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PPAR
PPAR è una famiglia di recettori nucleari che comprende fattori di trascrizione che regolano molti processi metabolici in risposta a vari ligandi a
struttura simile agli acidi grassi. Il PPARalfa agisce nel muscolo, nel tessuto adiposo e nel fegato dove attiva una serie di geni essenziali per
l’ossidazione in risposta ad un aumentata richiesta di energia, per esempio nell’intervallo tra i pasti o in condizioni di digiuno
Beta-ossidazione perossisomiale
Nelle cellule delle piante, il sito principale della Beta-ossidazione non sono i mitocondri ma i perossisomi: gli intermedi sono sempre gli stessi
ed il processo è sempre costituito da quattro tappe, la differenza è a livello della prima tappa:
1) Nei perossisomi la flavoproteina deidrogenasi che genera il doppio legame passa direttamente gli elettroni all’ossigeno, formando H202 che
viene immediatamente scisso in H20 ed 02 dalla catalasi, nei mitocondri invece gli elettroni passano attraverso la catena respiratoria fino
all’ossigeno e il prodotto che si forma è acqua, quindi nei perossisomi l’energia liberata dalla prima tappa ossidativa non viene conservata
come ATP ma dissipata sotto forma di calore
2) Un’altra differenza è data dalla specificità per gli acil-CoA in quanto il sistema perossisomiale è maggiormente attivo su acidi grassi a catena
molto lunga e su quelli a catena ramificata; il loro catabolismo coinvolge molti enzimi ausiliari presenti solo in questi organelli.
ω ossidazione
In alcuni organismi esiste un’altra via che coinvolge l’ossidazione del carbonio (omega), il più distante dal gruppo carbossilico. Gli enzimi della
ossidazione sono presenti nel reticolo endoplasmatico del fegato e del rene e la omega ossidazione assume una maggiore importanza quando
la Beta-ossidazione funziona male
1) Viene introdotto sul carbonio omega un gruppo ossidrilico. L’ossigeno di questo gruppo proviene dall’ossigeno molecolare (0 2) in una
complessa reazione che coinvolge il citocromo P450 e il donatore di elettroni NAPDH. Le reazioni di questo tipo sono catalizzate da ossidasi a
funzione mista.
2) A questo punto intervengono sul carbonio omega altri due enzimi; l’alcol deidrogenasi, che ossida il gruppo ossidrilico ad aldeide, e
l’aldeide deidrogenasi, che ossida il gruppo aldeidico ad acido carbossilico, generando un acido grasso con un gruppo carbossilico su ciascuna
estremità, ognuna delle quali può legarsi con il coenzima A;
3)la molecola può ora entrare nel mitocondrio, dove viene ossidata secondo un normale processo di (3 ossidazione. Dopo il loro passaggio
attraverso la 3 ossidazione,dell’acido grasso a “doppia estremità” restano acidi bicarbossilici come l’acido succinico, che entra nel ciclo
dell’acido citrico, e l’acido adipico.
Corpi chetonici
I corpi chetonici sono tre composti (acetone, acetoacetato e D-Beta-idrossibutirrato) che si formano dall’acetil-CoA formato nel fegato durante
l’ossidazione degli acidi grassi e che non è entrato nel ciclo dell’acido citrico.
Formazione dei corpi chetonici: la tiolasi catalizza la condensazione di due molecole di acetil-CoA formando acetoacetil-CoA, il precursore dei
tre corpi chetonici; l’acetoacetil-CoA condensa poi con un’altra molecola di acetil-CoA formando B-idrossi-B-metilglutaril-CoA (HMG-CoA),
che si scinde in acetoacetato libero e acetil-CoA;
1) L’acetoacetato libero così prodotto viene ridotto reversibilmente dalla D-B-idrossibutirrato deidrogenasi per formare D-B-idrossibutirrato
2) L’acetoacetato libero raramente perde spontaneamente (o si decarbossila ad opera dell’acetoacetato decarbossilasi) il suo gruppo
carbossilico portano alla formazione di acetone
Destino dei corpi chetonici: l’acetone, prodotto in piccole quantità viene eliminato con la respirazione, l’acetoacetato e il D-B-idrossibutirrato
sono trasportati dal sangue ai tessuti extraepatici, dove sono ossidati nel ciclo dell’acido citrico per soddisfare la richiesta energetica dei
tessuti
- Il D-B-idrossibutirrato come fonte di energia:
Nei tessuti extraepatici, il D-B-idrossibutirrato viene ossidato ad acetoacetato dalla D-B-idrossibutirrato deidrogenasi. L’acetoacetato è
attivato mediante la formazione di un tioestere con il coenzima A, una reazione catalizzata dalla tioforasi, in cui il coenzima A viene donato dal
succinil-CoA, un intermedio del ciclo dell’acido citrico. L’acetoacetil-CoA è poi scisso dalla tiolasi in due molecole di acetil-CoA che entrano
nel ciclo dell’acido citrico. Quindi i corpi chetonici sono usati come fonte di energia in tutti i tessuti ad eccezione del fegato, che non ha
tioforasi. Il fegato produce quindi corpi chetonici per gli altri tessuti ma non li utilizza.
Logica dei corpi chetonici: la produzione e l’esportazione di corpi chetonici del fegato consentono una continua ossidazione di acidi grassi con
solo una minima ossidazione di acetil-CoA. Per esempio, quando gli intermedi del ciclo dell’acido citrico sono utilizzati per la sintesi del
glucosio attraverso la gluconeogenesi, l’ossidazione dell’unità acetile nel ciclo si riduce. Il fegato ha una quantità limitata di coenzima A e,
quando la maggior parte del coenzima è impegnata nel legame con l’unità acetile, la B ossidazione degli acidi grassi tende a diminuire per la
scarsità di coenzima A libero. La produzione e l’esportazione di corpi chetonici liberano coenzima A e consentono alla (3 ossidazione degli
acidi grassi di continuare. Diabete e digiuno prolungato
Il digiuno prolungato e il diabete mellito non trattato portano alla
sovrapproduzione di corpi chetonici, che generano a loro volta alcuni pro-
blemi medici.
- Durante il digiuno, la gluconeogenesi sottrae intermedi al ciclo dell’acido
citrico, indirizzando l’acetil-CoA verso la produzione di corpi chetonici
- Nel diabete non trattato l’insulina è presente in quantità insufficienti e i
tessuti extraepatici non possono assumere il glucosio dal sangue per usarlo
come combustibile o per convertirlo in grassi di riserva. In queste condizioni,
il malonil-CoA (il materiale di partenza per la sintesi degli acidi grassi) non si
forma e quindi la carnitina aciltrasferasi I non viene inibita. Gli acidi grassi
entrano quindi nei mitocondri per essere degradati ad acetil-CoA, che però
non può essere ossidato attraverso il ciclo dell’acido citrico, in quanto alcuni
intermedi del ciclo stesso sono stati sottratti per la gluconeogenesi.
L’accumulo di acetil-CoA provoca una produzione di corpi chetonici in
quantità superiori alle capacità degli organi extraepatici di utilizzarli.
L’aumento di acetoacetato e di D-(3-idrossibutirrato abbassa il pH del
sangue, generando una condizione nota con il nome di acidosi. L’acidosi
estrema porta al coma e in alcuni casi alla morte.
Ossidazione degli amminoacidi
Nella degradazione degli amminoacidi (che avviene prevalentemente
nel fegato) questi ultimi perdono i loro gruppi amminici e vengono
trasformati in alfa-chetoacidi che vanno incontro a ossidazione a
CO2 e H20 o forniscono unità a tre o quattro atomi di C che possono
essere convertite in glucosio tramite la gluconeogenesi.
Negli animali gli amminoacidi vanno incontro alla degradazione
ossidativa in tre circostanze diverse
1) Durante il normale processo di sintesi e degradazione delle
proteine alcuni amminoacidi liberati dalla degradazione delle
proteine, ma non necessari per la sintesi di nuove proteine vanno
incontro a degradazione ossidativa
2) Poiché gli amminoacidi non possono essere immagazzinati se la
dieta è ricca di proteine gli amminoacidi in eccesso rispetto al
fabbisogno per la sintesi proteica sono catabolizzati
3) Durante il digiuno o il diabete mellito quando i carboidrati non
sono disponibili le proteine cellulari vengono utilizzate come
combustibile metabolico
Destino metabolico dei gruppi amminici
Durante la degradazione degli amminoacidi i gruppi alfa-amminici
sono staccati ed incanalati verso uno specifico metabolismo: lo ione
ammonio viene in parte utilizzata in una serie di vie biosintetiche
oppure viene escreto come tale oppure convertito in urea o acido
urico che verranno poi eliminati.
Quattro amminoacidi hanno un ruolo importante nel metabolismo
dell’azoto:
- Negli epatociti i gruppi amminici della maggioranza degli
amminoacidi vengono trasferiti all’alfa-chetoglutarato formando
glutammato che entra nei mitocondri dove perde il suo gruppo
amminico sotto forma di NH4+
- Negli altri tessuti l’eccesso di ammoniaca viene convertito in azoto
ammidico della glutammina, che viene trasferita al fegato e quindi
entra nei mitocondri di queste cellule
- Nel muscolo scheletrico i gruppi amminici in eccesso vengono
trasferiti al piruvato formando alanina che può trasferire i gruppi
amminici al fegato
- L’aspartato partecipa a processi metabolici che avvengono dopo
che i gruppi amminici sono stati trasportati al fegato
Questi amminoacidi sono convertiti più facilmente in intermedi del
ciclo dell’acido citrico: il glutammato e la glutammina in alfa-
chetoglutarato, l’alanina in piruvato e l’aspartato e ossalacetato;
glutammato e glutammina in particolare sono importanti perché
agiscono come un punto di raccolta dei gruppi amminici
Distacco del gruppo alfa-amminico 1) Transamminazione nel fegato: il distacco del gruppo alfa-amminico, la prima tappa del
catabolismo della maggior parte degli L-amminoacidi, è promosso da enzimi chiamati
amminotrasferasi oppure transamminasi ed in queste reazione di transamminazione il gruppo alfa-
amminico viene trasferito all’atomo di carbonio alfa dell’alfa-chetoglutarato, generando
contemporaneamente l’alfa-chetoacido corrispondente all'amminoacido. L’effetto delle reazioni di
transamminazione è quello di raccogliere i gruppi amminici che derivano da diversi amminoacidi su
un unico tipo di composto, l’L-glutammato, che funge poi da donatore del gruppo amminico per le
reazione delle vie biosintetiche o per le reazioni di escrezione.
- Amminotrasferasi: le amminotrasferasi differiscono nella specificità per l’L-amminoacido che deve
donare il gruppo amminico e prendono il nome proprio dall’amminoacido donatore (per esempio
alanina amminotrasferasi). Tutte le amminotrasferasi hanno lo stesso gruppo prostetico, il piridossal
fosfato (PLP), la forma coenzimatica della piridossina o vitamina B6
- PLP: Il piridossal fosfato è legato covalentemente al sito attivo dell’enzima
mediante un legame aldimminico con il gruppo amminico epsilon di un residuo
di Lys e va incontro a trasformazioni reversibili tra la sua forma aldeidica, il
piridossal fosfato che può accettare un gruppo amminico, e la sua forma
amminata, la piridossammina fosfato che può