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Tuttavia la stratificazione dei narratori è ancora più complessa, perché tra James, il vero narratore, e
Douglas, si infrappone un altro narratore, che rimane anonimo. In questo modo James intensifica il
carattere complesso di questa narrazione.
Il titolo richiama l’imagery del mondo gotico, il giro di vite. Rivela che la presenza di un bambino
costituisce un turn of the screw, un accrescimento del dolore e della pena, e per essere coinvolti i due
bambini il racconto subisce l’effetto di un doppio giro di vite, di un accrescimento di orrore. A una
dallo stesso autore nel prologo, anzi nell’antefatto, sta
prima interpretazione il titolo, come spiegato
a simboleggiare una situazione aggravante, il dramma che si aggiunge al dramma, la goccia che fa
traboccare il vaso: all’inizio della storia, troviamo un gruppo di persone riunite attorno al fuoco
intente (come accadde alla famosa compagnia di Byron, Polidori, Percy e Mary Shelley) a raccontarsi
storie per passare il tempo, storie intense, storie terrificanti, storie spaventose, insomma storie di
fantasmi, e uno dei presenti esordisce dicendo, cosa ci può essere di più orrifico di una storia di
fantasmi in cui sia coinvolto un bambino? Semplice: una storia di fantasmi in cui appaiono non uno
ma ben due bambini. In pratica un giro di vite.
Altra interpretazione dice che rimandi all’immagine di qualcosa che gira su se stessa per fissarsi, ad
esempio, in un muro, può fare allusione ad un atteggiamento umano e psicologico, ad una volontà
ostinata e chiusa che vuole fissarsi su qualcosa. O ancora, si pensa che l’espressione richiami
l’inesorabilità, mascherata da gradualità, del soffocante crescere della pressione causato
dall'avanzamento d’una vite. Il critico Leon Edel scrive “Il vero giro di vite – il particolare acuirsi
– sta in ciò che l’istitutrice fa ai bambini […]. La sua
della pena nel racconto immaginazione
demoniaca e malvagia trasforma le sue ansietà, i suoi sensi di colpa, le sue chimere romantico/sessuali
– –
che lei considera peccaminose in demoni e spiriti dannati. Nel tentativo di lottare contro i suoi
intorno”.
demoni, infetta quelli che le stanno
Lettura prologo pag. 3 “The story had held us…” – “...She was in love.”
Douglas dice di aver trovato questo manoscritto scritto da lei poco prima di morire. Dice che era
innamorata. Una delle ospiti chiede di chi fosse innamorata, e lui risponde che la storia lo dirà, ma in
–
modo non troppo letterale. Il narratore anonimo di questa cornice rivela che questo resoconto che
–
poi costituisce il testo centrale e che lui aveva trascritto fedelmente è quello che darà in seguito. Il
povero Douglas prima di morire gli aveva affidato il manoscritto che il narratore anonimo comincia
a leggere agli amici.
Già da queste prime battute si vede come la dimensione della morte, della separazione definitiva, dei
fantasmi, si annuncino con chiarezza fin dal prologo, che fornisce alcune informazioni importanti
sull’istitutrice: sul modesto ambiente familiare da cui proviene e soprattutto sull’incontro con
l’affascinante datore di lavoro nella sua bella casa a Harley Street, al cui fascino la giovane
soccomberà prima ancora che inizi il suo racconto. l’istitutrice non abbia un nome o un volto:
La prima cosa sottolineata dalla critica è il fatto che non
è mai descritta. È un insolito punto di partenza per un protagonista che proprio nel nome trova il suo
primo e riconoscibile elemento di identificazione. Questa mancanza di nome potrebbe essere
interpretato come una volontà da parte dell’autore a non voler definire questo personaggio. Già questo
primo elemento esprime l’ambiguità di questo testo.
Dall’assenza di volto nasce poi la questione dell’attendibilità del narratore istitutrice, presentata
come un’atterrita ma coraggiosa giovane che lotta per salvare le anime dannate, oppure possiamo
pensare che sia una persona instabile che soffre di allucinazioni, che vede fantasmi che gli altri non
vedono, e che pure in questa sua follia riesce a creare un clima di terrore suggestionando non solo se
stessa ma anche gli altri, soprattutto Flora, che si ammala e viene portata via.
Douglas nel suo racconto comincia col dire che questa sua vecchia amica, la minore delle numerose
figlie di un parroco di campagna (riferimento intertestuale alla biografia di Charlotte Bronte), si era
recata a Londra per rispondere a una proposta di lavoro.
La lunghezza del testo è superiore alla ghost story ma inferiore a quella del novel, corrisponde più o
meno al nostro cento pagine.
Il dato caratterizzante di questo testo è la pervasiva ambiguità e l’inattendibilità della voce narrante,
attraverso il cui racconto il lettore viene a conoscere la storia spaventosa dei bambini dannati.
Ci sono diversi tipi di orientamenti critici: quelli che vedono nella figura senza nome che racconta la
propria storia una coraggiosa istitutrice che lotta contro insormontabili difficoltà per cercare di salvare
dai nefasti influssi provenienti dal fantasma della precedente istitutrice; quelli che vedono l’istitutrice
come una persona psichicamente instabile che soffre di allucinazioni, e quindi proietta i propri demoni
sugli altri, suggestionando i bambini fino a convincerli o spaventarli circa la minacciosa presenza di
queste forze del male.
Il prologo ci dà importanti informazioni su questo personaggio. Nel prologo si parla degli amici
riunitisi la vigilia di Natale per raccontarsi storie di fantasmi, come consuetudine. Lei era la minore
di una delle numerose figlie di un parroco di campagna, una giovane inesperta ma intelligente e piena
di entusiasmo. Dice che all’inizio della propria carriera a 20 anni si era recata a Londra per rispondere
di persona all’inserzione.
Lettura pag. 6 “The first of these – “…of author’s hand.” (Prologo)
touches…” his
Notare l’espressione usata per descrivere la morte dell’istitutrice: imbarazzo.
Già qui c’è un esercizio di ironia da parte di James quando la signora interrompe per chiedere se
l’istitutrice sia morta per eccesso di rispettabilità. Fin dall’inizio questo decesso è avvolto nel silenzio.
Mutando completamente registro, abbandonando l’ironia, viene preannunciato uno dei temi del libro:
la morte inspiegabile di Miles. Viene qui insinuata la domanda se l’incarico affidato alla giovane
inesperta istitutrice comportasse addirittura un pericolo di morte, al che Douglas replica che la
risposta di lui era parsa inquietante. Alla fine il fascino del gentiluomo sembra avere la meglio su
tutte le perplessità della ragazza, che finisce per accettare.
un’immagine fugace dello zio scapolo:
Abbiamo classe, eleganza, viaggi in terre esotiche, abiti
costosi e modi impeccabilmente gentili. Questo gentiluomo si alleggerisce di questo fardello ed esce
di scena con la calda stretta di mano nel momento in cui la ragazza accetta. Solo il modo in cui viene
posta la cosa la fa sentire ricompensata.
L’uomo pone però una terribile condizione, che ad altre candidate era parsa proibitiva: è non solo
incomprensibile e perentoria, ma anche innaturale. Se possiamo pensare che sia naturale che un
gentiluomo scapolo intendesse delegare l’istruzione dei nipoti ad un’istitutrice, ciò che risulta
inquietante è questa condizione: non è tenuta in nessuna circostanza, neanche in quella più grave, ad
informarlo sulla sorte dei nipoti. Questa richiesta è perversa, e postula non solo una barriera sociale
superata dall’amore, ma anche una netta
fra il ricco barone e la povera istitutrice che non può essere
abdicazione da parte dello zio della sua responsabilità genitoriale, dal momento che in qualità di tutore
svolge una funzione paterna.
Il rifiuto ad essere informato sulle sorti dei nipoti è aggravato dal fatto che i due bambini sono orfani,
quindi doppiamente vulnerabili. Questo è un topos tipico di tutta la letteratura gotica: i soprusi si
esercitano nei confronti di coloro che non possono godere della protezione e dell’affetto garantiti dai
genitori. I due bambini non hanno nessuno al mondo al di fuori dello zio.
Quindi si tratta di una condizione che equipara la tutela dei bambini a una sorta di transizione
commerciale. Gli obblighi genitoriali non possono prescindere dalla cura affettiva e materiale dei
Si può dire quindi che lo zio, così assorbito dai suoi impegni da non permettere all’istitutrice di
figli.
mettersi in contatto con lui, possa essere considerato il primo responsabili dei tragici eventi che si
verificheranno (morte del nipote, malattia di Flora).
La condizione che egli pone all’istitutrice ha una coloritura quasi sadica, attivando una dinamica di
dominio e sottomissione, che postula implicitamente la presenza di un carnefice e di una vittima,
sottolineata nel testo dal termine “sacrifice”.
Questo disinteresse verrà confermato in seguito dalla lettera a lui indirizzata che non apre neppure e
la invia all’istitutrice. La lettera riguarda la misteriosa espulsione di Miles. È il primo mistero con cui
si confronta l’istitutrice (2 capitolo). La lettera del collegio non spiega niente, ma dice che il bambino
non potrà più frequentare il collegio. È stato anche ipotizzato che quest’espulsione così perentoria
possa velatamente suggerire una condotta disdicevole, riferibile a comportamenti considerati
altamente scandalosi (omosessuali).
Prima ancora con Flora si era poi inaugurato un paradigma insistente nel testo: quello che vede questi
due bambini come creature soprannaturali, per bontà, intelligenza, delicatezza, sensibilità. Tutto
assurda l’espulsione. Guardiamo la descrizione nel primo capitolo.
ciò rende ancora più
Lettura pag. 9 “I had no drop…” – “…that I had fancied I heard.”
Vediamo ora la lettera dell’espulsione. Vediamo come già dall’inizio tutto è caratterizzato da una
forte ambiguità, con domande senza risposta e sottintesi poco chiari.
Lettura 2 capitolo pag. 12 “The postbag…” – “…it would be incredible.”
The Turn of the Screw è pieno di riferimenti intertestuali. Non poteva essere diversamente se si pensa
alla cultura di Henry James, che fu anche critico letterario. Ci sono riferimenti espliciti su The
Mysteries of Udolpho di Ann Radcliffe, ad Amelia di Henry Fielding, ma il testo più importante a cui
si fa riferimento è Jane Eyre di Charlotte Brontë, la cui eroina è una istitutrice. La professione di
gove