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Filosofia-Marx
Storia- rivoluzioni industriali,nazismo,stalinismo
Inglese-dickens,"hard times"
Latino-Epistola a Lucilio di Seneca," anche gli schiavi sono esseri umani"
Fisica- la guerra delle correnti
Scienze-il petrolio
automobilistica. Proprio in questo tipo d’industria abbiamo una rivoluzione del mondo
del lavoro. Infatti, i n questo tipo d’industria hanno la sperimentazione della fabbrica
meccanizzata e delle teorie di Taylor. L’industria concepita da Taylor si basò su tre
elementi essenziali:
1- La concentrazione industriale cioè le aziende tesero a fondersi in unità sempre
più ampie che avessero la capacità e i mezzi per controbattere alla concorrenza
sul mercato.
2- 2- la standardizzazione dei prodotti: questo è uno dei principi di base di Taylor
cioè che per aumentare la velocità di produzione occorreva che l’azienda
producesse una gamma limitata di prodotti in modo che ci potesse essere una
rigida divisione del lavoro. Ogni operaio doveva sapere in maniera precisa cosa
fare e in quanto tempo.
3- La semplificazione delle mansioni. Cioè se ce una rigida divisione del lavoro si
può far si che ognuno faccia poche e semplici cose in cui si specializza.Questo
fatto però fu positivo per quanto riguarda la velocità dei processi produttivi ma
fu negativo per quanto riguarada la condizione degli operai. Infatti
semplificando al massimo le mansioni non occorreva più manodopera
specializzata come nel lavoro artigianale. Quindi si aveva una classe lavoratrice
dequalificata che non aveva un proprio profilo professionale preciso , si poteva
sostituire facilmente e infine si poteva essere maggiormente controllata dal
capitalista investitore.
Ma nella fabbrica taylorista poca importava la personalità dei lavoratori quello
che era il maggior interessa era la razionalizzazione la velocità della produzione.
Occorreva produrre e produrre velocemente. I principi di Taylor furono applicati
in maniera scientifica da Ford, alle sue industrie automobilistiche. Alla base
dell’industria dei Ford c’è la catena di montaggio,non è più l’operaio che si deve
spostare che ma è il lavoro che va verso l’operaio su un nastro trasportatore. Il
lavoro dell’operaio viene scomposto in pochi semplici gesti che devono essere
fatti in un tempo preciso che è stato già calcolato in precedenza . tutto ciò è alla
base della produzione in serie e di massa. Naturalmente tutto ciò portò ad una
aumento della produzione e ad un allargamento del mercato. Tuttavia il lavoro
venne definitivamente automatizzato e spersonalizzato. L’operaio diventò una
specie di servo della macchina il quale ripete dei gesti meccanici spesso senza
sapere nemmeno che cosa sta facendo. Questo tipo di lavoro col tempo finirà
per allontanare l’uomo da ciò che ha prodotto. Il processo di disumanizzazione
del lavoro tocca però i suoi punti massimi tra la seconda guerra mondiale e gli
anni 50 del secolo scorso. In particolare ciò avviene in due contesti. Il primo
contesto è quello dei laer nazisti. Infatti i lager inizialmente i lager nascono
come campi di lavoro forzato e soltanto successivamente quando hitler
elabolerà la cosiddetta soluzione finale si trasformeranno in campi di sterminio.
Inizialmente furono rinchiuse gli oppositori del regime e le monoranze come gli
ebrei,i rom… questi ultimi perché Hitler voleva salvaguardare la razza tedesca
dalle varie etnie. Successivamente furono rinchiusi i cosidetti diversi come gli
omosessuali. La società nazista doveva essere omologata e dunque non
tollerava nessuna diversità qualunque essa fosse. I prigionieri una volta
internati venivano privati di ogni loro affetto personale,comprese le protesi
dentarie. Lavoravano per tantissime ore al giorno in lavori faticosi e disumani
come quello di cavapietre. Questi lavori toglievano al prigioniero qualsiasi
volontà di reagire e diventavano dei fantocci in mano agli aguzzini tedeschi. Gli
internati morivano per l’enorme fatica gli stenti, il poco cibo e il freddo. Poi poi il
campo di lavoro si trasformò il campo di sterminio. Iniziarono a funzionare le
cosiddette docce a gas. In queste camere era eliminata la maggior parte dei
prigionieri ebrei non appena giunti nel lager con treni merci. Coloro che
supervano un a prima selezione venivano avviati al lavoro forzato anche qui
veniva iniziata un opera di spersonalizzazione. I prigionieri morivano per le
cattive condizioni di vita o finivano nelle camere a gas per le altre selezioni, i
lager corpi invano in fosse comuni o bruciate in forni crematori. Morivano così 6
mil. Di persone. Ma forse nella tragedia queste persone erano le più fortunate
rispetto a quelli che lenivano nei laboratori del famigerato dottor Mengele.
Mengele operò in vari campi di concentramento ma soprattutto ad Auschwitz,
dove fu soprannominato l’angelo della morte. Egli compiva qualsiasi genere di
esperimento pseudo-scientifico, su esseri umani vivi considerati meno di cavie.
Quest’uomo sottoponeva i prigionieri a orrende mutilazioni e indicibile
sofferenza tutto nel nome di un folle ideale di scienza. In questo modo morirono
decine di migliaia di persone.
Un altro contesto che ci può far capire come spesso il lavoro da attivita libera e
creativa si può trasformare in qualcosa di disumano fu la Russia stalinista. Come
sappiamo dopo la fine dell’epoca di lenin il potere in russia fu preso da Stalin.
Eliminati i suoi oppositori Stalin impose un severo controllo sull’economia il cui
sviluppo fu rigidamente programmato in piani quinquennali, si incrementò con
ogni sforza l’industria pesante per la produzione di macchianari a scapito dell
industria leggere che soddisfaceva le esigenze della popolazione a cui furono
chiesti grandi sacrifici. Gli operai che producevano di più venivano indicati come
modelli. Si diffuse così il modello dello Stackanovismo dal nome dell’operaio
russo Stackanov il quale in un turno di lavor aveva estratto svariate tonnellate
di un minerale da una miniera. Apparentemente il fenomeno dello
Stackanovismo fu visto come una sana c competizione tra operai, ma on fu così,
seguendo l’esempio di staccano gli operiai erano costretti a profurre sempre di
più per iòl bene della russia, si moltiplicarono così gli incidenti in fabbrica e in
miniera dovuri principalmente alla stanchezza. Soltano garzie al sacrificio di
questi oscuri eroi del lavoro l’Unione Sovietica nell giro di pochi anni diventò la
seconda grande potenza industriale del pianeta.
FILOSOFIA-MARX
Abbiamo visto trattando della disciplina storica come sfortunatamente il lavoro nato come attività libera e creativa si
sia trasformato poi in alienante e disumanizzante. Questo tanto nel modello economico capitalistico quanto in quello
statalista.
La nostra indagine per quanto riguarda la disciplina filosofica si limiterà all’analisi di Karl Marx, “il filosofo del
comunismo”, con la sua attenzione verso l’uomo “concreto” interpretato in termini socio-economici. La riflessione di
Marx si pone sulla scia della riscoperta del materialismo avviata dalla Sinistra hegeliana e da Ludwing Feuerbach, che
si caratterizzava sia per una critica all’idealismo, colpevole di aver “smarrito” l’uomo non interessandosi ad esso, a
beneficio invece di un’astrazione come l’idea, sia come affermazione della concretezza della vita umana.
Si possono dedurre quindi da questa prima introduzione le influenze culturali che stanno alla base del marxismo, che,
come scrive Engels, filosofo e compagno di una vita di Marx, sono essenzialmente tre:
1- La filosofia classica tedesca, da Hegel a Feuerbach;
2- L’ economia politica borghese, da Smith a Ricardo;
3- Il pensiero socialista, da Saint-Simon a Owen.
La formazione filosofica di Marx è segnata in particolar modo da Hegel e da Feuerbach.
Il primo testo in cui egli si confronta con il maestro è la “Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico”.
Marx critica il sistema filosofico di Hegel, che ha trasformato le realtà empiriche in manifestazioni necessarie dello
Spirito e ha capovolto il ruolo di soggetto e predicato, di concreto e astratto.
Al metodo “mistico” di Hegel, egli oppone il “metodo trasformativo”, che consiste nel ricapovolgere ciò che l’idealismo
ha capovolto e, quindi, nell’individuare ciò che è veramente soggetto e ciò che è veramente predicato.
Della filosofia hegeliana, invece, riconosce la concezione generale della realtà come totalità storico-processuale, come
processo dialettico.
A Feuerbach riconosce il merito di aver riordinato i termini (soggetto e predicato) che l’idealismo aveva capovolto. Ma
critica anche la sua posizione, perché ritiene che egli pur avendo sottolineato la naturalità dell’uomo ha perso di vista
la sua storicità, non comprendendo che l’individuo è reso tale dalla società storica in cui vive. In tal modo, Marx
corregge Hegel con Feuerbach, esaltando la materialità dell'’uomo, e Feuerbach con Hegel attraverso lo storicismo. Un
altro punto che unisce e, allo stesso tempo, divide Marx e Feuerbach è il modo di interpretare la religione.
Infatti, Feuerbach svela le ragioni dell’alienazione religiosa ( non è Dio a creare l’uomo, ma l’uomo a proiettare Dio
sulla base dei propri bisogni), ma non comprende, secondo Marx, le cause del fenomeno religioso, ne propone una
soluzione per superare questa condizione.
Infatti, poiché l’uomo è un prodotto sociale, l’analisi di tale problema non va posta sull’uomo, inteso come ente astratto
e decontestualizzato, ma sulla tipologia storica di società in cui vive.
Per Marx la religione, che egli definisce come “Opium des Volks” (oppio dei popoli), è il prodotto di un’umanità alienata
e sofferente a causa delle ingiustizie sociali. L’uomo, attraverso la credenza in questa, si costruisce un mondo ideale,
dove si illude di trovare, dopo la morte, ciò che gli è stato negato in vita.
Dunque, se la religione è il frutto malato di una società malata, l’unico modo per sradicarla è quello di distruggere le
strutture sociali che la producono.
Nei “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, si ha un primo approccio e critica di Marx all’economia politica
borghese, altra importante influenza esercitata sul filosofo di Treviri.
Essa viene criticata principalmente per due motivi: in quanto espressione teorica della società capitalista e per
l’immagine mistificata,falsa, che dà del mondo borghese. Marx è convinto che ciò sia dovuto all’incapacità di pensare
in modo dialettico da parte di questi economisti che reputano il sistema capitalistico come il modo naturale,razionale di
produrre ed arricchirsi, l’unico possibile. Già precedentemente negli “Annali franco-tedeschi” era stata fatta una critica
globale della civiltà moderna e dello Stato liberale,in cui è presente nell’uomo una “scissione”, una frattura tra ego
privato ed ego pubblico. Una società governata dall’egoismo, dall’individualismo, caratterizzata da disuguaglianze
“sostanziali” e da uguaglianze “formali” , dove lo Stato è solo strumento per soddisfare gli interessi particolari delle
classi più potenti. L’ideale si Stato che Marx ha in mente è quella di una democrazia “sostanziale”,di tipo economico-
sociale più che giuridico, ottenibile attraverso l’eliminazione del principio di ogni disuguaglianza: la proprietà privata.
Tra i più importanti scritti facenti parte dell'’opera “Manoscritti economico-filosofici”, c’è quello dedicato all’analisi del
lavoro estraniato dove, per indicare la concreta condizione dei lavoratori nella società capitalista, Marx utilizza un
concetto filosofico che era già stato sviluppato da Hegel e da Feuerbach: il concetto di “alienazione”.
L’alienazione dell'’operaio viene descritta da Marx sotto quattro aspetti, strettamente connessi tra loro:
1- Il lavoratore è alienato rispetto al prodotto della sua attività. Attraverso la forza-lavoro, l’operaio produce un oggetto,
del quale verrà privato e che si impone, nei suoi confronti, come potenza dominatrice.
2- Il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa attività. Il lavoro non è attività libera e in questa l’operaio non trova