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“O
n meno di pensare che l’eziologia primaria della psicosi
infantile, l’incapacità del bambino psicotico di utilizzare
(percepire) l’agente delle cure materne che è
l’elemento catalizzatore dell’omeostasi, è innata,
costituzionale e probabilmente ereditaria.” (Mahler,
1968). all’opposto dei bambini autistici, i
“Esattamente
n bambini deprivati si aggrappano con tenacia, intensità
ed efficacia a qualunque misera stilla di apporto o
stimolazione umana…questo non succede nei bambini
autistici….” (M. Mahler 1968).
Anni -’80: la crisi del modello
’70
dell’autismo psicogeno. Gli studi empirici
Negli anni ‘70-’80 si ha l’abbandono del paradigma psicogenetico. Lo
sviluppo di studi empirici oltre a documentare l’importanza della
vulnerabilità genetica (“l’autismo è, tra tutte le condizioni psichiatriche,
quella in cui la genetica svolge il ruolo più importante”, Rutter 2001)
accerta che:
La prevalenza dell’autismo non è maggiore nei ceti intellettuali e/o
1) in particolari sistemi di allevamento;
Non c’è un particolare stile relazionale genitoriale alla base
2) dell’autismo;
Nonna c’è un aspetto psicologico particolare;
3) La patologia autistica è spesso precocissima;
4) Si esprime nello stesso modo sia nelle relazioni con i genitori che in
5) care giver.
quelle con qualunque altro
Non si ha una fase autistica normale (studi di infant research)
6)
In conclusione apparve come sempre più evidente che l’autismo non
era la conseguenza di una deprivazione psicologica o sociale o di
disturbate relazioni ma è esso stesso un radicale, originario disturbo dei
fondamenti della relazionalità umana.
L’autismo non poté quindi più essere concepito come un arresto
o una regressione dello sviluppo a fasi per
“autistiche”primitive,
insufficienze dell’ambiente… perché apparve sempre più chiaro
non c’è alcuna fase autistica
che nella crescita umana
normale , non c’è nessun o autismo del
“solipsismo” “normale
neonato” (Piaget).
Intersoggettività innata
Fin dall’inizio il neonato umano è dotato di evidenti “discovery
procedures”(Meltzoff, 2001), attraverso cui esplora attivamente
l’ambiente interumano circostante… manifesta molteplici segnali
di una “innata intersoggettività” (Trevarthen, 2001), di una
particolare attenzione spontanea ed originaria per gli interlocutori
viventi, di immediata recettività ai loro stati soggettivi, di una
sorta di elementare e spontanea propensione alla mappatura
“se/altro”, un abbozzo embrionale di interesse al “senso umano”
delle esperienze. La Reciprocità
Il neonato si impegna in una fitta rete di scambi
n comunicativi fin dall’inizio caratterizzati da un fenomeno
fondamentale: la ciò che è percepito non è
“reciprocità”:
solamente il comportamento dell’altro ma la sua reciprocità
al nostro stesso comportamento (Neisser 1993).
Numerosi studi dimostrano la particolare attenzione e
n preferenza del neonato umano rispetto ai comportamenti
with me” e non solo on
“congruent “contingent
me” (Meltzoff 1994).
(Bion: flusso bidirezionale con la mamma che da origine alla
struttura dell’inconscio ed è la base per le relazioni umane.
Fornisce i modelli operativi interni (regole consce e inconsce
per l’organizzazione dell’informazioni rilevanti per
l’attaccamento)
Vi sono molti segni di questa reciprocità:
Le interazioni ritmiche con i care givers (Trevarthen, 1973), vere
1) “protoconversazioni”;
Le anticipatorie” e il tonico” di J. De
“posture “dialogo
2) Ajuriaguerra (1964);
Interesse precocissimo per i volti e la mimica materna (Stern,
3) 1985);
I fenomeni di sintonizzazione e sincronizzazione affettiva
4) (Brazelton 1974, Tronick 1979, Beebe 1982, Stern, 1985, Beebe e
Lachmann 1988….) nell’interazione, nel gioco, nelle
protoconversazioni….che testimoniano l’attivo interesse per le
intenzioni e la precoce capacità di modulazione degli stati
affettivi.
Una estesissima letteratura ha mostrato la ricchezza e anche le
“regole universali” di questa originaria intersoggettività, i suoi
ritmi, la sua prosodia, la sua musicalità, la sua fenomenologia e le
sue perturbazioni, ma anche come la regolazione del contatto
interumano e la modulazione affettiva-interattiva che in essa si
produce costituiscano veri “involucri proto-narrativi” del sé e del
mondo, sui quali si organizza la struttura profonda e lo sfondo
implicito di ogni competenza relazionale e collaborativa futura.
L’intersoggettività primaria
L’evidenza nel neonato umano di questo “initial
n psychosocial state”, biologicamente programmato, carico di
intersubjectivity” (Trevarthen, 2001) e di
“purposeful
innata propensione verso un how to mean”, si è
“learning
fatta strada faticosamente, tra lo scetticismo generale: in
psicoanalisi essa confliggeva infatti sia con il modello
pulsionale che con l’idea di uno stato originario autistico; in
psicologia empirica, con il predominio di teoria
“una
individualistica, costruttivistica e cognitiva” (Trevarthen,
2001).
L’imitazione primaria: uno point”
“starting
Queste competenze sociali innate si manifestano in realtà in
modo indiscutibile : i fenomeni di imitazione primitiva
documentati già a poche ore dalla nascita (Meltzoff,1977)
evidenziano una capacità innata di sperimentare e di
immediatamente la prospettiva corporea
“tradurre”
dell’interlocutore nella propria.
Sono veri o della relazionalità.
“schemi”, “preconcezioni”,
Meltzoff, A. N. & Moore, M.K (1977).
Imitation of facial and manual gestures by human neonates.
Science , 198. 75-78
A poco a poco sul fondamento di questa (o
“intersoggettività”
n meglio primaria si organizza una
“intercorporeità”)
naturale” del mondo interumano….
“evidenza
Un’evidenza radicata all’inizio in una intenzionalità fungente,
n che precede qualunque distinzione di soggetto e oggetto, in
una della socialità che è prima di
“pre-comprensione”
qualsiasi della mente” o cognition” in senso
“teoria “social
stretto, ma anche di qualsiasi fantasia, conscia o inconscia o
dirappresentazione di psichici”,
“contenuti “desideri”,
“intenzioni”.
Dall’intersoggetività primaria
all’intersoggettività secondaria
Siamo qui ancora in una dimensione di o del
“weness” “essere-
n con”(Stern 1985) che certamente non è ma comunque è di
“autistica”,
relativa indifferenziazione e di confusione dei limiti tra se e non-se, di
psichica” (o di adesiva”);
“bi-dimensionalità “identificazione
Il passaggio da questa intersoggettività affettiva molto primitiva all’
n intersoggettività secondaria è complesso, implica l’ “invenzione
dell’altro”, cioè della differenza (e separatezza) tra sé e altro, una
progressiva costruzione del sentimento di “agentività e della distinzione
tra passività e attività, un transito dai fenomeni imitativi “a
specchio” (“indifferenti al chi”) ad una imitazione “secondaria” e
intenzionale, con una componente cognitiva e rappresentativa sempre
maggiore.
(sintesi:
1 differenziazione tra sé e altro
2 sentimento di agenticità (far accadere gli eventi a seguito delle proprie
azioni e di esercitare controllo sulla qualità della propria vita)
3 attività
4 imitazione secondaria, ovvero intenzionale
5 componente cognitiva e rappresentativa maggiore)
Il punto cruciale dell’autismo: dall’intersoggetività
primaria all’intersoggettività secondaria
Questo cammino di progressiva differenziazione (sé/altro,
n interno/esterno), riconoscimento e rappresentabilità è
ovviamente modulato e facilitato dall’incontro con l’oggetto e
dal tipo di delle (capacità di
“saturazione” “preconcezioni”
contenimento, di reverie, di introduzione di una )
“terziarietà”
che esso consente.
Compromessi nell’autismo:
Vi sono dunque sempre maggiori evidenze che, nell’autismo,
n sia alterata, questa matrice biologica originaria
dell’intersoggettività che altera l’intersoggettività primaria e
rende difficile il transito tra essa e l’intersoggettività
secondaria.
Dalla vuota” alla
“fortezza piena”
“debolezza
Questa alterazione che si esprime nella fenomenologia
n preclinica dell’autismo: insufficienza nel contatto visivo,
mimico, negli scambi imitativi, nel dialogo tonico e
sensomotorio, nell’anticipazione posturomotrice, nell’attenzione
e nella risposta alla voce familiare e successivamente,
nell’attenzione condivisa, nel gesto protodichiarativo (qui
siamo già però nell’area dell’intersoggettività secondaria).
Possiamo dunque pensare l’autismo come una particolare
n forma di esistenza che si costruisce intorno ad alcune difficoltà
iniziali nella costituzione di una “evidenza naturale del mondo”
interumano.
Non è una “fortezza vuota”, che si è chiusa difensivamente, ma
n una “debolezza piena”: un mondo sui generis (ma comunque
un “mondo”) costruito a partire da una debolezza interattiva
originaria.
L’esperienza autistica si struttura fin dall’inizio intorno ad
n alcuni peculiari (caratteristiche tipiche
“organizzatori”
dell’autismo) ed idiosincrasici (forte avversione per situazioni o
persone non adeguate)…
I ritualismi, le stereotipie, le routine più o meno elaborate che
n aiutano a introdurre “ordine”, quindi il bambino costruisce un
mondo sui generis.
Autismo: il delle cose”
“mistero
“La