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-DIABETE DI TIPO I (INSULINO DIPENDENTE)

-DIABETE DI TIPO II (INSULINO INDIPENDENTE)

DIEBETE DI TIPO I (INSULINO DIPENDENTE): colpisce circa il 15 % dei pazienti diabetici,

può manifestarsi a qualunque età ma soprattutto nei giovani. In questa forma di diabete c’è

un’assoluta mancanza di insulina dovuta alla distruzione delle cellule beta delle isole di langherans,

aggravata anche da infezioni virali che anticipano la manifestazione della malattia. È quindi

necessario che essa venga ignettata tutti i giorni e per tutta la vita.

DIABETE DI TIPO II (INSULINO INDIPENDENTE): colpisce circa l’85% dei pazienti diabetici e

può manifestarsi a qualsiasi età. In questa condizione c’è resistenza dei tessuti periferici alle azioni

dell’insulina, quindi l’insulina viene prodotta normalmente dal pancreas ma le cellule non riescono

a utilizzarlo.

COMPLICAZIONI TARDIVE DIABETE MELLITO: non è caratterizzato solo da iperglicemia ma

anche da altre sintomatologie

-microangiopatia: anormalità nelle pareti dei piccoli vasi sanguigni, in particolare ispessimento

della membrana basale.

-retinopatia: che può portare a cecità e non è altro che un emorragia del corpo vitreo proveniente dai

vasi della retina in proliferazione a causa di maculopatia

-neuropatia: può manifestarsi sotto forma di diarrea, impotenza, vescica neurogenica, ulcere e

metabolismo anomalo del glucosio nelle cellule nervose.

-macroangiopatia: porta a malattia coronarica prematura.

DIAGNOSI E MONITORAGGIO DIABETE MELLITO

La diagnosi di diabete deve essere fatta prima possibile di modo da prevenire le complicanze

tardive che compromettono la vita del paziente. Il glucosio viene misurato prelevando dei campioni

di sangue, uno di solito è sufficiente ed è preferibile a digiuno onde evitare che il test va ripetuto

nel caso di risultati che possiamo definire borderline. Il campione di sangue viene prelevato e viene

raccolto in una provetta con dentro fluoruro che impedisce la glicolisi. Ormai è diffusa la pratica

dell’automonitoraggio, cioè dei test casalinghi dove il paziente può usare delle striscioline apposite.

L’automonitoraggio viene fatto sia sul prelievo del sangue che delle urine.

-se il paziente lamenta sintomi iperglicemici come poliuria, nocturia, sete si può utilizzare un

risultato di glucosio di tipo random di un livello maggiore o uguale di 11,1 mmoli/L per

diagnosticare il diabete. Se il paziente è asintomatico o ci sono dubbi sulla diagnosi è necessario

ripetere l’esame su un altro campione preferibilmente a digiuno.

-glucosio ematico a digiuno: una concentrazione di glucosio ematico a digiuno maggior o uguale a

7mmoli/L è considerata diagnosi di diabete a prescindere dalla presenza o meno di sintomi. Se il

paziente presenta un livello tra 6 e 6,9 mmoli/L il paziente ha una glicemia a digiuno difettosa che

non è considerato diabete ma che comunque può preannunciare un rischio elevato di insorgenza

della malattia.

-esame di tolleranza al glucosio orale: qualche volta può capitare di avere dei dubbi suilla diagnosi e

allora si effettua un test ulteriore che consiste nel far assumere al paziente la sua solita dieta normale

per almeno 3 gg. Successivamente il paziente effettua il prelievo, e lo rieffettua dopo aver ingerito

74 g di glucosio in circa 300 ml di acqua in 5 minuti a distanza di due ore. Se il paziente presenta

un valore inferiore a 7 significa che ha una tolleranza semplicemente alterata al glucosio che è

sempre quella situazione intermedia che rappresenta un campanello di allarme.

EMOGLOBINA GLICATA: Uno stato di iperglicemia porta al legame del glucosio a un certo

numero di proteine che può essere un ulteriore parametro di analisi dei livelli di glucosio ematici a

lungo termine, perché il glucosio segue i tempi di emivita della proteina.

ESAME DELLE URINE: la presenza o l’assenza di glucosio nelle urine non ha un peso rilevante

nella diagnosi di diabete, tuttavia può rivelare un diabete insospettato, ma in ogni caso un falso

negativo con questo test è molto elevato.

CHETOACIDOSI DIABETICA: è un’emergenza medica. Tutti i disturbi metabolici e i sintomi

sono dovuti alla mancanza di insulina o comunque a una mancata attività della stessa. L’insulina se

manca o non agisce fa si che venga inibita la glicolisi e stimolata la lipolisi.

NO GLICOLISI UPTAKE CELLULARE DI GLUCOSIOIPERGLICEMIA GLICOSURIA

(presenza nelle urine) DIURESI OSMOTICA che porta a perdita di acqua e di elettroliti

DISIDRATAZIONE che se grava dà uremia prerenale che può portare a  SHOCK

IPOVOLEMICO.

AUMENTO DELLA LIPOLISI AUMENTO SINTESI DEGLI ACIDI GRASSIALCUNI ACIDI

GRASSI VENGONO CONVERTITI IN CHETONI ACIDOSI E CHETONEMIA  L’ACIDOSI

PROVOCA VOMITO E QUINDI SEMPRE DISIDRATAZIONE.

Lo sviluppo della chetoacidosi quindi innesca una serie di reazioni concatenate che devono essere

interrotte allo scopo di ripristinare il normale metabolismo dei carboidrati e dei lipidi. I fattori piu

comuni che determinano DKA sono infezioni, infarto del miocardio, traumi o omissione di insulina.

TRATTAMENTO: la cura della DKA richiede la somministrazione di 3 agenti:

-insulina: insulina per endovena

-fluidi: per reidratare

-potassio: perché i pazienti di DKA hanno una deplezione totale di potassio

Solitamente la reidratazione a base di insulina corregge l’acidosi metabolica, però nei casi più gravi

può essere indicata una somministrazione endovenosa di bicarbonato di sodio. Una buona

reidratazione è importante ma non si deve esagerare.

Vi sono altre due forme di scompenso metabolico grave nei pazienti diabetici: il coma iperosmolare

non chetonico e l’acidosi lattica.

-coma iperosmolare non chetonico: si manifesta di frequente nelle persone anziane e nei diabetici

insulino-indipendenti con uno sviluppo lento. Il livello di insulina in questo caso è sufficiente a

prevenire la chetosi, ma non previene l’iperglicemia e la diuresi osmotica. Quindi ci sono livelli di

glucosio estremamente elevati che si accompagnano a una disidratazione grave. Il trattamento è una

reidratazione più lenta per evitare un danno neurologico.

-acidosi lattica: si manifesta in pazienti ipossici ed è dovuta a una produzione eccessiva di lattato

per opera dei tessuti periferici. Il trattamento consiste per correggere l’acidosi nel somministrare

grandi quantità di bicarbonato di sodio per endovena, alternativamente una dialisi.

ESAMI DELLA FUNZIONALITA EPATICA

Le cellule epatiche sono ricche in mitocondri e quindi ospitano una serie di processi metabolisci in

particolare, glicolisi, ciclo di krebs, sintesi di amminoacidi e fosforilazione ossidativa. Il fegato poi

contiene un esteso sistema reticolo endoteliale per la sintesi e il catabolismo delle cellule sanguigne.

L’escrezione di composti e di prodotti catabolici idrosolubili con l’ausilio degli acidi biliari avviene

nel tratto biliare.

Gli esami della funzionalità epatica determinano i livelli dei componenti ematici che forniscono

semplicemente un’indicazione per l’esistenza, l’estensione e il tipo di danno epatico. Normalmente

un campione di siero per tali esami fornisce risultati per la bilirubina, le amminotransferasi e la

fosfatasi alcalina. Può essere importante anche conoscere la concentrazione di albumina sierica per

la ricerca di malattie epatiche. Queste indagini biochimiche aiutano nella differenziazione delle

seguenti diagnosi:

-ostruzione del tratto biliare

-danno acuto epatocellulare

-malattia epatica cronica

La concentrazione della bilirubina totale e l’attività della fosfatasi alcalina nel siero sono indici di

colestasi, un blocco del flusso biliare ovvero uno stato di stasi del flusso retrogrado della bile verso

il sangue per un’incapacità di secrezione verso il tratto biliare. L’attività dell’amminotransferasi

sieriche è una misura dell’integrità della cellule epatiche. La concentrazione dell’albumina sierica è

una misura grossolana della capacità sintetica del fegato.

BILIRUBINA: è un pigmento contenuto nella bile che si forma dall’eme. Un adulto in condizioni

normalli produce circa 450 micromoli di bilirubina al giorno. Essa è insolubile in acqua ed è

trasportata nel plasma grazie al fatto che si lega all’albumina. Una volta legata all’albumina poi ci si

dissocia ed entra nelle cellule epatiche dove subisce una coniugazione con acido gluconico, dove si

ottiene un diglucuronide solubile e che può essere a quel punto escreto nella bile.

I costituenti funzionali principali della bile sono i Sali biliari, che sono coinvolti nella digestione e

nell’assorbimento degli acidi grassi nel piccolo intestino. Le concentrazioni degli acidi biliari nel

siero quindi sono indici più sensibili alla funzione di trasporto epatico rispetto alla misura della

bilirubina. Nell’ileo terminale e nel colon, i batteri intestinali i coniugati della bilirubina vengono

trasformati in stercobilinogeno che dà la colorazione bruna alle feci. Alcuni di questi vengono

assorbiti e riescreti dal corpo mediante la circolazione entero-epatica. Piccole quantità di questi

vanno a finire nell’urina sotto forma di uribilinogeno. Quando c’è un blocco nel tratto biliare, la

bilirubina non viene escreta e aumenta la sua concentrazione nel siero. Il paziente manifesta segni di

itterizia.

AMINOTRANSFERASI (LE TRANSAMINASI): sono di uso corrente nella pratica clinica come

indice sensibile di danno acuto degli epatociti a prescindere dall’eziopatologia. Le cause di danno

epatico comprendono l’epatite, danno epatico dovuto a hock, ipossia grave, e insufficienza cardiaca

acuta.

FOSFATASI ALCALINA: la fosfatasi alcalina nelle malattie epatiche aumenta normalmente in

risposta alla colestasi (la colestasi determina un aumento dell’attività enzimatica di almeno due

volte rispetto ai valori superiori dell’intervallo di riferimento).

PROTEINE PLASMATICHE (ALBUMINA): l’albumina è la principale proteina prodotta dal

fegato. Possiede un tempo di emivita molto lungo nel plasma. Nel caso di danno epatico avremo

uno stato di ipoalbuminemia.

GAMMA GLUTAMILTRANSPEPTIDASI: è un enzima microsomiale che può fornire

un’indicazione dell’induzione dell’attività enzimatica epatocellulare, dovuta a farmaci o alcol.

ITTERIZIA: è una colorazione gialla della pelle e della sclera dovuta alla presenza di bilirubina nel

plasma. Essa viene rilevata quando il valore di bilirubina supera le 50 micromoli/L, quando

normalmente la concentrazione di bilirubina è di circa 20 micromoli/L. Ci sono 3 cause principali

che spiegano l’aumento di livello della bilirubina nel sangue:

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Publisher
A.A. 2015-2016
14 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/12 Biochimica clinica e biologia molecolare clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lolle993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Cattolica del Sacro Cuore - Roma Unicatt o del prof Martorana Alessandro.