INDIPENDENZA IN MEDIA
Quando almeno uno dei caratteri della v.s. doppia è quantitativo, ad esempio Y, su
quel carattere possiamo calcolare degli indici sintetici, come ad esempio la media e la
varianza.
L’obbiettivo ora è quello di indagare come varia la media di y al variare delle modalità
di x.
Ciò vuol dire che lavoreremo ancora sulle variabili condizionate ma non su tutta la
distribuzione: solo sulle medie condizionate.
Introduciamo così una seconda tipologia di indipendenza: la indipendenza in media
Per le variabili condizionate vale il Teorema di scomposizione della varianza (II
versione).
I gruppi sono rappresentati dalle variabili condizionate per le quali si hanno medie
condizionate e varianze condizionate.
Casi di indipendenza in media
1 caso y|x: si ha indipendenza in media di y da x quando le medie condizionate di y|x
sono uguali tra loro e uguali alla media marginale di y.
2 caso x|y: si ha indipendenza in media di x da y quando le medie condizionate di x|y
sono uguali tra loro e uguali alla media marginale di x.
NB la varianza di una costante è pari a 0.
RAPPORTO DI CORRELAZIONE
Indice che da la misura della indipendenza in media: rapporto di correlazione
lettera eta.
Il rapporto di correlazione rappresenta la varianza between normalizzata.
Essendo un indice normalizzato
Indipendenza in media di y da x-> se varianza between = zero allora il rapporto di
correlazione è zero
Dipendenza funzionale di y da x -> se varianza within = 0 allora il rapporto di
correlazione è uguale a 1.
Analogamente, se il carattere quantitativo e x
Se x è indipendente in media da y: poiché ad ogni y le medie condizionate di
x|y sono uguali, la varianza between è nulla
Se x dipende funzionalmente da y: poiché ad ogni y corrisponde una e una
sola x, i dati coincidono con le medie, quindi le varianze condizionate sono
tutte nulle. LA PROBABILITÀ
La teoria della probabilità è necessaria per misurare l’incertezza associata ai
cosiddetti fenomeni aleatori,
vale a dire a quei fenomeni il cui risultato è incerto, come il lancio dei dadi o di una
moneta.
La probabilità misura dunque il grado di incertezza connesso al risultato di una prova
aleatoria.
Non potremo dire con certezza quale sarà il numero che appare sulla faccia superiore
del dado a seguito di un lancio, ma potremo misurarne il grado di incertezza
attraverso la probabilità.
Entità fondamentali della probabilità:
1. La prova (o esperimento aleatorio) è un esperimento con due o più possibili
esiti incerti come il lancio di un dado
2. L’evento è l’oggetto dello studio della probabilità.
3. La probabilità
In una data prova, l’evento A si verifica con probabilità P(A).
L’evento è l’oggetto dello studio della probabilità. Introduciamo il concetto di evento
elementare indicato con simbolo greco omega minuscola ω.
L’ evento elementare ωi è uno dei possibili esiti della prova. Tali esiti debbono essere
fra loro incompatibili (cioè, se si verifica un evento elementare ω1, allora non si può
verificare l’evento ω2).
Esempio: nel lancio di una moneta regolare gli eventi elementari sono rispettivamente
testa e croce, ovvero ω1 = {T} e ω2 = {C}.
L’insieme di tutti gli eventi elementari (esiti) connessi ad un esperimento aleatorio
costituiscono lo spazio campionario definito con la lettera greca omega maiuscola Ω
= {ω1, ω2 , … , ωK }
Esempio:
Lancio di una moneta → spazio campionario Ω = { T , C } che quindi ha eventi
elementari ω1= { T }, ω2= { C }.
Lancio di un dado → spazio campionario Ω = {1 , 2 , 3 , 4 , 5 , 6}, che ha eventi
elementari ω1= { 1 }, ω2= { 2}, ω3= { 3 }, ω4= { 4 }, ω5= { 5 }, ω6= { 6 }
Per evento non elementare A si intende un sottoinsieme dello spazio campionario
a sua volta scomposto in uno o più eventi elementari.
Esistono due particolari eventi da aggiungere, ovvero:
1. L’evento impossibile definito dall’insieme vuoto ∅, che non include nessuno
degli eventi elementari connessi con l’esperimento aleatorio.
2. L’evento certo che si verifica sempre, in quanto comprende tutti i possibili
esiti connessi all’esperimento.
Algebra degli eventi di Boole
Con riferimento ad una prova si possono considerare tutti gli eventi elementari ωi ma
è opportuno introdurre anche un insieme di eventi più esteso, che sarà indicato con
epsilon ε e che è definito come un insieme contenente tutti gli eventi elementari
e da tutti i possibili sottoinsiemi di Ω, con l’aggiunta degli elementi { ∅ } e
{ Ω }. Tale classe di eventi formano un’algebra di Boole.
Relazione tra gli eventi
L’algebra di Boole è una struttura matematica sui cui elementi sono definite tutte le
operazioni e le regole valide nella teoria degli insiemi:
1. Eguaglianza A = B -> A uguale a B significa che gli eventi A e B hanno gli
stessi elementi
2. Appartenenza A ⊂ B -> A incluso in B significa che gli elementi di A sono
anche elementi di B ma non necessariamente viceversa
3. Inclusione o contenimento A ⊃ B -> A contiene B significa che gli
elementi di B sono anche elementi di A, ma non necessariamente viceversa.
Ovvero ci sono elementi di B che non sono elementi di A.
4. Disgiunzione (incompatibilità) A ∩ B = { ∅ } -> A non è compatibile con
B significa che A e B non hanno alcun elemento in comune.
Operazioni elementari
È possibile introdurre operazioni elementari fra eventi che ricalcano gli eventi fra
insiemi.
1. Intersezione A= A1 ∩ A2 nell’intersezione sono presenti elementi che
appartengono sia ad A1 che ad A2. NB se l’intersezione è uguale a ∅ significa
che non ci sono elementi in comune quindi A1 e A2 sono disgiunti o
incompatibili.
2. Unione A= A1 U A2 è data da tutti gli elementi che appartengono agli
insiemi senza ripetizioni
3. Differenza A= A1 – A2 è data dagli elementi che appartengono ad A1 ma
non ad A2, quindi gli ipotetici elementi appartenenti ad entrambi gli insiemi non
vanno presi in considerazione.
4. Complemento Ac = Ω – A (oppure anche Ā = Ω − A) formata da tutti gli
elementi che non appartengono ad A. Sono sottoinsiemi specifici
Esempio: lancio di una moneta Ω = {T, C} -> A=ω1={T} -> Ac = Ω − A={C}.
Partizione dello spazio campionario
Si parla di partizione quando si ha una suddivisione dello spazio campionario in
sottoinsiemi Ai tra loro disgiunti e la cui unione da lo spazio campionario.
Misure di probabilità
Come visto in precedenza ad una prova è associato uno spazio campionario Ω e ad
esso una collezione di eventi definita con {A1, A2, …, AK} la cui struttura è quella di
un’algebra di Boole.
Partendo dallo spazio degli eventi e dall’algebra di Boole si può definire il concetto di
probabilità:
La probabilità è una funzione di insieme che associa ad ogni evento Ai Є ε (insieme
esteso) un numero reale che rappresenti il grado di plausibilità di Ai.
La probabilità sarà indicata con: P(Ai) = {Probabilità che si verifchi l’evento Ai}.
Il tema principale sarà assegnare un valore a P(Ai).
Per definire P(Ai) c’è bisogno di 3 elementi:
1. Proprietà o assiomi su cui si basa la probabilità
2. Una regola per assegnare la probabilità agli eventi elementari
3. Dei teoremi e delle formule per la probabilità degli eventi generici
Per semplicità nel seguito omettiamo il pedice i da P(Ai) e usiamo P(A).
1. Assiomi del calcolo della proprietà
La funzione P(A) soddisfa i seguenti assiomi:
1) P(A) ≥ 0 ∀ A ∈ ε
2) P(Ω) = 1
Inoltre, dato un secondo evento B disgiunto con A, ovvero tale per cui A ∩ B = Ø si
avrà che
3) P(A U B) = P(A) + P(B)
o, in generale, con più eventi Ai tra loro disgiunti
3) P(∪i Ai) = P(Ai)
i=1
2. Regola per l’assegnazione della probabilità degli eventi elementari
Gli assiomi del calcolo della probabilità ci dicono quali sono le proprietà che una
funzione deve verificare per potere essere definita “probabilità” ma non ci dicono
come calcolare la probabilità di un generico evento A.
Ci è di aiuto al riguardo l’assioma 3) del calcolo della probabilità il quale stabilisce che
la probabilità
dell’unione di eventi disgiunti è pari alla somma delle loro probabilità.
Si osservi che gli eventi elementari, per definizione, sono eventi disgiunti e che un
evento generico può essere visto come l’unione di eventi elementari.
Se quindi riusciamo a definire la probabilità di un evento elementare, utilizzando il
terzo assioma (da qui
la sua importanza), possiamo definire la probabilità di un evento generico A.
Come defnire la probabilità di un evento elementare
a) Approccio classico: uno dei metodi più naturali e semplici è quello che fa
riferimento al caso in cui lo spazio campionario Ω ha dimensione fnita N e ciascun
evento ω ha la medesima probabilità di verificarsi
Se quindi Ω = {ω1, ω 2, …, ωN} con N elementi allora P(wi)=1/N con i= 1, 2, …, N.
Inoltre, possiamo calcolare la probabilità di un evento generico A con la formula
classica di Laplace, devono però valere le condizioni per cui Ω è costituito da un
numero finito di eventi elementari.
b) Approccio frequentista (oggettivo): P(A) = limite del rapporto di frequenze
quando si ripete l’esperimento un numero n molto alto di volte (legge empirica del
caso, ma presuppone eventi ripetibili).
c) Approccio soggettivista (Bayesano): È legato allo schema della scommessa (De
Finetti)
P(A) = ammontare di denaro p che si è disposti a puntare per partecipare ad una
scommessa che paga una vincita pari a 1 in caso di successo e 0 in caso di insuccesso.
La scommessa deve essere coerente: non deve dar luogo a guadagni (perdite) certi.
Per garantire la coerenza la valutazione non deve cambiare se l’individuo passa da
scommettitore a banco. Una scommessa
coerente soddisfa gli assiomi.
3. Regola per il calcolo delle probabilità di eventi composti
Dagli assiomi derivano le regole per calcolare la probabilità degli eventi composti:
Probabilità dell’unione
Probabilità della differenza
Probabilit&ag
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
-
Formulario primo parziale Statistica
-
Statistica - Appunti Primo Parziale
-
Statistica
-
Statistica - primo parziale