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Un'altra problematica riguarda l’efficacia degli impianti di depurazione e l’entità degli scarichi
fognari, le quali portate massime si registrano proprio nei periodi estivi di magra. Considerato che
l’approvvigionamento idrico per usi domestici e irrigui avviene da tutt’altro bacino idrografico
(località di Siniscola e Torpè), è possibile che tali scarichi compromettano sia il naturale regime de l
fiume che il chimismo delle sue acque. Non sono poche le controversie sul tema, così come le azioni
sconsiderate ai danni del territorio: galluraoggi.it/budoni/rio-budoni-inquinamento.
Proprio tale fiume è stato scelto come oggetto di studio per l’applicazione dell’indice di funzionalità
fluviale. Questa occasione è stata sfruttata per comprendere meglio quali siano gli impatti dovuti
alla sostenuta antropizzazione dell’asta fluviale nella sua porzione ipo-ritrale. Nello specifico, gli
interrogativi sono stati rivolti alle modalità con cui si esplicano gli impatti, nonché alla loro effettiva
gravità in termini ecologici. Con questo proposito, si è scelto di analizzare il tratto di fiume ubicato
in corrispondenza dell’inizio del centro abitato. Come si può notare dalle immagini a pagina
seguente, questo tratto è il primo a subire delle brusche modificazioni artificiali, mentre pochi metri
a monte si preserva un notevole grado di naturalità. In questo modo è possibile avere un metro di
paragone sufficientemente valido, che permetta di addurre le discrepanze riscontrate tra i due tratti
come prova degli impatti antropici. Ciò non significa però che a monte sia stata preservata
un’ecologia perfettamente originale, o una vegetazione prettamente autoctona: la rada
urbanizzazione dei dintorni, la presenza del ponte e delle strade, e la presenza di una folta
formazione riparia di Eucalyptus suggeriscono che, seppure in un remoto passato, l’uomo sia
intervenuto anche su questo ambiente. Se non altro, l’osservazione e la comparazione di entrambi
i tratti può fornire importanti indizi per comprendere come l’ecosistema fluviale abbia risposto al
forte turbamento di un’estrema artificializzazione. Si vuole infine sottolineare che, vista la scarsa –
o meglio dire assente – esperienza dell’operatore, unitamente alle limitate conoscenze possedute,
tutte le affermazioni a riguardo si devono considerare ipotesi personali. Difatti, dovrebbero trovare
riscontro in studi ufficiali e nel parere di reali figure professionali.
Immagini tratte da Google Earth; poco recenti,
ma sicuramente non antecedenti all’alluvione del
2009. Tratto di fiume a monte del
ponte. Sulle sponde spicca una
vegetazione riparia arborea e/o
una arbustiva; sono presenti delle
tipiche Elofite che si estendono
dall’interno dell’alveo bagnato
fino alle radici degli eucalipti. Si
intravedono piante di rovo,
diversi salici e, più lontano
dall’alveo, olivastri. Sotto, il tratto
di fiume a valle del ponte. l’argine
in cemento prende il posto della
vegetazione arborea riparia,
mentre sull’argine sinistro inizia a
svilupparsi una rada formazione
mista di piante erbacee, arbusti e
alberi. Nell’alveo di piena invece,
pare che le condizioni ecologiche
supportino solo una spropositata
crescita di Elofite.
che le condizioni ecologiche supportino unicamente
Foto del tratto analizzato (l’argine appare ricurvo a causa della “modalità panoramica” della fotocamera).
➢ Scheda IFF
Bacino Corso d’acqua Fiume Budoni
Località Budoni Codice
Tratto (m) 40 Larghezza alveo di morbida (m) 15
Quota (m.s.l.m.) 11 Data 03/06/2020
Appare chiaro il livello di urbanizzazione presente sulla sponda destra: l’argine impermeabilizzato
protegge dall’erosione il suolo su cui posano i capannoni di un’attività commerciale. Si tratta di una
grossa rivendita di fiori e piante di ogni tipo, con tanto di apposita serra per le coltivazioni installata
a ridosso dell’asta fluviale. Ciò che si scorge lungo l’argine è mostrato dalle seguenti immagini.
Il fiume viene utilizzato letteralmente come discarica di rifiuti: più a valle si trovano gli scarti delle
piante coltivate in serra, a diversi stadi di decomposizione, mentre lungo tutto il tratto analizzato
viene riversato il detrito di un’aia, contenente guano e persino le carcasse dei volatili. Questi rifiuti
rappresentano, oltre che un grosso rischio di invasione biologica, una considerevole e costante fonte
di fosforo e azoto per l’ecosistema fluviale. Ebbene, questo potrebbe in parte spiegare l’esclusiva e
massiva presenza di specie vegetali fortemente nitrofile che si riscontra in questo punto e oltre, per
altre centinaia di metri verso valle. Di seguito, le immagini dell’argine sinistro: in cima al rilevato in
terra si trova un ampio sentiero, oltre il quale vi sono degli orti e delle abitazioni.
Entrambe le fasce perifluviali sono state considerate secondarie: nonostante l’argine sinistro sia
permeabile, l’attuale uso del suolo interrompe la continuità ecologica trasversale. Da una sponda
all’altra, sia all’interno che al di fuori dell’alveo bagnato,
un’elofita del genere Arundo (probabilmente Arundo
australis) si estende prepotentemente in una vera e propria
invasione. In realtà, è stato molto difficile distinguere le
porzioni del transetto bagnate da quelle asciutte, sia perché il
fiume è anastomizzato, sia per l’azione di copertura dell’alveo
da parte della vegetazione. A quanto pare, le piante morte si
decompongono e formano, insieme all’acqua e ai sedimenti
più fini che riescono a trattenere, un substrato idoneo alla
crescita di nuove piante. Comunque, si individua una sola
formazione funzionale “erbacea igrofila ad elofite ed anfifite”,
per entrambe le sponde del fiume.
La parte ripida dell’argine sinistro si potrebbe considerare parte della fascia perifluviale, in quanto
viene raggiunto, ed in piccola parte sommerso, durante le piene ordinarie. In questo punto non si
rileva un tipo di vegetazione dominante, né una formazione funzionale . Distribuiti in maniera
disomogenea lungo il tratto, si notano infatti piante erbacee, alcuni oleandri, alberi di Acacia spp. e
dei piccoli canneti di Arundo donax, quindi sia piante esotiche che autoctone invasive. Ciò sottolinea
come le azioni di forte disturbo incentivino la
naturalizzazione delle specie esotiche: a monte del
ponte, in un contesto di minore artificializzazione ,
non vi è traccia di nessuna delle sopracitate specie.
In ordine: Nerium oleander, Arundo donax, Arbutus spp. Nella
foto in basso a destra, due alberi di Acacia spp., di cui uno
caduto dall’argine sinistro sull’alveo di piena.
Come suggerito dalla guida di riferimento, le formazioni funzionali di elofite sono state considerate
nella loro totale estensione, sia all’interno che all’esterno dell’alveo di morbida.
La situazione che si riscontra trova una forte coincidenza con quella descritta dalla guida, in
riferimento alla Domanda 5: “l’artificialità della morfologia della sezione conduce, in funzione di
variazioni di portata naturali o indotte, a variazioni del battente d’acqua e non dell’ampiezza
dell’alveo bagnato; come, ad esempio, nel caso dei canali irrigui”. Non si può esattamente
paragonare il fiume in esame ad un canale irriguo, ma la presenza degli argini esclude ogni rapporto
tra esso e la piana alluvionale, e le piene comportano sia l’innalzamento del battente idrico che
l’aumento della velocità di corrente. Dunque, quelle che naturalmente dovrebbero essere delle
benefiche alluvioni di frequenza annuale o semestrale, si trasformano in piene devastanti per
l’ambiente fluviale. Per questo motivo si è ritenuto che “le fluttuazioni di portata possono inficiare
significativamente la funzionalità del corso d’acqua”. Ancora una volta, data la complessità del
tratto, è stato difficile definire accuratamente le proporzioni tra alveo di morbida ed alveo di piena
ordinaria, per la formulazione della sesta risposta.
La risposta è stata formulata in riferimento a due elementi idromorfologici differenti, visto che lungo
il tratto analizzato sono presenti sia canali a flusso turbolento che canali a flusso laminare. Nel primo
caso, il massimo punteggio è stato assegnato per la presenza di: un substrato di grossi ciottoli,
piccole isole fluviali, zone laterali di ristagno/sedimentazione, alternanza di raschi e pozze. Nel
secondo caso, i canali risultano totalmente ricoperti (o quasi) dai canneti.
Canali a flusso turbolento. A sinistra, partendo da monte: con un ingrandimento si può vedere una zona di raschio, che si unisce ad
un altro piccolo canale per formare poi una pozza, con una zona di ristagno laterale (in primo piano . È stata utilizzata come sito di
prelievo del macrobentos vista l’abbondanza di CPOM ivi accumulata). A destra la zona in cui, dopo la pozza, la corrente assume
nuovamente maggiore velocità ed ostacola la crescita delle elofite: si osservano ciottoli e ghiaie di varie dimensioni.
Gli argini sono stati eretti proprio per evitare
l’erosione del terreno circostante. Durante le
piene ordinarie, l’acqua raggiunge tali
strutture e le sommerge per un circa un
metro. I detriti accumulati tra le fronde
dell’albero testimoniano il battente d’acqua
durante una recente piena. Il primo metro di
calcestruzzo ha assunto inoltre un colore
differente, tendente al giallo, ed è l’unica
fascia dell’argine in cui non sono presenti i
licheni: si può dedurre che tale livello è dovuto
proprio alle piene ordinarie, che si presentano
con una stabile ed elevata frequenza. La foto
sottostante è stata scattata nei giorni successivi all’alluvione del 2009, quando ormai il battente
idrico si era notevolmente ridotto, quasi dimezzato. Questa è una prova della potenza erosiva di una
piena eccezionale.
Gli interventi antropici fino ad ora descritti non solo si ripercuotono sull’idrologia del corso d’acqua,
ma hanno anche portato all’appiattimento dell’alveo di piena ordinaria. Tale fattore morfologico è
forse quello che più ha contribuito a definire lo stato ecologico attuale, al pari – o anche di più –
della problematica dell’eutrofizzazione. Si potrebbe supporre che in principio, immediatamente
dopo l’artificializzazione del tratto, la sezione trasversale dovesse apparire esattamente come quella
mostrata nella foto, che ancora oggi si ritrova sotto il ponte. Si noti la differenza con il tratto a monte.
In pratica, con la rimozione della vegetazione r