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Un giorno ho letto questa poesia su un libro… non ricordo bene di chi fosse, ma

in fondo cosa importa chi parla, quando a parlare è il cuore? Io credo che a

modo suo ognuno sappia qualcosa della vita, qualcosa che rende unici i suoi

istanti e lui stesso. E alla fine arriverà anche per questo qualcuno una persona

che saprà apprezzare la sua unicità amandolo sinceramente. L’amore è forse

l’unico sentimento che ci permette ancora di definirci superiori agli animali, è

l’unica forza davanti a cui anche la ragione si ferma (sempre ammesso che

questa sia ancora fermamente radicata nell’uomo) e lascia libero spazio a noi

stessi per seguire ciò che sentiamo davvero.

Ma cos’è un bacio? “un

Se lo chiedessimo ad Edmond Rostand probabilmente ci direbbe che è

giuramento fatto un poco più da presso” ”un apostrofo rosa tra le

o

parole t’amo”.

Tecnicamente il bacio fu definito nel 19°secolo, dal medico statunitense Henry

Gibbons, come:

<< L'accostamento anatomico di due muscoli orbicolari della bocca in uno

stato di concentrazione>>.

Molti dicono sia la più grande espressione di sensualità, di eros... e…cos’è

l’Eros?

L’eros è la potenza primordiale che domina l’uomo, conducendolo dove vuole,

anche in rovina a volte. Ha una forza indomabile, irresistibile, legata al

desiderio che oltrepassa la volontà individuale di uomini e dei!...Eros!...Eros

come sogno, come desiderio, come fantasia segreta. Eros come istinto, come

pulsione viscerale, lontana dalla logica, dalla razionalità…Basta che due

schiene si sfiorino, in autobus o in metropolitana, per un momento o un attimo,

e a volte basta una mano, che si appoggia involontariamente sulla tua, un

odore

strano, una bocca socchiusa…una scollatura…un bottone sbagliato…tutto

questo è

l’ Eros. Prende forma, si impadronisce di te, ti incendia, e sei pronto a

pensare cose inimmaginabili… sono piccoli film, fotografie, che ti rimangono

stampate nella mente, come fossero ricordi realmente vissuti…

E adesso una statistica: sapete qual è il luogo in cui

vengono fatti più sogni erotici?...I semafori. Pare che la durata del semaforo

rosso sia equivalente alla durata media di un pensiero erotico…alle volte c’è

chi esagera. Ecco perché, quando scatta il verde, c’è sempre qualcuno che

rimane

piantato lì, e bisogna suonare…

Peee,Peee!...Rimetti i piedi a terra, sognatore distratto, tua moglie non è

Scarlett Johansson, tuo marito non è Johnny Depp, sono tutti e due molto meno

erotici! Però state tranquilli, perché c’è sempre un altro incrocio, e un altro

semaforo pronto a farsi rosso…solo per voi!!”

Come si può rappresentare il bacio?

Certo è, che se ora dovessero pormi questa domanda io risponderei: “Dipende

dalla propria concezione di bacio.”

Ognuno degli artisti che ora citerò, ne aveva una diversa e per certi versi

magari simile a quella degli altri.

A ognuno sta la scelta di ritrovare il “proprio” bacio.

Catullo : Carme V basia,

Catullo, per tutti ormai è il poeta dei di quei “baci” che sono la più alta

manifestazione di affetto, di complicità e di comunione che l’uomo è in grado di

riservare al suo simile. Tant’è vero che lascia sgomenti come con un bacio

Giuda tradisca il Maestro, l’Amico: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio

(Lc

dell’uomo?» 22, 48). Era lo stesso “bacio” con cui si apriva una delle pagine

Vulgata,

più strabilianti della Scrittura, che mi piace riproporre nella lingua della

osculetur me osculo oris

perché così per secoli è stata letta, recitata, cantata:

sui (Ct basium

1, 1). Certo, che in latino “bacio” non si dicesse solo appare

basium

evidente proprio da questo versetto: chi parlava latino poteva usare

osculum, savium.

come ma anche E non interessa qui indagare i contesti e i

significati più reconditi di ognuno di questi vocaboli: sappiamo che Catullo è

basium

stato il primo ad usare per indicare il “bacio”, e da quel momento in

poi, in italiano, come in altre lingue romanze, si è impiegato quel termine. Ecco,

basia.

allora, che Catullo è davvero il poeta dei E tanto ci basta.

Vivamus mea Lesbia, atque amemus,

rumoresque senum seueriorum

omnes unius aestimemus assis!

soles occidere et redire possunt:

nobis cum semel occidit breuis lux,

nox est perpetua una dormienda.

da mi basia mille, deinde centum,

dein mille altera, dein secunda centum,

deinde usque altera mille, deinde

centum.

dein, cum milia multa fecerimus,

conturbabimus illa, ne sciamus,

aut ne quis malus inuidere possit,

cum tantum sciat esse basiorum.

Carme di fondamentale importanza, il 5, per saggiare, intorno alla tematica

dell'amore, la novità delle posizioni dei poetae novi rispetto a quelle del mos

Catullo

maiorum. L'amore è vissuto da come l'esperienza capitale della propria

vita, capace di riempirla e di darle un senso. All'eros non è più riservato lo

spazio marginale che gli accordava la morale tradizionale (come ad una

debolezza giovanile, tollerabile purché non infrangesse certe limitazioni e

convenienze soprattutto di ordine sociale), ma esso diventa centro

dell'esistenza e valore primario, il solo in grado di risarcire la fugacità della vita

umana. Per Catullo l’amore non è inteso come un sentimento, ma come

qualcosa da vivere il più fisicamente possibile, come si può notare dall’uso di

parole appartenenti al linguaggio erotico. In altre parole, in Catullo ritorna uno

dei temi tipici della lirica di tutti i tempi: l’invito a godere della vita e

dell’amore, nella certezza che si tratti di doni fuggevoli e perciò tanto più

preziosi. Questa concezione della vita la si può vedere espressa in modo

esplicito nel carmen “Viviamo, mia Lesbia, e amiamo”. Qui ci troviamo proprio

all’inizio della relazione fra il poeta e Lesbia, e Catullo invita la sua amata a non

pensare alle maldicenze popolari e a baciarlo in continuazione, perché

potrebbe essere anche l’ultima volta che lo fanno.

Apuleio: Metamorfosi & Amore e Psiche

Nella letteratura latine, troviamo altre affascinanti storie di passione amorosa

che travolge e trasforma i protagonisti, plasmando il loro destino. Una delle

“Metamorfosi” (“Metamorphoseon

opere più interessanti a riguardo sono le

libri”) di Lucio di Apuleio (Madaura, 125 d.C.-180 d.C. circa), parzialmente

autobiografiche e composte da undici libri, noti fin dall’antichità anche con il

nome di “Asinus aureus” (“L’asino d’oro”): il genere cui il testo rimanda,

definito “romanzo”, manca in realtà di una fisionomia definita e appare come il

fabulae

risultato di stili diversi cui si aggiunge l’indispensabile rapporto con le

Milesiae per quanto concerne il carattere erotico-licenzioso di alcuni episodi. Vi

sono anche sottotrame nate da leggende popolari e l’elemento magico con il

quale si scontra e viene ribaltata la logica di vita dei singoli personaggi.

Il protagonista

narra la sua trasformazione in asino: l’intera vicenda assume i caratteri del

racconto esemplare; perciò Apuleio, apprezzabilmente, non calca mai la mano

su quanto vi è di scabroso nel suo romanzo. Prova della serietà moralistica

curiositas

dell’opera è la funzione di elemento strutturante svolta dalla di Lucio

che conduce il personaggio alla rovinosa trasformazione, dalla quale sarà

liberato solo dopo una lunga espiazione, culminata in un drastico cambiamento

di vita. Emblematico è il caso della bella favola di

"Amore e Psiche", che occupa addirittura due

libri; essa assume un valore fondamentale nei

confronti del destino di Lucio e, come il resto

delle Metamorfosi, ha un significato allegorico:

Cupido (identificato con il greco Eros, signore

dell'amore e del desiderio), unendosi a Psiche

(cioè l'anima), le dona l'immortalità; la donna, per

giungervi, deve affrontare innumerevoli prove, tra

cui quella di scendere agli Inferi per purificarsi. Anche la posizione centrale

della favola nel testo originale aiuta a capire ciò che lega questo "racconto nel

racconto" con l'opera principale; è infatti facile scorgere in tale favola una

"versione in miniatura" dell'intero romanzo, offrendone la corretta

decodificazione: come Lucio, anche Psiche è una persona "simplex et curiosa"

che compie un'infrazione, viene duramente punita, e solo in seguito a molte

peripezie potrà raggiungere la salvezza.

Appena sono contaminate dall’esperienza parallela di Psiche, le metamorfosi

del giovane devono essere lette come prove cui è sottoposto un essere che,

dopo un tempo di alienazione e di errabonde peripezie, è fin dall’inizio

promesso alla salvezza voluta dalla dea signora delle trasformazioni. Ma la

favola appare isolata dal contesto in cui è collocata ed è destinata

momentaneamente a fallire: la sua struttura di salvazione a lieto fine sarà

riattivata e portata a compimento col chiudersi della narrazione.

Tale storia esposta da Apuleio, nonostante la sua tradizione millenaria,

conserva intatto il suo fascino e ci fornisce l’esempio di un amore vissuto al

massimo della potenza e dell’intensità: i due protagonisti sono attratti da una

forza irresistibile e divengono, a mio vedere, l’emblema del sentimento puro cui

tutti dovremmo ispirarci.

Psiche è una bellissima principessa che causa l'invidia di Venere; quest’ultima

invia suo figlio Eros perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro

della Terra: Psiche doveva essere coperta dalla vergogna di questa relazione. Il

Dio Amore, però, s’innamora della mortale, la trasporta al suo palazzo e le

impone che gli incontri avvengano al buio per non incorrere nelle ire della

madre. Ogni notte Eros va alla ricerca di Psiche: i due bruciano la loro passione

in un amore che mai mortale aveva conosciuto.

Psiche è dunque prigioniera nel castello di

Eros, legata da un tormento che le travolge i

sensi. Una notte, istigata dalle sorelle e pronta

a tutto, la donna decide di vedere il volto del

“Sed cum

suo amante mentre egli dorme:

primum luminis oblatione tori secreta

claruerunt, videt omnium ferarum

mitissimam dulcissimamque bestiam,

ipsum illum Cupidinem formonsum deum

formonse cubantem, cuius aspectu

lucernae quoque lumen hilaratum

increbruit” (“Ma non appena il lume

rischiarò l'intimità del letto nuziale, agli

occhi di lei apparve la più dolce e la più

mite di tutte le fiere, Cupido in carne e

ossa, il bellissimo iddio, che soavemente

dormiva e dinanzi al quale la stessa luce

della lampada brillò più viva”) (5). È

questa bramosia di conoscenza ad esserle

fatale; una goccia cade dalla lampada e ustiona il suo sposo, il quale va via

mentre Venere scaglia la sua punizione,sottoponendo Psiche a diverse prove:

Hem audax et temeraria lucerna et amoris vile ministerium, ipsum

ignis totius deum aduris, cum te scilicet amator aliquis, ut diutius

cupitis etiam nocte potiretur, primus invenerit” (“Ohimè audace e

temeraria lucerna indegna intermediaria d'amore, proprio il dio d'ogni

fuoco tu osasti bruciare quando fu certo un amante ad inventarti per

godersi più a lungo, anche di notte il suo desiderio”) (5). L' ultima e la

più difficile consiste nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina

un' pò della sua bellezza: Psiche medita addirittura il suicidio, ed arriva molto

vicina a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la costruzione

si anima e le indica come assolvere la sua missione. Durante il ritorno, mossa

dalla curiosità a lei tanto cara, aprirà l'ampolla (datale da Venere) contenente il

“Cupido..diutinam suae

dono di Proserpina, ovvero il sonno più profondo:

Psyches absentiam tolerans per altissimam cubiculi quo cohibebatur

elapsus fenestram refectisque pinnis aliquanta quiete longe velocius

provolans Psychen accurrit suam detersoque somno” (“Cupido… non

sopportando più a lungo la lontananza di Psiche, era fuggito da

un'altissima finestra della stanza dove lo tenevano rinchiuso e,

volando più veloce del solito sulle ali rinvigorite dal lungo riposo,

accorse dalla sua Psiche”) (5). Ancora una volta verrà in suo aiuto Amore,

che la risveglierà dopo aver rimesso a posto la nuvola soporifera. Solo alla fine,

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