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R

h 2πRσ

b) c)

a) 2

π

ρ R h

g

Figura 1.18: Esempi di tensione superficiale all’interfaccia tra aria–acqua–vetro a), aria–

mercurio–vetro b). Bilancio tra forza peso e tensione superficiale c).

1.7. TENSIONE SUPERFICIALE 29

ESEMPIO

Assumendo che la linfa salga dalle radici alle foglie di un albero per capillarità

calcolare il raggio dei vasi linfatici (supposti circolari) per un albero di altezza

h = 15 m.

Soluzione

Come è stato detto, i fenomeni di tensione superficiale dipendono sia dal fluido e

dal suo grado di purezza sia dal materiale con il quale viene a contatto. Tuttavia,

volendo attenere una stima di larga massima, si possono assimilare le proprietà

della linfa a quelle dell’acqua ed i vasi linfatici ad un capillare in vetro. In tal

−2

· N/m si

caso, ricorrendo alla formula (1.12) avendo posto θ 0 e σ = 7.34 10

ottiene 2σ cos θ −7

·

R = m.

= 9.97 10

ρgh

Il presente valore (∼ 1µm) risulta estremamente piccolo ed è poco probabile che

all’interno di un tronco si possa realizzare un condotto, privo di imperfezioni del

raggio di 1µm per tutta la sua lunghezza.

Nella realtà il meccanismo che porta la linfa alle foglie è l’osmosi, in quanto

evaporando l’acqua attraverso le foglie si creano concentrazioni maggiori di sali

in alto che attirano l’acqua dalle radici.

CAPITOLO 1. GENERALITÀ SUI FLUIDI

30 Capitolo 2

Statica dei fluidi

Una categoria importante di problemi della fluidodinamica è costituita da quei fenomeni

in cui il fluido si trova in quiete oppure si muove senza generare degli sforzi di taglio;

sebbene questa condizione possa sembrare estremamente restrittiva, ci si renderà conto

che riguarda una vasta gamma di problemi pratici. Il dimensionamento di una diga, la

sollecitazione generata in un serbatoio in pressione, la forma della superficie libera di un

liquido in rapida rotazione o il sollevamento in volo di una mongolfiera sono solo alcuni

esempi tra molti che incontriamo nella realtà quotidiana. In tutti questi casi le uniche forze

presenti sono forze di pressione e forze di volume, la determinazione della cui risultante è

lo scopo di questa parte della fluidodinamica.

2.1 pressione in un fluido

Volendo determinare la risultante delle forze di pressione su una superficie immersa in

un fluido, ci si deve porre immediatamente la domanda di come la pressione dipenda

dall’orientamento dell’elemento di superficie su cui agisce. Consideriamo a tale scopo un

fluido in quiete dal quale si tolga un elemento a forma di prisma e si consideri il diagramma

di corpo libero per tale elemento (figura 2.1). p dyds

dz

z y ds

θ

p dzdx

y dx

x 2 dy

ρ gdxdydz

2

Figura 2.1: Diagramma di corpo libero per un elemento di fluido in quiete.

31

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

32 Essendo l’elemento di fluido in quiete, la risultante delle forze applicate dovrà essere

nulla; considerando quindi l’equilibrio nella direzione verticale z e nella x si ottiene

dxdy pdyds cos θ = ρgdxdydz/2, p dydz = pdyds sin θ, (2.1)

p z x −

da cui osservando che ds sin θ = dz e ds cos θ = dx, si ha: p p = ρgdz/2 e p = p .

z x

D’altra parte, essendo interessati alla pressione in un punto, possiamo far tendere a zero le

−→

dimensioni del prisma mantenendone invariata la forma da cui risulta per dx, dy, dz 0

= p, p = p, (2.2)

p z x

ossia la pressione in un punto ha lo stesso valore indipendente dal valore dell’angolo θ. Se

ora ricordiamo che tanto il valore di θ quanto l’orientamento del prisma sono stati scelti in

modo del tutto arbitrario arriviamo alla conclusione di validità generale che il valore della

pressione in un punto è indipendente dalla direzione in cui agisce, questa affermazione è

nota come Legge di Pascal.

Questo esempio ci dà anche lo spunto per riflettere su un’altra questione molto impor-

tante in fluidodinamica. Indicando con dl l’ordine di grandezza dei lati del prisma si ha

2 mentre la forza peso è proporzionale a

che le forze di pressione sono proporzionali a dl

3 . Questa stima è generale e si può applicare a tutte le forze di superficie e di volume.

dl

Ciò implica che al diminuire delle dimensioni di un corpo, le forze di volume e di superficie

non diminuiscono nello stesso modo ma le prime perdono sempre più importanza mentre

le seconde diventano preponderanti. Questo effetto si chiama effetto scala ed è il motivo

per cui quando si costruisce un aeromodello non basta ridurre in scala tutte le dimensioni

ma bisogna anche cambiare la curvatura dei profili alari per avere un giusto bilanciamento

1 .

tra il peso dell’aeromodello e la forza di sostentamento (portanza)

2.2 distribuzione di pressione in un fluido

Dopo aver stabilito che la pressione in un punto agisce in ugual modo in tutte le direzioni

bisogna ora capire in che modo la pressione varia all’interno di un fluido in quiete o in

moto ma sempre sotto la condizione che non siano presenti degli sforzi tangenziali interni

al fluido.

In modo simile all’esempio precedente, si consideri un elemento di fluido a forma di

parallelepipedo (figura 2.2) e si applichi la seconda legge della dinamica F = ma.

Indicando con p il valore della pressione al centro dell’elemento ed utilizzando lo

sviluppo in serie di Taylor si avrà per le pressioni sulle facce perpendicolari all’asse y

la componente

p−∂p/∂y(dy/2) e p+∂p/∂y(dy/2) da cui, detta ρ la densità del fluido ed a y

dell’accelerazione lungo la direzione y si può scrivere l’equilibrio dell’elemento:

∂p ∂p ∂p

dy dy

− − ⇒ −

p dxdz p + dxdz = ρdxdydza , . (2.3)

= ρa

y y

∂y 2 ∂y 2 ∂y

1 Un altro esempio si ha negli impatti dei corpi; se cade a terra un cucciolo di elefante o un elefan-

te adulto l’effetto sulla struttura ossea certamente non sarà lo stesso anche se i due animali possono

certamente essere considerati in scala.

2.2. DISTRIBUZIONE DI PRESSIONE IN UN FLUIDO 33

dz δp

δp dy

dy p dxdz

dxdz p

p +

- δ

δ y

y 2

2 z dx dy

y ρ gdxdydz

x

Figura 2.2: Equilibrio delle pressioni per un elemento di fluido.

L’equilibrio si scriverà in modo del tutto analogo nella direzione x mentre per la

direzione verticale z bisognerà includere tra le forze il peso:

∂p ∂p

dz dz

− − −

p dxdy p + dxdy ρdxdydzg = ρdxdydza , (2.4)

z

∂z 2 ∂z 2

ossia ∂p

− − .

ρg = ρa z

∂z

Se ora osserviamo che il gradiente della pressione (in un sistema di coordinate cartesiane)

fornisce l’espressione ∂p ∂p ∂p

∇p = x̂ + ŷ + ẑ, (2.5)

∂x ∂y ∂z

dove x̂, ŷ e ẑ sono i versori degli assi, ed indicando con f il vettore contente tutte le densità

−gẑ),

di forze di volume (nell’esempio in questione f = l’equilibrio dell’elemento di fluido

si scrive −∇p + ρf = ρa (2.6)

che ha validità generale qualunque siano f ed a. L’unica restrizione all’applicazione di

questa relazione resta quindi l’assenza di sforzi viscosi all’interno del fluido.

CAPITOLO 2. STATICA DEI FLUIDI

34 ESEMPIO

Un camion trasporta del liquido che riempie per 2/3 il cassone a forma di paral-

lelepipedo, aperto in superficie e con le sponde laterali di altezza H. Se percorre

una curva circolare di raggio R alla velocità costante U , calcolare la massima

velocità con cui può percorrere la curva prima che fuoriesca il liquido.

U

H l = 2.5 m H =2m

h R = 200 m (h = 2H/3)

l R

Soluzione

In un sistema di riferimento solidale con il ca-

mion, sul fluido agiranno la forza peso e quella

centrifuga per cui, preso un sistema d’assi come

in figura, le equazioni per la statica del fluido

saranno: 2

∂p ∂p U

− − −

ρg = 0, + ρ = 0,

∂z ∂r R

rispettivamente per le componenti verticale e

radiale. D’altra parte per il differenziale della z

pressione si può scrivere 2

∂p U

∂p −ρgdz

dz + dr = + ρ dr.

dp = ∂z ∂r R H

Essendo la superficie libera una superficie iso- g

h h 1

pressione risulta però dp = 0 da cui si ricava per

la superficie libera O

r

2 2

U U r

dz = , =⇒ z(r) = + C.

dr Rg Rg

La costante C si determina in base al volu-

me iniziale di fluido. La condizione critica si

ha quando z(r = l) = H e per conservare la

= 2h H che risul-

massa deve risultare h

1

terà anche il valore di C = z(r = 0). Da

2 −

l/(Rg) + 2h H ossia

ciò si ricava H = U

2Rg(H h)/l = 32.34 m/s.

U = 2.3. VARIAZIONI DI PRESSIONE IN UN FLUIDO IN QUIETE 35

2.3 variazioni di pressione in un fluido in quiete

La relazione (2.6) permette, come caso particolare, di determinare la variazione di pressio-

ne con la quota per un fluido soggetto solamente al peso proprio. In questo caso risulterà

a = 0 ed orientando l’asse z nella stessa direzione ma verso opposto rispetto alla gravità

−gẑ

f = si ottiene dalla (2.6) dp −ρg.

= (2.7)

dz

Evidentemente l’integrazione di questa relazione fornisce risultati differenti a seconda che

la densità si possa considerare indipendente o meno dalla coordinata z. Nel caso dei liquidi

abbiamo visto che il modulo di comprimibilità ha valori estremamente elevati (O[GPa])

e la variazione di densità può essere sicuramente trascurata ottenendo cosı̀

p(z) = p(0) ρgz, (2.8)

in cui p(0) è il valore della pressione alla quota z = 0 scelta come riferimento. Nel caso

3 ) la relazione (2.8) ci dice che ogni 10 metri di profondità

dell’acqua (ρ = 1000Kg/m

−10m)

(z = si ha una variazione di pressione ∆p = 98000Pa ossia circa un’atmosfera.

Questo fatto dovrebbe essere ben noto a tutti quelli che fanno immersioni in quanto il

continuo aumento di pressione con la profondità costringe a frequenti compensazioni tra

la pressione interna dell’orecchio e quella esterna che agisce sul timpano durante la fase

di immersione.

Se invece dei liquidi consideriamo i gas, le variazioni di densità con la quota non sa-

ranno più trascurabili e l’integrazione dell’equazione (2.7) deve tenere conto della forma

specifica di ρ(z). Un caso semplice è costituito da uno strato di gas che obbedisca al-

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