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N.B. FARE TABELLINA RISCHI
h. fra il rischio di concentrazione nel trading book e quello del banking book.
Nel trading book è il rischio che si corre esponendosi eccessivamente in pochi settori e quindi di in-
cidere negativamente sulle condizioni di negoziabilità nel breve termine.
Nel banking book, invece, essendo costituito prevalentemente da prestiti, un'eccessiva esposizione
verso pochi soggetti (unica controparte o clienti connessi) incide sulle possibilità di agire sulla leva
del prezzo.
i. fra rating (interno o esterno) e ponderazione di una esposizione.
Il metodo del rating (sia interno che interno) poggia su di una valutazione del merito di credito men-
tre la ponderazione di un'esposizione è un parametro fisso stabilito dall'accordo di Basilea II.
Il metodo del rating esterno prevede di classificare le attività a rischio in base alle controparti, che
vengono successivamente raggruppate per portafogli omogenei che saranno poi destinatari di una
ponderazione derivante dal rating assegnato da apposite agenzie specializzate ed autorizzate dalla
Vigilanza. Per ogni portafoglio è previsto un determinato peso percentuale. Ai rating migliori, segno
di buon merito creditizio, corrispondono ponderazioni inferiori; viceversa, ai rating peggiori corri-
spondono ponderazioni superiori e quindi meno favorevoli.
Il rating interno si avvale di calcoli interni alla banca per determinare i fattori di ponderazione da
applicare a ciascun prestito.
La banca deve costruire internamente le classi di rating e lo fa analizzando le componenti di rischio:
probabilità di insolvenza PD;
• la perdita in caso di insolvenza LGD;
• l'esposizione al rischio di insolvenza EAD;
• la durata del prestito M.
•
La quasi totale assenza, in Italia, di imprese dotate di rating esterni, induce le banche ad avvalersi
dei rating interni.
Questa constatazione ha indotto il Comitato di Basilea ad agevolare le banche che, dovendo giudi-
care del merito di credito delle PMI avvalendosi di rating interni, possono adottare, per le esposizio-
ni in contropartita con il portafoglio retail, regole prudenziali più favorevoli di quanto non accada
per il portafoglio corporate.
Le complesse procedure richieste possono risultare poco convenienti per fronteggiare la questione
del merito di credito di un grande numero di imprese di ridotte dimensioni, con scadenti capacità in-
formative e con fabbisogni finanziari elementari; si è così previsto che le banche possano adottare
metotodologie semplificate per assegnare rating alle PMI e che possano avvalersi, successivamente,
di strumenti di attenuazione e di aggravamento del rischio per affinare il coefficiente ponderale ini-
zialmente assegnato.
Le banche possono dunque assegnare le seguenti ponderazioni:
100% a tutte le esposizioni verso le imprese;
– 75% alle imprese che rientrano nel portafoglio retail.
–
j. fra esposizione e fido concesso.
Il fido concesso rappresenta l'insieme dei finanziamenti di cui un cliente può disporre da quella stes-
sa banca. Il fido concesso indica la facoltà del cliente di utilizzare, secondo determinate modalità, i
fidi ottenute e la locuzione fido utilizzato indica invece l'esercizio della facoltà indicata. I fidi utiliz-
zati rappresentano una quota abbastanza elevata dei fidi concessi.
Gli utilizzi che si avvicinano con sistematicità al cento per cento dell'accordato possono entrare nel-
l'ambito delle posizioni anomale.
I fidi possono essere “per cassa”, cioè utilizzati tramite conto corrente bancario come mezzo di pa-
gamento o “per firma”, cioè non consentono la movimentazione dei conti correnti da parte della
clientela, se non in casi particolari.
L'esposizione a differenza del fido non comprende solo i prestiti ma anche tutte le altre attività di ri-
schio verso un cliente.
k. fra perdita attesa e perdita inattesa.
Tutte le esposizioni incorporano una perdita attesa e vanno ponderate. Il CEBS fornisce le indica-
zioni da seguire per rilevare le posizioni che possono presentare rischi di default introducendo due
concetti: quello di perdite attese e quello di perdite inattese.
Le due locuzioni vanno riferite a tutte le esposizioni, comprese quelle in bonis; ma è fra le esposi-
zioni anomale che vanno ricercate le componenti prevalenti di perdite attese da prendere in carico
nel conto economico. Qualora le esposizioni continuino a deteriorarsi, fino a passare ad una situa-
zione di default, le perdite addizionali della banca costituiscono le perdite inattese.
Le perdite attese sono tali statisticamente: il che significa che non ci si aspetta delle perdite ma che,
statisticamente, è probabile ci saranno delle perdite. Anche i crediti in bonis, dunque, incorporano
perdite attese pari almeno allo 0,03%. Ciò significa che nessuna esposizione verso imprese è ponde-
rata utilizzando un tasso di PD pari a zero.
l. fra perdita attesa e past due loan.
Le perdite attese sono tali statisticamente: il che significa che non ci si aspetta delle perdite ma che,
statisticamente, è probabile ci saranno delle perdite. Anche i crediti in bonis, dunque, incorporano
perdite attese pari almeno allo 0,03%. Ciò significa che nessuna esposizione verso imprese è ponde-
rata utilizzando un tasso di PD pari a zero. La perdita attesa è dunque una stima di una probabile
perdita.
La past due loan, o esposizione in default (scaduta da oltre 180 gg.), comprende: sofferenze, incagli,
crediti ristrutturati, crediti scaduti e/o sconfinanti.
Rientrano tra crediti scaduti e/o sconfinanti quelli per cui:
a) il debitore è in ritardo su una obbligazione creditizia rilevante verso la banca o il gruppo
bancario;
b) la soglia di rilevanza è pari al 5% dell'esposizione.
Ai fini della stima dei parametri di rischio, data l'attuale rilevanza del fenomeno dei past due “tecni -
ci”, le banche possono non includere i suddetti past due tra i default, purché tale scelta sia coerente
con riferimenti ai diversi parametri di rischio.
Va segnalato che la banca tende a non censire fra le partite anomale alcune posizioni past due, che
in realtà dovrebbero essere considerate tali, perché conta che esse possano rientrare in breve tempo
in bonis: cioè la banca tende a valutare in modo poco prudente queste esposizioni attribuendo loro
un elevato tasso di cure rate. Per questo i tassi di default reali rilevati da un osservatore esterno sono
più elevati di quelli individuati dalla banca stessa, la quale, infatti, realizza elevati ricavi sulle posi-
zioni sconfinate.
m. fra past due loan e cure rate.
Il cure rate, invece, è la percentuale di esposizioni anomale che si presume di recuperare: essa viene
di regola sopravvalutata non solo a motivo del benefico impatto sui requisiti patrimoniali minimi,
ma anche perché gli sconfinamenti, molto remunerativi, favoriscono l'applicazione di pericolosi tas-
si di sostituzione fra livelli di rischio e livelli di ricavi per interessi.
La valutazione dei cure rate non riguarda soltanto le esposizioni che si trovano nell'area di anomalia
ma in sostanza si tratta di assegnare una probabilità al loro rientro in bonis.
n. perdita inattesa e cure rate.
Qualora le esposizioni continuino a deteriorarsi, fino a passare ad una situazione di default, le perdi-
te addizionali della banca costituiscono le perdite inattese.
Il cure rate, invece, è la percentuale di esposizioni anomale che si presume di recuperare: essa viene
di regola sopravvalutata non solo a motivo del benefico impatto sui requisiti patrimoniali minimi,
ma anche perché gli sconfinamenti, molto remunerativi, favoriscono l'applicazione di pericolosi tas-
si di sostituzione fra livelli di rischio e livelli di ricavi per interessi.
La valutazione dei cure rate non riguarda soltanto le esposizioni che si trovano nell'area di anomalia
ma in sostanza si tratta di assegnare una probabilità al loro rientro in bonis.
o. fra VaR (Value at Risk ) e DCF (Discounted Cash Flow).
Il Valore a rischio (conosciuto anche come Value at Risk o VaR) è una misura di rischio applicata
agli investimenti finanziari. Tale misura indica la perdita potenziale di una posizione di investimen-
to in un certo orizzonte temporale, solitamente 1 giorno, con un certo livello di confidenza, solita-
mente pari al 95% o 99%. È una tecnica comunemente usata da banche d'investimento per misurare
il rischio di mercato delle attività che detengono in portafoglio, ma è anche un concetto più vasto
che ha molteplici applicazioni.
L'uso del VaR come misura di rischio presuppone l'ipotesi di normalità dei rendimenti, secondo la
quale le perdite e i ricavi dell'investimento si distribuiscono secondo una Gaussiana con media pari
al rendimento medio e varianza pari alla volatilità dell'investimento. Per il calcolo della varianza di
portafoglio è necessario conoscere le correlazioni reciproche fra i titoli facenti parte del portafoglio,
facendo ricorso alla matrice di varianze e covarianze.
È importante notare che il VaR non può anticipare cambiamenti nella composizione del portafoglio
durante la giornata. Invece, riflette il rischio del portafoglio, data l'attuale composizione del portafo-
glio.
Il Discounted cash flow (DCF) è un metodo di valutazione di un investimento, basato sull'attualiz-
zazione, secondo un tasso corretto per il rischio, dei flussi futuri attesi dall'attività in questione. È
basato sulla determinazione del valore attuale dei flussi di cassa attesi da una specifica attività. Il
flusso può essere rappresentato non solo dal cash flow ma anche dai dividendi (Ddm). La valutazio-
ne basata sui flussi di cassa attualizzati è funzione di tre elementi fondamentali: l’entità del flusso di
cassa, la distribuzione nel tempo dei flussi e il tasso di attualizzazione.
p. fra VAN (Valore Attuale Netto o Net Present Value) e DCF (Discounted
Cash Flow).
q. fra risultato economico e risultato finanziario.
4. Illustrare:
a. quali siano le condizioni di convenienza della detenzione di partecipazioni industriali.
Il problema dell'assunzione di partecipazioni in imprese non finanziarie da parte degli intermediari
creditizi ha assunto negli ultimi anni un'importanza crescente in seguito alla graduale liberalizzazio-
ne perseguita dalle autorità di vigilanza nell'ambito di un più vasto processo di espansione dell'ope-
ratività bancaria ad aree limitrofe alla tradizionale attività creditizia.
In questo senso il tema in discussione riporta al più ampio dibattito circa l'utilità e la convenienza
delle banche a diversificare la propria operatività, estendendo la produzione a beni e servizi che
completino la tradizionale attivi