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Ambiente (Clean Room)

Ambienti in cui venivano realizzati i satelliti, le sonde spaziali. Ambienti controllati in termini di contaminanti volatili, particelle, polvere. Non sono ambienti sterili ma c'è un controllo sulla presenza di particolato. Controllata anche la pressione, le vibrazioni, la temperatura, l'umidità e l'illuminazione per massimizzare la riproducibilità di tutto il processo e massimizzare la risoluzione laterale. Se ho polveri nell'aria che possono andare a depositarsi sul substrato rappresentano del rumore. (Particolato per dimensioni paragonabile alla risoluzione)

Costo alto dell'infrastruttura, devo creare il palazzo a posta, il piano a posta per isolamento dalle vibrazioni, illuminazione, pressione. C'è sempre una pressione positiva nelle stanze rispetto all'esterno, in maniera tale che le cose nell'aria dentro escono fuori ma non avviene il contrario. Moto convettivo dell'aria che va

sempredall'alto verso il basso. Abbigliamento adeguato delle persone che lavorano dentro.
  1. CLASSIFICAZIONE DELLA CLEAN ROOM
Filtrazione dell'aria in termini di particolato. I sistemi di filtraggio sono classificati in termini di classi. La classe rappresenta quanto è filtrata l'aria. È un numero che più è piccolo maggiore è la filtrazione. In funzione della risoluzione laterale che voglio ottenere avrò bisogno di una classe diversa della clean room.
  1. FOTOLITOGRAFIA
Realizzare un pattern e trasferirlo sul pezzo di silicio grazie a luce UV. Processo di sviluppo fotografico. Ho il substrato e voglio metterci sopra il pattern. Questa struttura verrà realizzata in ossido di silicio. Spessore dell'ordine di qualche µm. Parto dalla maschera (figura a sinistra) dove ho già definito il disegno che voglio andare a trasferire. Maschera fatta di vetro o quarzo. In questo disegno ci sono dei marks: supporto, servono perallineare eventuali altre maschere. Il substrato è una fetta di silicio. Parto da un cristallo di silicio (cristalli grandissimi partendo da un unico atomo di silicio). Viene affettato in tante fette. Le fette vengono poi levigate e lucidate, sono estremamente smooth e uniformi con uno spessore standard. I colori sono dati da fenomeni di diffusione ottica ma sono tutti dello stesso materiale. Depositiamo uno strato che fa da barriera (utilizziamo ossido, nitruro, metallo). Prima ancora della fotolitografia abbiamo un processo additivo di deposizione del materiale. Ricopriamo il substrato con un materiale chiamato photoresist: resina fotosensibile alle radiazioni UV. Resina liquida, la deposito con una siringa. Per depositare uno strato uniforme uso la tecnica dello spin coating: ho la fetta di silicio, la metto su un piatto che gira e metto sopra delle gocce di resina che si stenderà uniformerà. Tempo e velocità delle rotazioni che dipendono dal tipo difotoresina. Dopodiché lo metto in forno "soft bake": cuocio ad una temperatura bassa. Creo dei legami tra le molecole del polimero in modo tale da renderlo solido, lo reticolo. Allineo la maschera sulla fetta di silicio già ricoperta di ossido e di photoresist. Il macchinario è quello che permette di allineare la maschera. Dopo averla allineata espongo il pattern. Accendo la luce UV al di sopra della maschera: la maschera impedirà alla luce UV di arrivare su certe zone. La maschera la posso mettere ad una certa distanza, a diretto contatto oppure utilizzando delle ottiche, posso metterci in mezzo una lente che focalizza e proiettare l'immagine. Diventa significativo dal punto di vista pratico. Una volta illuminata la maschera proietterà l'immagine sul substrato. Dove è illuminato succede qualcosa rispetto a dove non lo è. Possono succedere due cose: - Un photoresist negativo indica che dove è illuminato dagli UV ilphotoresist è cambiato chimicamente e si è polimerizzato. Dopo l’esposizione vado a sviluppare il photoresist, lo immergo in un bagno chimico che andrà a rimuovere il materiale che non si è polimerizzato, invece quello polimerizzato rimane dov’è. Ho il negativo della maschera. Un photoresist positivo succede il contrario: nelle zone che sono state illuminate dai raggi UV il materiale è stato degradato e non è in grado di polimerizzare, le zone rimaste coperte il materiale si polimerizza. Lo rimetto in forno per completare la polimerizzazione per far sì che il photoresist rimasto diventi stabile perché deve funzionare come una maschera di protezione da un attacco chimico che farà in maniera tale da rimuovere il materiale non protetto dal photoresist. Passaggi per trasferire il disegno sul photoresist ma ricordiamo che l’obiettivo è realizzare la struttura in ossido di silicio. Quindi il photoresist miserve solo come passaggio di produzione per uno step successivo di etching (rimozione). Rimuoveremo il materiale ovunque tranne dove c'era il photoresist. Nei due disegni vediamo già il risultato finale dopo l'ultimo step, cioè quello di rimozione del photoresist. Il photoresist lo rimuovo chimicamente, lo sciolgo. La struttura finale che ottengo è silicio (azzurro) e l'ossido di silicio depositato all'inizio. Foto: sezione, spessore del substrato di Si, strato di Cromo e sopra il photoresist patternato. Il photoresist protegge il cromo nelle varie zone. 08.04.2020 Video introduttivo: what is molecular self assembly? MOLECULAR BRICKS AND SELF ASSEMBLY Tecnica con cui in natura le molecole si assemblano in sovrastrutture che hanno una determinata funzionalità. Esempio nel video dei fosfolipidi che interagiscono tra loro con interazioni specifiche ma con legami deboli per dare luogo a quella che è una membrana cellulare. Ma se pensiamo almondo delle biomolecole e all'organizzazione della cellula, la struttura dei tessuti e così via abbiamo tantissimi esempi di self assembly. Il self assembly è una tecnica di costruzione sovra-molecolare che si basa sul riconoscimento specifico di molecole. Molecole che possiamo considerare alla stregua di blocchetti (building blocks) che hanno un'interazione specifica che dipende dalle loro proprietà sia fisiche sia chimiche che li porta a strutturarsi in strutture sovra-molecolari, e quindi avranno una determinata funzionalità, paradigma struttura = funzione. Sfruttando sia le interazioni classiche che conosciamo ma anche interazioni non classiche è possibile andare a costruire delle strutture sovra-molecolari che abbiano una determinata funzione. COS'È L'APPROCCIO BIOMIMETICO? Utilizzato in natura per creare specie molecolari complesse. Esempio classico della membrana cellulare, formazione spontanea e reversibile della doppia

La natura sfrutta un numero limitato di interazioni tra molecole spesso molto semplici per produrre strutture molto complicate. Un esempio di ciò è l'elica del DNA, alcuni tipi di proteine globulari con struttura quaternaria. Un altro esempio sono i virus e altre strutture auto-assemblanti, dove una componente proteica conferisce una forma particolare al virus e quindi una particolare funzione. Le proteine si riconoscono e si auto-assemblano attorno al materiale genetico (DNA e RNA) con interazioni non covalenti per formare una sovra-struttura.

L'auto-assemblaggio apre la strada verso strutture molecolari altrimenti impossibili con tecniche tradizionali, basandosi su interazioni forti come i legami covalenti. Questo permette di avere dei mattoncini molecolari che possono essere biomolecole naturali ma anche biomolecole sintetizzate appositamente per avere una determinata struttura con una proprietà chimica che guida il loro riconoscimento e il loro auto-assemblaggio, con applicazioni di diverso tipo e diversa natura. Non è solo una questione di forma, ma anche di funzione.

La biomolecola ma spesso la biomolecola viene assemblata con mattoncini che in realtà non sono biomolecole ma sono molecole di sintesi e quindi sostanzialmente è un modo per andare ad accoppiare proprietà di molecole di natura differente.

SELF ASSEMBLY IN NANOTECNOLOGIA

L'autoassemblaggio è un meccanismo che in natura troviamo già. L'approccio classico è quello definito top-down, si va a lavorare materiali macroscopici e si va a rimpicciolirli. Approccio che ha limitazioni intrinseche: non si può scendere al di sotto di qualche centinaio di nm con un approccio di questo tipo.

Per scendere a livello nano (dimensioni delle molecole) si deve scegliere un approccio bottom-up: in base al quale i sistemi a livello nano ma anche micro vengono ottenuti a partire dalle molecole utilizzate come mattoncini. Approccio che dal basso va verso l'alto, le molecole sono componenti che vengono utilizzate emesse insieme, ce si riconoscono per

Interazioni sia di tipo fisico sia di tipo chimico per costruire sistemi più complessi che quindi vengono chiamati sovra-molecolari e che possono svolgere varie funzioni. È importante il fatto che i componenti molecolari siano programmati in modo da potersi integrare dal punto di vista strutturale per poter dar luogo ad una determinata funzionalità.

SELF ASSEMBLY

Nelle tecniche di autoassemblaggio vengono sfruttate interazioni deboli. I vantaggi di utilizzare interazioni non covalenti è anche il fatto che siano interazioni che si stabiliscono molto più rapidamente. Strutture che vengono ottenute tramite approccio di autoassemblaggio sono strutture reversibili. Le interazioni non covalenti sono interazioni deboli, sono labili. Esempio: la doppia elica del DNA dove le singole catene interagiscono tra di loro con legami idrogeno tra le basi, interazioni deboli tra le basi appilate; in vitro, volendo rompere la catena e separare le doppie eliche basta fornire

calore per poter rompere i legami deboli. È un processo molto selettivo se vengono rispettati alcuni vincoli: avere mattoncini progettati in modo corretto e se le condizioni al contorno sono quelle giuste per favorire quelle interazioni. Interazioni deboli alla base di questo processo. Dobbiamo avere ben presente cosa sono queste interazioni. Dobbiamo sapere come sono fatti i legami. PERCHÉ ABBIAMO UNO SPECIALE INTERESSE PER IL SELF ASSEMBLY? Esempio: virus iniziale a cilindro, ha un guscio proteico fatto da unità proteiche che si autoassemblano intorno al filamento di RNA che rappresenta il patrimonio genetico di quel virus. Copiare processi che avvengono in natura a nostro vantaggio, conoscendo la struttura e le proprietà chimiche del singolo mattoncino posso guidare questo processo per ottenere strutture di interesse applicativo. Esempi in natura: virus, DNA, proteine, membrana cellulare. Proteine globulari (es. emoglobina) dove i singoli blocchi si vanno adhe possono auto-assemblarsi per formare una struttura tridimensionale. Queste molecole, chiamate "smart bricks", sono progettate in modo tale da interagire tra loro in modo specifico, permettendo loro di unirsi e formare una struttura complessa. Una volta assemblate, queste strutture possono svolgere una funzione specifica, come ad esempio la catalisi di una reazione chimica o il rilascio controllato di un farmaco. Questo approccio offre numerosi vantaggi, tra cui la possibilità di progettare strutture su misura per specifiche applicazioni e la capacità di riparare e riorganizzare le strutture danneggiate. Inoltre, l'auto-assemblaggio di molecole offre un modo efficiente ed economico per produrre materiali complessi.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
131 pagine
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SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/34 Bioingegneria industriale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher benedettap94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Bionanotechnology e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Raiteri Roberto.