DIFFUSIONE RAMAN
Si può confondere, quando abbiamo concentrazioni molto basse e quindi picchi piccoli, con l’emissione di
fluorescenza del nostro campione.
Prima di fare uno spettro conviene infatti sempre effettuare una prova in bianco del solvente.
Infatti, è il solvente a sottrarre una parte di energia della radiazione incidente.
Il rivelatore vede una banda di emissione a lunghezze d’onda maggiori rispetto alla radiazione incidente.
È un'emissione debole, quindi vuol dire che la λ di questa interferenza è bassa e quindi la distinguo abbastanza
bene quando il campione è molto concentrato, altrimenti può essere confusa con una banda di fluorescenza.
Durante lo Rayleigh scattering (diffusione da parte delle stesse molecole) una parte della energia della radiazione
incidente può essere sottratta e convertita in energia vibrazionale e rotazionale.
La parte della luce diffusa cui è stata sottratta questa quota di energia è di λ maggiore della I .
0
La risultante radiazione (che non è la fluorescenza della sostanza !!) avrà energia inferiore e λ maggiore della
radiazione incidente.
Si ha così una radiazione di emissione debole che può interferire o essere confusa con la fluorescenza del
campione.
Poiché la quantità di energia sottratta è sempre costante, le bande Raman appaiono separate dalla radiazione
incidente con la stessa differenza di frequenza, indipendentemente dalla λ di eccitazione.
Se la banda Raman interferisce conviene porsi ad una λ di eccitazione inferiore rispetto alla fluorescenza del
campione così la banda Raman del solvente, che esce a ~20-40 nm dalla λ di eccitazione, uscirà anch’essa a λ
inferiori, separandola dalla banda di fluorescenza del campione che invece resta costante.
Dipende dal solvente e si verifica quando viene diffusa solo una piccolissima frazione della luce che incide su
un mezzo trasparente. In questo caso la lunghezza d’onda della radiazione può essere spostata verso valori
minori o maggiori.
Se mando λ a 313 ho la prima figura ma devo verificare che la prima banda non sia dovuta all’effetto Raman.
Per fare questo aumento la λ inferiore ed in questo caso vedo la banda di assorbimento del mio composto (anche
cambiando la λ) sarà più o meno uguale ma l’altra banda si sposta a lunghezze d’onda minore e per questo non
la considero banda del mio composto.
Dobbiamo ricordare, infatti, che le molecole che fluorescono partiranno sempre dallo stesso stato eccitato di
singoletto; quindi, qualunque sia la lunghezza d’onda che scelgo avrò sempre la stessa emissione.
Invece, la banda di Raman dipende dalla lunghezza d’onda d’eccitazione, perché il solvente sottrarrà sempre la
stessa quantità di energia da qualunque radiazione che viene inviata e quindi la banda si sposta a seconda della
radiazione inviata.
Se si sua MeOH la banda è spostata a λ maggiori di +30 nm, con CHCl3 di +10 nm.
98 Non tutte le sostanze possono fluorescere,
perché hanno bisogno di una certa struttura,
soprattutto elettronica.
Infatti, c’è una forte competizione tra un
processo e l’altro e la fluorescenza è solo una
possibilità una volta che la molecola è passata
allo stato eccitato.
La fluorescenza inoltre dipende anche da altri
fattori, come la temperatura.
VARIABILI CHE INFLUISCONO SULLA EMISSIONE DI FLUORESCENZA.
Il fenomeno della fluorescenza è favorito se sono presenti gruppi aromatici con bassi livelli di energia necessari
per le transizioni π →π*. La resa quantica aumenta col numero degli anelli e il grado di condensazione.
Con sostanze aromatiche come quelle nel grafico che hanno atomi come S, N, O con doppietti elettronici e dove
è più facile che avvenga il passaggio tra n a π* si tende a passare facilmente allo stato di tripletto. Quindi non
scendono al più basso livello dello stato eccitato di singoletto, ma fanno un intersystem crossing.
In questo caso quindi la fluorescenza è impedita.
Invece con anelli più grandi e quindi con una maggiore condivisione di elettroni si facilitano le transizioni π →π*
che tendono a dare fluorescenza. Rimangono allo stato di singoletto per poi dare emissione di radiazione.
La presenza sull’anello benzenico di un gruppo carbossilico o carbonilico riduce la fluorescenza, perché la
transizione n →π* ha un'energia minore della π →π*, e la resa quantitativa diminuisce.
Le molecole che contengono alogeni (Cl, Br, I) danno il fenomeno della fluorescenza meno accentuato a causa
delle frequenti conversioni intersistema.
La presenza di gruppi carbonilici o doppi legami a elevata coniugazione in composti alifatici e aliciclici
favoriscono la fluorescenza. 99
La presenza in soluzione di molecole paramagnetiche (ad esempio O2=, invece, determina una diminuzione del
fenomeno. Più gli atomi sono pesanti più
influiscono.
(I>Cl).
È uno degli amminoacidi che dà una resa quantica di fluorescenza maggiore.
Anche la tirosina potrebbe dare fluorescenza, ma sicuramente minore.
Il triptofano, di solito, assorbe tra i 260-290 nm, lo si eccita e si vede la sua fluorescenza a 350 nm.
EFFETTO DELLA RIGIDITÀ’ STRUTTURALE
È importantissima, oltre che la presenza di doppi legami, la rigidità della molecola.
Molti composti organici fluorescenti sono caratterizzati da una certa rigidità nella loro struttura per cui l’energia
degli stati eccitati non viene persa sottoforma di energia vibrazione torsionale della molecola.
La fenolftaleina, indicatore acido-base, è molto simile alla fluoresceina a livello strutturale, ma non fluoresce
perchè pur avendo molteplici anelli aromatici, che potrebbero dare transizioni π →π*, le loro rotazioni fanno sì
che la fenolftaleina perda energia ruotando internamente (conversione interna) non dando fluorescenza.
Invece la fluoresceina che ha un ponte etereo tra gli anelli non riesce più a muoversi attorno a questi legami con
il carbonio e quindi dà il fenomeno di fluorescenza.
Nelle molecole non rigide c’è maggiore probabilità di conversione interna e conseguentemente disattivazione
del processo di emissione radiante. 100
EFFETTO DEL pH
Questo effetto interessa soprattutto composti aromatici contenenti sostituenti acidi o basici; la possibilità,
infatti, che esistano in più forme di risonanza rende più stabile il primo stato eccitato e aumenta la fluorescenza.
Un classico esempio è il fenolo, molecola molto fluorescente, che a pH basico perde il suo protone e passa a
ione fenato che non è più fluorescente perché prendono il sopravvento gli altri processi competitivi.
L’anilina è più fluorescente del benzene perché il gruppo NH2 aumenta la fluorescenza. Le forme di risonanza
dell’anilina rappresentate nella figura rendono più stabile il primo stato eccitato dando fenomeni di fluorescenza.
Lo ione anilinico non è più fluorescente.
Anche l’ASA non è fluorescente, mentre il salicilato sì.
EFFETTO DELLA TEMPERATURA E DELLA VISCOSITA’
Un aumento della temperatura del solvente determina una diminuzione della sua viscosità, e questo influisce
sulla fluorescenza dell’analita in maniera negativa. Questo perché si verifica una conversione esterna, cioè il
trasferimento dell’energia per collisione dall’analita al solvente o ad altri soluti in soluzione.
Se il solvente è più viscoso maggiore sarà la fluorescenza, perché diminuiscono i moti e aumenta la
fluorescenza.
Ricordiamo che la presenza di atomi pesanti (CBr , EtI) o di ossigeno molecolare disciolto nel solvente determina
4
comunque una diminuzione della fluorescenza perché favoriscono altri fenomeni di decadimento non
radioattivo (intersystem crossing).
N.B. Formazione di ossigeno singoletto per trasferimento dallo stato di tripletto all’ossigeno molecolare
(fenomeno competitivo con la fluorescenza della molecola).
EFFETTO DELLA CONCENTRAZIONE
Intervallo di proporzionalità fra fluorescenza e concentrazione è molto ristretto. Serve una bassa concentrazione
per poter fare un’analisi quantitativa.
Q, o I , ossia l’intensità della radiazione fluorescenza emessa da una sostanza, dipende da:
f l’intensità della radiazione incidente I , intensità dei fotoni che arrivano al campione. Più è intensa,
o 0
maggiori saranno le molecole che fluorescono.
101
ε: tanto una molecola avrà la probabilità di assorbire radiazione luminosa tanto è probabile che possa
o emettere fluorescenza.
b, il cammino ottico, il raggio luminoso attraversa uno strato di molecole e quindi si avrà una
o fluorescenza maggiore tanto maggiore sarà lo strato di molecole attraversato.
C, concentrazione, dalla legge di Lambert-Beer maggiori saranno le molecole della soluzione maggiore
o sarà la fluorescenza della soluzione stessa.
2,303, che deriva dal logaritmo della legge di Lambert-Beer
o Φ (phi): la resa quantica di fluorescenza, tanto più una molecola è in grado di emettere fluorescenza
o tanto più l’intensità di fluorescenza della soluzione sarà maggiore. È molto difficile da determinare.
Facendo quindi l’espansione in serie di Mc Laurin dell’esponenziale otteniamo una relazione che mostra come
l’intensità della fluorescenza sia direttamente proporzionale alla concentrazione dell’analita:
La formula non si usa per calcolare la concentrazione anche perché non si sa il valore di I.
Q si legge attraverso lo strumento e da qui posso ricavarmi la concentrazione. I fattori più difficili da determinare
sono I (misurabile con un radiometro) e φ.
0
Questa formula non viene usata per l’analisi quantitativa, ma è importante per capire indicativamente la
proporzionalità di fluorescenza di un campione e tutte queste variabili. Fa anche capire il perché in fluorimetria
riusciamo ad avere risposte attraverso il rivelatore del fluorimetro con concentrazioni molto più basse rispetto
alla spettrofotometria di assorbimento.
La stessa sostanza potrei guardarla sia in assorbimento che in fluorescenza, però riesco a vederla benissimo in
fluorescenza e magari poco in assorbimento. Questo perché l’assorbanza deve essere calcolata attraverso un
logaritmo dal rivelatore, lo strumento fa fatica quando si ha una soluzione o troppo o poco concentrata.
Mentre l’intensità di fluorescenza è direttamente leggibile al rivelatore e quindi la sensibilità è maggiore.
Allo stesso tempo la fluo
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