autore

In questo modo si riconosce all’autore un monopolio legale, basato sul principio che il profitto economico

dell’autore vada a compensare lo sforzo di produzione, per cui il profitto fungerebbe da incentivo.

Come abbiamo già detto, per creare c’è bisogno della conoscenza di qualcosa; perciò se io limito fortemente

l’accesso a opere del passato, questo diventa un limite alla creazione e alla produzione di opere.

Si pone quindi il problema del rapporto tra conoscenza (delle opere del passato) e creazione (sulla base della

conoscenza delle opere del passato).

La conoscenza è un bene:

immateriale

• positivo (più ne consumi, più ne vuoi consumare)

• non rivale: il fatto che lo consumi io non impedisce che lo consumi anche qualcun altro

• non esclusivo: il fatto che lo consumi io non impedisce il godimento di qualcun altro

Quindi perché se ne dovrebbe limitare l’accesso?

L’avvento del digitale ha modificato:

­ produzione

­ distribuzione (parziale eliminazione degli intermediari, accesso a più cose)

­ possibilità di sfruttamento economico

della conoscenza.

Di conseguenza è stato più difficile proteggere i copyright, e magari alcuni autori hanno anche perso

interesse a vederlo tutelare, volendo guadagnare in altri modi.

Tale Lawrence Lesing ha esaminato il concetto di ‘pirateria’, due concetti:

­ appropriarsi del contenuto di opera di altri

­ appropriarsi del profitto di altri

Mentre il primo è inaccettabile, il secondo pone varie questioni, bisogna capire chi sul mercato organizzato

ci perda o ci guadagni.

Secondo lui conta che sempre più gente acceda a sempre più conoscenze per aumentare la creatività; secondo

altri invece la creatività è favorita da strutture più professionali per evitare impoverimento della qualità.

Vari modi di tutelare il copyright:

­ strumento giuridico classico

­ strumento scelto dall’autore (che magari pensa di guadagnare di più così, quindi il profitto non viene

comunque meno)

Etica dell’informazione

Parliamo del pensiero di Floridi. È l’inventore di una filosofia morale che ha per oggetto l’informazione.

Giunse alla conclusione che la filosofia arrivava a scontrarsi con certi aspetti della realtà, le sue risorse e

nozioni-chiave non erano sufficienti a dar conto della realtà. Perciò ebbe l’idea innovativa di partire dalla

nozione di informazione come punto centrale per spiegare la realtà.

Egli perciò riscrive e ripensa tutti i problemi classici (essere, mondo, uomo, realtà) usando la chiave di

lettura dell’informazione, guardando al mondo in cui noi conosciamo la realtà.

Floridi dice che il mondo e noi stessi siamo informazione, ma in quanto fenomeni, come ciò che possiamo

conoscere, non certo noumeni.

Tutti gli enti sono rappresentabili come oggetti informazionali; questo non vuol dire che sia l’unico metodo

per descriverlo, ma uno dei tanti, secondo lui fecondo. 10

Il mondo può essere quindi descritto come una infosfera (che va al di là della distinzione tradizionale tra

fisico e digitale, tra online e offline).

Al di là di questo punto di vista ‘ontologico’, Floridi si pone dal punto di vista morale.

La tradizione della filosofia morale è molto lunga e variegata, ma tutte queste teorie morali hanno

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A.A. 2015-2016
20 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher camsca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Informatica giuridica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Pagallo Ugo.