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SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI
in cui il fallimento è dichiarato, l’imprenditore, nel tentativo di far fronte alla crisi, può aver compiuto una serie di atti di
disposizione che alterano l’integrità del proprio patrimonio ed arrecano pregiudizio ai creditori.
(ad esempio, vendite di merci a prezzo rovinoso). Intervenuto poi il fallimento sorge perciò l’esigenza di tutelare la massa
dei creditori contro tali atti neutralizzando il pregiudizio loro arrecato.
Nell’attivo fallimentare rientrano:
- i beni appartenenti al debitore al momento della dichiarazione di fallimento;
- i beni che hanno cessato di appartenere al debitore anteriormente alla dichiarazione di fallimento e che la legge,
ricorrendo determinati presupposti, ritiene opportuno comprendere fra i beni soggetti all’esecuzione collettiva.
Tale problema viene risolto dal legislatore in via generale con le disposizioni che regolano l’azione revocatoria.
Azione revocatoria
Distinguiamo in:
• Azione revocatoria ordinaria: l’Art. 2901 del codice civile (azione revocatoria ordinaria)
Prevede che il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati
inef caci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni.
L’azione revocatoria ordinaria non è esercitabile solo in caso di fallimento del debitore, a differenza della revocatoria
fallimentare, ed onera il creditore agente alla prova dell’eventus damni (pregiudizio arrecato dall’atto di disposizione alla
garanzia patrimoniale di tale credito) e del consilium fraudis (atteggiamento soggettivo del debitore, per gli atti a titolo
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gratuito, e anche del terzo acquirente, per gli atti a titolo oneroso). L’azione revocatoria ordinaria è esercitabile anche in
caso di fallimento di un imprenditore ed è esercitata dal curatore nell’interesse di tutti i creditori. In caso di fallimento però
con la disciplina della revocatoria ordinaria concorre anche la speci ca disciplina della revocatoria fallimentare.
• Azione revocatoria fallimentare: Art. 64, 66, 67 L.F.
E’ un’azione avente la nalità di ricostruire il patrimonio dell’imprenditore fallito, rendendo inef caci tutti gli atti
compiuti in precedenza dall’imprenditore fallito in pregiudizio dei creditori.
Il principio ispiratore della revocatoria fallimentare è che tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore in stato
di insolvenza (ancorché non dichiarato fallito) si presumono pregiudizievoli per i creditori.
I presupposti di tale azione sono:
- lo stato di insolvenza dell’imprenditore (presupposto oggettivo) e
- la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo (presupposto soggettivo).
Perciò spetterà a quest’ultimo provare che l’atto non ha arrecato alcun danno alla massa dei creditori per sottrarsi alla
revocatoria fallimentare. A differenza della revocatoria ordinaria, la revocatoria fallimentare è preordinata alla
salvaguardia della par condicio creditorum e si fonda sul presupposto che il patrimonio del debitore è destinato a
soddisfare alla pari tutti i creditori.
Gli atti sottoposti alla revocatoria fallimentare si distinguono nelle seguenti categorie:
- gli atti a titolo gratuito (donazioni, garanzie concesse dal fallito a titolo gratuito), compiuti nei due anni anteriori alla
dichiarazione di fallimento;
- gli atti a titolo oneroso, pagamenti di debiti scaduti e garanzie che presentino anormalità tali da far sospettare la
intenzione fraudolenta, compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
- gli atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie che non presentino irregolarità, la legge ha ammesso la revoca solo se
il curatore provi che l’altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore nel momento in cui è stato compiuto
l’atto, sempre che sia stato compiuto entro i 6 mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. Qui per tutti questi atti
spetterà il terzo convenuto in revocatoria dare la prova, non facile, che ignorava lo stato di insolvenza.
L’atto di disposizione revocato resta valido, ma è inef cace nei confronti della massa dei creditori.
Tutte le azioni revocatoria esercitata dal curatore devono essere promossi appena di decadenza entro tre anni
DECADENZA
dalla dichiarazione di fallimento e comunque non oltre cinque anni dal compimento dell’atto.
La disciplina della revocatoria fallimentare (art. 67 L.F.) è resa più drastica quando i relativi
ATTI COMPIUTI TRA CONIUGI
atti di disposizioni sono posti in essere fra i coniugi.
Tutti gli atti a titolo oneroso e gratuito compiuti tra coniugi a partire dal momento in cui il fallito esercitava un’impresa
commerciale si presumono eseguiti in danno della massa dei creditori e sono revocati, salvo che il coniuge provi che non
era a conoscenza dello stato di insolvenza del coniuge fallito la inef cacia opera ex lege e, pertanto, non occorre una
dichiarazione giudiziale. Intervenuto il fallimento di uno dei coniugi, la comunione legale fra i coniugi si scioglie e le
attività e passività facenti parte la stessa sono divise in parti uguali.
Perciò nella massa attiva del coniuge fallimentare oltre i beni personali resterà la metà dei beni della comunione e al
contempo nella massa passiva verrà ricompreso anche la metà dei debiti eventualmente gravanti sui beni della comunione.
L’imprenditore fallito può prendere parte ai rapporti contrattuali che non
SUI CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE
hanno ancora avuto esecuzione (od esecuzione integrale) al momento della dichiarazione di fallimento.
È quindi necessario conciliare gli interessi del contraente con quelli della massa dei creditori e tener conto della peculiarità
dei singoli contratti e delle conseguenze che si producono a seguito del fallimento di una delle parti.
L’art. 72 L.F. prevede una disciplina generale applicabile ai contratti pendenti al momento della dichiarazione di
fallimento. La regola generale prevede la sospensione del rapporto pendente al momento della dichiarazione di fallimento
(rectius, ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il
fallimento).
Il curatore fallimentare ha la facoltà di scegliere di:
- proseguire nell’esecuzione del contratto, assumendo tutti gli obblighi da questo nascenti;
- sciogliere il rapporto, facendo venir meno le ulteriori obbligazioni.
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Fatte salve le indicazioni speci che previste per alcuni contratti contemplati dalla legge, si osserva che:
i contratti già eseguiti da una delle parti restano in vita, se ad eseguirli non è stato il fallito.
In questo caso il creditore sarà pagato in “moneta fallimentare”, ossia in base alla propria “classe di appartenenza”
secondo quanto riscosso dalla vendita dei beni dell’azienda fallita. In pratica, ciò può comportare un recupero solo in
percentuale del proprio diritto di credito.
i contratti non ancora eseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, si distinguono in:
contratti basati sull’intuitus personae che si sciolgono di diritto, ipso iure, per il fallimento di una delle parti.
• Tra questi vi sono:
- associazione in partecipazione, in caso di fallimento dell’associante;
- contratto di appalto, quando la persona dell’appaltatore (in seguito dichiarato fallito) costituisca
un elemento determinante del contratto, salvo che il committente non consenta comunque la
prosecuzione del rapporto;
- il contratto di borsa a termine, di conto corrente, di commissione e mandato nel caso di fallimento del
mandatario.
contratti che continuano nonostante il fallimento, relativamente ai quali il curatore subentra ex lege, con obbligo di
• adempiere per l’intero ed in prededuzione le relative obbligazioni.
Tra questi rientrano:
- contratto di locazione di immobili;
- Af tto di azienda;
- contratto di assicurazione contro i danni in caso di fallimento. dell’assicurato;
- contratto di edizione;
- contratto di cessione di crediti di impresa (factoring);
- leasing nanziario.
contratti che possono essere mantenuti in vita, relativamente ai quali è attribuita al curatore, previa autorizzazione
• del comitato dei creditori, la facoltà di scegliere tra il subentro e lo scioglimento del rapporto.
Tali contratti restano sospesi in seguito al fallimento di una delle parti, in attesa che gli organi fallimentari comunichino le
loro intenzioni, salvo che nei contratti di vendita con effetti reali sia già avvenuto il trasferimento del diritto. Con tale
disposizione, il legislatore (D. Lgs. 169/2007) ha voluto speci care che il contratto traslativo si considera ineseguito sino a
quando non si è realizzato l’effetto reale.
Differenza fra esercizio provvisorio dell’impresa ed af tto di azienda
Con la dichiarazione di fallimento l’attività di impresa si arresta ed i beni aziendali sono destinati ad essere liquidati per
soddisfare i creditori. Tuttavia è possibile una continuazione, sia pure provvisoria, dell’attività qualora risulti funzionale ad
una migliore liquidazione del complesso aziendale e quindi del patrimonio del fallito (esercizio provvisorio), o in vista di
una vendita in blocco (af tto di azienda).
La differenza tra le due soluzioni sta nel fatto che:
- con l’esercizio provvisorio (art. 104 L.F.) il fallimento si fa imprenditore e quindi continua a gestire l’impresa
facendo gravare i costi che ne derivano sulla massa fallimentare;
Si tratta di un provvedimento eccezionale che può essere disposto:
- dal Tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento, se dall’interruzione può derivare un danno grave,
purché non arrechi pregiudizio ai creditori;
- dal Giudice Delegato, su proposta del Curatore, previo parere favorevole del comitato dei creditori
sull’opportunità di continuare o di riprendere, in tutto o in parte, l’esercizio dell’impresa con previsione della
relativa durata.
Durante l’esercizio provvisorio tutti i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda
EFFETTI
sospenderne l’esecuzione o scioglierli. Le obbligazioni assunte dal curatore per la continuazione dell’esercizio
dell’impresa costituiscono debiti della massa da soddisfare in prededuzione. In particolare, le obbligazioni assunte
al curatore sono e restano imputabili al fallimento.
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- con l’af tto d’azienda, o di speci ci rami, (art. 104-bis L.F.) il fallimento si spoglia del complesso aziendale. L’attività
di impresa viene esercitata dall’af ttuario, che la gestisce personalmente, assumendo in proprio le relative obbligazioni
e corrisponde