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INTERAZIONE STRUTTURA FONDAZIONE - TERRENO
L’interazione in questo caso avviene tra sovrastruttura e terreno. Per studiarla si
preferisce ricorrere a delle situazioni estreme entro le quali deve essere
compresa la situazione reale.
che schematizza l’edificio soggetto sia ai pesi propri che
Consideriamo un telaio
ai sovraccarichi variabili (che possono essere combinati in vari modi).
Il progettista idealmente considera solo la struttura come se fosse vincolata ai
piedi dei pilastri (appoggi non cedevoli), esplora le diverse condizioni di carico,
analizzando le azioni e fornisce ai progettisti delle fondazioni le azioni agenti
alla base Rj. La prassi usuale è prendere queste azioni ribaltandole e
considerandole agenti sulla base di fondazione, calcolandosi i diagrammi di
momenti e taglio che sollecitano la trave.
Per vedere se questi carichi arrivano effettivamente in fondazione, studiamo
l’interazione terreno-struttura. Partiamo da uno schema reale, che comprende
una struttura con relativi carichi che poggia su una fondazione. Questo può
essere scomposto in due schemi equivalenti, perché consente di evidenziare
alcuni aspetti importanti.
Lo schema (1) è del tutto analogo a quello reale con relativi carichi, ma ci sono
dei vincoli (non cedevoli) posti sotto la trave in corrispondenza dei pilastri
(metodo dei vincoli ausiliari), introdotti per studiare più facilmente il modello,
che andranno poi rimossi inserendo gli effetti uguali e contrari che tali vincoli
provocano. La trave in questo caso resta del tutto inerte, perché non ci sono
cedimenti differenziali nella struttura (vincoli non cedevoli). Risolvendo la
struttura si troverebbero delle reazioni Rj analoghe a quelle trovate dallo
strutturista.
Si rimuovono tali vincoli, considerando lo schema (2) con stesse caratteristiche
di rigidezza di (1), ma l’edificio viene considerato privo di peso e senza
sovraccarichi (diversamente ci sarebbero i valori raddoppiati di carichi e pesi
nella realtà).
Per rimuovere l’effetto dei vincoli si inseriscono delle forze concentrate in (2)
che sono uguali e contrarie a quelle fornite dai vincoli (-Rj). Così facendo
sommando è come se eliminassimo i vincoli.
Cosa succede sullo schema (2)?
Quando una forza si applica in un nodo dove convergono diverse membrature,
la forza si scompone, sollecitando proporzionalmente le membrature in base alla
propria rigidezza.
Si separano le due parti di cui si vuole studiare l’interazione (sovrastruttura e
fondazione) e si applicano le forze sollecitanti. Una parte delle azioni
R nel nodo vanno a
deformare la struttura
(indicate con Zj), la
rimanente parte
sollecita la struttura di
fondazione (Xj). In
ogni nodo ci deve
essere l’equilibrio: la
somma delle Zj e Xj
deve fornire le -Rj.
Le Zj agiscono su una struttura senza carichi e peso; pertanto, la loro somma
deve dare zero. Queste forze sono quelle necessarie a deformare la struttura
scarica. Quando si ha a che fare con forze che nascono solo da deformazioni
della struttura si hanno forze di coazione. La loro proprietà è che tutte queste
forze devono essere auto-equilibrate, perché la risultante è nulla. Questo porta
come conseguenza che la risultante di tutte le Rj (che danno equilibrio alla
struttura con peso e carichi) coincide con le Xj che vanno in fondazione.
Sostanzialmente le Xj sono diverse dalle Rj, perché le Zj comunque compaiono,
ma senza modificare la posizione della risultante.
Per studiare il problema, e per imporre equilibrio e congruenza, si fa ricorso alle
L’obiettivo è scrivere delle equazioni di
matrici di rigidezza. congruenza dove i
cedimenti della struttura eguaglino quelli del loro punto corrispondente di
attacco che si trova in fondazione. Immaginiamo di poter scrivere le due matrici
di rigidezza che caratterizzano il sistema:
D sarebbe una matrice quadrata 5x5, poiché ci sono 5 nodi.
La fondazione poggia sul terreno, risentendo di entrambe le rigidezze (terreno e
struttura). La matrice relativa alla fondazione viene chiamata F e ha dimensione
5x5.
Per studiare il loro significato fisico, studiamo la matrice D della sovrastruttura:
il coefficiente si ricava
in maniera simile e
duale a quello di
influenza. Si impone lo
spostamento unitario
nel nodo (yi) e si
ipotizzano delle forze
che tengono gli altri
nodi bloccati (yk),
quindi ci saranno
spostamenti nulli negli
altri nodi.
Così facendo con l’applicazione dello spostamento unitario nascono delle forze
in tutti gli altri nodi, che corrispondono alle Zj e rappresentano i termini Dji
della matrice di rigidezza.
Lo stesso ragionamento vale per la fondazione (trave che poggia sul terreno):
Ipotizziamo di non essere in grado di determinare tali matrici:
Avendo queste matrici è chiaro che le forze cercate (Zj e Xj) posso essere scritte
facilmente in funzione delle incognite (cedimenti che subiscono i nodi). yi è un
vettore 5x1 e rappresenta gli spostamenti dei singoli nodi.
Sostituendo le equazioni di Zj e Xj nell’equazione:
Si ottiene la seguente equazione per ogni nodo in cui è inglobato sia l’equilibrio
che la congruenza espressi in funzione degli spostamenti:
nel caso in esame si avrebbero 5
equazioni in 5 incognite. Si risolve il
sistema e si trovano gli spostamenti. Si
devono trovare le Xj, cioè vedere come,
per effetto dei cedimenti differenziali, le
reazioni dei pilastri non siano più quelle
fornite dallo strutturista (Rj), ma siano
modificate dalla ridistribuzione prodotta
dagli sforzi di coazione che nascono in
una struttura.
Questo è l’approccio matematico che consente di risolvere il problema di
interazione, ammesso di saper calcolare con la dovuta precisione i valori della
matrice di rigidezza.
Ragioniamo sulla matrice di rigidezza della fondazione:
Nel caso in esame, quali sono le 5 reazioni incognite che provocano yi=1 e
mantengono tutti gli altri nodi uguali a zero? Per il terreno si utilizza il modello
Winkler, poiché è quello più semplice e idoneo a calcolare le sollecitazioni
interne quando i carichi sono puntuali. Ma risolvere questo problema con le
equazioni di Winkler non è molto agevole.
Ribaltando il problema, tornando a una teoria simile a quella dei coefficienti di
influenza la soluzione diventa decisamente più semplice.
Facendo l’inverso di una matrice di rigidezza si ottiene la matrice di
cedevolezza. Essa è composta da coefficienti Cji che hanno il significato fisico
uguale a quello dei coefficienti di influenza, cioè il generico termine rappresenta
l’abbassamento del nodo j-esimo quando si impone una forza unitaria in tale
nodo tenendo scarichi tutti gli altri. Si tratta di risolvere una trave appoggiata su
un suolo con modello Winkler, su cui agisce un solo carico unitario in un nodo,
cercando gli spostamenti si determinano 5 dei 25 coefficienti della matrice di
rigidezza. Essendo simmetrica ne basterà determinare solo la metà. Una volta
costruita la matrice C basterà invertirla per trovare quella di rigidezza F.
La matrice più difficile da realizzare è quella della sovrastruttura (Dji), perché è
in genere un telaio piano e rappresenta SOLO la struttura portante (cioè
l’ossatura) dell’edificio, non vengono prese in considerazione tutte le
costruzioni accessorie (tamponamenti esterni, divisori, scale, ecc.) che sono
delle strutture piane dotate di estrema rigidezza sul loro piano agendo di taglio
(verticalmente) e comportandosi da irrigidenti. È inevitabile che, quando
l’edificio si carica e si deforma, queste strutture entrano in carico andando a
edificio. Per tale motivo non sarà facile
modificare la rigidezza dell’intero
prevedere quale sarà la reale rigidezza dell’edificio (che è quella interessata).
Non esiste una soluzione esatta, perché tutti questi materiali (della struttura e
del terreno) sono dotati di viscosità, cioè i cedimenti evolvono nel tempo.
Anche se le Zj fossero costanti, i cedimenti che si evolvono nel tempo farebbero
sì che queste forze evolvano di conseguenza, con migrazione di sforzi da un
pilastro all’altro.
Per quanto riguarda le sollecitazioni interne (diagrammi di momenti e taglio), il
fatto che ci siano delle migrazioni di forze da un punto all’altro tendono a
modificare i valori di momento flettente e taglio in esercizio, andando a
modificare anche i momenti ultimi della struttura.
senso fare un’analisi così sofisticata se ci sono questo genere di
Non sempre ha
incertezze già dagli elementi di partenza.
La matrice Fji gode solo dell’incognita del K da assegnare al terreno, ma
assegnando un valore che sia circa il 70% del modulo di Young si può
approssimare abbastanza bene la rigidezza del terreno.
Considerate le incertezze, è prassi nel progettare le strutture di fondazione
considerare due situazioni estreme, entro le quali deve esserci la soluzione. Si
considera una struttura con rigidezza nulla (infinitamente flessibile) e una
struttura con rigidezza infinita (assolutamente indeformabile). È evidente che la
situazione reale deve ricadere all’interno di questo intervallo.
Armando e ridimensionando la trave per resistere a entrambe le situazioni limite
(cioè faccio un inviluppo dei momenti e dei tagli in fase di dimensionamento) mi
metto in una condizione di sicurezza. Immaginiamo una
struttura
infinitamente
flessibile.
Qualunque siano
le deformazioni y
imprese, la
struttura le segue
senza opporre
alcuna resistenza.
Le Zj sono
sempre nulle e le
Xj eguagliano le
Rj.
Con le soluzioni di Winkler si determinano i diagrammi di momento e taglio
che corrispondono alla configurazione limite (e li contrassegniamo con il pedice
1). In questa situazione ricadono tutte le strutture isostatiche, perché le X
(reazioni dei vincoli) dipendono unicamente dalle tre equazioni di equilibrio, i
cedimenti non intervengono a modificare la distribuzione dei carichi.
Gli edifici in cemento armato, però sono in generale strutture iperstatiche e la
∞.
situazione 1 non è verificata, la rigidezza sarà intermedia tra 0 e
Questa
configurazione
non è vera per
nessuna struttura,
è solo
un’astrazione.
Siamo vicini a
questa soluzione
limite quando la
rigidezza
dell’edificio
supera di gran
lunga quella del
sistema
fondazionale (strutture molto alte oppure strutture con pannelli portanti).
Ci poniamo nella configurazione limite e la formula della matrice che moltiplica
il vettore degli spostamenti y, per trovare Z non &e