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INSERZIONE CO-TRADUZIONALE:
Come nel caso della importazione, il peptide in via di formazione è stato associato ad un poro grazie
ad una serie di proteine e la sequenza segnale è stata rimossa.
La sequenza di nucleotidi, però, ha una porzione particolarmente idrofobica che determina l'arresto
della traslocazione della proteina attraverso la membrana del reticolo endoplasmatico rugoso.
La sintesi della proteina si concluderà con il gruppo amino-terminale nel lume del reticolo e il
gruppo carbossi-terminale nel citosol.
Questa disposizione può anche invertirsi, ma poi resterà immutata anche quando verrà trasportata,
tramite vescicole, ad un'altra membrana dove verrà endocitata e disposta nel luogo di destinazione
finale.
Ricorda
Una glicoproteina è sintetizzata co-traduzionalmente nella membrana del reticolo endoplasmatico,
poi viene trasferita all'apparato di Golgi per essere glicosidata tramite l'aggiunta di catene
polisaccaride e solo successivamente sarà funzionante e potrà essere inserita nella membrana
cellulare. La parte della glicoproteina che nel reticolo endoplasmatico era rivolta verso il lume,
sarà glicosidata e, una volta assemblata con la membrana, sarà rivolta verso l'ambiente extra-
cellulare.
Questo sottolinea come una proteina che non deve mai entrare in contatto con il citosol della
cellula, non lo farà neanche dopo essere stata modificata, mentre la parte a contatto con esso, lo
sarà anche successivamente. LA MATRICE EXTRA-CELLULARE
La matrice extra-cellulare contribuisce a determinare la forma e le proprietà meccaniche dei tessuti
e degli organi. Per questo motivo, la percentuale dei suoi principali componenti proteici varia a
seconda del tipo di tessuto coinvolto.
Ad esempio, nel tessuto cartilagineo è particolarmente presente la componente proteoglicanica,
mentre nei legamenti quella collagenosa.
È composta prevalentemente di proteine prodotte dalle cellule stesse, in particolare quelle più
abbondanti sono: - COLLAGENE ed ELASTINA (componente proteica fibrosa)
- PROTEOGLICANI. COLLAGENE
La fibra di collagene è caratterizzata da una resistenza straordinaria alle azioni meccaniche.
Basti pensare che serve una forza pari a 9kg per riuscire a spezzare una fibra di diametro 1mm.
La sua formazione passa attraverso diversi stadi in cui il polipeptide è prima tradotto come singolo,
poi associato ad altre catene, secreto, modificato e solo alla fine è associato con altre strutture a
formare la fibra.
La prima parte del processo, ovvero la
sintesi della CATENA ALPHA precursore,
avviene nel lume del reticolo
endoplasmatico rugoso. Sempre qui,
avviene l'avvolgimento di 3 catene alpha
che formano una tripla elica con estremità
non strutturate, detta
PROTOCOLLAGENE.
A questo punto avviene la secrezione del
polipeptide in struttura quaternaria e la
rimozione delle estremità non strutturate,
grazie alla PEPTIDASI del protocollagene che effettua un taglio protolitico. Si forma così la
MOLECOLA DI COLLAGENE che, sempre dopo la secrezione, si assembla con altre molecole a
formare la FIBRA DI COLLAGENE che a sua volta si assocerà ad altre fibre, a formare il prodotto
finale, ovvero la FIBRA DI COLLAGENE (spessore: 0,1-0,2μm).
ELASTINA
É particolarmente abbondante nei tessuti che hanno bisogno di molta elasticità, quali quelli di
polmoni, cuore, arterie, cute e intestino.
Le molecole di elastina sono polipeptidi assemblati singolarmente,
però successivamente si legano tra loro mediante legami covalenti,
creatisi tra lisine presenti nella sequenza di amminoacidi.
Questi legami sono detti LEGAMI CROCIATI e la loro presenza (o
assenza) determina l'elasticità del tessuto. In particolare, con l'avanzare
dell'età, la presenza di questi legami aumenta e questo causa una
perdita di elasticità.
I gruppi di molecole di elastina possono trovarsi RILASSATI, con le
molecole di elastina agglomerate e riavvolte, oppure STIRATI, con le
molecole distese. PROTEOGLICANI
Sono macromolecole composte da un ASSE PROTEICO (core) a cui sono unite, in modo covalente,
lunghe catene di disaccaridi o glicosamminoglicani (GAG). Il processo di maturazione, cioè la
glicosidazione, avviene nell'apparato di Golgi e solo dopo questo processo, la molecola sarà
funzionante.
Sono particolarmente presenti nella CARTILAGINE e hanno la funzione di creare la matrice in cui
sono immersi collagene ed elastina. In questo modo riescono ad intrappolare moltissima acqua,
anche 50 volte il loro peso. LE MEMBRANE BIOLOGICHE
Svolgono diverse funzioni a seconda della componente proteica presente nelle diverse membrane.
Alcune tra le FUNZIONI più frequenti sono:
- comunicazione tra cellule
- protezione
- delimitazione sia della cellula in sé, ma anche degli organelli con diverse funzioni
- regolazione del trasporto di molecole sia verso l'interno che verso l'esterno
- rilevamento e\o trasduzione si segnali
Tutte le membrane biologiche hanno uno SPESSORE REGOLARE e un aspetto a “binario”, ovvero
sono costituite da 3 BANDE (scura-chiara-scura) di spessore di circa 25A ciascuna, per un totale di
75A.
N.B. Questo aspetto è una ulteriore conferma della presenza di un DOPPIO STRATO
FOSFOLIPIDICO, dentro il quale sono ancorate in modi differenti diverse tipologie di proteine.
A seconda della membrana analizzata, è possibile riscontrare una variazione di composizione
chimica dei tre componenti principali: CARBOIDRATI, LIPIDI e PROTEINE.
Ad esempio, la membrana del mitocondrio è particolarmente ricca di proteine.
Ricorda
La componente lipidica è costituita da:
- FOSFOLIPI (glicerolo + 2 acidi grassi + gruppo fosfato)
- COLESTEROLO (mantiene il corretto stato di fluidità della membrana)
Entrambe queste molecole, hanno una loro POLARITÀ.
MODELLI DI STRUTTURA PROPOSTI
- Fine '800: Overton
comprende la natura lipidica della membrana, osservando che era
trapassata solo da molecole (piccole) apolari.
- Inizio '900: Langmuir
ipotizza la presenza di un monostrato fosfolipidico
- 1925: Gorter e Grendel
dimostrano la presenza di un doppio strato fosfolipidico Ipotesi di Gorter e Grendel
- Circa 1930: Davison e Danielli
propongono un modello a Sandwich in cui il doppio strato fosfolipidico
era compreso tra due strati, uno superiore e uno inferiore, di proteine.
- 1972: SINGER E NICOLSON
propongono il MODELLO A MOSAICO FLUIDO, partendo
dall'osservazione dello spessore regolare della membrana, reso possibile
dagli sviluppi in campo di microscopia.
Secondo questo modello, ancora oggi in vigore, le proteine di membrana
sono immerse o associate al doppio strato fosfolipidico. Ipotesi Davison e Nicolson
Approfondimento esperimento Gorter e Grendel
I due scienziati hanno dimostrato la presenza del doppio strato fosfolipidico partendo da una
semplice ipotesi:
- CASO 1: la superficie della cellula è uguale a quella totale formata da un monostrato di fosfolipidi
(S = S ) => la membrana è costituita da un unico strato.
f e
- CASO 2: la superficie della cellula è la metà di quella totale formata da un monostrato di
fosfolipidi (S = 2S ) => la membrana è costituita da un doppio strato.
f e
Per verificare quale delle due ipotesi fosse quella corretta, hanno utilizzato un numero noto di
eritrociti, di cui hanno stimato la superficie.
Successivamente hanno strato con l'acetone tutti i fosfolipidi presenti in ciascun eritrocita e li hanno
fatti disporre a monostrato su una superficie acquosa.
Una volta evaporato il liquido, hanno stimato la superficie totale occupata dai fosfolipidi.
Dato che hanno trovato S = 2S , hanno dimostrato la presenza del doppio strato fosfolipidico.
f e
In realtà, Gorter e Grendel hanno commesso 2 errori, che però si sono compensati generando
comunque il risultato corretto, ovvero: 2 2.
- hanno sottostimato la superficie degli eritrociti, ipotizzando fosse 100μm invece di 145μm .
- non hanno tenuto conto delle proteine di membrana che aumentano la superficie della membrana.
MODELLO A MOSAICO FLUIDO
Il modello proposto da Singer e Nicolson prevede un doppio strato fosfolipidico al quale sono
ancorate o immerse proteine e lipidi (come il costerolo).
La regione immersa nel doppio strato è IDROFOBICA, mentre le regioni esposte verso i versanti
citoplasmarico e extra-cellulare sono IDROFILE.
Le proteine associate alla membrana possono essere:
- ESTRINSECHE: se sono situate sulle superfici esterna o interna della membrana. Possono essere
più o meno ancorate ad un lipide, ad altre proteine o associate direttamente alla membrana.
- INTRISECHE: attraversano da parte a parte il doppio strato lipidico, sono proteine
transmembrana.
Questo modello è caratterizzato da:
- ASIMMETRIA: è data dalla distribuzione ineguale dei lipidi e delle proteine lungo la superficie
della membrana.
Basti pensare che i glicolipidi si trovano solo sul lato extra-cellulare e che la composizione di
fosfolipidi dei due lati è differente, tale per cui si assemblano cariche negative sul lato citosolico.
Inoltre, le glicoproteine presentano i residui saccaridici solo sul lato esterno della membrana.
- FLUIDITÀ: è data dalla presenza di una certa percentuale di acidi grassi insaturi e colesterolo.
I primi interrompono la regolarità del doppio strato fosfolipidico, mentre il secondo assicura il
corretto stato di liquidità. La membrana, infatti, non deve né diventare troppo rigida alle basse
temperature, né deve disgregarsi completamente alle alte temperature.
I movimenti permessi sono di rotazione introno al proprio asse, di diffusione laterale e, nel caso dei
fosfolipidi, anche di ribaltamento, permesso però dall'enzima FLIPPASI solo in casi specifici.
Approfondimento dimostrazione fluidità
L'approccio sperimentale usato per dimostrare la fluidità della membrana, è stato quello di
dimostrare il movimento laterale delle proteine di membrana.
Le proteine scelte erano specie-specifiche, facilmente marcabili e identificabili univocamente.
FASE 1: Marcatura di proteine di membrana di topo e di uomo: le prime marcate con la
RODAMMINA e le seconde con la FLUORESCINA, tramite reazione anticorpale.
FASE 2: creazione di un ETEROCARIONTE, cioè una cellula ibrida binucleata, ottenuta grazie alla
fusione di altre due cellule, sempre una di topo e una di uomo, e marcatura delle proteine di
membrana, con i marcatori sopra citati.
FASE 3: incubazione a 37°C di un eterocarionte (diverso da quello della fase 2) e, dopo 40 minuti,
marcatura delle stesse proteine prese in considerazione negli altri casi.
CONCLUSIONE: Fu confrontata la disposizione assunta dalle proteine nelle fasi 2 e