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GENETICA BATTERICA
I batteri sono organismi estremamente semplici, hanno un solo cromosoma. Sono l’espressione (fenotipo) di un
codice genetico (genotipo) specifico e possono quindi subire mutazioni, cioè cambiamenti ereditabili nella sequenza di
basi dell’acido nucleico genomico di un organismo (variazione biologica ed evoluzione). Seguono le leggi della
genetica classica. Il fenotipo è determinato da caratteristiche strutturali, fisiologiche e metaboliche; il genotipo può
essere costituito da DNA circolare o DNA plasmidico (che possiede 5000-6000 geni e 5-6 milioni di nucleotidi e che
detiene l’informazione genetica per la biogenesi, la riproduzione, l’omeostasi). I batteri possono essere identificati,
oltre che dal loro fenotipo, anche a seconda della loro capacità di utilizzare sostanze come fonte di C, di dare reazioni
colorate e di utilizzare particolari aminoacidi. I batteri sono capaci di mutare e comunicare tramite lo scambio di
informazioni genetiche. Questo scambio di geni può manifestarsi come mutazione o ricombinazione. La mutazione
è un cambiamento ereditabile da una cellula all’altra nella sequenza di basi dell’acido nucleico genomico di un
organismo; è il motore che guida la variazione biologica e di conseguenza l’evoluzione (attraverso innumerevoli
variazioni sono originate tutte le specie differenziandosi). La ricombinazione è lo scambio di materiale genetico tra
due DNA simili/omologhi, dando origine a caratteristiche genetiche nuove.
L’evoluzione batterica ha avuto come punto di partenza un microrganismo ancestrale da cui sono derivate per
differenziamento tutte le altre specie. Le variazioni possono essere genotipiche e fenotipiche. Le prime sono un
evento raro, non influenzato dall’ambiente, irreversibile ed ereditario, in quanto corrispondono al cambiamento
della sequenza di basi dell’ acido nucleico; le seconde sono reversibili, dipendono dall’ambiente (adattamento) e
non possono essere trasmesse per via ereditaria. Variazioni genotipiche determinano una variazione fenotipica
(aspetto esteriore, funzione) come la produzione di istidina. Le mutazioni possono avvenire anche a livello di colonia
batterica: colonie S (smooth), colonie R (rough), variazione H (con alone intorno per la presenza del flagello),
variazione O (senza aloni).
Le mutazioni batteriche possono essere spontanee, che avvengono molto raramente, oppure indotte, cioè prodotte
da una serie di agenti mutanti. Le mutazioni indotte possono essere di natura fisica o di natura chimica. Le mutazioni
indotte di natura fisica possono essere ionizzanti (raggi X, raggi gamma, raggi cosmici) o non ionizzanti, cioè
radiazioni che inducono nel DNA la formazione di dimeri di pirimidine che, durante la replicazione, si uniscono con
legami covalenti tra due pirimidine adiacenti. Le mutazioni indotte di natura chimica sono dovute ad analoghi delle
basi (es. il 5-bromouracile, essendo simile a T, si può accoppiare con G e non con A), agenti achilanti (determinano
la formazione di legami crociati tra le eliche del DNA, causando diversi tipi di mutazioni), agenti che alterano
chimicamente basi già inserite (es. acido nitroso che provoca deaminazione di A e C), coloranti intercalanti
(sostanze che si inseriscono tra due paia di basi provocando microinserzioni e microdelezioni con salto di lettura
perché il mutageno si giustappone sulla base mascherandola).
Infine, le mutazioni possono essere selezionabili o non selezionabili. Le mutazioni selezionabili conferiscono vantaggi
agli organismi che le possiedono (es. resistenza ai farmaci). Le mutazioni non selezionabili portano un profondo
cambiamento del fenotipo di un organismo. Queste ultime vengono fatte in piastra (agar).
È importante studiare le mutazioni batteriche perché i batteri mutano per garantire la loro sopravvivenza, come nel
caso della farmacoresistenza. I batteri mutano dal punto di vista della forma (mutanti morfologici), della resistenza
(mutanti resistenti), del catabolismo (mutanti nutrizionali), della crescita (mutanti nutrizionali). I mutanti nutrizionali
sono detti auxotrofi, ovvero batteri che in seguito a mutazione nutrizionale non sono più in grado di sintetizzare
composti e di conseguenza hanno un ceppo diverso da quello selvatico che è detto prototrofo, ed è un batterio che
riesce a sintetizzare sostanze essenziali. I mutanti nutrizionali sono sfruttati nelle industrie per il dosaggio di sostanze
(titolazione biologica): la loro crescita rivela la presenza di quella sostanza da cui il batterio dipende, anche in quantità
infinitesimali.
Ceppi mutanti:
- Auxotrofi → Richiedono un fattore di crescita esogeno perché non lo sintetizzano da sé, quindi richiedono la
coltura.
- Temperatura sensibili → Non riescono più a effettuare una serie di reazioni alle T standard. Perdono
particolari funzioni ad alte o basse temperature.
- Osmotici sensibili → Ad alta o bassa osmolarità perdono particolari funzioni.
- Letali condizionati → Sono incapaci di crescere in particolari condizioni, indipendentemente dal terreno.
- Fonte di C, N, P, S → Sono incapaci di usare particolari composti come fonte di questi elementi.
La tecnica di Ledeberg, o replica plating (replica su piastra), è utilizzata nello
studio dei mutanti in particolare per selezionare gli auxotrofi. Serve a stabilire il
metabolita o il fattore di crescita di cui ha bisogno l’auxotrofo per sintetizzare un
determinato composto. 1) Si effettua una semina uniforme di batteri su un terreno
solido e completo, che viene incubato a 37°C per 24h, al termine delle quali nasce
la colonia. 2) Si utilizza un pezzo di velluto sterile su un blocco cilindrico di legno
con diametro inferiore alla piastra per trasferire le colonie ad un’altra piastra.
3) Sul velluto si appoggia la piastra di partenza (almeno 3 piastre con terreni privi di
certo fattore nutritivo) e si imprimono le colonie sul secondo terreno segnando il
punto di corrispondenza. 4) Dopo 24h si osserva la crescita di colonie solo nei
punti in cui sono stati trasferiti batteri che hanno acquisito la resistenza e che non dipendono dal fattore di crescita.
5) Confrontando le due piastre nel punto di corrispondenza si determinano le colonie della piastra originale che hanno
batteri auxotrofi, assenti nella seconda.
Questa tecnica è utile anche per la selezione negativa: lo stesso esperimento viene fatto per verificare la presenza di
batteri resistenti a farmaci/antibiotici (batteri R). Si isolano, ad esempio, le colonie sensibili alla penicillina in una
prima piastra, e si seminano queste colonie in piastre secondarie Pen+, cioè con la penicillina. Le colonie resistenti
crescono e quelle sensibili no, ma possono comunque essere identificate sulla prima piastra. Se sono cresciute tutte
le colonie seminate o l’antibiotico non ha reagito o tutti i batteri sono resistenti al farmaco. Se crescono solo le colonie
resistenti è perché i batteri di quelle colonie erano già resistenti alla penicillina prima del contatto con essa, e
l’ambiente ha selezionato la mutazione favorevole. Non è il contatto con il farmaco a indurre resistenza, ma mette in
evidenza i batteri R selezionabili, cioè i batteri che hanno già i geni R. Le mutazioni avvengono prima che si verifichi
l’esposizione al fattore per il quale si acquisisce l’adattamento.
La ricombinazione è lo scambio, il trasferimento unidirezionale, di materiale genetico tra due molecole di DNA, di
cui una donatrice e una ricevente, per dare origine a caratteristiche genetiche nuove. Il ricevente è un batterio
inizialmente svantaggiato, che dopo la ricombinazione acquisisce nuove caratteristiche diventando uguale al
donatore. La ricombinazione è quindi un mezzo di comunicazione tra batteri. Spesso avviene la ricombinazione
omologa, cioè lo scambio tra regioni di due DNA con sequenze di nucleotidi simili o uguali, mentre più raramente
avviene quella non omologa, dove i due DNA non hanno la stessa sequenza nucleotidica. Esistono tre meccanismi
principali di ricombinazione genica: 1) trasformazione, assunzione di DNA libero e presente in forma solubile
nell’ambiente; 2) coniugazione, trasferimenti diretto di materiale genetico attraverso contatto fisico (tramite il pilo) tra
cellule diverse; 3) trasduzione, che avviene per mezzo di un virus/carrier (fago) che infetta la prima cellula e dopo la
seconda, trasferendole tratti di genoma.
La trasformazione venne scoperta nel 1928, prima ancora della scoperta del DNA (1950), dal medico inglese Griffith
che, mentre tentava di preparare antisieri più efficaci contro lo Streptococcus pneumoniae, batterio capsulato e
virulento che infetta le vie aeree, si accorse che esso esisteva in due forme identificate come ceppo S (colonie lisce
per presenza della capsula) e ceppo R (coloni rugose per assenza della capsula). Conduce quindi degli esperimenti
sui topi. Iniettando il ceppo S il dopo moriva di polmonite perché la capsula protegge il batterio dal sistema
immunitario del topo. Iniettando il ceppo R il topo sopravviveva. Iniettando il ceppo S uccisi dal calore il topo
sopravviveva. Iniettando una miscela di ceppo S uccisi dal calore e ceppo R vivo si otteneva comunque una polmonite
mortale per il topo. Questo perché il ceppo R aveva subito una trasformazione acquisendo la proprietà di virulenza. La
trasformazione è quindi il processo di conversione dei batteri avirulenti innocui in cellule virulenti. Nella
trasformazione: a) il DNA della cellula donatrice entra in contatto con il DNA della cellula ricevente generando
nuove caratteristiche; b) la cellula che dona ai propri geni è sempre una cellula in lisi; c) il DNA donato è esogeno, a
doppia elica e con elevato grado di omologia con il DNA della cellula ricevente. Perché avvenga la trasformazione,
la cellula ricevente deve avere un elevato grado di permissività, ovvero una serie di caratteristiche che permettono la
captazione diretta del DNA esogeno e bicatenario della cellula donatrice. La cellula ricevente deve avere una
proteina specifica detta fattore di competenza che riesce a legare appositi recettori di superficie della cellula stessa:
questo legame innesca la sintesi dell’autolisina, che digerisce la porzione di parete ed espone il tratto di membrana
in cui si posizionano le proteine che legano il DNA bicatenario (DNA-binding) e una nucleasi per scindere il DNA. In
clinica la trasformazione è un meccanismo di trasferimento di geni per l’antibiotico-resistenza e il trasferimento di
geni codificanti per fattori di virulenza. Nelle biotecnologie è alla base del clonaggio di geni utili. Nell’evoluzione è
un meccanismo di adattamento batterico.
La coniugazione, scoperta nel 1946 da Ledeberg e Tatum, è il trasferimento a senso unico di materiale genetico
cromosomico da una cellula donatrice a quella ricevente attraverso un contatto fisico tra esse. Avviene solo se la
donatrice possiede plasmidi coniu