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Storia: la seconda rivoluzione industriale
Filosofia: Karl Marx (la lotte di classe)
Inglese: Victorian Age (Oscar Wilde)
Fisica: l'elettromagnetismo
Arte: l'architettura del ferro
Matematica: gli integrali
Scienze: i terremoti
Filosofia :
Marx e la lotta di classe
Marx deve molto agli economisti classici come Smith e Ricardo che gettarono
le basi della teoria secondo cui il valore deriva dal lavoro. Dallo studio degli
economisti classici, Marx ricava che alla massima produzione di ricchezza
corrisponde l’impoverimento massimo dell’operaio.
Marx spiega che la proprietà privata è un fatto che consegue dall’alienazione
del lavoro umano.
Marx distingue il suo socialismo scientifico dagli altri tipi di socialismo, e in
particolare da quello utopistico.
I socialisti utopisti hanno il merito di aver individuato antagonismo delle classi
nella società, però non hanno nemmeno trovato le condizioni materiali per
l’emancipazione proletariato, scivolando così nell’utopismo.
Essi criticano la società capitalistica, la condannano e la maledicono; ma non
sanno trovare una via d’uscita.
A questo tipo di socialismo Marx contrappone quello scientifico, che ha
scoperto la legge dello sviluppo del capitalismo e che può risolvere i suoi
mali.
Marx afferma che il lavoro non viene svolto per necessità , ma per la pura
sussistenza. Esso è un lavoro forzato reso tale dalla proprietà privata che è
fondata sulla divisione del lavoro.
L'operaio diventa tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che
produce.
Il superamento di questa situazione avviene, secondo Marx, attraverso
la lotta di classe che eliminerà la proprietà privata e il lavoro alienato.
Marx afferma che la storia di ogni società è fatta di lotta di classi.
Oppressi ed oppressori alla fine di ogni lotta sono arrivati ad una
trasformazione di tutta la società o alla rovina delle categorie sociali in
contesa.
La società capitalista era divisa in borghesia e proletariato.
Per borghesia s'intende la classe dei moderni capitalisti, proprietari dei mezzi
di produzione.
Per proletariato s'intende, invece, la classe dei moderni salariati, i quali, non 3
avendo mezzi di produzione propri, sono ridotti a vendere la loro forza-lavoro
per vivere.
Con la crescita del mercato mondiale e con la seconda rivoluzione industriale
nacque la società capitalista-borghese , che deteneva il dominio economico e
politico della società.
Il capitalismo ha dato vita alla sua contraddizione interna, il proletariato,
formato da operai organizzati e coscienti della propria forza e missione, che
porrano fine alla società capitalistica ed inizio a quella comunista, priva di
classi, della proprietà privata, dello Stato, della divisione e alienazione del
lavoro. Questo è il comunismo autentico, che Marx distingueva da quello
rozzo, consistente nell'attribuzione della proprietà privata allo Stato, che
ridurrebbe tutti gli uomini a proletari e negherebbe la personalità dell'uomo.
Però il comunismo procede per gradi:
Il primo passo è la dittatura del proletariato, il quale accentrerà tutti gli
strumenti di produzione nelle mani dello Stato attraverso vari provvedimenti
come l'abolizione del diritto di successione, l'ugual obbligo di lavoro per tutti,
l'istruzione pubblica gratuita ecc.
Il passo successivo è il salto nella libertà e quindi l'avvento del comunismo.
ITALIANO: 4
Il Naturalismo francese e il Verismo italiano
Nel secondo Ottocento, in un clima di generale fiducia nelle possibilità della scienza, si
affermano in Francia le teorie letterarie del Naturalismo. Non si tratta di una semplice
ripresa del concetto di Realismo, che aveva già caratterizzato certi aspetti della cultura
romantica, sulla base di una nuova attenzione alla condizione degli umili o ai passaggi
della storia, o che aveva connotato determinate fasi della cultura, come nel Settecento
illuminista.
Il Naturalismo si afferma invece come :
Pretesa di rappresentazione scientifica del mondo, secondo i metodi della
filosofia positivista e con l’obiettivo, laico e progressista, di un effettivo
miglioramento delle condizioni di vita, in particolare delle classi più disagiate.
Emile Zola (1840-1902), il primo ad usare il termine Naturalismo per contrassegnare un
programma narrativo in grado di rispecchiare la realtà. Nel 1880 Zola pubblica in
volume i suoi saggi. I punti fondamentali del libro sono:
1. Il rifiuto della letteratura romantica, in quanto è basata sulla fantasia e sul
sentimento invece che sull’analisi della realtà oggettiva.
2. L’ impersonalità del naturalista, il quale non interviene con i suoi commenti.
4. Narrazione basata sull’osservazione e sulla sperimentazione.
Lo scrittore quindi, diventa uno Scienziato sociale.
Il Naturalismo, porta con se aspetti nuovi, tra cui la rappresentazione di tutti i ceti
sociali a partire dal quarto stato per poi salire al più elevato, e l’utilizzo del linguaggio
parlato con frequenti ricorsi al gergo popolare della plebe parigina.
Il Naturalismo francese ebbe vaste ripercussioni nel nostro Paese : 5
Avvertiva la necessità di arrivare a un nuovo metodo, più pragmatico e positivo di
affrontare la realtà. Dall’incontro tra le esigenze oggettive sviluppatesi in Francia col
Naturalismo e il concetto romantico di vero, ebbe origine il Verismo italiano, per
indicare soprattutto la letteratura regionalistica basata sulla volontà di far apparire il
vero senza alcuna sovrapposizione dell’autore.
Giovanni Verga e il Verismo italiano
Secondo la visione del Verga, la rappresentazione artistica deve conferire al racconto
l’impronta di cosa realmente avvenuta; per far questo non basta che ciò che viene
raccontato sia reale e documentato; deve anche essere raccontato in modo da porre il
lettore “faccia a faccia col fatto nudo e schietto”, in modo che non abbia l’impressione
di vederlo attraverso “la lente dello scrittore”. Per questo lo scrittore deve “eclissarsi”,
cioè non deve comparire nel narrato con le sue reazioni soggettive, le sue riflessioni, le
sue spiegazioni, perché non ha il diritto di giudicare la materia che rappresenta.
L’autore deve “mettersi nella pelle” dei suoi personaggi, “vedere le cose coi loro occhi
ed esprimerle colle loro parole”.
In tal modo la sua mano “rimarrà assolutamente invisibile” nell’opera, tanto che l’opera
dovrà sembrare “essersi fatta da sé”, “esser sorta spontanea come un fatto naturale,
senza serbare alcun punto di contatto col suo autore”.
Alla base della visione di Verga stanno posizioni radicalmente pessimistiche: la società
umana è per lui dominata dal meccanismo della “lotta per la vita” un meccanismo
crudele, per cui il più forte schiaccia necessariamente il più debole.
Gli uomini sono mossi dall’interesse economico, dalla ricerca dell’utile, dall’egoismo,
dalla volontà di sopraffare gli altri. 6
E’ questa una legge di natura, universale, che governa qualsiasi società, in ogni tempo e
in ogni luogo, e domina non solo le società umane, ma anche il mondo animale e
vegetale.
Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non trova la felicità
sognata, anzi va immancabilmente incontro a sofferenze maggiori.
Questa visione della società rinnova il mito greco del fato (la credenza cioè in una
potenza oscura e misteriosa che regola imperscrutabilmente le vicende degli uomini),
ma senza accompagnarlo col sentimento della ribellione, in quanto non crede nella
possibilità di un qualsiasi cambiamento o riscatto.
Per il Verga non rimane all’uomo che la rassegnazione eroica e dignitosa al suo destino
(concezione fatalistica e immobile dell’uomo). Se è impossibile modificare l’esistente,
ogni intervento giudicante appare inutile e privo di senso, e allo scrittore non resta che
riprodurre la realtà così com’è, lasciare che parli da sé.
Il progresso: Il progresso è visto come un’onda immensa, inarrestabile, la cui forza
propulsiva travolge senza pietà i più deboli. Verga non partecipa a quella mitologia del
progresso che era dominante nell’opinione comune della sua epoca ed anzi insiste sui
suoi aspetti negativi: avidità, egoismo, vizi, irrequietudini.
Inoltre assume come oggetto della rappresentazione i “vinti”, quelli che sono schiacciati
dalle leggi inesorabili dello sviluppo moderno. I protagonisti dei suoi romanzi sono
appunto dei “vinti” nella “lotta per la vita” che domina la società contemporanea.
Il progresso porta alla caduta dei valori. Il Verga assume verso i “vinti” un
atteggiamento misto di pietà e di ammirazione: pietà per le miserie e le sventure che li
travagliano, ammirazione per la loro virile rassegnazione. Figura - simbolo della
grandezza e dell’eroismo umano è Padron ‘Ntoni dei Malavoglia. Verga inoltre aveva
una fede profonda in alcuni valori che sfuggono alle ferree leggi del destino e della
società: la religione della famiglia e della casa (intesa come centro di affetti e di
7
solidarietà), la dedizione al lavoro, il senso dell’onore e della dignità, la fedeltà alla
parola data, lo spirito di sacrificio.
In Verga ci sono due aspetti: uno simbolista che esaspera alcuni oggetti per darci la
misura dell’esistenza. L’altro realista per il grande rilievo che hanno nella sua opera i
casi umani.
Verga e Zola : Il Verga è diverso dallo Zola e dagli altri naturalisti francesi, anzitutto
perché non ha nessuna fiducia ottimistica nel rinnovamento della società, né alcuna
volontà di denuncia e di polemica sociale; poi perché nutre profondo rispetto per gli
umili, i primitivi: diversamente dai naturalisti francesi, egli non li guarda con distacco
scientifico ma come esseri umani. Inoltre, mentre Zola e i naturalisti francesi descrivono
quasi esclusivamente la vita del proletariato urbano, il Verga rappresenta la condizione
di tutti gli uomini, tutti ugualmente condannati al dolore e all’infelicità, tutti soggetti
ad un fato tirannico e crudele, dal quale nessuno potrà mai riscattarli.
“Rosso Malpelo”
Rosso Malpelo è una novella di . Questa novella, pubblicata nel è uno dei
Giovanni Verga 1880,
capolavori del In essa descrive la realtà di povertà e sfruttamento delle classi disagiate
Verismo.
in Sicilia alla fine del XIX secolo. Oltre a questo è anche un ritratto, umanissimo e di grande
8
attualità, di un adolescente (Rosso Malpelo), condannato dai pregiudizi e dalla violenza della
gente all'emarginazione e ad una tragica fine.
Lo stile della novella: Nonostante il principio dell'impersonalità, che caratterizza gli
scrittori veristi, Verga lascia trasparire nettamente di provare pietà per Malpelo, che è un
"vinto", perché non ha alcuna possibilità di sottrarsi al suo destino. Fa capire che i ragazzi come
lui reagiscono al male che viene loro fatto infliggendo altrettanta sofferenza e cercando di
reprimere i sentimenti di compassione pur di sopravvivere. Per rendere più realistico il
racconto, inoltre, decide di esprimersi con parole dialettali e modi di dire popolari, e per
descrivere Malpelo, lo paragona spesso ad una bestia.
Malpelo e la gente : Malpelo si chiama in questo modo perché è nato con i capelli rossi e
siccome secondo le leggende popolari sono segno di cattiveria, tutti diffidano di lui. La madre
non si fida del figlio, e quando torna a casa lo accoglie picchiandolo assieme alla sorella
maggiore. Si vergogna anche di farlo vedere in giro. Il ragazzo è forte e sano, ma è testardo e
aggressivo, e ama vendicarsi di soppiatto, prendendosi la colpa di tutto anche quando non
fiero orgoglio e disperata rassegnazione.
c'entra niente, mantenendo sempre il suo stato di Misciu
Lavora ad una cava dove si estrae la rena a Monserrato, e con lui lavora il padre, Mastro
Bestia. Costui è un uomo mite, che si accontenta di sgobbare al posto degli altri pur di
Misciu
procurarsi il pane. Lui e il figlio sono molto legati, infatti è l'unico ad avergli mai dato
Malpelo,
affetto, e appena gli altri operai deridono il pover'uomo, lo difende.
La morte di Mastro Misciu Bestia: Un giorno il padre deve terminare un lavoro:
Malpelo
eliminare un pilastro dalla cava, malgrado sia molto pericoloso. La sera tardi, mentre
gli sta dando una mano il pilastro cade all'improvviso addosso al genitore e muore . 9
Ranocchio: Dopo qualche tempo, nella cava viene a lavorare un ragazzino, piccolo ma aveva