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Fritz Lang e la sua evoluzione artistica

Fritz Lang ha la possibilità di arricchirsi molto culturalmente nella sua carriera, in quanto dopo l'avvento di Hitler in Germania deciderà di spostarsi in Francia. Ma non finisce qui, dopo la Francia andrà negli USA, per poi tornare in Europa. Tutto ciò lo fa allontanare dall'iniziale inclinazione verso l'espressionismo tedesco.

Il regista austriaco è passato dunque dall'espressionismo tedesco al modernismo. Era inevitabile che crescendo artisticamente in quella che era l'epoca dell'espressionismo, ne prendesse qualcosa. Già nei suoi film dell'epoca espressionista, tuttavia, era evidente il suo stile. Dall'interesse per la composizione alla costruzione di macchine perfette nella sua messa in scena, sempre con lo stesso obiettivo: mostrare e raccontare. E non sempre nello stesso momento. Nei suoi film la storia, difatti, era spesso parallela ad inquadrature dal grande valore simbolico, che

Però non aggiungevano niente al procedere degli eventi.

CONTENUTO

Fritz Lang introduce il primo robot della storia del cinema, Maria, e crea una storia distopica, tipo di storia che tanto appassionerà i registi di fantascienza qualche decennio dopo. Questo perché l'uomo ha sempre avuto il desiderio di guardare al futuro e immaginare come sarà.

Per il suo film Lang crea impressioni visive all'avanguardia con una macchina complessa da lui costruita che rappresenta una città multi-livello, dove in alto i ricchi industriali governano dai loro grattacieli, e nel sottosuolo gli operai lavorano.

Sebbene Fritz Lang si sia sempre preso tutto il merito di questa opera, in verità gran parte di questo dovrebbe andare alla moglie, Thea von Harbou. La von Harbou, infatti, ha scritto il soggetto, la sceneggiatura, e il romanzo di "Metropolis", arrivando addirittura a selezionare gli attori per il film. Un merito, dunque, da dividere a metà.

Tra la moglie, che ha saputo guardare in avanti e immaginare cosa sarebbe diventata la società del tempo, e il marito, che con la sua visione unica ha saputo dare vita a questa città del futuro. E non solo. RIPRESE E MONTAGGIO Lang preferisce la rappresentazione visivo scenografica in forme geometriche e simmetriche e quindi una rappresentazione estetica precisa (geometrica). Ci sono elementi dell'espressionismo ma con gusti estetici più simmetrici rispetto ad esempio al dottor Caligari di Wiene, crea figure più armoniche e più rigorose. Caratteristica fondamentale della messa in scena di Lang è fondata sulla capacità di dinamizzare le strutture geometriche costruite. (Operai che entrano nel sottocittà) Importante è la volontà di Lang di dare forma visiva alle sue idee e renderle il più concrete possibile. LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO (Dreyer, 1928) Contesto: Cinema d'avanguardia Francese Cronaca delprocesso che nel 1431 portò alla condanna al rogo di Giovanna d'Arco (Renée Falconetti). Costretta a subire lo scherno dei giudici che tentano di indurla a pronunciare affermazioni blasfeme, Giovanna non tradisce la sua missione, proclamandosi inviata da Dio per la salvezza della Francia. Il film si poggia sulla spina dorsale dei tre capitoli: il processo, la sede di tortura e la lunga sequenza della condanna al rogo. Il film non tratta le vicissitudini della vita di Giovanna d'Arco, ma si concentra sugli ultimi giorni della sua vita. Al regista infatti interessa indagare l'intimo dei sentimenti e della psicologia della donna sottoposta al martirio. INTERPRETAZIONE L'apporto di Renée Falconetti è il vero pilastro del film, l'attrice sfodera una delle più grandi interpretazioni mai viste fino ad allora, immedesimandosi in maniera perfetta con Giovanna d'Arco. Pare addirittura che l'interpretazione di quel ruolo le abbia

Lasciato dei turbamenti psicologici con i quali ha dovuto combattere per gli anni successivi.

RIPRESA E MONTAGGIO

Il dramma viene ripreso mediante un utilizzo spropositato di primi e primissimi piani, focalizzando la messa in scena sui volti di Giovanna e dei giudici trasmettendo con naturalezza l'indole dei personaggi. È la photogénie, la "fotogenia" cinematografica tramandata da Delluc, secondo la quale l'immagine è capace di acquistare bellezza ed assumere una luce propria. Scrisse Dreyer: "Niente al mondo è paragonabile al volto umano. È una terra che non ci si stanca mai di esplorare". È così che un'intensa, infinita, maniacale ricerca sul volto umano pervade tutto il film. È un film di grande impatto morale e di forte ispirazione religiosa ma è soprattutto una sintesi delle grandi ricerche e studi degli autori di quel tempo. La varietà dei piani esalta un montaggio dinamico fatto.

giudici. La luce utilizzata è molto contrastata, con forti giochi di ombre e luci, che contribuiscono a creare un'atmosfera cupa e drammatica. La regia di Dreyer si concentra principalmente sui volti dei personaggi, evidenziando le loro espressioni e emozioni. Le inquadrature sono spesso statiche, con pochi movimenti di macchina, per enfatizzare la tensione e la drammaticità delle scene. L'utilizzo del bianco come sfondo accentua ulteriormente l'isolamento e la solitudine dei personaggi. La scelta di limitare i dialoghi permette di dare maggior rilievo alle immagini e alle azioni, rendendo l'opera più visivamente potente. In conclusione, la messa in scena di "Giovanna d'Arco" di Dreyer è caratterizzata da inquadrature suggestive, luce contrastata e una scenografia essenziale, che mettono in risalto i volti e le emozioni dei personaggi, creando un'opera di grande impatto visivo.

Giudici. La questione del primo piano è molto importante perché è una conquista da parte del cinema muto, arricchisce il sistema narrativo. È un'unione delle avanguardie storiche abbiamo inquadrature del Kammerspiel e altre dell'espressionismo, soprattutto per quanto riguarda la scenografia. Questo film non è un film storico, e nemmeno un film dove lo spettatore è posto davanti alle psicologie dei personaggi. Le azioni impaurite e angosciate di Giovanna deriva dalla tradizione espressionista la donna innocente e prigioniera e terrorizzata da facce distorte, spaventose e demoniache. È come un poema visivo e composto in larga parte da riprese di volti. Il costo della costruzione di set e scenografie fu il più alto dell'epoca in Europa. Le pareti furono colorate di rosa, per far sì che sulla pellicola apparissero grigie. Il regista volle infatti creare una "sinfonia" di primi e primissimi piani dell'eroina,

Dei suoi accusatori e degli altri personaggi, prescindendo quasi completamente dal tempo e dalluogo della rappresentazione. Il risultato fu così un film senza tempo, dove il tema assoluto è il dolore nelle sue diverse forme, uno dei migliori poemi cinematografici sulla sofferenza esul volto umano.

TRAMA

In una sola giornata, il 30 maggio 1431, a Rouen, Giovanna viene portata davanti al giudice Cauchon, ma le sue risposte non sono sufficienti a condannarla. L'inquisitore e i giudici tentano, invano, di strapparle una confessione. Nella camera della tortura, la contadina analfabeta non scende a compromessi e sviene. Portata nel cimitero, la contadina, circondata dall'affetto popolare, cambia idea e decide di firmare l'abiura, atto che potrebbe salvarle la vita. Però quando le viene rasato il capo in segno d'infamia, si pente nuovamente e ritratta. Per lei è previsto il rogo. Il popolo insorge invano.

L'UOMO CON LA MACCHINA DA PRESA (D. Vertov,

1929) Contesto: Cinema d'avanguardia russo

La giornata, dall'alba al tramonto, di un cineoperatore che riprende per lo più scene di vita quotidiana per le strade di Mosca, e che ci mostra anche la sua arditezza alla ricerca di inquadrature a sensazione, sopra, sotto o a fianco di treni in corsa.

Il film si apre con il totale di una sala cinematografica che da vuota si riempie in un attimo. La stessa sala si rivedrà in chiusura del film dopo una sequenza nella quale la macchina da presa ha cominciato a muoversi da sola sul treppiedi, senza operatore, e prima di vedere la facciata del Teatro Bol'šoj frantumarsi grazie a un effetto ottico.

CONTESTO

Il film è forse il compimento massimo (e finale) del movimento kinoglaz ("Il cineocchio"), nato negli anni venti per iniziativa di Vertov e propugnatore della superiorità del documentario sul cinema di finzione che, in sostanza, deve essere bandito perché inadatto a formare

Una società comunista. Vertov raccoglie l'esperienza di anni di documentari propagandistici, le sue radici futuriste, le sue teorie secondo le quali il cinema deve essere uno strumento a servizio del popolo e della sua formazione comunista, e sublima il tutto in un'opera tecnicamente all'avanguardia e che ancora oggi colpisce per originalità e vivacità. Il film si affida a montaggi rapidi, sovraimpressioni, split screen, ralenti e accelerazioni per tradurre la molteplicità dei punti di vista. Per Vertov, essere "riproduttivo" è il cinema di finzione, che però è da respingere perché non si fonda sull'autonomia del nuovo strumento tecnico costituito dalla macchina da presa. Vertov esalta le potenzialità dello sguardo in macchina. Uso del cine-occhio, strumento scopico rivelatorio dell'occhio umano, ideale per esplorare il caos dei fenomeni visivi che pervadono la realtà. Vertov cerca diriprodurre frammenti della realtà ricorrendo ad espedienti meccanici - proiezioni all'indietro, ralenti o anomali angoli di ripresa. La struttura narrativa di "L'uomo con la macchina da presa" si articola intorno a cinque unità: 1. Al cinema. Dove si mostra il pubblico che entra nella sala, ancora con le vecchie abitudini alienanti di visione. Sino al 5° minuto. 2. La città dorme. Dove si alternano sequenze che mostrano una città che ancora non si è svegliata. Dal 5° al 10° minuto. 3. La città in movimento. Dove viene mostrata tutta la parabola che porta il corpo cittadino dal risveglio alla piena attività. Dal 10° al 43° minuto. 4. La città si diverte. Una serie di sequenze mostrano le persone che, una volta terminate le attività lavorative, si rilassano e si incontrano. Dal 43° al 60° minuto. 5. Ritorno al cinema. Dove si mostra lo stesso pubblico dell'inizio che si diverte.corso, mi sono reso conto di quanto siano potenti e suggestive. Le immagini sono state catturate con una precisione incredibile e riescono a trasmettere emozioni intense. Ogni dettaglio è curato con attenzione, dai colori alla composizione, creando un'esperienza visiva coinvolgente. Sono rimasto affascinato dalla capacità delle immagini di raccontare storie e di comunicare concetti complessi in modo semplice ed efficace. Mi ha colpito anche la varietà di stili e tecniche utilizzate, che dimostrano la versatilità e la creatività degli artisti. Le immagini sono diventate per me una fonte di ispirazione e mi hanno spinto a esplorare il mondo della fotografia e dell'arte visiva.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
72 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher becky02 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Alonge Giaime.