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Economia: il marketing
Storia: Adolf Hitler
Italiano: Luigi Pirandello
Inglese: Samuel Beckett
Spagnolo: Miguel De Cervantes
follia si restringe facendo prevalere
la sua interpretazione allegorica;
prende vita così quel meccanismo che
renderà il folle una minaccia.
Nascono proprio in questo periodo le
prime strutture, che si diffondono a
macchia d'olio, condannati come
complici del male. Si svilupparono
anche gli studi filosofici e medici sulla
follia; importanti, infatti, sono gli
studi di Descartes sulla fisionomia del
cervello umano, poi proseguiti
nell’800 e nell'900. I filosofi giungono
anche a ipotizzare le cause: in
prossime dovute ad alterazioni del
sistema e del cervello; e in lontane,
dovute ad avvenimenti dell'anima
violenti o intensi, o a rapporti con
mondo esterno.
Nel campo medico e scientifico fu una
vera e propria rivoluzione con
l'avvento del metodo freuggiano e
con la Psicoanalisi.
La follia può essere catalogata per il
suo orientamento e per il suo scopo.
Per quanto riguarda l'orientamento
esistono due concetti nettamente
distinti di follia, uno orientato alla
società, l'altro all'individuo.
Nel proprio caso, specie nella
letteratura moderna, il pazzo è colui
che è più cosciente delle convenzioni
e delle assurdità della vita borghese
(Pirandello, "Uno, nessuno e
centomila"). Quindi, nel concetto di
salute psichica orientato alla società
l'uomo è sano quando è all'altezza dei
compiti che la società gli assegna.
Per il concetto umanistico sono,
invece, i criteri insiti nell’uomo stesso
a determinare che cosa sia la
malattia o la salute psichica.
Per quanto riguarda la catalogazione
a scopo, vi è la follia costruttiva, che
va a costruire una dimensione in cui il
proprio spirito è libero dalle
condizioni di prigione imposte dalla
vita e dalla società come le maschere
pirandelliane, dove il pensiero
divergente porta l'uomo a sfidare il
mondo e tentare di cambiarlo. Vi è
poi la follia distruttiva che, è portata
a distruggere qualsiasi cosa circonda
l'io con l'illusione di eliminare gli
ostacoli per la propria elevazione
spirituale; questo tipo di follia
porterà solo all'autodistruzione. Ne è
un esempio Hadolf Hitler.
STORIA
ADOLF HITLER, IL TRIONFO DELLA
FOLLIA NELLA STORIA
L'Italia fascista, l'Unione Sovietica di Stalin, la Germani Nazista, la
Jugoslavia di Tito sono stati i luoghi dove la follia ha preso il
sopravvento sulla democrazia e ha determinato il completo abbandono
della razionalità e del buon senso trascinando popoli interi verso la più
totale perdizione, e verso l'eccitazione della violenza e della crudeltà in
un modo barbaro ed eclatante, come non era mai successo prima nella
storia dell'umanità.
Eppure la follia non è da ricercare solo nei grandi uomini, quali Stalin,
Hitler e Mussolini, ma soprattutto nel popolo russo, tedesco e italiano
che avrebbe potuto lasciare quelle volare al vento, anziché mostrare
quell'entusiasmo e quello smisurato fanatismo che condusse
inconsapevolmente verso lo sgretolamento della giustizia della libertà.
Le tre dittature che predominano nel novecento sono tra di esse
diametralmente opposte, benché in tutte rimanga costante
l'esasperato nazionalismo, la violenza antidemocratica e
anticostituzionale, la fondazione di un governo autoritario, il culto della
personalità, la repressione degli oppositori, il controllo ideologico delle
attività culturali e sociali e lo smoderato uso della pubblicità per
ottenere il consenso dei "sudditi".
La dittatura bolscevica incomincia nel 1927 quando Stalin vince la dura
lotta contro Trotskij e sole al potere. Il suo scopo era di diffondere il
socialismo in ogni parte del mondo, ma per rendere possibile ciò egli
riteneva necessario trasformare l'Unione Sovietica, il primo paese
socialista, in uno di grande potenza industriale, come le rivali
d'occidente. Inizia così la politica dei piani quinquennali e brutali
processi contro chi era in dissenso con la politica di Stalin, spesso
accusati per crimini inesistenti e ritenuti "nemici del popolo" e
sostenitori del ”trotzkismo". Chiunque fosse ritenuto un traditore era
deportato ai campi di concentramento della Siberia.
In Italia la situazione non era inferiore. Il 2 gennaio 1925 Benito
Mussolini, capo del governo, impone definitivamente e ufficialmente la
dittatura. Con le "leggi fascistissime" furono dichiarati decaduti i
deputati aventiniani, e quelli rimasti vennero perseguitati e incarcerati;
il Parlamento fu trasformato in Camera dei Fasci e delle Corporazioni;
furono sospesi il diritto allo sciopero e la libertà di stampa; furono
abolite le elezioni amministrative e il sindaco prese il nome di podestà,
i giornali dell'opposizione furono sequestrati e poi "fascistizzati"; fu
stabilita la pena di morte per i reciti politici e furono istituiti il tribunale
speciale per la difesa dello Stato e l'Ovra, la polizia politica. Lo scopo di
Mussolini era di rapportare l’Italia alla gloria e alla fama dell'Impero
Romano, e alla supremazia su tutti gli altri popoli. Nelle scuole furono
introdotte materie come la cultura militare e fascista, e fu data
grandissima importanza all'educazione fisica perché gli italiani
dovevano mostrarsi come un popolo di atleti e di guerrieri, proprio
come i loro antenati romani. Le Camicie Nere, al servizio del duce,
affollarono le città italiane in modo che il processo di "fascisticazzione
dello Stato" fosse compiuto, anche se con la forza e la violenza.
Fu in Germania che la follia si espanse maggiormente e più
atrocemente. La grande massa della popolazione tedesca vide in Adolf
Hitler il suo più grande esponente, il "führer", la guida che avrebbe
portato il popolo ariano alla massima glorificazione con la fondazione
dei Terzo Reich, il terzo Impero tedesco dopo l’Impero germanico
medioevale e quello proclamato alla riunificazione della Germania.
L'intera nazione tedesca era catturata dalla potenza di Hitler e credeva
ciecamente nelle sue parole e nelle sue azioni.
LA LUCIDA FOLLIA DI HITLER
La lucida follia di Hitler
“In luogo dell’odio contro altri ariani, dai
quali tutto può separarci, ma ai quali tuttavia ci
unisce comunanza di sangue e di civiltà,
dobbiamo votare al furore generale il perfido
nemico dell’umanità, l’ebreo, il vero autore di
tutte le sofferenze. Il nazionalsocialismo deve
fare in modo che, almeno nel nostro paese, il
mortale avversario sia riconosciuto e che la lotta
contro di esso mostri anche agli altri popoli la via
della salvezza dell’umanità ariana… Se all’inizio
e durante la Guerra si fossero tenuti sotto i gas
velenosi quei 15.000 ebrei marxisti corruttori del
popolo, come dovettero restare sotto i gas,
centinaia di migliaia dei migliori tedeschi di tutti
i ceti e di tutti i mestieri, non invano sarebbero
Mein
periti al fronte milioni di vittime” (
Kampf).
La politica antisemita, l'orrore dell'olocausto, la persecuzione
anticomunista parte di un programma accuratamente organizzato il cui
tentativo era di disumanizzare questi uomini, spogliarli della loro libertà e
dignità, renderli schiavi della superiorità tedesca, e infine privarli della
vita stessa. E proprio in questo "progetto di annientamento" che consiste
la lucida follia di Hitler.
La follia esaminata nel profilo psicologico e nella vita di Hitler.
Figlio di un padre autoritario e repressivo, Adolf Hitler nasce nella
piccola cittadina austriaca di Braunau am Inn nel 1889. La precoce
morte della madre (alla quale era estremamente legato), inoltre,
lascia profonde ferite nel suo animo. Iscrittosi alla scuola Reale di Linz,
è un allievo problematico e dal rendimento non certo brillante.
Faticava a integrarsi, a studiare e ad avere un rapporto armonico
con studenti e professori. Il risultato di questo disastroso "iter"
scolastico è che di lì a qualche anno abbandona l'istituto. Si trasferisce
allora a Vienna cercando di entrare all'Accademia di Belle Arti, spinto
da certe velleitarie tendenze artistiche (testimoniate anche da
numerosi quadri). L'Accademia però lo respinge per ben due anni
consecutivi, generando in lui notevole frustrazione, alimentata
anche dal fatto che, non possedendo una licenza superiore, è
impossibilitato a iscriversi alla facoltà di Architettura, possibile nobile
ripiego alle bocciature in Accademia. Il suo quadro psicologico,
così, tende a farsi preoccupante. Sono anni bui, segnati fra l'altro
da episodi di vagabondaggio e d’isolamento sociale (senza
contare il grave decadimento fisico a cui questo stile di vita lo stava
conducendo). Si racconta che girasse, ironia della sorte, nei ghetti
ebraici come un fantasma, vestito di un soprabito nero e sformato
(donatogli da un occasionale amico ebreo) e molto trascurato
nell'aspetto. Negli anni di Vienna, comincia a sviluppare il suo
odioso e ossessivo antisemitismo. Per vivere, deve rassegnarsi a
fare l'impiegato, mentre nel tempo libero discute di politica con amici e
conoscenti, con una veemenza tale da lasciare spesso esterrefatti gli
interlocutori. I suoi discorsi, spesso fluviali e monologanti, sono
contrassegnati da estrema decisione, punti di vista privi di sfumature e
da un'esaltazione della violenza come soluzione per i problemi
che affliggono la società. In particolare, contesta ferocemente le
teorie marxiste e bolsceviche, soprattutto per il loro rifiuto dei valori
borghesi e capitalistici. Il solo sentir parlare di comunismo gli
provoca crisi isteriche. Nel suo delirio, comincia ad addossare agli
ebrei le colpe più assurde, di essere internazionalisti e materialisti
(quindi contro la supremazia dello stato nazionale), di arricchirsi a
scapito dei cittadini di altre religioni, di minare la supremazia della
razza tedesca nell'Impero, ecc. Nel 1913 decide di partire per Monaco e
nel 1914, dinanzi al Consiglio di revisione a Salisburgo, viene riformato
per cattive condizioni di salute. Quando, il 1° agosto 1914, c'è la
dichiarazione di guerra, Hitler è addirittura felice e non vede
l'ora di partecipare all'"impresa". Scoppiata quindi la prima guerra
mondiale si distingue sul campo guadagnandosi numerosi
riconoscimenti militari. Nel 1918 però la Germania venne sconfitta e la
cosa lo getta nello sconforto. Naufragavano quell'Impero e quella
vittoria, per la quale aveva appassionatamente combattuto per quattro
anni. Bisogna rilevare, per una comprensione maggiore delle cause che
porteranno la Germania a scatenare il successivo conflitto e per capire
fino a che punto egli fosse in grado di intercettare gli umori dei suoi
connazionali, che questo senso di frustrazione e di umiliazione per la
sconfitta era comune a tutti i tedeschi del tempo. Successivamente,
sempre a Monaco (siamo nel 1919), inizia la sua attività politica vera a
propria costituendo l'anno seguente il Partito Nazionalsocialista
dei lavoratori tedeschi (NSDAP).Gli esordi sono burrascosi, tanto che
in seguito alle sue attività di agitatore è arrestato. Durante la prigionia
scrive il "Mein Kampf" orrendo manifesto della sua ideologia, aumenta
il suo sentimento di nazionalismo, razzismo, e convinzioni circa
la superiorità di una presunta “razza ariana", odio contro
ebrei, marxisti e liberali.
Pubblicato intorno al 1925 e si articolava in cinque punti
fondamentali:
Il concetto di razza: i Tedeschi avevano il
• diritto di affermare la superiorità della razza
tedesca, discendente di quella ariana e perciò
la più pura;
La difesa della razza: essendo la “razza
• padrona", i Tedeschi dovevano dominare il
mondo e le "razze schiave". Inoltre dovevano
preservare la purezza della razza, venne quindi
instaurato l'obbligo ai Tedeschi di sposarsi solo
tra di loro; e in più furono sterminati i malati di
mente, le persone deboli, gli infermi e
chiunque fosse un portatore di handicap;
La comunità razziale: lo stato nazista doveva
• espandersi sino a creare una comunità che
abbracciasse tutti i tedeschi puri nel mondo;
Il culto della personalità: era un principio già
• presente nella dittatura fascista e in quella
comunista. Il Capo era l'incarnazione di tutte le
virtù e dei principi di autorità, per cui
bisognava sottostare ai suoi ordini;
Lo spazio vitale: i Tedeschi avevano il diritto di
• espandersi e di conquistare Jegemonia in
Europa, fino a estendersi verso est in Polonia,
Cecoslovacchia e Russia. Questi territori