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COLANGIOCITI
- all’interno del lobulo epatico il sistema biliare è formato dai canalicoli biliari, piccoli spazi
con diametro di 0,5-2 μm situati tra epatociti adiacenti, che si ramificano e anastomizzano fino
a confluire, a livello dello spazio periportale, nei duttuli biliari (di Hering) o colangioli
- i duttuli biliari sono formati da tre o quattro cellule epiteliali cubiche, i colangiociti, che
poggiano su una delicata membrana basale
- a livello dei duttuli biliari si realizza quindi la giunzione duttulocanalicolare, formata
dall’unione dei canalicoli, delimitati dagli epatociti, con i duttuli biliari, che veicolano la bile
verso lo spazio portale riversandola nei dotti biliari interlobulari (provvisti di parete formata
da cellule epiteliali cilindriche con nucleo sferico in posizione basale, ovvero i colangiociti)
- negli spazi portali il tessuto connettivo circoscrive le ramificazioni terminali dell’arteria
epatica e della vena porta, i nervi, i vasi linfatici e i dotti biliari interlobulari
- i dotti biliari interlobulari confluiscono in dotti di calibro progressivamente maggiore e in
numero minore, da cui hanno origine nell’ilo del fegato i due voluminosi dotti epatici destro e
sinistro, drenanti rispettivamente i lobi destro e sinistro del fegato, e all’origine delle vie
biliari extraepatiche
- nel’luomo i dotti biliari intraepatici possono essere classificati in base al diametro in grandi
dotti (>800 μm), in dotti di diametro progressivamente crescente come segmentalali, zonali
settali e interlobulari (15-100 μm), e in duttuli (<15 μm)
Microcircolazione e sinusoidi
- il grado di ramificazione dei grossi rami intraepatici della vena porta varia in relazione alla
posizione all’interno del parenchima, mentre a livello degli ultimi due livelli di ramificazione si
ha una modalità di ramificazione strettamente ripetitiva
- i rami o vene preterminali prendono origine secondo una successione ben definita: nell’uomo,
da ciascun ramo preterminale originano ad angolo retto circa 11 rami terminali (vene
interlobulari degli spazi portali); da questi rami terminali originano rami brevi che
raggiungono i sinusoidi, le venule perisinusoidali, dette anche settali, prive di tonaca avventizia
- nell’uomo i sinusoidi hanno una lunghezza compresa tra 223 e 447 μm e un diametro compreso
tra 7 e 15 μm
- in prossimità dello spazio portale, dove originano dalle venule perisinusoidali, i sinusoidi
periportali appaiono leggermente più ristretti e tortuosi e con più frequenti anastomosi
rispetto ai sinusoidi della zona 3
- l’organizzazione delle ramificazioni dell’arteria epatica propria è in rapporto con la
vascolarizzazione delle vie biliari extraepatiche
- tutte le ramificazioni dell’albero
biliare intraepatico, fino ai dotti
biliari interlobulari degli spazi portali,
sono sostenute dal plesso capillare
peribiliare, che origina dai rami
terminali dell’arteria epatica propria
mediante arteriole precapillari e
confluisce nei sinusoidi epatici attraverso venule postcapillari
- i sinusoidi sono particolari capillari sanguigni modificati, riccamente anastomizzati fra loro, che
formano una complessa rete intrabulare che convoglia il sangue dai rami terminali
dell’arteria epatica propria e dalla vena porta, situati alla periferia del lobulo, alla vena
centrale; sono caratterizzati da quattro elementi strutturali di rilievo, ovvero la parete
endoteliale sottile e ampiamente discontinua, l’ampio lume, il decorso molto tortuoso e la
discontinuità della membrana basale
- le cellule endoteliali sono cellule di forma appiattita che costituiscono la parete dei sinusoidi, e
in corrispondenza della loro porzione più dilatata, contenente il nucleo, sporgono nel lume; la
parete endoteliale presenta numerosi pori e fenestrature, che la rendono ampiamente
discontinua (i pori possono essere spesso riuniti in gruppi); la superficie endoteliale nel
versante del lume presenta pochi corti microvilli e piccole vescicole di pinocitosi
- nei sinusoidi non si riconosce una tipica membrana basale, e se è presente appare discontinua
- intorno alla parete dei sinusoidi si apprezzano scarse fibre collagene, che formano una trama
che continua con il tessuto connettivo degli spazi portali: l’assenza di una tipica membrana
basale e la discontinuità della parete sinusoidale consentono al plasma di attraversare
facilmente la barriera endoteliale e venire a diretto contatto con gli epatociti circostanti (la
faccia vascolare degli epatociti e quella esterna delle cellule endoteliali dei sinusoidi delimitano
uno spazio subendoteliale di variabile ampiezza, che prende il nome di spazio perisinusoidale
di Disse: nello spazio perisinusoidale l’epatocito rilascia i prodotti elaborati, come il glucosio,
le proteine e le lipoproteine)
- all’interno del lume dei sinusoidi, in rapporto con la superficie interna delle cellule endoteliali,
sono situati i macrofagi stellati o cellule di Kupffer, caratterizzati da una spiccata attività
fagocitaria (in condizioni normali e patologiche sono in grado di fagocitare elementi corpuscolati
eterogenei): svolgono una funzione di difesa mediante il sequestro di materiali estranei e
appartengono al sistema dei fagociti mononucleati (ciò è dimostrato anche dall’espressione di
enzimi lisosomiali caratteristici dei monociti);
originano da precursori midollari di tipo
monoblastico e acquisiscono soltanto in un
secondo momento la loro specifica identità nella
parete dei sinusoidi epatici
- nello spazio perisinusoidale sono presenti anche
cellule di forma grossolanamente triangolare, le
cellule perisinusoidali o stellate epatiche o
fat-storing cells o cellule di Ito o lipociti: sono
normalmente dotate di scarso citoplasma povero di organelli e più numerose in corrispondenza
delle zone 1 e 2 dei lobuli epatici; non presentano attività fagocitaria e sono situate
all’esterno dell’endotelio sinusoidale; in condizioni di normale attività del fegato accumulano
nel citoplasma lipidi e sostanze liposolubili con la vitamina A, e contribuiscono alla produzione
della trama reticolare che sostiene la parete sinusoidale; in condizioni patologiche possono
attivarsi e secernere anche notevoli quantità di sostanza intercellulare, comprese le fibre
collagene, contribuendo ai processi di fibrogenesi epatica; in base alla loro forma e posizione e
alle loro potenzialità funzionali, le cellule di Ito possono essere considerate come veri e
propri periciti
- il quarto citotipo associato alla parete dei sinusoidi sono le pit cells: sono dotate di granuli
elettrodensi intracitoplasmatici e appartengono al sistema dei grandi linfociti granulari con
funzione di tipo NK; svolgono un importante ruolo difensivo, per esempio nelle infezioni virali
Vie biliari extraepatiche
- le vie biliari extraepatiche emergono dal parenchima
con i dotti epatici destro e sinistro, che a livello dell’ilo
del fegato si riuniscono a formare il dotto epatico
comune; questo, a sua volta, si unisce al dotto cistico
proveniente dalla cistifellea (da questa confluenza ha
origine il dotto coledoco, che dopo un lungo decorso
sbocca nella parte discendente del duodeno)
- la via biliare principale e quindi costituita dall'asse
formato dai dotti epatici destro e sinistro, dal dotto
epatico comune e dal dotto coledoco; invece la via biliare
accessoria, che può essere considerata come un diverticolo
della via principale, è rappresentata dalla cistifellea con il dotto cistico
DOTTI EPATICI E DOTTO COLEDOCO
- i dotti epatici destro e sinistro, risultanti ciascuno dalla
fusione di due o tre dotti biliari intraepatici maggiori,
emergono dalla faccia viscerale del fegato in
corrispondenza del solco del seno traverso: il dotto
epatico destro incrocia anteriormente il ramo destro
dell'arteria epatica; il dotto epatico sinistro presenta
invece rapporti assai variabili con il corrispondente ramo
di divisione dell'arteria epatica; i due dotti epatici
destro e sinistro confluiscono formando il dotto epatico
comune
- la disposizione dei dotti epatici presenta notevoli
variazioni: due soli dotti epatici sono presenti in poco più della metà dei casi; molto frequente
(40% dei casi) è anche la presenza di tre dotti epatici, dovuta, oltre che al dotto epatico
sinistro, a due distinti dotti provenienti dal lobo destro del fegato
- il dotto epatico comune è compreso all'interno del legamento epatoduodenale o parte tensa
del piccolo omento; si costituisce dal punto di confluenza dei dotti epatici destro e sinistro e
si estende fino al punto di unione con il dotto cistico, da cui origina il dotto coledoco; la sua
origine è generalmente incrociata posteriormente dal ramo destro dell'arteria epatica propria,
e sul lato destro è affiancato per un tratto dal dotto cistico; è in rapporto anteriormente
con il lobo quadrato ed è spesso circondato da linfonodi satelliti
- dalla confluenza del dotto epatico comune con il dotto cistico origina il dotto coledoco: decorre
dapprima dall'alto al basso e in senso lateromediale, poi, giunto a livello della faccia posteriore
della parte superiore del duodeno, si dirige in avanti e verso destra; all'origine è situato nel
legamento epatoduodenale (insieme agli altri elementi del peduncolo epatico), poi decorre
posteriormente alla parte superiore del duodeno e alla testa del pancreas, sfociando nella
papilla duodenale maggiore; in base ai rapporti che il dotto coledoco contrae lungo il suo
decorso si possono individuare quattro segmenti, sopraduodenale (situato in prossimità del
margine destro del legamento epatoduodenale; in questo tratto il dotto coledoco è circondato
da uno sviluppato plesso vascolare, chiamato plesso epicoledocico, costituito da rami dell’arteria
retroduodenale, dai rami duodenali delle arterie pancreaticoduodenali superiori, dall’arteria
sopraduodenale, da uno o più rami dell’arteria cistica e da un ramo dell’arteria epatica comune),
retroduodenale (si estende dal margine superiore della parte superiore del duodeno al
limite superiore della testa del pancreas), pancreatico o infraduodenale (situato in una doccia
scavata sulla faccia posteriore della testa del pancreas) e intramurale o intraduodenale
(costituisce la porzione terminale del dotto coledoco e si trova, generalmente, in prossimità
della flessura duodenale superiore; è situato nello spessore della parete duodenale in
corrispondenza della parte posteriore della faccia mediale della parte discendente del duodeno)
- il segmento intramurale del dotto coledoco attraversa lo spessore della parete duodenale
mediante un'apertura della muscolatura, che prende il nome di finestra ovale, e attraverso
questa apertura si impegna anche il dotto pancreatico principale (i due grandi dotti in gen