D D’
11111111
00000000
C F
00000000
11111111
B A
Figura 12: Schema di impianto con tre spillamenti rigenerativi.
Per evitare questi problemi si preferisce usare rigeneratori a superficie, in cui si fa
scorrere l’acqua nei tubi e il vapore all’esterno. Lo schema di un impianto con risurriscal-
damento e tre spillamenti rigenerativi è fornito in figura 12.
Il computo energetico del singolo spillamento può essere condotto mediante il bilancio
termico dello scambiatore rigenerativo, vedi figura 13a/b:
scambiatore a miscela, ∆G i + G i = (G + ∆G) i ,
sp A B
scambiatore a superficie, − −
∆G (i i ) = G(i i ).
0
sp sp B A
Per ottimizzare il rendimento termodinamico del ciclo occorrerebbe ottenere i = i .
0
B sp
Ciò è possibile negli scambiatori rigenerativi di alta pressione in cui il vapore spillato è
surriscaldato (T > T ). Qualora il vapore spillato sia saturo, occorrerà minimizzare la
sp B
−
differenza i i .
0
sp B
1 CICLI E SCHEMI DI IMPIANTI 13
∆ G i sp
∆ G i sp G G
∆
G G + G i i
A B
i i
A B ∆ G i sp’
Figura 13: Bilancio di uno scambiatore rigenerativo a miscela e a superficie.
Nel valutare il rendimento si avrà una riduzione della potenza utile a fronte di una
maggiore riduzione della potenza termica fornita. Ad esempio, nel caso del ciclo di figura
9, operando un solo spillamento alla fine dell’espansione di alta pressione, il rendimento
termico utile dell’impianto diventa: − − −
G (i i ) + (G ∆G)(i i )
0 0
v E D v E F
η = η ,
u m − − −
G (i i ) + (G ∆G)(i i )
0 0
v E i.c. v E D
dove G indica la portata in caldaia, ∆G quella spillata e i (> i ) l’entalpia di G ,
v i.c. A v
all’uscita dello scambiatore rigenerativo, pari a quella in ingresso in caldaia.
1.5.5 Impianti a vapore a recupero
Abbinando la produzione di energia meccanica con quello di energia termica si possono
ottenere notevoli vantaggi economici. Si consideri, infatti, l’esempio di un impianto indu-
striale che ha bisogno di energia e di vapore per riscaldamento o per processi tecnologici.
In questo caso basta produrre il vapore ad un’entalpia tale da poter soddisfare la richiesta
di energia meccanica mediante espansione in una turbina, facendo in modo che alla fine
dell’espansione il contenuto termico sia quello richiesto dall’utilizzo industriale. In questo
caso l’impianto si dice a recupero totale. Rientrano in questa tipologia anche quei casi in
cui l’utilizzazione industriale richieda vapore a più di una temperatura, per cui il vapore
deve essere estratto in più punti durante l’espansione in turbina: si parla in questo caso
di impianti a recupero totale ad estrazioni multiple. Le turbine degli impianti a recupero
totale sono dette a contropressione perché la pressione di scarico risulta in genere superio-
re a quella ambiente. Inoltre, l’impianto a recupero totale è privo di condensatore perché
questa funzione è svolta degli apparecchi cui viene inviato il vapore.
Risulta semplice il calcolo delle condizioni di ingresso in turbina in un impianto a
recupero totale. Infatti, se P indica la potenza meccanica richiesta e G il consumo di
u v
vapore per uso industriale che deve essere fornito alla pressione p e alla temperatura t , si
1 1
può individuare sul diagramma di Mollier il punto 1 che rappresenta la fine dell’espansione
in turbina. Usando l’espressione della potenza utile, si può valutare il salto entalpico:
P u , (6)
P = η G ∆i =⇒ ∆i =
u m v η G
m v
1 CICLI E SCHEMI DI IMPIANTI 14
e, mediante la definizione di rendimento termodinamico interno, il salto adiabatico:
∆i
∆i = , (7)
ad η
θi
purché si attribuiscano ai rendimenti meccanico e termodinamico interno i valori corri-
spondenti all’impianto che si intende realizzare. Il punto O di ingresso in turbina si troverà
nell’intersezione tra l’isoentalpica i = i + ∆i e l’isoentropica passante per il punto 1is,
o 1 −
determinato a sua volta come intersezione dell’isobara p e dell’isoentalpica i ∆i . A
1 o ad
questo punto si deve giudicare se i valori di pressione e temperatura cosı̀ determinati sono
tecnologicamente ed economicamente accettabili, vale a dire non troppo elevati, al fine
di realizzare l’impianto a recupero totale. Nel caso in cui la risposta non sia affermativa,
cioè quando la richiesta di potenza meccanica sia elevata, si realizza l’impianto a recupero
parziale. Si genera una quantità di vapore superiore a quella richiesta dall’uso industriale
e si lascia espandere la parte rimanente fino al condensatore. Quindi, fissate le condizioni
di ingresso in turbina (che non sono del tutto arbitrarie, in quanto le condizioni del va-
pore alla pressione di estrazione sono definite dalle richieste dell’utilizzo industriale) e la
pressione al condensatore, la potenza utile è data dalla seguente relazione:
− − −
P = η [∆G (i i ) + (G ∆G )(i i )], (8)
u m e o 1 v e o k
dove ∆G indica la portata richiesta dall’utilizzatore industriale, da estrarre alle condi-
e −
zioni 1, G ∆G la rimanente portata che subisce l’espansione sino alla pressione al
v e
condensatore, in cui entra con entalpia i , mentre G indica la portata complessiva in
k v
caldaia (nel caso di recupero totale G = ∆G ).
v e
Il significato di rendimento di un impianto a recupero non risulta immediato, in quan-
to in questo caso si usa non solo l’energia meccanica prodotta ma anche parzialmente
l’energia termica scaricata. Si intenderà, pertanto, il rendimento di un impianto a recu-
pero in riferimento alla sola produzione di potenza meccanica, per cui esso sarà definito
come il rapporto tra la potenza meccanica ottenuta e la potenza termica fornita al fluido
in caldaia, diminuita della quantità che si sarebbe dovuto comunque somministrare per
generare il vapore richiesto dall’utilizzatore industriale:
P u . (9)
η =
u −
Q̇ Q̇
1 R 0
Nel caso di impianto a recupero totale semplice, indicando con i l’entalpia del liquido
restituito al generatore di vapore dall’utilizzatore industriale:
0 0
− −
Q̇ = G (i i ), Q̇ = G (i i ),
1 v o R v 1
e quindi η = η . (10)
u m
È semplice verificare che anche nel caso di impianto a recupero totale ad estrazioni multiple
η = η .
u m
1 CICLI E SCHEMI DI IMPIANTI 15
Per un impianto a recupero parziale con un’unica estrazione:
P u
η =
u 0 0 0
− − − − −
(G ∆G )(i i ) + ∆G (i i ) ∆G (i i )
v e o e o e 1
k (11)
P u ,
= 0
− − −
∆G (i i ) + (G ∆G )(i i )
e o 1 v e o k
0 l’entalpia del liquido all’uscita dal condensatore.
avendo indicato con i
k
Può essere interessante mettere in relazione il rendimento dell’impianto a recupero
parziale, η , con quello dell’impianto a recupero totale, η , e con quello dell’impianto a
u m
0 R,
condensazione (recupero nullo), η , utilizzando il grado di recupero definito come:
u −
η ∆G (i i )
m e o 1
R = . (12)
P u
Considerando che il rendimento dell’impianto a condensazione vale:
−
i i
o k
0
η = η , (13)
m
u 0
−
i i
o k
si ha che: 0 − −
− − − R (G ∆G )(i i )
1 ∆G (i i ) (G ∆G )(i i ) η v e o k
e o 1 v e o m
k
= + = + . (14)
0
η P P η η P
u u u m u
u
Ma, usando la (8), − −
(G ∆G )(i i )
v e o k − R,
= 1 (15)
η m P u
quindi, R −R
1 1
= + . (16)
0
η η η
u m u
Il consumo specifico, inversamente proporzionale al rendimento termico utile, risulta dun-
que media pesata dei consumi specifici a recupero totale e nullo, attribuendo come pesi
rispettivamente il grado di recupero ed il suo complemento. Si noti, inoltre, la rapida
R.
riduzione del rendimento al diminuire di
1.6 Condensatori a superficie
I condensatori a superficie sono costituiti da una cassa esterna all’incirca cilindrica, con
le pareti opportunamente rinforzate per resistere alla pressione che si esercita dall’esterno
verso l’interno, con un’apertura superiore, da cui entra il vapore, e due più piccole in basso
per l’estrazione del condensato e dell’aria, vedi figura 14. Le due estremità sono a doppia
parete, di cui quella interna è formata da una piastra tubiera, cioè un diaframma in cui
÷
sono infilati a tenuta i tubi (di diametro 16 25 mm) che attraversano la cassa. Tra le
caratteristiche che distinguono i diversi condensatori, uno riguarda il cammino dell’acqua,
1 CICLI E SCHEMI DI IMPIANTI 16
Figura 14: Condensatore a superficie.
che può essere semplice, da un estremo all’altro, o variamente ripiegato: nella figura 15
è riportato schematicamente sia il primo (in cui tutti i tubi lavorano in parallelo), sia un
tipo a due percorsi in cui i tubi superiori sono in serie con quelli inferiori, sia infine uno
a quattro percorsi (meno frequente). Per stabilire il cammino dell’acqua si utilizzano dei
diaframmi, indicati con d in figura. A parità di portata di acqua e di velocità dell’acqua
nei tubi, passando da uno a due percorsi il condensatore diventa più compatto. Nello
stesso tempo, aumenta la perdita di carico dell’acqua per la presenza delle curve e quindi
aumenta il lavoro delle pompe di circolazione. Da questo punto di vista sarebbe preferibile
la costruzione ad un percorso, che tuttavia ha l’inconveniente dell’elevata lunghezza dei
tubi che sono soggetti a maggiori dilatazioni termiche.
La formula della potenza termica scambiata è la seguente:
−
Q̇ = K S (t t ), (17)
h
v
dove K indica il coefficiente di trasmissione per convezione dal vapore all’acqua, S è la
superficie laterale dei tubi, t è la temperatura del vapore, costante in quanto le perdite
v
di pressione nel condensatore, lato vapore, sono trascurabili, e t è la temperatura media
h
dell’acqua refrigerante. In realtà la trasmissione di calore si opera prima per convezione
dal vapore alla parete esterna dei tubi con un coefficiente di convezione K , poi da un’e-
v
stremità all’altra dello spessore dei tubi con un coefficinete di trasmissione per conduzione
λ/s, dove λ è la conduttività del metallo e s lo spessore del tubo, ed infine dalla parete
interna all’acqua con
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