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FASE PREANALITICA: PRELIEVO DEL SANGUE

Il campione di sangue può essere ottenuto per puntura venosa (sangue venoso), per puntura arteriosa

(sangue arterioso) o per puntura cutanea (sangue capillare). Dal prelievo di sangue possono essere ottenuti

4 diversi tipi di campione:

sangue intero: si ottiene prelevando il sangue in contenitori contenenti anticoagulanti e senza

- sottoporlo a centrifugazione o sedimentazione;

plasma: si ottiene per centrifugazione o sedimentazione del sangue intero prelevato in contenitori

- contenenti anticoagulanti (es. eparina, EDTA, citrato).

siero: si ottiene per centrifugazione o

- sedimentazione del sangue intero

prelevato in contenitori senza

anticoagulanti e lasciato coagulare

spontaneamente

sangue intero essiccato su carta: si

- ottiene assorbendo il sangue su apposita

carta da filtro e lasciandolo asciugare a

temperatura ambiente. Il campione è

così stabile e può anche essere spedito.

I 4 diversi campioni di sangue hanno specifiche diverse e, anche per lo stesso analita, i risultati non sono

sempre uguali.

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ERRORI E VARIABILITÀ ASSOCIATE ALLA FASE PREANALITICA (ES. DI PRELIEVO DEL SANGUE)

cibo e bevande: ultimo pasto non oltre le ore 22, evitare di bere alcol (max un bicchiere di vino

- dopo il pasto) e non eccedere con l’assunzione di acqua, limitare il fumo;

modalità del prelievo: consigliabile effettuarlo al mattino tra le ore 7 e le 10, il paziente: deve

- essere in ortostatismo da almeno un’ora, non deve camminare molto (max 500 m), deve stare

seduto 10-15 minuti prima del prelievo, non applicare il laccio in modo prolungato, completo

riempimento della provetta, uso di provette con anticoagulanti e conservanti idonei;

effetto della postura: Passaggio dalla posizione supina alla posizione eretta ha come conseguenza

- la fuoriuscita di acqua e componenti filtrabili dal compartimento vascolare a quello interstiziale;

Componenti non filtrabili, (proteine, enzimi, calcio e ferro legati alle proteine ecc.) divengono più

concentrati nel plasma. Significative variazioni tra i pazienti ambulatoriali e quelli in regime di

degenza;

campione per l’analisi: deve essere inviato in laboratorio secondo modalità prestabilite,

- identificazione dei contenitori e del tipo di prelievo (arterioso, ora del prelievo, etc.), trasporto in

condizioni e tempi idonei, moduli di richiesta completi di anagrafica, sospetto diagnostico, esami da

eseguire.

La più comune fonte di errore nel prelievo ematico è l’emolisi (rottura dei globuli rossi) che può avvenire

nella fase del prelievo (3-4% dei prelievi), ma anche per motivi biologici o chimico/fisici. Porta

all’alterazione della concentrazione di diversi analiti.

L’emolisi biologica avviene quando il paziente soffre di determinate patologie (ad es. anemie emolitiche,

difetti della normale morfologia eritrocitaria, deficienze di enzimi eritrocitari, emoglobinopatie, anticorpi

acquisiti per trasfusione, infezioni, etc.), ma anche a causa dell’assunzione di alcuni farmaci o per effetto di

agenti fisici (ustioni, protesi intracardiache, ecc.).

Altre cause di emolisi sono quella meccanica (ago di piccolo calibro, aspirazione eccessiva durante il

prelievo di sangue, pressione troppo elevata sullo stantuffo al momento dell’espulsione del sangue dalla

siringa quando non si toglie l’ago, agitazione troppo vigorosa della provetta), quella chimica od osmotica

(disinfettanti, detergenti, H O o altre sostanze chimiche presenti sulla pelle al momento del prelievo oppure

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nell’ago della siringa o nei contenitori), quella fisica (congelamento, scuotimento, alte temperature).

L’emolisi appare visibile quando l’emoglobina plasmatica supera la concentrazione di 0.2 g/L.

FASE PREANALITICA: PRELIEVO DELLE URINE

Le procedure di raccolta per ottenere un campione affidabile di urine sono semplici ma spesso inapplicate.

In linea di massima si considerano campioni di tipo qualitativo per il comune esame delle urine e per i test

microbiologici e di tipo quantitativo il cui obiettivo è la precisa quantificazione nell’escrezione dei

metaboliti o la valutazione della funzionalità renale. In quest’ultimo caso occorre un campione esattamente

temporizzato che consenta di correlare l’escrezione del metabolita col tempo. 10

La raccolta in contenitori sterili non è generalmente richiesta per comuni test chimico-clinici. E’ però

consigliabile un’accurata pulizia dei genitali per evitare il trasferimento di batteri dalla cute/mucose

dell’area genitale al campione di urine. I diversi tipi di campione sono:

- campione random: preferibile, per la maggior concentrazione dei componenti, la prima minzione del

mattino. Si raccoglie in appositi recipienti preferibilmente ma non necessariamente sterili. In genere si

scarta il primo getto (che serve come pulizia dell’uretra);

- campione temporizzato: in genere si raccolgono le urine di 3-6 ore a partire dall’ultimo svuotamento della

vescica;

- raccolta delle 24 ore: in genere si raccolgono a partire dallo svuotamento mattutino della vescica. I

campioni vanno conservati in frigo;

- raccolta per esami microbiologici: dopo aver disinfettato i genitali si raccoglie la parte centrale della

minzione scartando il primo e l’ultimo getto.

FASE PREANALITICA: TRASPORTO E CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI

Il trasporto rappresenta un fattore limitante nel ridurre i tempi di turnover (turnaround time: TAT) inoltre è

il momento in cui il campione più frequentemente può trovarsi in condizioni ambientali non standardizzate.

I fattori da tenere sotto controllo sono:

- esposizione ad energia meccanica: vibrazioni e scuotimento possono dar luogo ad emolisi

- esposizione al calore: l’ammoniaca, la renina, la fosfatasi alcalina ed acida, il lattato, l’omocisteina, sono

talmente sensibili al calore da richiedere il raffreddamento immediato. Altri analiti sopportano una breve

esposizione al calore che tuttavia va sempre considerata come fonte di possibili errori;

- esposizione all’aria: va evitata nelle misure di pH, emogasanalisi, nel dosaggio di sostanze volatili

(ammoniaca, il bicarbonato (e la CO ), acidi organici, etanolo,) o in sostanze la cui percentuale dipende dal

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pH (calcio, fosforo, alcuni farmaci e ormoni);

- contaminazioni chimiche e microbiche: i moderni sistemi di prelievo (sottovuoto ed ermeticamente

tappati) hanno ridotto notevolmente questo problema per quanto riguarda il prelievo di sangue. Al

contrario per i campioni di urina lo sviluppo di flora batterica deve essere considerato come possibile fonte

di errore.

Non sempre i campioni appena giunti in laboratorio vengono processati. Quando vengono conservati prima

dell’analisi, se il periodo è breve, si mettono a 4°C mentre per periodi più lunghi si possono congelare, a

patto che questo non abbia effetti sui singoli analiti da dosare.

I principali fattori causa di alterazione durante la conservazione sono tre: fattori fisici (evaporazione e

precipitazione di sostanze), fattori chimico-fisici (aggregazione e denaturazione delle proteine che possono

alterare le misure di proteine ed enzimi), fattori biologici.

Questi ultimi agiscono nei primi tempi di conservazione e sono significativi nei campioni in cui sono presenti

(volutamente o no) cellule. La lisi di queste cellule può modificare le concentrazioni degli analiti. Nei

campioni di siero e plasma a 4°C sono significative le variazioni di CO e glucosio.

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La prima evaporerà in un campione aperto variando anche il pH (che aumenta fino a 8.5) inattivando ad

esempio enzimi come la fosfatasi acida e variando il livello di quegli analiti per cui esiste un frazione libera e

legata. La residua attività cellulare consuma il glucosio diminuendo il valore di glicemia (occorre aggiungere

NaF che blocca la glicolisi). Anche l’attività enzimatica diminuisce nel tempo a causa della denaturazione

delle proteine.

I campioni di urina sono difficili da conservare. Devono essere refrigerati rapidamente per inibire la crescita

batterica. Vanno protetti dalla luce e, se si devono dosare calcio e fosforo, è opportuno acidificare il

campione per evitare la precipitazione.

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FASE ANALITICA: esecuzione delle analisi, misura e calcolo dei risultati.

La variabilità analitica è il risultato dell’errore totale della misura che corrisponde allo scostamento tra

valore reale e misura. Se questa fosse zero, replicati sullo stesso campione darebbero invariabilmente lo

stesso risultato. Nella realtà non è così.

La conoscenza dell’errore totale è fondamentale per l’utilizzazione

clinica di un test: un test con un’ampia variabilità analitica poco si

presta alla valutazione di un analita che presenta piccoli scostamenti

causati da una patologia. E’ quindi indispensabile conoscere le

caratteristiche analitiche per poter valutare le performance

diagnostiche di un test.

Es.: due laboratori (A e B) eseguono 100 repliche di uno stesso

campione misurato precedentemente con un metodo di riferimento e

risultato essere 99 mg/dL. Questo valore, ottenuto con metodi di

gerarchia superiore, viene definito valore vero o reale o atteso.

Osserviamo che nessuno dei due laboratori ha riportato una media

uguale al valore vero. Il laboratorio A sottostima il valore, mentre il laboratorio B la sovrastima. Tuttavia in

entrambi i casi lo scostamento non è tale da assumere un significato clinico.

Notiamo che anche l’ampiezza della gaussiana è diversa nei due laboratori. Più larga in B e più stretta in A.

Questa dispersione dei valori si riflette nel valore della deviazione standard (SD). Poiché abbiamo utilizzato

lo stesso campione, queste differenze sono spiegabili solo con l’influenza di fattori di variabilità.

===> il laboratorio B è più ACCURATO ma meno PRECISO rispetto al laboratorio A.

ERRORE SISTEMATICO: differenza che si presenta in maniera regolare, di entità costante. I risultati sono

sistematicamente superiori o inferiori al valore vero. Non provoca allargamenti dell’ampiezza della curva.

ERRORE CASUALE: differenza che si presenta in maniera irregolare, non correlata a specifiche azioni. I

risultati sono simmetricamente distribuiti attorno al valore centrale. L’errore casuale aumenta la

dispersione dei dati e quindi l’ampiezza della curva.

In laboratorio l’errore sistematico è generalmente dovuto a fattori stabili e di tipo generale, relativi alle

apparecchiature e agli impianti (ad es. taratura di una fotocellula, temperatura ambientale, taratura di una

pipetta, tensione dell’alimentazione, purezza di un reagente, titolo di uno standard primario o di una

soluzione, etc.).

L’errore casuale è invece legato a fattori che possono indifferentemente causare un aumento o una

diminuzione della stima (ad es. inaccuratezza di un opera

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
58 pagine
SSD Scienze mediche BIO/12 Biochimica clinica e biologia molecolare clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher TeoBio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Elementi di diagnostica di laboratorio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Ferrari Davide.