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Nel 1937 la “commissione Peel” (dal nome del suo presidente William Peel), inviata dal governo britannico,
propose un piano di spartizione della Palestina tra arabi ed ebrei; ipotizzava scambi di popolazioni tendenti
a rendere etnicamente omogenei i territori da assegnare alle due parti.
Il piano non fu accolto, perché molti si dissero contrari.
Agli attacchi arabi, inizialmente, si contrappose una difesa aggressiva, cioè una serie di rappresaglie,
successivamente, l’organizzazione paramilitare ebraica reagì con azioni terroristiche.
Nel maggio 1939, in conseguenza di un nuovo “libro bianco”, il governo britannico decise di limitare
l'immigrazione ebraica e adottò misure contro gli acquisti di territori da parte sionista.
Adesso furono gli ebrei di Palestina ad organizzare manifestazioni.
La religione come vincolo e come risorsa: Turchia e Arabia Saudita
Tra le due guerre, due soli paesi potevano disporre pienamente di se stessi: La Turchia e l'Arabia Saudita.
Erano entrambi di religione e cultura islamica, ma imboccarono strade opposte.
Mustafa Kemal aveva riscattato la Turchia dall' umiliazione della sconfitta, l'aveva guidata nella rivolta
contro l'occupazione greca ed era divenuto il leader del “Partito Repubblicano del Popolo” (PRP).
Dopo aver deposto il sultano Maometto VI, aveva fondato la Repubblica e aveva spostato la capitale ad
Ankara.
Alla fine del 1923, viene eletto presidente della Repubblica.
Inizialmente, il regime accettò la presenza di altre forze politiche, ma nel 1925, approfittando di una rivolta
curda, trasformò il sistema in monopartitico.
I kemalisti volevano modernizzare, svegliare le forze sopite, favorire la crescita economica e quindi
militare.
Avevano quindi bisogno di laicizzare il paese, separando politica e religione.
Per raggiungere questo scopo, avevano cominciato abolendo il califfato. Nel 1928, negarono all'islam la
qualifica di religione di Stato, posero le organizzazioni religiose sotto il controllo statale.
Riconobbero pari diritti alle donne, istituirono il suffragio universale, riformarono il diritto di
famiglia, abolirono la poligamia e riformarono l’istituto del divorzio. Legalizzarono l’uso delle bevande
alcoliche e non considerarono più un reato l'omosessualità.
La “shari’a”, ovvero la legge coranica, era concessa solo nella sfera privata.
Con una buona dose di autoritarismo, il regime proibì usanze, costumi tradizionali, il velo islamico per le
donne, il fez e il turbante per gli uomini, la barba per i funzionari pubblici. Adottò l’alfabeto latino, il
calendario gregoriano e il sistema metrico decimale.
Con la costituzione del 1937, il sistema parlamentare venne confermato, anche se i candidati erano indicati
dal partito al potere o direttamente dal presidente.
Le elezioni erano a voto palese.
L'esercito fu eretto a guardiano e garante della laicità dello Stato e del processo di modernizzazione.
La penisola arabica vede al potere Ibn Saud, fondatore e primo sovrano del moderno regno dell’Arabia
Saudita
Un congresso panislamico riconobbe al vincitore la custodia dei luoghi santi, facendone il campione di una
religione di dimensione planetaria, ovvero l'islam. (panislamismo orientamento politico che auspica
l’unione di tutti i popoli islamici e l’indipendenza politica e culturale dal mondo occidentale)
Ibn Saud ottenne nel 1927 da parte britannica il riconoscimento del suo regno.
Il primo stato arabo davvero indipendente, nacque nella parte desertica della regione, lasciando
intatti gerarchie sociali e sistemi culturali tipici di una società tribale.
Fu seguita una logica teocratica: la gestione delle attività religiose e governative laiche coincidono e
vengono gestite direttamente dal governo.
Nel sottosuolo del paese le riserve petrolifere erano enormi, fu per questo che Ibn Saud ottenne il sostegno
americano.
I due fulcri dell’impero britannico: India e dominions
All’indomani della guerra, l'impero britannico raggiunse la sua massima espansione: 450 milioni di inglesi
sparsi su 5 continenti. Aveva due fulcri.
Il primo è rappresentato dai cosiddetti “dominions”, che tradizionalmente godevano del diritto al self
government; erano collocati In Canada, in Sudafrica, in Australia e in Nuova Zelanda.
Erano come frammenti di occidente sparsi, prevalentemente di lingua inglese.
Il secondo, quello tradizionalmente più importante, L'India.
Qui il potere britannico oscillava tra la forma di governo diretto e indiretto. La verità è che i Britannici non
ritenevano di poter concedere l'auto-governo a quelle popolazioni di colore, dalla cultura orientale.
Nel corso della conferenza di pace a Parigi, il Giappone presentò la proposta di inserire nella carta della
società delle Nazioni una dichiarazione sull’eguaglianza dei diritti degli esseri umani, ma se la vide
respingere.
I dominions ottennero un inedito protagonismo nello scenario internazionale. I loro rappresentanti
vennero ammessi alla conferenza di pace del 1919 e fu il vecchio Lord Balfour a riconoscere, nel 1926, che i
dominions dovevano essere considerati nel loro statuto uguali alla Gran Bretagna.
Balfour era un conservatore, che aveva sempre posto l'impero al centro dei suoi pensieri,
tuttavia mostrò, in questo caso, una duttilità, mentre si era opposto strenuamente all’home rule irlandese.
Il mutamento venne infine sancito nel 1931 con la promulgazione dello “statuto di
Westminster”. Venne così ufficializzata la nascita del “british commonwealth nations”, associazione tra
Gran Bretagna e dominions. Questi ultimi rivendicarono la propria indipendenza anche nelle relazioni con
paesi terzi.
Veniamo ora all'India. Gli inglesi la avevano pesantemente coinvolta nella guerra mondiale.
Il coinvolgimento dei soldati di colore nel grande sforzo bellico ad opera del colonialismo britannico merita
una riflessione. Alcuni studiosi hanno sostenuto che l'autorizzazione a uccidere soldati bianchi abbia
costituito la rottura di una sorta di tabù e che sia stato un primo passo verso una coscienza anticolonialista.
L'esperienza bellica indusse in quei soldati una sensazione duplice: da un lato si sentiranno valorizzati e
dall'altro pur sempre mantenuti in uno status razziale inferiore.
La guerra e lo scontro con il sultano ottomano avevano raffreddato il rapporto tra il governo inglese e gli
islamici indiani.
Nel 1919, il governo britannico cercò di recuperare il consenso perduto, varando una riforma, che fu
chiamata “Montagu-Chelmsford”, dai nomi del segretario di Stato per l'India e del vice-re.
Questa riforma migliorava i termini di quella precedente, conferendo un carattere parlamentare-
rappresentativo alle assemblee, che affiancavano l'amministrazione britannica. Lasciava però le leve del
potere reale, sempre nelle mani di quest'ultima.
I britannici si guardavano bene dall' abolire le leggi eccezionali, che, in tempo di guerra, avevano tenuto il
paese sotto un regime di polizia.
Ne conseguirono proteste di massa. Il culmine della tensione si raggiunse nell'aprile del 1919, quando
ad Amristar, nel Punjab, un reparto dell'esercito anglo-indiano attaccò una folla di manifestanti
disarmati, sparando come fosse in guerra e uccidendo circa 400 persone. Questo fatto fece emergere il
razzismo contro i non europei.
In questo periodo emerge una delle figure più rappresentative della resistenza all’oppressione, che ha
portato l’India all’indipendenza: Gandhi
Gandhi organizzò vari scioperi, ma quando questi degenerarono in violenza cambiò tattica. Incitò al
boicottaggio delle merci britanniche, puntando contemporaneamente sulla valorizzazione del tessuto
artigianale dell'India rurale. Finì in prigione in più occasioni.
Stupì il mondo con i suoi scioperi della fame. Le sue campagne per la disubbidienza civile contro le leggi e i
regolamenti dell’amministrazione britannica rappresentarono un consapevole tentativo per liberare le
popolazioni da un passato fatto di servilismo, sottomissione e di esplosioni di cieca violenza.
Divenne celebre la sua campagna per l'estrazione del sale Marino, intesa a vanificare l’esosa tassa
britannica sul sale. Nel corso degli anni 30, Gandhi si allontanò dalla politica attiva. Nel partito del
congresso emerse la leadership di una generazione più giovane, con la figura di Jawaharlal Nehru.
Quest'ultimo aveva studiato in Inghilterra a Cambridge e dopo un viaggio in Unione Sovietica, venne
affascinato dalle idee marxiste, andando così a occupare nel partito del congresso una posizione alla
sinistra di Gandhi.
Nel 1935 un nuovo intervento legislativo britannico venne a riformare il governo dell’India. Nel complesso il
potere restava nelle mani del vice-re britannico residente a Dehli, il quale a sua volta rispondeva al governo
britannico. Veniva concessa una maggiore autonomia alle singole province indiane; responsabilità
importanti toccarono a nazionalisti indiani e, in 7 delle 11 province, a elementi del “partito congresso”. (Il
partito congresso indiano è un partito politico laico e di centrosinistra, ispirato al liberalismo sociale)
Nehru e Gandhi sottolineavano il carattere laico del loro movimento ma, nelle lezioni del 1935, il partito del
congresso fece il pieno tra gli elettori di fede induista, mentre gli islamici sostennero compattamente la
Lega musulmana, guidata da Muhammad Ali Jinnah.
Quest'ultimo inizialmente aveva predicato la collaborazione tra induisti e islamici, poi aveva espresso il
timore che, con l'indipendenza, i suoi correligionari potessero ritrovarsi indifesi, difronte alla maggioranza
induista. Alla fine, si schierò sulla linea separatista delle due fazioni. L'idea era che gli islamici avessero il
diritto e il dovere di fondare un proprio stato nazione, che si sarebbe dovuto chiamare Pakistan.
Nazionalcomunismo
L'Internazionale comunista organizzò, nel 1920 nella città di Baku, un congresso di popoli oppressi,
proclamando che, anche i popoli oppressi da imperialismo e colonialismo, avevano diritto alla libertà.
Nell’immediato, questa iniziativa voleva indebolire gli anglo-francesi, che erano in quel momento in rotta di
collisione con la Russia sovietica. Però il progetto palesava anche una tendenza verso il neo-
marxismo leninista.
Più tardi, la costituzione dell'unione sovietica, riconoscendo pari dignità ai popoli europei ed ex europei,
che avevano fatto parte dell’immenso impero zarista, trasmise questo messaggio rivoluzionario anche alle
popolazioni rimaste soggette agli imperi coloniali.
In questo modo il leninismo rivalutava l'idea dell'indipendenza nazionale e il concetto di nazione.
Riusciva a conciliare le idee con que