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comunisti accentuavano la polemica con la SPD, accusandola di complicità con
la borghesia reazionaria. Così crescevano lo scontento e il disorientamento dei
ceti popolari, mentre l’inflazione toccava livelli altissimi e si facevano strada le
macchinazioni dei militari per imporre un regime forte, raccogliendo il
risentimento dei tedeschi contro le richieste anglo-francesi per il pagamento
dei danni di guerra. Puntando sulla capacità produttiva tedesca e certi delle
garanzie di ordine sociale che offrivano i governi conservatori, gli uomini
d’affari americani decisero di dirottare in Germania ingenti investimenti. Così si
ebbe una momentanea ripresa economica, favorita anche dall’abile ministro
degli esteri Gustav Stresemann. Quest’ultimo ottenne dai vincitori la possibilità
di rateizzare il pagamento dei danni di guerra e far ammettere la Germania
nella Società delle nazioni (trattato di Locarno, 1925), il che implicava il ritiro
delle truppe francesi dalla Ruhr. Adesso però l’economia tedesca dipendeva
pericolosamente dai capitali americani, tanto che la stessa banca centrale (la
Reichbank) era stata posta sotto il loro controllo.
Così nel 1929, quando il crollo della borsa di New York arrestò il flusso degli
investimenti americani, anche in Germania si aprì una crisi a catena delle
banche, seguita dal fallimento delle imprese più deboli. Esplosero nuovamente
le manifestazioni delle sinistre e dei sindacati. Tuttavia le preferenze di larghi
settori sociali si spostarono verso l’estrema destra rappresentata dal Partito
nazionalsocialista (Nsdap) fondato a Monaco di Baviera nel 1920 e guidato da
Adolf Hitler.
Storia Adolf Hitler è nato a Braunau
(Austria meridionale) nel 1889,
figlio di un doganiere, rimasto
orfano a 16 anni. Molto povero, da
autodidatta si imbevve di letture
antisemite e razziste, studiando a
suo modo Chamberlain,
Schopenhauer, Darwin, Nietzsche,
da cui disordinatamente trasse le
idee della lotta per l’esistenza, del
pangermanesimo, della volontà di
potenza. Nel 1919 si iscrisse al
Partito operaio tedesco, un piccolo
gruppo d’estrema destra di
Monaco, e l’anno successivo (7
agosto 1920) fondò il Partito
nazionalsocialista (Nsdap) di cui
divenne il leader indiscusso, il
Führer (duce). Sostenendo da
diversi industriali, politici e militari nel 1923 tentò di rovesciare il governo di
Monaco con l’appoggio delle Sa. In prigione dettò nel 1924 al segretario Hess il
Mein Kampf
testo del (la mia battaglia) testo sacro dei nazisti, dove si
enunciava la teoria dello spazio vitale e si affermava la superiorità della razza
tedesca. La teoria dello spazio vitale prevedeva l’unione di tutti i tedeschi in un
unico grande Reich. Lo scopo finale della Germania e la missione del popolo
tedesco si identificavano nel dar vita a uno stato che assumesse come “suo
compito supremo la conservazione e lo sviluppo degli elementi più nobili e più
integri dell’intera umanità”. Alla razza superiore ariano-tedesca era
naturalmente delegato il compito di eliminare i sottouomini, o razza inferiore,
secondo una precisa graduatoria: prima i popoli dell’Europa non tedesca, poi gli
slavi, i neri e infine gli ebrei (“la razza maledetta”) insieme agli zingari. Tutti
avrebbero dovuto essere posti in condizione di subalternità, “schiavizzati dalla
razza dominante” per il bene della futura umanità. La decadenza politica e
morale del paese era attribuita al parlamentarismo, alla democrazia, al
socialismo. Nel 1925 costituì le SS. Nelle elezioni del 1932 la Nsdap divenne il
primo partito con 230 seggi. Hitler fu chiamato da Hindenburg alla cancelleria
Reichstag
nel 1933 e in seguito all’incendio della sede del (organizzato dai
nazisti ma attribuito ai comunisti) ottenne i pieni poteri dal parlamento.
Decretando, di fatto, la fine della repubblica di Weimar veniva riconosciuto
come unico partito quello nazista, mentre si scatenava il terrore delle camicie
Reich.
brune, e aveva inizio il Terzo Il nazismo recuperava il vecchio Reich
prussiano, militarista e aggressivo. Dunque una combinazione sapiente di
irrazionalismo e di mitologia razziale, una prospettiva di benessere e di
grandezza nazionale e infine un impiego abilissimo di tutti i mezzi di
comunicazione di massa crearono un vasto consenso popolare al regime.
Questa complessa sintesi di fattori psicologici, sociologici e storici permise al
nazismo di monopolizzare lo stato. Dal 1933 al 1934 ogni aspetto della vita
civile, politica e culturale della Germania passò sotto il controllo terroristico dei
nazisti. Fu creato un tribunale speciale, la Corte popolare composta da nazisti e
militari, mentre la Gestapo, la famigerata polizia segreta, e altri servizi di
sicurezza si occupavano dell’eliminazione fisica degli avversari politici. In pochi
anni circa un milione di tedeschi andarono a riempire le prigioni e i campi di
concentramento appositamente creati, il primo dei quali fu quello di Dachau, in
Baviera. Sul versante religioso, Hitler stipulò un concordato con la Chiesa
cattolica (luglio 1933), alla quale riconosceva una certa autonomia in cambio
del giuramento di fedeltà dei vescovi allo stato e dell’autoscioglimento del
partito cattolico. Il nazismo mirava alla costituzione di una Chiesa nazionale
cristiana, ripulita dagli elementi giudaici e integrata dalle teorie di un
paganesimo nazista fondato sul mito della razza, sul culto del Führer, sulla
sacralità del Mein Kampf. Quando si accentuarono nel partito le tensioni
interne, Hitler e i suoi collaboratori, tra cui Goering, Goebbels, Heydrich, Hess e
Himmler (capo delle SS), decisero la liquidazione della dissidenza. Perciò nella
notte dei lunghi coltelli (30 giugno 1934) le SS trucidarono decine di
esponenti del partito, capi dell’esercito e tutto lo stato maggiore delle Sa. Infine
Hitler, unendo nel 1934 alla carica di governo con quella di presidente della
repubblica, procedette a “nazificare” l’esercito, che giurò fedeltà al Führer, e
l’amministrazione dello stato, sottoponendo i governatori delle varie regioni e i
dirigenti di tutte le strutture statali a un rigido centralismo. I giovani furono
inquadrati nelle organizzazioni del regime, la scuola, l’università e la
magistratura asservite ai principi del nazismo. Tutta la cultura doveva essere
strumento di propaganda per le teorie razziste e nazionaliste. I libri o i prodotti
dell’”arte degenerata” furono bruciati in roghi davanti alle scuole e alle
università. Con gli ebrei il nazismo fu particolarmente duro. Nel 1933 si
cominciò ad espellere gli ebrei dalla vita pubblica. Nel 1938 i Tribunali per la
salute ereditaria promossero un programma di sterilizzazione forzata di massa.
Nel 1935, con le leggi di Norimberga, furono adottate normative giuridiche che
riducevano gli ebrei al rango di sudditi e proibivano i matrimoni “misti”. Nel
1937 gli ebrei vennero espulsi anche dalla vita economica e i loro patrimoni
furono espropriati mediante l’auto-denuncia per coloro che possedevano beni
superiori a 5.000 marchi. Il 9 e 10 novembre del 1938 venne scatenato sotto la
direzione di Goebbels un gigantesco pogrom (violenza popolare) antiebraico,
passato alla storia come Kristallnacht (notte dei cristalli) perché fu distrutto
un numero enorme di negozi e di case di ebrei tedeschi, dei quali più di 30.000
furono rinchiusi nel Lager. Nell’estate del 1939, Hitler dava il via anche alla
cosiddetta “Operazione T4”, cioè un sanguinario programma di eliminazione
dei malati mentali, degli anziani infermi, degli “asociali”. L’“Operazione
eutanasia”, in cui verranno sperimentate per la prima volta le camere a gas e i
forni crematori, facevano parte del programma nazista di “miglioramento della
razza”, ma fu interrotta nel 1941 a seguito delle reazioni della Chiesa cattolica
e protestante. Allo scoppio della guerra, dopo l’occupazione della Polonia e la
sua spartizione con L’Urss, il programma di persecuzione compì un salto di
qualità. Il territorio venne diviso in due grandi zone. Furono subito imposte
misure per impedire agli ebrei di muoversi, obbligandoli a portare un bracciale
o la stella identica. La popolazione ebraica venne rinchiusa in immensi ghetti
circondati col filo spinato, dove fu imposto il lavoro coatto senza adeguati
rifornimenti alimentari e senza assistenza medica. Il 22 giugno 1941 quando le
truppe naziste invasero l’Urss, fu immediatamente avviato lo sterminio degli
ebrei e dei comunisti, soprattutto mediante fucilazione e non prima di aver
fatto scavate alle vittime fosse gigantesche. Le operazioni erano così efferate e
sanguinarie che perfino i carnefici soffrivano di turbe psichiche e fisiologiche lo
stesso Himmler nel 1941, dopo aver assistito ad una esecuzione di massa,
chiese di trovare modi “non sanguinari” di uccidere. Proprio per venire incontro
a queste esigenze vennero istituiti i campi di sterminio, la cui funzione
prevalente era quella di uccidere in modo “pulito”. A partire dal dicembre 1941
se ne costruirono 5 in aggiunta ad Auschwitz. In una riunione tenuta nel
gennaio 1942 a Wansee (vicino a Berlino) fu poi messa a punto la Endlosung (la
“soluzione finale” del problema ebraico). Secondo le stime presentate da
Heydrich, la questione doveva interessate tutti gli ebrei d’Europa, per un totale
stimato in 11 milioni. Ogni paese occupato o alleato doveva essere rastrellato e
gli ebrei dovevano essere trasferiti ad est per il “trattamento finale”, finché
l’Europa non fosse diventata Judenfrei (libera dagli ebrei). Dall’inizio del ’42
fino alla conclusione del conflitto il sistema dei campi di sterminio funzionò a
pieno regime e fu smantellato solo quanto giunsero gli eserciti alleati che
scoprirono le atrocità perpetuate. Fu cura dei nazisti in fuga distruggere quante
più prove possibili, per nascondere ogni traccia dei loro delitti. La sistematica
opera di demolizione di ogni prova coinvolse anche l’Italia: il 29 e 30 aprile
1945 gli ultimi nazisti in fuga facevano saltare in aria il forno crematorio del
Lager organizzato a Trieste all’interno della Risiera di San Saba, l’unico campo
di sterminio in Italia.
Shoa in ebraico vuol dire disastro, ma il termine è usato dagli storici per
indicare quell’evento orrendo caratterizzato dalla distruzione degli ebrei in
Europa: parte integrante del piano per l’instaurazione di un “Nuovo Ordine”
europeo che prevedeva anche l’eliminazione di coloro che venivano considerati
dai nazisti sotto-uomini (gli “asociali”, gli omosessuali, gli zingari, gli slavi, i
neri, ecc…) oppure degli oppositori politici (in primo luogo socialisti e
comunisti). Quest’opera di sterminio pianificata si fece strada piano piano nel
corso della guerra all’interno del gruppo di potere nazista. La sua premessa è
da ricercarsi nell’ideologia nazista, razzista e antisemita tedesca del primo
dopoguerra. Il Mein Kampf (la mia battaglia), scritto da Hitler in carcere nel
1924, sosteneva, infatti, la certezza che la storia fosse caratterizzata da una
lotta tra razze superiori destinate a vincere e razze inferiori destinate a essere
sottomesse. Hitler aveva ripreso questa misura di antisemitismo radicale e di
acceso antibolscevismo da Alfred Rosenberg, il teorico razzista del Terzo Reich,
che aveva denunciato l’esistenza di una "cospirazione giudaica mondiale
“sostenuta dai cosiddetti Protocolli dei Saggi di Sion. Dal punto di vista
legislativo nel periodo 1933-1939 ci si preoccupò di cancellare dalla vita
politica tedesca gli ebrei, gli “asociali”, gli oppositori, servendosi anche di leggi
che erano state approvate dalla repubblica di Weimar. La legislazione di
Weimar, infatti, classificava come asociali i disoccupati da lungo tempo, i
lavoratori irregolari, coloro che erano affetti da malattie invalidanti ed
ereditarie, le prostitute, quelli che erano stati espulsi dal lavoro e perfino coloro
che erano stati sorpresi sul tram senza biglietto. Tutte queste categorie erano
sottoposte ad un regime di assistenza, ma anche assoggettate ad uno stretto