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FUSIONE
La fusione è un processo semplice, consiste nel colare il metallo fuso in uno stampo e lasciarlo
raffreddare. Un vantaggio della funzione è che è un sistema (quasi) complessity for free, cioè il costo
del processo rimane (quasi) invariato a parità di volume e differenza di complessità geometrica del
componente che vogliamo realizzare. Infatti col metodo della funzione possiamo realizzare componenti
estremamente complessi e oggetti estremamente grandi. Poiché i costi fissi sono bassi è particolarmente
conveniente per lotti piccoli e medi. Alcuni metodi possono essere usati anche per grandi lotti.
Una limitazione è il peggioramento delle caratteristiche meccaniche del materiale, questo perché,
fondendolo, il materiale perde il suo incrudimento e torna quindi alle sue caratteristiche base.
Inoltre ci sono anche altri problemi, di sicurezza, ambientali e di scorie.
Quando si fa un processo di fusione è importante considerare come variano le caratteristiche strutturali
del materiale al variare di tempo e temperatura. La temperatura è fondamentale per la dimensione dei
grani che si formano, lasciando il materiale per un tempo maggiore a una temperatura più alta aumenta
la dimensione dei grandi, invece raffreddando più velocemente il materiale si crea una struttura a grani
piccoli.
Inoltre dobbiamo sempre considerare che non tutto il materiale solidifica alla stessa velocità, la zona più
esterna, quindi a contatto con le superfici dello stampo, si raffredderà più velocemente e si formeranno
quindi grani di dimensioni minori, invece la parte interna del materiale si raffredderà più lentamente. Si
formano quindi delle strutture un pò diverse.
Inoltre a seconda delle percentuali di elementi di lega si creano strutture cristalline diverse.
Il processo di fusione, e quindi poi di solidificazione del materiale, porta alla formazione di alcune
strutture cristalline chiamate dendriti. Queste si formano perché il materiale inizia a solidificarsi a
partire dal punto di contatto con lo stampo ì andando verso l’interno, e sono caratterizzate da una
forma ad albero di natale. Poiché sono strutture molto fragili, spesso si creano all’inizio della
solidificazione e poi si rompono, e si uniscono al resto del materiale, formando dei grani più piccoli.
Questo è dovuto al fatto che il materiale durante la solidificazione non è fermo, ma si creano flussi di
materiale caldo.
La quantità dei dendriti che si formano dipende anche dalla quantità di elementi che sono presenti nel
materiale, ad esempio nelle ghise, con una percentuale di carbonio maggiore rispetto agli acciai, si
formano dei dendriti più grandi e resistenti. Ci sono poi altri fattori che ne influenzano la formazione,
come il tipo di stampo utilizzato, la velocità di raffreddamento, ecc…
Tempo di solidificazione
Il tempo di solidificazione del materiale è legato al rapporto fra volume ed area, chiamato Modulo
Termico. Si calcola moltiplicando il modulo termico per una costante legata al materiale usato:
A volte si usano delle prove standard per determinare il tempo di solidificazione.
Una prova che si esegue spesso sui materiali è la prova di fluidità, questa consiste nel versare il
materiale fuso all’interno di un percorso, ad esempio a spirale, e vedere dove il materiale arriva
prima di solidificarsi.
La fluidità del materiale è importante per il processo di fusione, non tutti i materiali infatti sono
adatti. I materiali più adatti a subire il processo di fusione sono quelli che allo stato liquido sono più
fluidi, meno viscosi. Ad esempio l’acciaio è troppo viscoso, e non può essere usato per geometrie
complesse.
Materiali molto adatti sono il bronzo e l’alluminio.
Anche la temperatura di fusione è importante, perché maggiore è la temperatura di fusione e
maggiore sarà l’energia che serve per fonderlo e quindi anche la spesa.
Nel processo di fusione si usa il sopra riscaldamento del materiale, cioè si porta il materiale a una
temperatura più alta della temperatura di fusione, in modo che non inizi a solidificarsi appena colato
nello stampo, in modo che possa riempire tutto lo stampo prima di iniziare a solidificarsi. Solitamente
si usa una temperatura di 100-150° sopra la temperatura di fusione.
Cono di ritiro
Un fattore importante da considerare è il ritiro termico, cioè quando il materiale passa dallo stato
liquido a solido si contrae il volume. Poiché il materiale non solidifica tutto allo stesso momento, ma gli
strati più esterni solidificano prima, si forma quindi un cono di ritiro, dovuto al ritiro termico, cioè un
area dove manca il materiale.
Per questo motivo bisogna dimensionare lo stampo in modo da avere effettivamente le misure che
volevamo, quindi dovremo realizzare degli stampi più grandi, a seconda del materiale usato.
Superficie
La superficie che risulta dopo un processo di fusione non è perfetta, ma ci sono varie imperfezioni, e
alcuni superficie andranno quindi levigate e lavorate. Andranno quindi aggiunti degli ulteriori spessori
di materiale in più per le superfici che andranno lavorate.
Processi di fusione
I processi di fusione possono essere fatti con forma transitoria e forma permanente. Quelli con forma
permanente consistono in uno stampo che viene riusato per tutti i componenti da produrre con la stessa
forma, hanno infatti costi fissi più alti, ma costi variabili bassi, sono infatti adatti per grandi lotti. I
processi con forma transitoria consistono nell’utilizzo di uno stampo che deve essere rifatto per ogni
componente, hanno quindi costi fissi più bassi ma costi variabili alti, sono infatti adatti per piccoli lotti.
Un esempio di forma transitoria è la fusione con lo stampo in sabbia.
Fusione in sabbia
È il processo in forma transitoria più usato.
Lo stampo viene preparato sulla base di un modello dell’oggetto che vogliamo realizzare con l’aggiunta di
alcuni pezzi che servono per svolgere il processo, fra questi i canali di colata, all’interno dei quali viene
fatto colare il materiale all’interno dello stampo. Per evitare il cono di ritiro si utilizzano le materozze,
sono degli elementi all’interno delle quali si forma il cono di ritiro in modo che non si formi nel
componente.
Per la fusione in sabbia si utilizza una sabbia specifica, ottenuta dalla macinazione delle pietre, in modo
che abbiano delle particelle spigolose, che si incastrano fra loro.
La sabbia si trova all’interno di un contenitore (stampo) di metallo.
Modello: oggetto che si mette nella sabbia in modo da darle la forma che vogliamo, dovrà avere delle
dimensioni maggiori rispetto a quelle che vogliamo per il ritiro termico e per le successive lavorazioni
che subirà il pezzo.
Una caratteristica che deve avere il modello è che deve essere facilmente estraibile dallo stampo in
sabbia, senza rovinarlo, deformarlo e portare via la sabbia. Per questo si inseriscono degli angoli di
sformo per tutte le superfici ortogonali alla superficie della sabbia.
Il modello per la fusione in sabbia è solitamente fatto in materiali economici semplici da lavorare, come il
legno. Spesso il legno viene verniciato, in modo che abbia una buona finitura superficiale. O in altri casi
si usano modelli di metallo.
Piastra modello: piastra con sopra il modello.
Caratteristiche che deve avere lo stampo: resistenza all’usura, permeabilità (per fare uscire i gas, che
altrimenti formerebbero bolle), stabilità termica, riusabilità della sabbia.
Solitamente si utilizza sabbia di silicio (SiO2), oppure anche miscugli di sabbie diverse.
All’interno dello stampo spesso inseriamo delle anime per creare delle cavità all’interno del componente.
Vengono inserite all’interno dello stampo dopo aver tolto il modello.
Portata d’anima: posto lasciato dal modello per poter inserire l’anima, le anime sono fatte con le sabbie
migliori, perché sono quelli esposti a maggior calore.
L’anima può anche essere armata con un tondino di ferro, in modo da rinforzarla. Le anime spesso sono
fatte in sabbia rivestita da resina termoindurente.
Quando un componente è molto grande occorre avere più canali di colata, per riempire le stampo più
velocemente, prima che il materiale inizi a solidificarsi. Serve quindi anche un sistema di distribuzione
del materiale fuso.
Cono di ritiro
Il cono di ritiro si formerà principalmente nella parte che raffredda per ultima. Questo perché nelle
zone che hanno già iniziato a solidificarsi, inizia già ad avvenire il ritiro termico, e quindi richiamano
materiale dalle parti che non sono ancora solide.
Perché il cono di ritiro si trovi all’interno delle materazze, e non nella parte funzionale del componente,
la materazza deve essere l’ultima parte a solidificarsi. Per questo è necessario capire quali sono le parti
del materiale che solidificano prima. Il modulo termico (volume/area) è un indicatore di come solidifica il
materiale, più è basso il modulo termico, prima solidifica il materiale.
La solidificazione direzionale va da un modulo termico più piccolo verso un modulo termico più alto.
L’ultimo materiale a solidificarsi non si trova necessariamente in un solo punto ma, a seconda delle
geometrie, può trovarsi in più punti diversi.
La materozza dovrà avere un modulo termico superiore rispetto alla parte a cui è attaccata.
Perché sia cosi le materozze devono avere una forma conveniente, cioè a parità di volume devono avere
la superficie minore possibile. Per questo dovrebbero avere quindi forma sferica, poiché è complicata da
realizzare, solitamente hanno una forma cilindrica (comunque vicina alla forma sferica).
Inoltre è importante calcolare se il volume della materozza è sufficiente ad alimentare il volume che
manca per il ritiro termico.
Le condizioni sono quindi:
-modulo termico più alto, in modo che sia l’ultima parte a solidificarsi.
-volume sufficientemente grande.
Il volume del cono di ritiro si calcola come volume del pezzo per ritiro termico (2%).
Poiché il cono di ritiro non ha una forma regolare, per proteggere il componente, non possiamo
svuotare completamente la materozza, ma ne possiamo sfruttare solo il 14% (per quelle cilindriche).
Quindi c’è un volume massimo di protezione che la materozza può offrire.
Formule:
Un ultimo fattore da considerare per la progettazione delle materozze è che non tutte le zone devono
essere protette, alcune zone, quelle che solidificano per prime, non hanno bisogno della protezione,
come le parti di estremità.
Questo, in