Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 14
Paleoecologia Pag. 1 Paleoecologia Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Paleoecologia Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Paleoecologia Pag. 11
1 su 14
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

UNIFORMISMO METODOLOGICO

principio utilizzato per ricostruire le relazioni tra organismi del passato (spesso estinti):

i fossili hanno avuto le stesse relazioni di interdipendenza degli organismi attuali con

l’ambiente in cui vivono.

Paleoecologia marina

Mentre l’ecologia terrestre si è sviluppata molto prima di quella marina, per la maggiore

difficoltà di studiare gli ambienti marini attuali, l’opposto vale in paleoecologia.

Questo è dovuto prevalentemente al fatto che i sedimenti e le rocce di origine marina sono

più abbondanti di quelli di origine continentale, hanno un record più continuo nel tempo, e la

loro documentazione paleontologica è più ricca e meglio conservata.

• Fatta eccezione per gli ambienti lacustri ed eolici infatti, nei sistemi terrestri i

fenomeni di trasporto ed erosione prevalgono su quelli di deposizione.

Analisi paleoecologica

Cosa ci interessa sapere degli organismi del passato?

1. Modo di vita (mobilità, nutrizione, riproduzione)

2. Habitat: Dove vivevano?

3. Fattori ambientali: quali erano le caratteristiche fisico-chimiche del loro

ambiente?

Zonazione marina

ZONAZIONE MARINA VERTICALE

Dalla linea di costa verso il mare aperto si osserva una successione di passaggi ambientali,

sia laterali che verticali.

I cambiamenti fisici verticali sono più significativi (es. transizione marino- terrestre) ed

influenzano la distribuzione degli organismi.

Ad esempio, le variazioni del moto ondoso, di temperatura, o di radiazione solare nella

massa d’acqua.

La composizione faunistica di fauna e flora varia in base a questa zonazione verticale.

Il DOMINIO PELAGICO è costituito da tutta la massa d’acqua degli oceani.

La Provincia neritica identifica le masse d’acqua al di sopra della piattaforma.

La Provincia oceanica quelle esterne alla piattaforma.

Il Dominio pelagico si divide in 6 zone (in blu).

1. La zona epipelagica include lo strato eufotico (attraversato dalla luce solare).

La sua profondità può variare da 15-20 m in acque torbide, a 150 m in acque limpide.

2. La zona mesopelagica (50-200 m) coincide con lo strato oligotrofico.

3. La zona infrapelagica si estende fino a circa 600-700 m, profondità che alla medie

latitutidini corrisponde all’isoterma dei 10°C.

4. La zona batipelagica si estende fino a circa 2000-2500 m, profondità che alla medie

latitutidini corrisponde all’isoterma dei 4°C.

5. La zona abissopelagica (max 6000-6500 m), corrisponde al limite superiore delle fosse

oceaniche.

6. La zona adopelagica corrisponde alle masse d’acqua delle zone profonde.

Il DOMINIO BENTONICO comprende tutte le rocce e i sedimenti che costituiscono il fondo

marino.

È diviso in piani, la loro transizione corrisponde a variazioni fisico-ambientali che portano a

cambiamenti nelle associazioni floristiche e faunistiche.

Nella zona di transizione (interessata dalle maree) si dividono il Piano sopralitorale, o zona

degli spruzzi (al di sopra del livello medio dell’alta marea), il Piano mesolitorale (intermedio)

e il Piano infralitorale (sotto il livello medio di bassa marea, livello di forte diminuzione della

luce e limite di distribuzione delle fanerogame marine e delle alghe fotofile, profondità

massima dipende dalla torbidità, max 60-70m).

Il limite inferiore del Piano circalitorale (max 120-140m) è dato dal limite di sopravvivenza

delle alghe sciafile (capaci di fotosintesi clorofilliana, ma che possono vivere con luce

scarsa).

I restanti piani (batiale, abissale e adale), costituiscono il sistema profondo o afitale, privo

cioè di vegetazione, che ospitano gli ecosistemi profondi.

Modi di vita

Plancton

Comprende tutti gli organismi che vivono nella massa d’acqua e sono trasportati

passivamente.

Possono effettuare solo movimenti verticali o, in alcuni casi, spostamenti orizzontali che però

avvengono in modo molto lento.

La distribuzione è funzione delle correnti marine.

Necton

Comprende tutti gli organismi marini in grado di spostarsi rapidamente in acqua in funzione

di nutrimento e/o riproduzione.

Sono principalmente vertebrati (pesci, mammiferi, rettili), ma anche cefalopodi (seppie,

calamari, nautiloidi, ammoniti...).

Alcuni organismi nectonici tuttavia non conducono una vita completamente pelagica e

stazionano sul fondo del mare : Organismi necto-bentonici

Benthos

Comprende tutti gli organismi che vivono in stretto rapporto con il substrato.

Benthos epifaunale: Organismi che vivono sul substrato

- Org. sessili: cementati (es. coralli, balani) o ancorati al substrato tramite il bisso (es.

bivalvi), peduncolo (es. brachipodi)

- Org. vagili: possono spostarsi sul fondo (es. crostacei, alcuni policheti)

- Org. sedentari: vivono immobili o con movimenti limitati (es. bivalvi)

Benthos infaunale: Organismi che vivono più o meno profondamente all’intero del substrato

Tiering: Taxa diversi durante l’evoluzione del benthos si sono specializzati ad occupare livelli

ben precisi al di sopra del substrato, a causa della competizione per le risorse (cibo,

spazio, luce)

Trofismo

Sulla base della loro funzione all'interno di un ecosistema, le componenti biotiche si possono

suddividere in:

• produttori (piante, alghe e alcuni batteri): sono gli organismi "autotrofi" in grado di compiere

la fotosintesi, cioè di utilizzare l’energia solare per produrre la sostanza organica per vivere e

accrescersi, partendo da composti inorganici.

• consumatori: sono organismi "eterotrofi", poiché non sono in grado di produrre il proprio

nutrimento, e si cibano quindi di produttori.

• decompositori: sono funghi e batteri che si cibano decomponendo i tessuti degli organismi

morti.

Gruppi trofici

Ogni organismo si inserisce ad un particolare livello trofico.

La biomassa, cioè la quantità di materia vivente, diminuisce di livello in livello, come

diminuisce il numero degli individui.

I carnivori al vertice tendono ad essere molto rari. Si parla quindi di piramide trofica.

Catena trofica nel record fossile

Difficoltà di ricostruzione di una catena trofica di una paleocomunità:

• Solo una parte dell’ecosistema è fossilizzata.

• Le preferenze alimentari di specie estinte non sono note.

• Come si procede?

Si raggruppano le specie della comunità in categorie trofiche, quando l’informazione è

disponibile.

Si fanno confronti con le comunità attuali.

Questo permette anche di fare ipotesi sul ruolo svolto dalle componenti non fossilizzabili.

Un esempio di catena trofica del Giurassico

• Il Peterborough Member della Oxford Clay Formation (Giurassico medio- superiore; circa

160 milioni di anni fa) è costituito da argilliti scure che si sono depositate in un ambiente

marino poco profondo (poche decine di metri) e caldo (circa 20°C).

• Lo studio delle abbondanti specie fossili trovate, dai microfossili, ai vertebrati, ha permesso

di ricostruire la catena trofica dell’ecosistema.

Quali taxa presenti nel Giurassico medio sono oggi estinti?

Tra gli invertebrati marini ci sono le Ammoniti (sottoclasse Ammonoidea) e i belemniti (ordine

Belemnitida) appartenenti alla classe Cephalopoda.

Tra i vertebrati marini gli ordini Ichthyosauria, Plesiosauria e Pterosauria. Tutti erano

predatori.

Fauna del Peterborough Member

Organismi planctonici (numerosi tipi di alghe autotrofe e zooplankton) erano alla base della

catena trofica.

Il plankton era cibo per piccoli invertebrati e pesci, che erano a sua volta predati da pesci più

grandi, ammoniti, belemniti, calamari e rettili.

Le Ammoniti erano molto abbondanti (78 specie), così come i pesci ossei e cartilaginei (32

specie), che occupavano diverse nicchie ecologiche. Ad esempio Leedsichthys

problematicus era un pesce osseo lungo 12-15 metri, che filtrava il plankton usando

branchie molto sviluppate (sospensivoro, come il moderno squalo balena).

Anche i rettili (marini e non) erano molto abbondanti, e avevano un trofismo differenziato.

Gli ictiosauri (e.g. Ophthalmosaurus) erano agili nuotatori e si nutrivano di cefalopodi in

acque profonde.

I coccodrillomorfi (e.g. Steneosaurus) e alcuni pliosauri

si cibavano di cefalopodi sulle acque superficiali e pesci.

Alcuni plesiosauri (e.g. Cryptoclidus) si cibavano di

piccoli crostacei. I pliosauri erano i top-predators in

assoluto (e.g. Lipleurodon, Simolestes, Pliosaurus),

predando altri rettili, pesci e cefalopodi. Gli pterosauri

(e.g. Rhamphorhynchus) erano piscivori.

Fattori ambientali (chimico-fisici)

La conoscenza dei fattori ambientali che regolano la distribuzione degli organismi costituisce

una base indispensabile per la ricerca paleoecologica.

I principali fattori ambientali sono natura del substrato, luce solare, temperatura, salinità,

ossigeno.

Negli studi paleoecologici il substrato è il solo, tra i parametri fisico-chimici che condizionano

la distribuzione degli organismi bentonici a poter essere studiato direttamente.

Tutti gli altri fattori devono essere ricostruiti tramite il significato autoecologico e sinecologico

dei fossili. Quando applicabili, rivestono grande importanza anche gli studi sulla

composizione geochimica dei fossili (isotopi stabili dell'ossigeno, carbonio, elementi in tracce

ecc.).

Transetto da terra verso mare che mostra l’importanza relativa di diversi fattori ambientali

sulla distribuzione degli organismi bentonici.

La PROFONDITA’ è il fattore che controlla in gran parte la variabilità di tutti i fattori

chimico-fisici che osserveremo: la granulometria diminuisce con la profondità, così come

l’intensità della luce, l’energia delle onde, la concentrazione di ossigeno al fondo e la

disponibilità di cibo.

Luce solare

La luce solare influenza soprattutto la distribuzione dei produttori primari (phytoplankton,

alghe bentoniche, fanerogame).

L’intensità della luce diminuisce in modo esponenziale con la profondità, tanto che l’attività

degli organismi fotosintetici è quasi assente già a circa 150 m. Il picco di fotosintesi avviene

invece a 10-20 m di profondità perchè i raggi u.v. diretti inibiscono la fotosintesi.

L’intensità in ogni caso dipende dall’angolo di incidenza dei raggi solari (che diminuisce con

la latitudine) e la quantità di materia organica disciolta nell’acqua e dalla torbidità.

Nel record paleontologico, la presenza di determinati fossili che vivono nella zona fotica, può

informare sulla paleo-profondità.

Il ritrovamento di un'alta diversità di alghe indica la zona più superficiale della zona fotica,

circa 20-30 metri di profondità.

In assenza delle alghe, il ritrovamento delle fau

Dettagli
A.A. 2023-2024
14 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche GEO/01 Paleontologia e paleoecologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher moonlightLemon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Paleontologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Basilicata o del prof Pandolfi Luca.