14. BONORUM POSSESSOR “LOCO HEREDIS”
La giurisprudenza accostò hereditas e bonorum possessio anche ad altri propositi: anche l’oggetto
della bonorum possessio era una “universitas”, un “ius” e quindi un insieme unitario di posizioni
giuridiche soggettive attive e passive, proprio come l’oggetto dell’hereditas. Tuttavia, è facile
scorgere un binomio di distinzione/equiparazione dei due istituti osservando che il bonorum
possessor succede in luogo dell’erede (cosiddetta “bonorum possessio loco heredis”). Sino ad età
post-classica furono mantenute, invece, delle differenze notevoli in ambito di delazione e acquisto.
DELAZIONE = anche nel diritto pretorio, essa poteva essere testamentaria (corrispondeva la
bonorum possessio secundum tabulas, cioè secondo il testamento) o ab intestato (corrispondeva la
bonorum possessio sine tabulis e contra tabulis, cioè senza il testamento e contro il testamento).
Secondo una clausola edittale, la delazione/chiamata dei successibili aveva luogo, nella bonorum
possessio, secondo criteri diversi dal ius civile. I successibili erano chiamati alla bonorum possessio
per categorie ma per i bonorum possessores (diversamente che per gli eredi) la delazione aveva una
durata limitata nel tempo. Ad ogni appartenente a ciascuna categoria era assegnato un termine per
essere ammessi alla bonorum possessio: se avessero fatto decorrere il tempo inutilmente, non
avrebbero potuto ottenere la bonorum possessio e sarebbero passati avanti gli appartenenti alla
categoria successiva, ad esempio: in presenza di un testamento valido, i primi in ordine di categoria
ad essere ammessi alla bonorum possessio erano gli eredi testamentari, ma se non avessero fatto
richiesta entro un certo termine di tempo, sarebbero prevalsi gli eredi senza testamento secondo
l’ordine edittale. Altro esempio: i primi ammessi alla bonorum possessio erano i liberi, ma se non
avessero rispettato i termini di richiesta, subentrava la categoria dei legitimi e così via. Il tempo per
poter richiedere la bonorum possessio era di un anno per i figli e i genitori dell’ereditando, e di
cento giorni per gli altri chiamati. Il tempo decorreva dalla morte dell’ereditando per gli
appartenenti alla categoria chiamata per prima; per quelli che venivano dopo il termine decorreva,
invece, dalla scadenza del termine assegnato agli appartenenti alla categoria precedente.
AGNITIO BONORUM POSSESSIONIS = i chiamati alla successione pretoria erano tutti
volontari perchè bisognava fare agnitio bonorum possessionis per poter essere ammessi alla
bonorum possessio. Essa iniziava con una petitio dell’interessato e si concludeva con la concessione
“datio” da parte del pretore, alla quale egli provvedeva secondo le previsioni edittali.
BONORUM POSSESSIO NEL DIRITTO POST-CLASSICO E GIUSTINIANEO
Si continuò a distinguere tra bonorum possessores ed heredes anche se, nel regime giuridico, le due
figure finirono per essere quasi del tutto assimilate.
14. LA COLLAZIONE - COLLATIO collatio
Istituto che ebbe origine nell’ambito della bonorum possessio. Distinguiamo due tipi di collazione:
bonorum collatio dotis .
e
COLLATIO BONORUM = introdotta dal pretore con riguardo alla sola successione ab
intestato, alla quale erano chiamati in primo luogo i liberi (sui e figli emancipati). Gli acquisti
compiuti dai sui in vita del pater familias andavano all’avente potestà mentre gli acquisti dei figli
emancipati erano fatti propri da loro stessi; alla morte del padre, gli acquisti dei sui sarebbero stati
divisi tra sui ed emancipati, mentre gli acquisti degli emancipati sarebbero rimasti agli stessi
emancipati. Il pretore, dunque, per risolvere questa disparità tra figli, addossò ai figli emancipati
l’onere di procedere a collatio bonorum, pena la negazione della bonorum possessio loro spettante,
in modo che del loro patrimonio personale potessero avvantaggiarsi anche i sui che avevano
conseguito la bonorum possessio. L’emancipato doveva prestare tante cautiones quanti erano i sui
che avevano titolo alla collazione, e doveva promettere a ciascuno di essi la quota dovuta dei propri
beni, escludendo beni acquistati in relazione al servizio militare, e la dote avuta dalla moglie
dell’emancipato. I beni oggetto di collazione non sarebbero entrati a far parte della massa ereditaria,
e venivano dunque ignorati nel giudizio divisorio.
COLLATIO DOTIS = anch’essa di origine pretoria, riguardava la figlia cui il padre avesse
costituito dote e alla quale, sciolto il matrimonio, sarebbero stati restituiti i beni dotali e di essi si
sarebbe avvantaggiata solo la figlia. Il pretore stabilì l’onere della collatio dotis a carico della figlia
ancora in potestà al tempo della morte del suo pater familias, e che concorreva alla bonorum
possessio ab intestato nella successione paterna. Con la collatio dotis, in questo modo, si garantiva
parità di trattamento tra fratelli e sorelle. Anche la collatio dotis, come la collatio bonorum, si
attuava tramite cautiones (la figlia prometteva agli altri discendenti dell’ereditando di trasferire loro
una quota di beni dotali una volta che le fossero stati restituiti).
COLLAZIONE NEL DIRITTO POST-CLASSICO E GIUSTINIANEO
Durante il Basso Impero, l’onere della collazione non presupponeva più la bonorum possessio: se
ne fece carico ai discendenti emancipati e non e fu riferito comunque sia ai beni dotali sia a quelli
che il successore aveva avuto in donazione dall’ereditando. Collatio bonorum e collatio dotis
finirono per confluire in un unico istituto : la collatio descendentium. Essa si attuava comunque
tramite cautiones. Giustiniano, con la Novella 18.6 del 536, estese l’onere della collazione alla
successione testamentaria, che prima era solo in riferimento alla sola successione legittima.
FEDECOMMESSO UNIVERSALE
Anche il fedecommesso universale dava luogo a successione universale mortis causa.
14. SUCCESSIONE UNIVERSALE AB INTESTATO IURE CIVILI
A norma delle XII Tavole, alla successione universale ab intestato erano chiamati in ordine: sui,
agnati e gentiles.
SUCCESSIONE DEI SUI i sui erano persone libere che erano assoggettate alla immediata
potestas, o manus del de cuius, e in conseguenza della sua morte, cessavano di essere alieni iuris per
divenire sui iuris. Rientravano in questa categoria i figli in potestate (maschi e femmine), nati da
iustae nuptiae e adottivi; la moglie in manu; i nipoti figli del figlio premorto del de cuius. Tra i
suoi heredes rientravano anche i nascituri (non ancora nati ma già concepiti al tempo della morte
del de cuius) che con la nascita avrebbero acquistato la potestas del de cuius se egli fosse stato
ancora vivo (il concepito si considera già nato). A ciascuno dei sui iuris spettava una quota.
L’attribuzione delle quote avveniva per stirpi e non per capita (teste): dunque in virtù del criterio
della “successio in locum”, ai nipoti ex filio ai quali fosse premorto il padre si assegnava
globalmente quanto sarebbe spettato al padre se questi fosse stato ancora vivo. La nuora in manu
succedeva al suocero tra i sui iuris, solo se il marito fosse premorto al suocero; alla morte era
equiparata la capitis deminutio, anche minima. Solo un ereditando maschio avrebbe potuto avere
sui heredes: alla successione ab intestato delle donne erano dunque chiamati direttamente gli
agnati.
SUCCESSIONE DEGLI AGNATI gli agnati erano persone libere discendenti in linea maschile
da un capostipite comune maschio, sempre che il vincolo di agnatio non si fosse spezzato per capitis
deminutio, anche minima: questi erano gli agnati “non sui”, e quindi solo parenti in linea collaterale
e maschile: fratelli e sorelle, madre e figli reciprocamente qualora la madre avesse contratto col
padre matrimonio cum manu. Gli agnati maschi erano chiamati alla successione ab intestato senza
limiti di grado; le donne non oltre il secondo grado. Secondo il principio contenuto nelle XII Tavole
dell’ “agnatus proximus”, l’agnato di grado più vicino escludeva quello di grado più lontano,
nell’ipotesi in cui quello, accettata l’eredità, fosse divenuto erede, ma anche nel caso in cui per
mancata accettazione dell’eredità o altro non fosse venuto alla successione. Dunque, a norma di
questo principio, il ius civile non ammetteva “successio graduum”. Gli agnati dello stesso grado
venivano alla successione per quote uguali. Diversamente dai sui iuris, gli agnati succedevano “per
capita” e non per stirpi. Il regime della successione degli agnati era diverso da quello dei sui iuris,
per ciò, gli agnati erano eredi volontari.
SUCCESSIONE DEI GENTILES i gentiles erano gli appartenenti alla stessa gens
dell’ereditando, e anch’essi, come gli agnati, erano eredi volontari. In questo caso, il ius civile, oltre
alla “successio graduum”, negava anche la “successio ordinum” (successione delle classi): i
gentili, infatti, venivano chiamati solo in assenza di agnati. In età classica la successione dei gentiles
cadde in desuetudine poichè venne meno l’organizzazione gentilizia.
SUCCESSIONE DEL PATRONO E DEL PARENS MANUMISSOR
Secondo le XII Tavole, il patrono succedeva al proprio liberto nel caso in cui, morto senza aver
fatto testamento, non avesse avuto sui heredes. Qui, il patrono, aveva il ruolo che, nella successione
dei nati liberi, aveva l’agnato di grado più vicino. In forza dello stesso precetto, il padre era
chiamato alla successione del figlio emancipato come “parens manumissor”, avendolo manomesso
ed essendo considerato alla stregua di patrono rispetto al proprio figlio.
15. SUCCESSIONE UNIVERSALE AB INTESTATO IURE PRAETORIO
Con l’indebolirsi della società romana arcaica, il sistema di successione ab intestato del ius civile
apparve iniquo e ricco di lacune: a succedere senza testamento erano solo parenti maschi. A
correggere il sistema iure civili, provvide il regime pretorio della bonorum possessio “sine tabulis”,
alla quale erano chiamati i liberi, i legitimi, i cognati, vir et uxor. La classe dei liberi era
rappresentata dai sui iuris, dai figli emancipati e dai figli dati in adozione ma già sui iuris al tempo
della morte dell’ereditando; se premorti o rinuncianti, dai loro discendenti. L’attribuzione aveva
luogo per stirpi. Nella classe dei legitimi rientravano i successibili ab intestato iure civili (sui,
agnati, gentiles, patrono e parens manumissor) e le regole applicate erano quelle dello ius civile.
La classe dei cognati era costituita dai parenti di sangue non oltre il sesto grado. A venire alla
successione erano i parenti più vicini in grado dell’ereditando; succedevano al loro posto quelli di
grado più lontano, se non avessero richiesto entro i termini la bonorum possessio; ciò perchè nella
classe dei cog
-
Riassunto esame Istituzioni di diritto romano, Prof. Biscotti Barbara, libro consigliato Manuale di diritto privato…
-
Riassunto esame Istituzioni di diritto romano, Prof. Biscotti Barbara, libro consigliato Manuale di diritto privato…
-
Riassunto esame Istituzioni di Diritto Romano, prof. Bartocci, libro consigliato Manuale di Diritto privato romano,…
-
Riassunto esame Istituzioni di diritto romano, Prof. Vallocchia Franco, libro consigliato Manuale di diritto privat…