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X

R = K

L i 2

i =1

- Per valori del numero di Reynolds maggiori di 2000 il moto è turbolento. Per valori del nu-

mero di Reynolds minori di 2000 il moto è laminare. Scegliamo come calcolare i coefficienti f di

conseguenza: 16

−0.2

→ →

Re > 2000 f = 0.046 Re Re < 2000 f = Re

10

2 Termodinamica

Tutti abbiamo a che fare con il calore. Una fiamma, un raggio di sole, qualcosa che ci scalda, che

usiamo nella vita di tutti i giorni. Ma cos’è il calore? Da tempo si cerca una risposta a questa

domanda e la definizione più generale che si possa dare è: il calore è una forma di energia in

transito. Cerchiamo di capire questa definizione con opportuni ragionamenti.

2.1 I sistemi termodinamici

L’intero spazio che possiamo analizzare è detto universo termodinamico. Questo universo è

sempre formato da due componenti: un sistema delimitato da un contorno (reale o immaginario),

che è ciò che vogliamo studiare, e dall’ambiente, ovvero tutto ciò che sta al di fuori del nostro

sistema. Esistono tre tipi di sistema:

- Sistema aperto: un sistema si dice aperto se può scambiare sia materia che energia con

l’ambiente.

- Sistema chiuso: un sistema si dice chiuso se può scambiare energia con l’ambiente, sotto

forma di calore o lavoro, ma non materia.

- Sistema isolato: un sistema si dice isolato quando non scambia energia né materia con

l’ambiente

Gli scambi energetici si verificano al contorno del sistema. Le variazioni di energia saranno date

dal lavoro e dal calore nel caso di sistemi chiusi e anche dalla massa nei sistemi aperti.

2.2 Richiami di fisica generale

Sappiamo che i sistemi fisici possiedono diverse forme di energia, che possono essere macroscopiche

(E , E , E ) oppure microscopiche, ovvero legate alla struttura molecolare e al grado di attività

k p el

del sistema (come l’energia interna E ). Vediamo le grandezze che ci torneranno utili.

i

Energia cinetica: l’energia cinetica è l’energia posseduta da un corpo in relazione alla sua massa

(m) e alla sua velocità (v). Essa equivale al lavoro necessario ad accelerare il corpo da una velocità

nulla alla sua velocità. La formula per calcolarla è:

1 2

mv

E =

k 2

Energia potenziale: l’energia potenziale è l’energia posseduta da un corpo in relazione ad una

sua posizione nello spazio (pensiamo all’altezza o alla distanza dal punto di equilibrio di una molla

elastica). L’energia potenziale gravitazionale (E ) è quella legata all’altezza di un corpo e si calcola

g

con: E = mgh

g

Lavoro: il lavoro è la misura dell’effetto di una forza F applicata durante uno spostamento s in

una certa direzione. Ha la stessa unità di misura dell’energia, il Joule (J) e si calcola con:

·

W = F s

Se W > 0 si dice che il lavoro compiuto è un lavoro motore, se W < 0 questo è un lavoro resistente

e se W = 0 il lavoro è nullo, cioè la forza applicata non ha componenti nella direzione dello

spostamento. Una forma interessante di lavoro è il lavoro elettrico compiuto dagli elettroni che si

muovono all’interno di un conduttore a causa di una forza elettromotrice (fem). Si calcola con

W = V I ∆t

e

dove I è l’intensità di corrente e V è la differenza di potenziale tra i due capi del conduttore. Per la

legge di Ohm sappiamo che queste due grandezze sono legate ad una terza, la resistenza R, come

segue: V = IR

Parte del lavoro elettrico si trasforma in energia cinetica che viene trasferita alla struttura del

conduttore causandone un riscaldamento. Questo fenomeno si chiama effetto Joule.

11

Potenza: la potenza, misurata in watt (W ), è definita come il rapporto tra il lavoro compiuto e

il tempo impiegato a svolgerlo: W

P = ∆t

Un watt è quindi la potenza di un sistema che compie un lavoro di un Joule in un secondo.

Il lavoro delle forze: cerchiamo di ricavare il lavoro compiuto durante uno spostamento in

relazione alla velocità e all’altezza. ds

dv ds = m dv = mv dv

dW = F ds = ma ds = m dt dt

Questa equazione rappresenta il lavoro infinitesimo della forza. Integriamo per ottenere il lavoro

totale: v

Z 1 1

2 2 2

− −

mv dv =

W = mv mv = E E = ∆E

k k k

2 1 2 1

2 2

v 1

Quello che abbiamo scritto prende il nome di teorema dell’energia cinetica e come vediamo afferma

che il lavoro compiuto è uguale alla variazione di energia cinetica nei punti 1 e 2. Vediamo ora

l’analogo per la forza gravitazionale:

− − − −∆E

W = F s = mg(h h ) = mgh mgh = E E =

g 1 2 1 2 g g g

1 2

Il lavoro espresso come differenza di valori in due punti può essere definito solo per le cosiddette

forze conservative, ovvero quelle per cui il calcolo non dipende dal particolare percorso compiuto.

Possiamo quindi esprimere il lavoro come somma di queste forze:

→ −∆E → − −

W = W + W ∆E = + W E E = E E + W

g ng k g ng k k g g ng

2 1 1 2

Sistemiamo i termini delle energie a sinistra dell’uguale e vediamo che se non agiscono forze oltre

a quella di gravità, o se eventualmente la risultante di quelle presenti è pari a zero, la quantità

conosciuta come energia meccanica si conserva:

− − → − →

E E E + E = W E + E (E + E ) = W ∆E = 0

k k g g ng k g k g nc m

2 1 1 2 2 2 1 1

Questo è chiamato principio di conservazione dell’energia meccanica e afferma che se si compie un

lavoro su un sistema chiuso, l’energia cinetica e/o potenziale (pensiamo ad un’accelerazione del

sistema o ad uno spostamento verso l’alto) subiscono una variazione proporzionale al lavoro fatto.

Questo modello però non descrive tutti i fenomeni naturali.

2.3 L’esperienza di Joule: energia interna e calore

Consideriamo un contenitore adiabatico (che non scambia calore) chiuso e riempito con acqua ad

una temperatura t . Al suo interno è inserito un agitatore legato ad un peso esterno che si trova

0

inizialmente ad un’altezza h . Lasciando cadere il peso il mulinello inizia a girare e compie un

1

lavoro dato da − ̸

W = F s = mg(h h ) = 0

1 2

L’energia potenziale del sistema (il recipiente) non è cambiata, perché questo non è stato spostato

ad una quota diversa; nemmeno l’energia cinetica del sistema è variata, poiché l’acqua torna in

quiete dopo l’agitazione. Di conseguenza si dovrebbe avere

W = ∆E + ∆E = 0

k g

Tuttavia, la temperatura osservata dopo l’agitazione è t > t . Questo significa che il sistema deve

2 1

aver assorbito energia pari al lavoro compiuto dal peso. Questa forma di energia prende il nome di

energia interna (E ). Dobbiamo tenere conto anche della sua variazione nel calcolo del lavoro,

i

quindi: W = ∆E + ∆E + ∆E

k g i

Ripetendo l’esperimento in condizioni diverse si nota che esiste una proporzionalità tra massa,

lavoro, variazione di temperatura e calore specifico del fluido (C) ovvero:

W = ∆E = Cm∆T

i

12

Ora la domanda è: quanto lavoro meccanico bisogna compiere per ottenere lo stesso effetto di una

somministrazione di calore? Chiamiamo caloria (Cal) la quantità di calore necessaria ad aumentare

di 1 C la temperatura di 1 Kg di acqua pura. Quanti joule di lavoro bisogna compiere per avere

°

lo stesso effetto? Si ripete l’esperimento più volte fino ad ottenere un aumento di temperatura di

1 C. Il valore che ricaviamo è

° −1

4186 J Cal

Consideriamo ora un recipiente isolato contenente acqua, diviso in due sottosistemi A e B che si

trovano a temperature diverse t e t (con t > t ) e che sono separati da una parete che consente

A B A B

uno scambio di calore. Con il passare del tempo la temperatura di A diminuirà, mentre quella di

B aumenterà fino a quando i due sottosistemi si troveranno ad una temperatura di equilibrio t .

f

I due sistemi, in accordo con le rispettive variazioni di temperatura, hanno subito due variazioni

di energia interna uguali in modulo ma di segno opposto. Sappiamo che gli scambi di lavoro ed

energia con l’esterno non sono possibili, il che ci porta a dover ammettere che è avvenuto uno

scambio di energia non esprimibile come un lavoro (αW ). Questa forma di energia prende il nome

di calore e da qui ne deriva la definizione come energia in transito.

Nel nostro caso Q = ∆E , da cui sappiamo che la somma del lavoro e del calore è pari alla variazione

i

di energia del sistema: W + Q = ∆E + ∆E + ∆E

k g i

Questo è in generale il primo principio della termodinamica, che afferma che l’energia è una

grandezza che si conserva. Questo principio non è sufficiente per garantire una trasformazione

reale. Pensiamo ad una tazzina di caffè caldo che si raffredda se lasciata in un ambiente più freddo.

Ci rendiamo conto che è ovvio che questo avvenga, ma per il primo principio può avvenire anche

l’inverso, cioè il caffè può scaldarsi ulteriormente, a patto che l’ambiente si raffreddi di conseguenza.

Risulta chiaro che le trasformazioni avvengono in un certo verso e non in quello opposto (si dicono

irreversibili). Vediamo alcuni esempi.

- L’acqua scorre in un fiume perché esiste una differenza di quota(∆h) tra l’inizio e la fine del

percorso.

- Si ha un flusso di elettroni (una corrente) in un cavo solo quando ai capi del cavo è applicata

una differenza di potenziale (∆V ).

- Perché fluisca del calore da un corpo ad un altro è necessaria una differenza di temperatura

(∆T ) tra i due.

Queste differenze provocano un flusso delle entità viste (acqua, corrente e calore); per questo

motivo si dicono forze motrici.

2.4 Il gradiente

Vedremo a breve che le equazioni del calore, cosı̀ come quelle relative all’elettromagnetismo o alla

fluidodinamica, presentano simbologie a molti sconosciute. Una di queste è il gradiente, indicato

sinteticamente con il simbolo nabla (∇). Questo simbolo è utilizzato anche nelle scritture della

divergenza e del rotore, importanti operatori differenziali che troviamo ad esempio nelle equazioni

di Maxwell.

Il gradiente lo conosciamo tutti, perché non è altro che una derivata, l’indice di una variazione

di una grandezza rispetto ad un’altra. In una dimensione è semplicemente questo, ma in più

dimensioni le cose si fanno interessanti: se applicato a funzioni in più variabili il gradiente è, dal

punto di vista matematico, il vettore che ha per componenti le derivate parziali della funzione

rispetto alle variabili. Vedremo in seguito alcune applicazioni, ma per ora ricordiamo che:

∂f ∂f

∂f

∇f , ,

(x, y, z) = ∂x ∂y ∂z

13

2.5 Fenomeni di trasporto

Torniamo alla termodinamica. Abbiamo visto che affinché ci sia un flusso di calore ci deve ess

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher PolloFritt0 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fisica tecnica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Ferrari Enrico.
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