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MASSA VOLUMICA DENSITÀ
AGROENERGIE Pagina 3
POTERE CALORIFICO
Il potere calorifico rappresenta l’energia che un combustibile libera durante il processo di combustione.
Viene generalmente espresso in MJ, kW, kcal prodotte per kg di biomassa. Sotto il profilo energetico, il potere
calorifico è uno dei parametri più significativi di un combustibile e viene determinato in ottemperanza alla normativa
150 6884, per gli oli e le biomasse liquide, e alla UNI EN ISO 18125:2018 per le biomasse solide.
Il potere calorifico può essere espresso come:
1) PCS – Potere Calorifico Superiore => potere calorifico quando la biomassa reagisce e si include l’energia di
H O sottoforma di vapore, calcolando sul secco.
2
2) PCI – Potere Calorifico Inferiore => definisce l’H O evaporata e non più utilizzata, esclusa dal computo.
2
3) PCN – Potere Calorifico Netto => l’H O richiede energia per evaporare e, di conseguenza, solo
2
successivamente innesca la combustione. È il potere calorifico utile, con biomassa con umidità <30%.
La Bomba Calorimetrica di Mahler è un calorimetro con cui è possibile determinare la quantità di calore sviluppata
nella combustione di sostanze solide o liquide (calore di combustione).
Consiste in un piccolo recipiente di acciaio a pareti robuste, ermeticamente chiuso, in cui è posta una piccola capsula
di porcellana nella quale viene posta la sostanza da esaminare. All’interno della bomba calorimetrica viene immesso
ossigeno puro e la combustione viene innescata tramite resistenza elettrica immersa nella sostanza da esaminare.
Il calore della reazione di combustione viene assorbito da una nota quantità di acqua distillata in cui è immersa la
bomba.
La quantità di calore emessa è: Q = m * 4,184 * (T – T ) + C * (T – T )
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Dove:
calore specifico dell’acqua = 4,184 J/g*°C
m = massa dell’acqua distillata in grammi
C = capacità termica del calorimetro
T = temperatura iniziale dell’acqua
1
T = temperatura finale dell’acqua
2
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Nel pino c’è la più bassa percentuale di ceneri, mentre nel cerro la più alta. Sono concentrate soprattutto nella
corteccia, anche in derivazione della cattiva gestione; ad esempio, le ceneri proveniente dai margini del fiume.
Nei semi, l’umidità è molto bassa e il potere calorifico viene valutato su base massica o volumica al variare della
densità: maggiore è il volume considerato, minore è la massa.
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Affinché le biomasse possano essere sfruttate è necessario che siano sottoposte a degradazione delle
macromolecole costituenti in miscele di gas, con prevalenza di CO e CH ; insieme a liquido con biomasse non
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digerite.
Tutte le trasformazioni avvengono nella struttura del digestore anaerobico. Il biometano tal quale deve subire
trattamenti di purificazione ed è paragonabile al metano di origine fossile; il calore e l’energia elettrica si formano
dal processo di cogenerazione di energia.
Le macromolecole danno un contributo alla produzione di biomassa. Ad esempio, i carboidrati contribuiscono in
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misura di 0,79 m /kg (m di biogas per kg di macromolecola digerita) e una percentuale di metano del 50% (0,40
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m /kg). 3 3
Le proteine partecipano con produzione di 0,70 m /kg e la percentuale di metano aumenta al 71% (0,50 m /kg) e i
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grassi producono 1,25 m /kg di biogas, di cui 68% metano (0,85 m /kg).
BIOMASSE DI ORIGINE ANIMALE
In zootecnia, queste tecniche risalgono agli anni ’70 come metodo di stabilizzazione dei reflui e i gas venivano
combusti in delle torce per ossidare le molecole di metano presenti. Gli odori venivano abbattuti e la carica
microbica si riduceva.
Le deiezioni rappresentano l’insieme degli escreti animali con 8-24% di sostanza secca, in cui i valori più bassi si
registrano nei suini e quelli più alti nelle avicole. Si distinguono ulteriormente in pompabili (<18% ss) e palabili (>18%
ss).
I reflui zootecnici sono una miscela di deiezioni, acqua, residui alimentari, residui vari e lettiera. Questi si dividono in:
liquami (<12% ss), semi-solidi (12-17% ss) e letame (>17% ss).
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BIOMASSE PER LA PRODUZIONE DI OLI E GRASSI
I materiali di partenza sono:
produzioni vegetali dedicate (alghe, coltivazioni erbacee e arboree)
oli vegetali residuali
grassi animali residuali
Ci sono numerosissime microalghe che possono essere sfruttate per la produzione di oli, tra le migliori:
Schizochytrium spp (54-77% su peso secco), Botryococcus braunii (25-75%) e Nannochloropsis spp (31-68%).
Per una produzione consistente è necessario puntare su grandi quantità di microalghe, lavorando sul peso secco.
Altre difficoltà sono relative all’impianto:
- gli stagni sono vasche attrezzate con particolari aree di sviluppo e raccolta, estrazione dell’olio e
conversione;
- le vasche sono alimentate con CO per accelerare lo sviluppo, insieme ad H O e nutrienti;
2 2
- i reattori sono formati da un tubo in materiale trasparente, dotato di sostanze nutritive in ingresso e
sostanze esauste in uscita. La produzione si aggira intorno a 10-100 t/ha di biodisel.
Vantaggi:
- elevata crescita e produzione;
- con talune soluzioni impiantistiche si potrebbe assorbire la CO emessa da camini industriali;
2
- possono crescere in acque reflue ricche di azoto;
- alto contenuto di nutrienti, nitrati e fosfati;
- i biocarburanti da alghe entrano meno in competizione con i prodotti alimentari.
Svantaggi:
- non tutti i problemi tecnici di produzione sono stati risolti, ad esempio l’alimentazione della biomassa;
- soluzione costosa;
- la coltivazione di alghe in stagni aperti può essere invasa da altre specie.
In natura le specie vegetali in grado di produrre olio sono numerosissime, si riducono a 350 se considerassimo solo
quelle di cui è possibile sfruttare l’olio; in ambito energetico, il numero si contrae ulteriormente.
Le specie arboree sono: palma da olio e jatropha;
Le specie erbacee sono: colza, girasole, soia e cavolo dell’abissinia.
La soia viene coltivata soprattutto per farine a scopo zootecnico, quindi l’olio non è la produzione principale.
La palma da olio è caratterizzata da vegetazione e produzione continua, la resa è nettamente superiore a quella delle
colture erbacee ed è più conveniente con un contenuto in olio nel frutto del 20-25%.
La jatropha non si presta ad usi diversi da quello energetico, nelle migliori condizioni comunque ha una resa in olio
interessante e il contenuto in olio nel frutto è del 28-38%.
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FILIERA BIOGAS-ENERGIA
Quali sono i possibili usi energetici del biogas?
La produzione di biogas è definita win-win (doppiamente vincente).
Vantaggi ambientali:
1) sostanziale riduzione dell’effetto serra: la biomassa organica è per la maggior parte biomassa residuale che
produce gas ad effetto serra, grazie alla degradazione (fermentazione anaerobica). Gli impianti di digestione
incanalano le emissioni per usufruire delle stesse dal punto di vista energetico e successiva ossidazione.
Contemporaneamente si può ridurre il consumo delle risorsi fossili di metano, sostituendole con le risorse
biologiche di metano (biometano in miscela di biogas).
2) stabilizzazione e deodorazione liquami
3) riduzione carica patogena dei liquami
Le quantità delle varie sostanze emesse nel ciclo di vita (filiera) vanno moltiplicate per il relativo contributo
potenziale all’effetto serra (GWP – Global Warming Potential). La CO è il riferimento e si parla di CO equivalente.
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La digestione anaerobica è stata introdotta allo scopo di ridurre l’odore dei liquami; per calcolare l’effettiva riduzione
degli odori, si prende in considerazione l’effetto della digestione anaerobica sul substrato stesso.
LIQUAMI BOVINI THRESHOLD ODOR NUMBER (TON)
Flushing di letame bovino fresco 247 (100%)
Letame dopo 3 giorni di stoccaggio 437 (177%)
Letame dopo digestione anaerobica 7 (3%)
Il problema da risolvere è dato dal materiale che costituisce la biomassa da trasformare che emana un odore
particolarmente forte, oggetto di discussione ancora oggi.
Per quanto riguarda la riduzione della carica microbica, dobbiamo considerare:
1) Sopravvivenza dei microrganismi in certe condizioni ambientali.
2) Modalità di funzionamento degli impianti, parametri di tempo ed esposizione della biomassa.
In tutti i casi, la temperatura di abbattimento è di 55°C (ad eccezione di Mycobacterium tubercolosis che resiste fino
a 65°C), con tempi di applicazione variabili. Generalmente si tratta di impianti che agiscono con temperature di 60°C
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per 20-30 giorni, cioè sono impianti in termofilia. La normativa italiana prevede che il digestato sia privo di
Salmonella spp, escludendo gli inquinamenti di questo genere.
FILIERA AGROENERGETICA
Cos’è la filiera? Come si colloca nel piano territoriale?
In Agroenergia, per filiera si intende una sequenza obbligata di operazioni o di fasi di produzione allo scopo di
ottenere energia. Si possono collocare su territorio nazionale e/o internazionale; si parla di filiera corta o lunga in
base alla distanza dei luoghi che consentono di effettuare le operazioni.
biomassa => biomassa condizionata => biocombustibile
P RODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA E TERMICA
I due obiettivi principali sono: produzione di energia elettrica e energia termica; la filiera prende il nome di
cogenerazione di elettricità e calore.
Ogni passaggio prevede il trasporto che può essere più o meno significativo:
o trasporto campo-azienda
o insilamento
o trasporto interaziendale e impianto
o trasporto all’utenza
P RODUZIONE DI BIOMETANO
Si distingue dalla precedente perché il biogas prodotto non viene inviato all’utenza ma viene trasportato in
un impianto di up-grading per garantire il raggiungimento della purezza al 96-98% nella miscela di
biometano.
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Biogas = miscela di CO e CH (40% CO )
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Biometano = miscela di gas (98% CH )
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Nella mappa è visibile la capillarizzazione della rete del biometano, coinvolge l’Italia e l’Europa. Sul territorio
nazionale, gli impianti di biogas sono concentrati in Lombardia, Veneto, Piemonte e Emilia Romagna (ovvero laddove
c’è concentrazione di allevamenti che possono sostenere gli impianti).
Le potenze installate sono generalmente >700 kWe/impianto, in conseguenza della normativa e incentivi dallo Stato.
Dal 2013 ad oggi, il legislatore ha cercato di fare chiarezza sulle condizioni di normative stringenti e gli impianti
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