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TOSSICITÀ

La tossicità degli antimitotici si manifesta essenzialmente a carico dei tessuti sani con cellule

attivamente proliferanti che quindi vengono bloccate in fase M; la tossicità degli agenti alchilanti il

DNA si manifesta non solo a carico dei tessuti con cellule attivamente proliferanti ma anche su

tutte le cellule in quiescenza proliferativa.

In entrambi i casi, ciò provoca:

- Effetti gastrointestinali

- Effetti ematologici

- Effetti inibitori sulla divisione delle cellule del follicolo pilifero alopecia=perdita dei capelli

- Effetti inibitori sulla proliferazione delle cellule germinali (specialmente quelle maschili)

sterilità nei casi a lungo termine

- Effetti sulle cellule neuronali solo per alcaloidi della vinca e tassanii microtubuli nelle cellule

neuronali sono responsabili del trasporto assonale

Gli effetti gastrointestinali vengono generalmente abbastanza controllati grazie a farmaci

antiemetici (emesi=vomito).

Gli effetti ematologici sono i più rilevanti. Il tessuto ematopoietico è, infatti, il tessuto con maggior

rate proliferativo ed il risultato è anemia (carenza globuli rossi), leucopenia (carenza leucociti),

trombocitopenia (carenza piastrine) Depressione ematopoietica o mielosoppressione e

neutropenia (distruzione del tessuto ematopoietico). La chemioterapia è ciclica per dare tempo al

paziente di ricostruire il proprio tessuto ematopoietico.

In genere la scelta della posologia di un qualsiasi farmaco si basa sulla curva dose-effetto e

corrisponde alla dose che dà tra il 60 e l’85% dell’effetto massimo possibile. Questo ci garantisce

un buon grado di modulazione sul bersaglio senza eccedere nell’interazione con la normale

fisiologia.

Nel caso dei farmaci chemioterapici, la scelta della posologia non si basa sulla dose che dà

l’effetto massimo possibile, ma sulla dose che dà l’effetto massimo tossico ematologico

tollerabile dal paziente senza condurre alla morte (massima dose tollerabile = MDT) ed è

sempre inferiore a quella che dà un effetto dell’80%.

SLIDE: Sull’asse delle y abbiamo il n° di cellule cancerose, sull’asse delle x abbiamo il tempo. In

questo grafico è rappresentato un tumore primario, quindi non metastatizzato.

La curva A rappresenta la crescita della massa tumorale nel tempo che, se non curata, porta alla

morte del paziente.

La diagnosi di tumore viene fatta quando il tumore ha delle dimensioni abbastanza notevoli cioè

quando è già andato oltre una serie di step nella sua progressione importanti dal punto di vista

farmacologico, in primis l’avere indotto il cosiddetto switch angiogenico e ciò vuol dire avere un

tumore che è in grado di automantenersi (ha promosso la formazione di nuovi vasi per se stesso) e

che, attraverso la vascolarizzazione, può facilmente metastatizzare.

Questo dunque è il primo limite, tant’è che tutta una linea di ricerca si sta dedicando a metodiche

diagnostiche che ci permettano una diagnosi in presenza di masse tumorali quando hanno dimensioni molto

più ridotte (più la massa tumorale è di maggiori dimensioni, più è probabile che il tumore ha indotto il

cosiddetto switch angiogenico).

• (B): al momento della diagnosi, dove possibile, il tumore viene asportato chirurgicamente, a

cui seguirà una terapia farmacologica, in quanto si possono sviluppare piccole metastasi

prima non visibili.

• (C): se non è possibile asportate il tumore, si sottopone il paziento a chemioterapia: la

stessa dose non uccide la stessa quantità di cellule tumorali, ma una stessa frazione di

cellule tumorali. Se ho un tumore di grandi dimensioni, il farmaco uccide per es. il 30%

delle cellule (tante cellule rispetto al totale), se ho un tumore di piccole dimensioni, il

farmaco uccide la stessa frazione (30%) di cellule (poche cellule). Non è quindi vero che

l’azione terapica ha azione migliore su tumori piccoli.

Il ciclo di chemioterapia viene interrotto quando l’effetto tossico comincia a diventare

pesante; durante la sospensione il tumore però riprende a crescere.

Non appena il paziente ha ricostruito il tessuto ematopoietico, si inizia un secondo ciclo e

così via; se gli effetti tossici non prevalgono sull’effetto terapeutico e il tumore non diventa

resistente, esso verrà eradicato dal paziente.

• (D): se ad un certo punto gli effetti tossici prevalgono sull’effetto terapeutico debilitando il

paziente, motivo per cui occorre sospendere il ciclo di chemioterapia e tra un ciclo e l’altro

intercorre un tempo così lungo che rende vano l’effetto avuto con il precedente ciclo di

chemioterapia oppure se il tumore diventa resistente al farmaco, non si riesce più a ridurre

la massa tumorale. Dunque, si ha il fallimento terapeutico ed il paziente viene destinato a

terapie palliative.

L’OBIETTIVO è quindi potere aumentare la MDT al fine di ottenere un > effetto terapeutico,

cercando di minimizzare l’arrivo del farmaco alle cellule del tessuto ematopoietico,

indirizzando il farmaco verso la massa tumorale (evitare la distribuzione sistemica del

farmaco).

Es. XYOTAX

Le formulazioni farmaceutiche del paclitaxel fanno in modo che il farmaco arrivi preferenzialmente

alla massa tumorale: è il caso dello XYOTAX, paclitaxel coniugato con legami esteri all’acido

poliglutammico.

Questa formulazione permette di ottenere un composto di maggiori dimensioni che permette di

sfruttare l’effetto di enhanced permeability retention (EPR) In questa formulazione e in

considerazione delle caratteristiche della vascolatura tumorale che è diversa da quella fisiologica

(la vascolatura tumorale è tortuosa, ha un endotelio con ampie fenestrature (rispetto alla vascolatura

, il flusso sanguigno è

fisiologica, le cellule endoteliali non sono unite da giunzioni strette e manca la lamina basale)

molto elevato ed i marcatori molecolari (proteine) dell’endotelio dei vasi sono diversi) c’è

un’incrementata permeabilità e un trattenimento del farmaco a livello esclusivamente della

massa tumorale; negli altri distretti, invece, questa molecola non è in grado di attraversare

l’endotelio e quindi ha una distribuzione negli altri organi praticamente nulla.

Questa formulazione, una volta che ha raggiunto la massa tumorale nell’ambiente extracellulare,

viene internalizzata dalle cellule tumorali per endocitosi; durante la maturazione dell’endosoma, da

endosoma precoce a tardivo, si ha l’acidificazione dell’endosoma e l’attivazione di enzimi pH

dipendenti che catalizzano il taglio del legame estere tra paclitaxel e acido poliglutammico Il

paclitaxel viene liberato nelle cellule tumorali

P.S. I farmaci antiangiogenici vengono spesso utilizzati insieme ai farmaci chemioterapici perché, oltre ad

avere l’effetto di inibire la neovascolarizzazione della massa tumorale, hanno anche l’effetto di normalizzare i

vasi tumorali esistenti, permettendo una distribuzione omogenea del farmaco all’interno della massa

tumorale.

Comparazione di alcuni parametri farmacocinetici tra paclitaxel e paclitaxel coniugato (Xyotax):

T = 3 volte quello del paclitaxel non coniugato (abbiamo migliorato la

1/2 paclitaxel coniugato

farmacocinetica perchè il fatto di avere una persistenza più lunga del farmaco nel plasma a

concentrazioni attive ci permette di diminuire le somministrazioni del farmaco).

C = > rispetto a quella del paclitaxel non coniugato

max paclitaxel coniugato

AUC = > rispetto a quella del paclitaxel non coniugato; > è l’AUC migliore è

paclitaxel coniugato

l’assorbimento, > è il picco di concentrazione plasmatica e > è la durata dell’effetto.

RESISTENZA

I meccanismi molecolari di resistenza messi in atto dalle cellule tumorali nei confronti degli

alcaloidi del vinca e tassani sono 3:

1. Mutazione nel gene che codifica per la β-tubulina: la mutazione riguarda il sito di

legame per alcaloidi della vinca o per i tassani Risultato: il farmaco è molto meno affine

alla β-tubulina. Questo meccanismo è poco frequente.

2. Overespressione di una proteina a funzione antiapoptotica: la survivina Risultato: le

cellule tumorali non vanno incontro ad apoptosi.

3. Overespressione del gene MDR-1 che codifica per la glicoproteina-P: proteina di

membrana che estrude i substrati che entrano nella cellula tumorale Risultato: le cellule

tumorali non accumulano una quantità di farmaco sufficiente per avere un effetto

terapeutico.

La overespressione della survivina o della glicoproteina-P (o di qualsiasi altra proteina a funzione

antiapototica) nelle cellule tumorali non solo le rende resistenti alla classe di farmaci che ha indotto

la resistenza, ma verso TUTTI i farmaci antineoplastici (qualsiasi sia il loro meccanismo d’azione, in

:

quanto tutti i farmaci antineoplastici inducono un danno tale da avviare la cellula tumorale alla apoptosi)

resistenza multidrug o pleiotropica.

In entrambi i casi, il tumore del paziente è divenuto incurabile.

L’overespressione della survivina nei tumori correla con:

Un fenotipo più aggressivo e invasivo

 Una minore responsività ai farmaci chemioterapici

Per questi motivi, il grado di espressione della survivina è un marcatore per stadiare il tumore ed

è considerato un fattore prognostico per la risposta al protocollo terapeutico.

Molti tumori già alla diagnosi mostrano resistenza intrinseca per overespressione della survivina.

La survivina è una proteina ciclina-dipendente: è attivata quando è fosforilata sulla treonina 34

dalle cicline lega la caspàsi 9 e la sequestra blocco della via proapoptotica.

Si sta cercando di bypassare questo tipo di resistenza:

- Impedendo la fosforilazione della survivina

- Studio di farmaci inibitori dei fattori trascrizionali che mediano la trascrizione della survivina

- Strategie antisenso che prevedono l’utilizzo di oligonucleotidi/ribozimi/siRNA che si appaiano

per complementarietà di basi all’mRNA della survivina mediandone la degradazione

- Utilizzando sostanze in grado di inibire il folding corretto della proteina e questo ne induce la

ubiquitinazione e dunque la degradazione attraverso il proteasoma

- Minando la stabilità della proteina aumentando il suo turnover

Significato della glicoproteina-P negli organi:

• A livello del fegato è un meccanismo di regolazione per non sovraccaricare il fegato con

l’arrivo di sostanze xenobiotiche (farmaci inclusi), il farmaco entra negli epatociti in modo più

lento.

• A livello renale favorisce l’escrezione del farmaco che giunge per mezzo del sangue

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A.A. 2016-2017
7 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Unimib93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Farmacologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Costa Barbara.