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COLLOIDI PRIMA PARTE
Colloidi: il termine colloide fu coniato da Graham nel 1861 per indicare la natura "collosa" di alcuni tipi di sistemi che in precedenza erano stati chiamati pseudosoluzioni da Francesco Selmi (1840). In generale i colloidi sono sistemi con 2 componenti (quindi non è un sistema puro), in cui almeno uno dei componenti ha delle dimensioni che vanno dai nanometri a poche decine di micron (10-9m - 10-6m).
I sistemi colloidali sono sempre sistemi a più componenti, nel caso più semplice sono formati da due fasi, una dispersa ("oggetti piccoli") ed una continua (fase che circonda gli "oggetti piccoli"): (A = fase continua, B = fase dispersa). La fase dispersa solitamente non è una singola componente, ma sono decine o centinaia di componenti (fasi), tra le seguenti: polimeri, particelle solide, microcristalli, bolle di gas, aggregati di particelle. Una fase in senso colloidale è solo uno stato di un sistema complesso.
cineticamente intrappolati per tempi molto lunghi, ma non termodinamicamente stabili (cioè si possono trasformare termodinamicamente). Troviamo i colloidi ovunque in: inchiostri, cosmetici, emulsioni, schiume, cementi, colori ed alimenti. Essi intervengono in moltissimi processi: elettroforesi, cromatografia, precipitazione, estrazione di oli, raffinamento degli zuccheri, preparazione di alimenti. I sistemi colloidali si possono raggruppare in tre classi: 1) dispersioni colloidali: termodinamicamente instabili a causa dell'elevata energia libera di superficie ed irreversibili nel senso che non si possono rigenerare dopo una separazione delle fasi. 2) soluzioni di macromolecole: termodinamicamente stabili e reversibili (solitamente ho solo una specie di polimero solubile nel solvente). 3) colloidi di associazione (aggregazione): termodinamicamente stabili, si formano perché in soluzione ci sono molecole piccole e se aumenta la temperatura formano degli aggregati. I colloidipossono inoltre essere classificati come solvente:- liofilici: si disperdono facilmente nel solvente, ossia si formano spontaneamente mescolando i componenti (soluzioni di macromolecole, colloidi di associazione),
- liofobici: non si formano mai spontaneamente, ma è richiesta energia. Sono la grande maggioranza nel caso dei sistemi alimentari.
- fase continua: liquida + fase dispersa: liquida -> emulsione
- fase continua: liquida + fase dispersa: gas -> schiuma (es. panna montata, albume montato).
Nei colloidi monodispersi come già detto tutte le particelle hanno la stessa dimensione, questo non accade mai nei sistemi alimentari, infatti solitamente i colloidi contengono particelle di dimensioni diverse quindi si parla di colloidi polidispersi, cioè hanno un certo grado di dispersione.
Tutti i colloidi hanno un grado di polidispersità.
I colloidi si caratterizzano usando la curva di distribuzione delle loro dimensioni (cioè il diametro delle particelle), questa curva (modo A) ci dice quale è la frazione di particelle (= numero di particelle) che hanno delle dimensioni in un certo intervallo: indichiamo con fi la frazione di particelle (va da 0 a 1) e con di il diametro, allora il valore medio del diametro corrisponde alla somma della frazione di particelle moltiplicate per il diametro:
l'ampiezza della distribuzione (sigma) è:
Questa formula
Rappresenta come sono fatte le particelle: può essere spiegata attraverso d32 = volume / superficie media.
La distribuzione delle dimensioni si può anche rappresentare in forma cumulativa (modo B), essa ci dice quali particelle hanno il diametro maggiore di un certo numero:
Il latte è un sistema colloidale perché la fase continua è rappresentata da una soluzione di acqua, zuccheri e sali minerali, la fase dispersa è rappresentata dai globuli di grasso e dalle micelle di caseina.
Comportamento dei sistemi colloidali: Una particella che si muove in modo casuale in un liquido percorrerà una distanza quadratica media pari a: dove D è il coefficiente di diffusione.
Per un colloide di forma sferica, il coefficiente di diffusione è dove: a è il raggio della particella colloidale, η la viscosità del solvente, k la costante di Boltzmann e T la temperatura. In questo caso il coefficiente di diffusione dipende da:
viscosità del solvente: più il solvente è viscoso, minore sarà il coefficiente di diffusione,
dimensioni della particella: più è grande la particella, minore sarà il coefficiente di diffusione (= più sarà lenta nello spostamento)
il coefficiente di diffusione D è direttamente proporzionale alla temperatura (se aumenta la T° aumenta il coefficiente di diffusione), m2s-1.
per particelle non sferiche il coefficiente di diffusione si misura in L
le distanze percorsa in un tempo t sarà data da: Una particella non carica di massa mp in un liquido di densità ρ specifica è soggetta ad una spinta idrostatica, la forza che agisce sulla particella è indipendente dalla forma o dalla solvatazione della particella e sarà data da: (mp - mliq)g dove g è l'accelerazione di gravità locale dovuta alla gravità (o ad un campo di forza centrifuga),
Questa formula rappresenta la differenza di massa tra la particella e il volume di liquido occupato dalla particella.
Se la particella presenta una massa:
- maggiore della massa liquido spostato, allora la particella va verso il basso
- minore della massa del liquido spostato, allora la particella va verso l'alto
Poiché la particella è immersa nel liquido, il liquido opporrà resistenza al moto della particella dato che presenta una certa viscosità. Se la velocità non è molto elevata (praticamente semplificando nei sistemi colloidali), questa resistenza è proporzionale alla velocità con cui la particella si sposta. Quindi, più mi sposto velocemente, maggiore è la resistenza che viene opposta.
In un tempo breve, le forze di attrito e quelle di spinta idrostatica si bilanciano e si raggiunge una velocità limite v, dove f è il coefficiente di attrito dinamico della particella nel solvente dato. Dalla legge di Stoke per...
particelle sferiche si ha che:dove η è la viscosità del solvente e a il raggio della particella. Se supponiamo di avereparticelle di forma sferica e indichiamo con ρp la densità della particella dispersa (= massa della particella diviso il suo volume) e con ρm la densità del mezzo (liquido) nel qualequesta è dispersa (= massa del liquido diviso il suo volume), in condizioni di equilibrio(=particelle ferme) avrò: da cui ricavo la velocità di,movimento delle particelle che sarà parai a: quindi maggiore è il diametro delle particelle maggiore è la velocità dovuta alla spianta idrostatica. Se laparticella dispersa presenta una densità:a) Maggiore di quella del liquido che la circonda: la differenza ρp-ρm sarà positiva (ρp-ρm >0)e le particelle saranno spinte verso il basso, questo fenomeno viene chiamato disedimentazione, è quello che avviene nel vino o nel succodi affioramento è diversa. In questo caso, la spinta di Archimede diventa trascurabile rispetto all'azione dei moti browniani. Le particelle colloidali sono soggette a continue collisioni con le molecole del solvente, che le spingono in tutte le direzioni. Questo fenomeno è chiamato diffusione browniana. Le particelle colloidali si muovono quindi in modo casuale e non seguono una direzione preferenziale verso l'alto. Di conseguenza, il tempo di affioramento delle particelle colloidali è molto più lungo rispetto a quello delle particelle più grandi. In conclusione, il fenomeno di affioramento (creaming) si verifica quando le particelle di una sospensione o di un'emulsione si separano dalla fase liquida circostante e si accumulano in superficie. Questo fenomeno può essere influenzato da diversi fattori, come la differenza di densità tra le particelle e il liquido, le dimensioni delle particelle e l'azione dei moti browniani.di Stokes perde di validità a causa dell'influenza maggiore dei moti browniani. La velocità con cui si muovono le particelle in superficie dipende dalla differenza di densità tra il grasso della particella e il liquido, ma anche dalle dimensioni della particella, quindi particelle più grandi tendono a muoversi più velocemente verso l'alto, più le particelle sono piccole maggiore è lo spostamento dovuto alla forza di gravità: Le particelle saranno disposte dall'alto verso il basso in questo modo: più mi sposto verso l'alto più il rapporto C/c0 potrà essere positivo o negativo a seconda del valore di differenza di densità, la temperatura diventa importante, infatti se aumento la temperatura i moti browniani hanno il sopravvento, il rapporto diventa 1 le molecole saranno mosse in modo caotico e non riuscirò a far affiorare i globuli di grasso. Se riesco a usare dei sistemi incuil'accelerazione di gravità è maggiore, riesco a velocizzare il processo in cui separo i globuli digrasso dalla soluzione, è questo che avviene con l'ultracentrifuga. Con le ultracentrifughe i chimici determinano anche le masse molecolari delle particelle. Per determinare le dimensioni dei sistemi colloidali si utilizza uno strumento chiamato Zetasizer, questo strumento va bene per sistemi con dimensioni da 1 nanometro a qualche micron (nm-2μm). Questi strumenti sfruttano la teoria di Rayleigh cioè il fenomeno della scattering della luce (= diffusione della luce), quindi quando la radiazione con lunghezza d'onda incidente interagisce con le particelle del campione che sono più piccole della lunghezza d'onda incidente e non assorbono la radiazione, allora la radiazione causa un fenomeno di diffusione (=scattering), cioè la radiazione viene deviata con un'intensità particolare e una lunghezza d'onda chepuò essere o leggermente modificata (= scattering anaelastico) o non modificata (= scattering elastico), in ogni caso l'intensità