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CASI PAESI EX-COLONIALI

Questi Paesi (ad es. Francia, Spagna, Portogallo), sono obbligai a restituire alle colonie i beni portati via?

La risposta è no, perché non si tratta di paesi occupai.

1974-75: alcune risoluzioni dell'assemblea Generale delle NU in cui si richiede, sii raccomanda una

restituzione, ma senza obbligo (soft law)

CASO Canachi della nuova Caledonia francese

Caso che riguarda la cultura Canachi originaria della Nuova Caledonia.

2000: legge francese che ordina la restituzione delle opere canachi alla Nuova Caledona. La legge

emanata è una legge interna, perchè la Nuova Caledonia non è ancora riconosciuta come Stato

indipendente, ma può considerarsi come applicativa di norme internazionali.

CASO Obelisco di Axum

Caso riguardante la colonia italiana dell'Etiopia. → è sempre stata riconosciuta come un paese occupato,

e non come una colonia, in quanto membro delle delle NU. L'obelisco è strato restituito 50 anni dopo.

CASO Venere di Cirene

Opera d origine ellenistica trovata sulle coste della ex colonia italiana della Libia nel 1913, durante il

conflitto tra Italia e Turchia. Italia Nostra la rivendicava portando assurde giustificazioni (razziste e anti-

storiche). Sosteneva infatti, che la Venere non avesse niente a che fare con la cultura islamica, essendo

un opera ellenistica.

Viene restituita nel 2008, dopo 95 anni.

CASO busto di Nefertiti

Riguarda una spedizione di un archeologo tedesco in Egitto. Era stato fatto un accordo al riguardo

(1912): i tedeschi potevano scavare, ciò che veniva trovato doveva poi essere mostrato e spartito con le

autorità egiziane, le quali avevano la possibilità di scegliere per prime.

Quando i tedeschi trovano il busto, lo sporcano e lo nascondono catalogandolo come testa di donna di

materiale deperibile. Gli egiziani prendono gli ori e così lo ignorano.

Ora l'Egitto lo rivendica. La Germania si appella all'Art 4 lett. C della Convenzione del 1970.

CASO Marmi del Partenone

1801-1805: mentre la Grecia è occupata dai turchi, i marmi del Partenone vengono portati in Inghilterra

da Lord Elgin (1815). I marmi ora si trovano al British Museum di Londra: gli inglesi sostengono che

ormai siano parte del patrimonio inglese e non vogliono restituirli alla Grecia.

Unità 8

LA RESTITUZIONE FRA STATI IN TEMPO DI PACE

Da un punto di vista storico, è noto che la nascita e lo sviluppo di un sistema di norme speciali in materia

di tutela dei beni culturali trae origine negli ordinamenti interni e solo in epoche successive trovi una

consacrazione nelle norme internazionali. Queste ultime anzi, con particolare riguardo alle norme

contenute in convenzioni internazionali, operano assai spesso un vero e proprio rinvio alle norme

nazionali soprattutto, ma non solo, per designare i beni che dovranno formare l’oggetto della tutela

predisposta sul piano internazionale, ovvero per determinare in modo esclusivo il regime giuridico sia

per quanto riguarda la loro classificazione come beni pubblici o privati, sia per quanto attiene alla

costruzione di diritti reali sugli stressi beni.

In entrambi i casi le norme della tutela si caratterizzano per il loro carattere trasversale in quanto non si

esauriscono nell’ambito di una disciplina. Mentre nel diritto interno il sistema di norme relative alla

protezione e circolazione attinge al diritto costituzionale, amministrativo, ma anche al diritto penale, al

diritto internazionale privato; nell’ambito internazionale rilevano, sia pure con diversa misura, le norme

del diritto internazionale pubblico del diritto internazionale privato e materiale uniforme.

L’incertezza circa la possibilità di rilevare l’esistenza e i contenuti di norme internazionali

consuetudinarie costituisce una ragione sufficiente per spiegare il motivo di un scarso ricorso a tali

norme nell’ambito delle controversie di carattere internazionale.

Se per quanto riguarda il problema dell’autenticità delle opere si tratta di questione relativa sul piano

del diritto interno, in effetti un ricorso limitato a norme internazionali generali può essere ancora

individuato nell’ambito di alcune controversie relative alla restituzione dei beni al termine dei conflitti

armati, accanto all’invocata applicazione dei trattati di pace, talora in quanto portatori di deroghe alle

norme di diritto comune.

Certo è, che come non è mai mancato do sottolineare, nella prassi giudiziaria rimane spesso controverso

il destino di opere la cui titolarità era stata trasferita nel corso dei conflitti armati, nel corso del II guerra

mondiale, da privati a stati stranieri o a organi di questi ultimi, in tutti i casi in cui non sia possibile

fornire la prova di una avvenuta spoliazione e sorga la controversia in relazione alla validità degli atti di

trasferimento della proprietà. Ciò soprattutto qualora non sia possibile per i legittimi proprietari

spogliati fondare la pretesa della restituzione sull’esistenza di norme interne di esecuzione di norme

internazionali, che impongono tale obbligo prevalendo sulle norme ordinarie in materia di possesso di

buona fede.

A parte il caso delle norme internazionali relative alla restituzione dei beni oggetto di preda o di confisca

in occasione di conflitti armati, si deve poi osservare che le controversie riguardanti i beni culturali

mobili implicano oggi la considerazione di un quadro di riferimento normativo di carattere

internazionale decisamente più consistente rispetto ad un passato. Ciò è vero soprattutto con riguardo

allo sviluppo delle norme internazionali contenute in convenzioni multilaterali specificamente volte a

disciplinare il settore, in particolare la convenzione dell’UNESCO del 1970 e la più recente convenzione

dell’Unidroit del 1995. Lo stesso può dirsi in ambito europeo con il regolamento 3911/92 e la direttiva

93/7/CEE. Tale fenomeno di proliferazione di norme di carattere internazionale nella nostra materia,

oltre a colmare il precedente vuoto, va considerato sotto un altro profilo in quanto implica una

moltiplicazione delle sedi giurisdizionali almeno parzialmente competenti a decidere sulle controversie.

E' opportuno aggiungere uno spunto critico al metodo di adattamento prescelto dal legislatore italiano

per dare esecuzione di alcune tra le più importanti convenzioni multilaterali riguardanti la materia. Per

quanto attiene la convenzione dell’Unesco del 1954, le norme contenute nel primo protocollo art 1.

L’obbligo di risultato perseguito dalla norma non è perseguitabile in situazioni quali quelle

dell’ordinamento italiano, se si pensa che art 1 parte 2 ha trovato attuazione mediante ordine di

esecuzione che si limita a prevedere che venga data” piena ed intera esecuzione” al testo del trattato

internazionale.

La scelta dell’adattamento mediante ordine di esecuzione e senza ulteriori specificazioni è stata del

resto successivamente adottata alla Convenzione dell’Unesco 1970. Questa scelta non ha certo

contribuito a rafforzare il grado di efficacia delle norme della convenzione, quali art 7 e 13, che già si

presentavano come norme limitate nella loro capacità di incidere sulle regole relative alla circolazione.

Tale limite appare più evidente se si pensa al caso tra Francia e Italia,dove lo stato francese aveva

proposto la restituzione degli arazzi rubati da palazzo di giustizia e successivamente acquistati a non

dominio in Italia da un acquirente di buona fede. La corte italiana si fonda sulla decisione di applicare la

lex rei sitae individuata sulla base delle norme di diritto internazionale privato, quale legge dove si

trovano al momento dell’acquisto, e ritenuta legge competente a valutare il titolo idoneo al

trasferimento.

Il legislatore italiano ha seguito una strada diversa in occasione delle legge della convenzione Unidroit.

In tale occasione la legge non si limita alla riproduzione della formula nel suo complesso, ,ma contiene

alcune disposizioni di attuazione più articolate. Si tratta dell’art 4 che in materia di indennizzo da

corrispondere , eventualmente su basi di equità, al possessore che si sia costituito in giudizio sembra

introdurre un elemento di discrezionalità che non è previsto nel testo convenzionale. Sempre all’art 4

della legge italiana di esecuzione stabilisce che il soggetto interessato deve fornire la prova di “buona

fede” e dovuta diligenza. L’art 5 relativo alla richiesta di restituzione include tra i soggetti legittimati

attivamente a promuovere un’azione giudiziaria anche lo stato, ciò significa che in virtù della legge

italiana, una domanda di restituzione potrebbe essere promossa davanti ai giudici di un altro stato dallo

stato italiano.

Passando ad esaminare altri aspetti si deve evidenziare come le questioni relative alla autenticità delle

opere paiano prive di una loro specificità. In tali circostanze, tutti gli aspetti concernenti i mezzi

probatori che possono o devono essere forniti per determinare la qualità dell’opera sono di specifica ed

esclusiva competenza del diritto processuale applicabile. Altra questione riguarda le conseguenze che

possono farsi discendere dalla accertata falsità dell’opera e che condizionano il contenuto della

domanda che potrà essere svolta davanti al giudice competente. La possibilità di poter ottenere una

declaratoria di nullità o annullamento dipendono dalla legge nazionale applicabile alla controversia e

non costituiscono materia fino ad oggi disciplinata dalle convenzioni internazionali. Più complesso

invece è il problema sulla proprietà del bene, sotto questo profilo la maggior parte delle controversie

riguardano la questione della restituzione di beni illecitamente trasportati dal territorio di uno stato. Tali

questioni vengono affrontate davanti alle giurisdizioni nazionali. il problema della legge applicabile

costituisce tuttora la questione centrale anche ai fini della determinazione dell’esito della controversia.

CASO Christie

A tal proposito, il caso Christie. In questo caso si tratta di opere rubate in Gran Bretagna al legittimo

proprietario, trasferite in Italia e vendute ad un terzo il quale le aveva consegnate ad una casa d’asta

londinese. Il primo legittimo proprietario le vede e fa causa con un'ingiunzione per bloccare i beni. Il

giudice inglese si pronunciò per l’applicabilità della legge italiana (lex rei sitae) perché il luogo della

conclusione dell’acquisto era l'Italia, accordando così tutela al possessore acquirente di buona fede. (la

legge italiana protegge il possessore attuale, a meno che non è in buona fede).

CASO Elicofon

Oltretutto vi è anche il caso di Elicofon, che aveva come oggetto una disputa di un dipinto di Durer

rubato in Germania da un soldato americano delle truppe d'occupazione,

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
19 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher salola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale ed europeo dei beni culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Zagato Luisa.