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Estratto del documento

SONNO

L’elettroencefalogramma (EEG) mostra delle onde, che in stato di

veglia sono ad alta frequenza e bassa ampiezza, perché c’è un’attività

generale di tutti i neuroni che viaggiano in maniera indipendente. Man

mano che il sonno diventa più profondo, l’ampiezza aumenta e la

frequenza si riduce, cioè i neuroni iniziano ad andare in maniera

sincronizzata, e compaiono delle onde delta, tipiche del sonno.

Sempre durante il sonno può verificarsi una situazione in cui l’EEC

registra delle onde simili a quelle della veglia, e durante questa

situazione gli occhi (benché a palpebre chiuse), hanno dei movimenti

rapidi; esso è il sonno REM (Rapid Eyes Movements), e in quel

momento il soggetto sta sognando. Durante le 8 ore di sonno un

soggetto alterna fasi di sonno profondo e fasi REM. Questa attività

© Laila Pansera – 60

comporta una regolazione del dispendio energetico, perché il dispendio energetico è maggiore

durante la veglia rispetto a durante il sonno è importante la fisiologia del sonno, perché chi dorme

di più da un lato consuma meno di chi dorme meno, ma chi dorme meno ha più frequentemente

un’alterazione del comportamento alimentare. Ogni persona ha una durata del sonno diversa. Tutto

ciò ha un riflesso nutrizionale difficile da quantificare. Una seconda importante implicazione è che

per qualche ragione non chiara, è che di solito un’obesità grave si associa a dei disturbi del sonno;

questo perché l’obesità grave altera la fisiologia respiratoria e la ventilazione. Un soggetto

gravemente obeso ha delle apnee notturne, che causano disturbi del sonno; tale soggetto non

dorme bene, ma poi si addormenta durante il giorno (OSAS - Sindrome di Pickwick). La sindrome di

apnea notturna è una causa di incidenti stradali, perché il soggetto si addormenta improvvisamente

mentre guida, ma anche problematiche cardiovascolari e morte improvvisa.

L’alterazione delle fasi del sonno porta a un’alterazione del ritmo circadiano.

EMOZIONI

Non riusciamo bene a catalogare le emozioni, perché le persone non hanno una vera percezione

cosciente dell’emozione. L’emozione viene generata nel sistema limbico, e noi riconosciamo le

emozioni non direttamente, ma soprattutto dalle modificazioni neurovegetative che l’emozione ci

causa, es. mani fredde e batticuore. Io ho degli stimoli sensoriali o pensieri, che traggo dalla memoria,

e posso rielaborarle nelle aree associative della corteccia, e ripensare a queste cose genera

un’emozione, ossia un cambiamento del mio status che genera delle risposte stereotipate; il sistema

limbico genera un cambiamento di stato (emozione) che in parte porta ad un’azione sull’ipotalamo,

con cambiamenti ormonali o riposte vegetative o risposte motorie, ma ho anche delle percezioni a

livello della corteccia, che derivano dalla registrazione (sensing) delle modificazioni del mio ambiente

(soprattutto interno).

Molte strutture sono coinvolte nella produzione di emozioni, sia perché elaborano le sensazioni sia

perché producono le risposte ad esse associate. Le aree associative della corteccia integrano pensieri

ed informazioni sensoriali, comunicandoli al sistema limbico. Il sistema limbico crea le emozioni, di

© Laila Pansera – 61

cui però non siamo consapevoli finché non vengono trasmesse alla corteccia per la percezione. Nel

frattempo, il sistema limbico comunica le emozioni all’ipotalamo, che è responsabile delle risposte

stereotipate associate alle emozioni, inclusi cambiamenti ormonali (es. rilascio di adrenalina), risposte

motorie (es. atteggiamento minaccioso) e risposte vegetative (es. alterazione della frequenza

cardiaca e respiratoria).

RISONANZA FUNZIONALE

Essa ci dice quando noi abbiamo degli stimoli, registra dei cambiamenti, di flusso sanguigno, es.

vasodilatazione dei vasi a contatto con le meningi perché la richiesta metabolica diventa superiore.

Si può anche usare la PET, in cui infondo un marcatore (es. fluorodesossigluclosio), che emette dei

positroni, che possono essere registrati. Ci sono altre forme di risonanza in cui si usano dei tracciati.

Gli alimenti ci danno delle sensazioni, perché attivano delle aree, es. nel rewarding (gratificazione)

del cibo sono implicati i recettori per gli endocannabinoidi (stimolati anche da cannobinoidi della

cannabis), che sono neurotrasmettitori endogeni. Un tempo c’era un farmaco (Rimonabant) che

impediva questo meccanismo di rewarding e quindi es. mangiando i cioccolatini non si provava

piacere, ma ci sono stati suicidi e il farmaco è stato ritirato.

FAME E SAZIETÀ

La fame e la sazietà sono controllate dall’ipotalamo. I neuroni nell’ipotalamo baso-mediale stanno

sopra l’ipofisi e sono importanti nella modulazione delle risposte neuroendocrine. Nell’ipotalamo ci

sono aree che integrano informazioni nutrizionali esterne e quelle interne, che ci permettono di

regolare il comportamento ingestivo, es. vedo della pizza e sento fame: mangio e quando mi sento

sazio smetto, anche se c’è ancora pizza. Ci sono neuroni che vengono stimolati dal

neurotrasmettitore GABA (o legati all’NPY o AGRP) e altri legati alla propiomelanocortina, precursore

dell’ACTH (POMC CART). Il primo generalmente eccita e dà senso di fame, mentre il secondo inibisce,

dando sazietà e vengono regolati indipendentemente. Il centro esecutivo che sblocca il

comportamento ingestivo o lo blocca, nasce dall’integrazione di segnali interni (dall’ipotalamo e dal

tronco encefalico, che danno set point). Es. l’aumento di cortisolo per stress o se assunto per terapia,

ci fa mangiare di più; gli stimoli dall’intestino quando è pieno ci fanno sentire sazi; i livelli di glicogeno

epatico mandano segnali a seconda che siano alti (sazietà) o bassi (fame); oppure ancora dagli

adipociti viene secreta leptina, ormone che dà sazietà e quando questo si riempie viene bloccata la

fame, mentre quando si svuotano perché rilasciano substrati energetici si abbassano i livelli di leptina

e si sblocca il meccanismo della fame. Ci sono segnali che derivano quindi dalle scorte energetiche,

dal lume intestinale, dai metaboliti e dalla glicemia. Ci sono poi segnali dall’ambiente esterno

(nutrizionale) che incidono molto, insieme alla memoria che abbiamo del cibo o del piacere che ci

© Laila Pansera – 62

fanno provare alcuni cibi. Quest’ultimo aspetto influisce molto sulle nostre scelte alimentari. I 2

segnali si integrano per decidere se sbloccare o bloccare il meccanismo della fame, grazie a dei

neuroni, che si trovano nell’ipotalamo baso-mediale.

La memoria, attraverso il feedback edonico, è la condizione le nostre scelte alimentari. L’ipotalamo

riceve informazioni dall’esterno e dall’interno attraverso la corteccia e il sistema limbico.

Dall’ambiente esterno riceviamo informazioni anche dai sensi (gusto, olfatto, udito) e si attinge dalla

memoria, dall’apprendimento e dal sistema di controllo esecutivo, che stabilisce i pro e i contro del

consumo di un certo alimento, quindi agisco sull’ipotalamo che integra gli input e poi si sblocca o

blocca il comportamento ingestivo. Il tronco encefalico influenza il controllo del pasto mentre lo

assumo, attraverso informazioni sensoriali e controllo motorio, che porta poi alla digestione e

all’assorbimento. Il sistema cortico-limbico fornisce supporto con informazioni emotive ed esecutive

per il comportamento ingestivo, sempre supportando le informazioni sensoriali. La decisione se

mangiare o meno l’alimento ha luogo nel sistema cortico-limbico, dopo che viene fatto un bilancio

tra costi e benefici. Il food reward, beneficio del cibo, nasce da integrazioni di 2 aspetti: piacere per

quell’alimento (conscio o inconscio) e desiderio per quel cibo in quel momento.

Per selezionare alimenti specifici, prima dell’ingestione, la stimolazione arriva tramite canali sensoriali

esterni, ma se l’esperienza del sapore conferma la memoria allora segue l’ingestione. Si hanno segnali

introcettivi, come la glicemia che aumenta o ormoni che vengono secreti, che segnalano

all’ipotalamo e si ha sazietà e si smette di mangiare.

© Laila Pansera – 63

Percezione sensoriale

Il sistema nervoso acquisisce delle informazioni e ci sono delle aree sensitive primarie in cui c’è un

omuncolo sensoriale. Ci sono poi delle aree devolute a percezione visiva, olfattiva e uditiva. Queste

aree valutano pixel per pixel le macchie di colore e i loro confini. Il nostro cervello in realtà è molto

interpretativo. La percezione non è la stessa cosa della sensazione, es. figura A: rappresenta una

struttura quadrata bianca su 4 pilastri tondi verdi, ma in questa immagine il quadrato non c’è, lo

abbiamo messo noi, e i dischi verdi non sono del tutto completi, ma noi li immaginiamo come dischi.

Nel disegno B i lati del quadrato sembrano curvati verso l’interno (come archi), ma in realtà i lati sono

dritti: io non lo percepisco come un quadrato, perché il mio sistema percettivo corregge e trasforma

il segmento in un arco. Questo nostro inventarci cose che non sono ci permette in realtà di mettere

la sensazione in un concetto percettivo. Il punto C è un sia un coniglio che un anatroccolo: posso

considerare le orecchie del coniglio come il becco di un anatroccolo, in base al contesto in cui mi

trovo. Se non fossi in grado di creare una percezione coerente a partire dalla sensazione, non sarei

in grado di agire nel mondo e nella realtà. Per capire il contesto interpretativo di una persona gli

psicologi fanno i test di Rorschach, per capire che c’è qualcosa che ci ricollega alla memoria.

L’immagine C potrebbe es. essere la rappresentazione di un’altra cosa che abbiamo nella memoria.

In altre parole ogni soggetto sulla base della propria memoria mette insieme i puntini che

costituiscono l’immagine e la confronta con l’immagine che ha nella sua memoria.

La stessa cosa vale per le percezioni acustiche, ossia possiamo sentire dei suoni ma non capire quello

che viene detto, es. se si sta parlando in cinese. Ci sono delle aree cerebrali che collegano la memoria

© Laila Pansera – 64

alle immagini, es. persone che hanno avuto un ictus disegnano un orologio co tutte le ore disegnate

in un emiquadrante, oppure il paziente non ha più associazione con le aree associative della memoria

o con schemi motori. Un soggetto con afasia non è capace di articolare le parole, ma non sa

selezionare le parole e le immagini. La percezione sensoriale coinvolge anche la percezione gustativa:

è facile fare associazioni es. tra un tipo di pasta e la famiglia, perché la percezione gustativa, come

anche quella olfattiva, s

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A.A. 2017-2018
89 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/09 Fisiologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher panseralaila di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisiologia umana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Battezzati Alberto.