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Filosofia: Arthur Schopenhauer; Sigmund Freud
Italiano: Ugo Foscolo (Le ultime lettere di Jacopo Ortis; A Luigia Pallavicini caduta da cavallo; All'amica risanata) Gabriele D'Annunzio (La pioggia nel pineto); Umberto Saba (A mia moglie); Eugenio Montale (Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale)
Latino: Amore e Psiche
Arte: Antonio Canova (Amore e Psiche); Gustav Klimt (Il bacio)
Fisica: le forze attrattive
Geografia astronomica: Venere
Matematica: i limiti
dell’indipendenza italiana. Intanto fallivano i tentativi di insurrezione e dei patrioti mazziniani. A Sapri Carlo Pisacane e i
compagni, scesi nel Sud a portare la liberazione, furono scambiati per briganti dal popolo, che aiuto le truppe borboniche
a massacrarli. Anche i repubblicani e i democratici (tra cui Garibaldi) si resero allora conto che l’unica speranza per
l’Italia era rappresentata dal Piemonte. Con gli accordi di Plombières (1858) il Piemonte si legò alla Francia,
ottenendone l’aiuto in caso di aggressione austriaca e promettendole Nizza e Savoia. Forte di quest’appoggio, Vittorio
Emanuele II iniziò a radunare un esercito ai confini con la Lombardia, costringendo l’Austria a dichiarare guerra il 29
aprile 1859 (seconda guerra d’indipendenza). La sconfitta degli austriaci spinse anche l’Italia centrale a ribellarsi,
formando governi provvisori. Il re francese, spaventato dai nuovi sviluppi, firmò privatamente con l’imperatore Francesco
Giuseppe l’armistizio di Villafranca, che sancì la cessione della Lombardia al Piemonte. Cavour offrì a Napoleone III
Nizza e la Savoia in cambio del riconoscimento dell’annessione al Piemonte dell’Italia centrale, che avvenne nel 1860
tramite plebisciti. Al completamento dell’unione venne ad aggiungersi il Sud (Regno delle due Sicilie) grazie alla
coraggiosa spedizione dei Mille guidati da Garibaldi. Col pretesto di un intervento per evitare la rivoluzione nel regno di
Napoli, il Piemonte inviò un esercito che conquistò Marche e l’Umbria. Il 17 marzo 1861 fu proclamato il regno d’Italia
con capitale Torino, poco dopo moriva Cavour.Alleata con la Prussia, nel 1866 l’Italia combatté la terza guerra
d’indipendenza, conclusa con la cessione di Venezia al regno Italiano. Dopo la conquista del Veneto si aprì la questione
romana. Al progetto di Roma come capitale del nuovo Stato si opposero Pio IX, che condannò ufficialmente le riforme
liberali, e i cattolici francesi, sui quali poggiava il governo di Napoleone III. La caduta dell’imperatore francese diede il
via libera alla conquista di Roma, avvenuta nel 1870.
Chi dice donna dice Risorgimento
A fare il Risorgimento non furono solo patrioti come Giuseppe Mazzini, Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe
Garibaldi.
Al loro fianco c'erano donne valorose che si vestivano da uomo per partecipare all’impresa dei Mille, che scendevano in
piazza durante le Cinque giornate di Milano e aprivano le porte dei loro salotti per accogliere i pensatori e permettere ai
patrioti di organizzare strategie e piani di liberazione. “L’Italia è donna”, si dice, alludendo al fatto che, nell’iconografia
ufficiale, la Repubblica Italiana è rappresentata da una statuaria figura femminile col capo cinto dalla corona turrita. E le
donne, nelle imprese che hanno portato all’unità d’Italia, hanno compiuto azioni di grande coraggio e intraprendenza,
forse non ancora conosciute quanto meriterebbero. Prendiamo, ad esempio, le Cinque Giornate di Milano: quanti sanno
che nel marzo 1848, tra i patrioti accorsi da tante regioni d’Italia a combattere contro gli austriaci, c’era anche un
contingente di 200 napoletani guidati dall'aristocratica rivoluzionaria Cristina di Belgioioso, detta la «principessa rossa»
per il suo attivismo politico? Nata a Milano nel 1808, Cristina di Belgioioso fu cara amica di Giulia Beccaria, madre di
Alessandro Manzoni. Dopo il fallimento dei moti del '31 si era stabilita a Parigi, dove il suo salotto era diventato un punto
di riferimento per intellettuali ed esuli come Gioberti, Fauriel, Thiers, Poerio, Tommaseo, Maroncelli.
Oltre alla principessa di Belgioioso, le Cinque Giornate di Milano ebbero come protagoniste tante giovani patriote di ogni
classe sociale. C’era Luisa Battistotti Sassi, moglie di un artigiano, che vestita con l’abito della guardia nazionale, la
striscia tricolore al petto e la gonna a campana si batté valorosamente, salvando la vita a molti insorti rimasti accerchiati.
O la diciassettenne Giuseppina Lazzaroni, scappata di casa per mettere la sua mira infallibile al servizio della difesa di
Porta Comasina. Oppure Paola Pirola, che combatté per cinque giorni fino a quando, sfinita dalla stanchezza, il fucile le
esplose fra le mani, amputandole due dita.
Gli innumerevoli episodi che videro protagoniste le patriote italiane impressionarono anche il maresciallo Radetzky, che
così commentò le eroiche giornate milanesi: «Il carattere di questo popolo mi sembra cambiato, il fanatismo ha pervaso
ogni età, ogni ceto, ogni sesso». Durante l’esperienza mazziniana della Repubblica Romana, le donne furono impegnate in
operazioni militari ad alto rischio. Quando ancora non esistevano quei ricercati congegni che si usano oggi per
disinnescare gli esplosivi, le ausiliarie della Giovine Italia erano in prima linea nel raccogliere e disattivare bombe. In che
modo? Lo racconta un giornale dell’epoca: «Tengono pronte delle masse di creta, e non appena cade una bomba o una
granata, la coprono con essa e ne impediscono lo scoppio».
Simili manifestazioni femminili di amor patrio non impedirono che, sul finire dell’Ottocento, il presidente del Consiglio
Francesco Crispi si opponesse con queste parole alla proposta di voto alle donne: «Quando voi distaccate la donna dalla
famiglia, e le gittate nella pubblica piazza, voi fate, o signori, della donna non più l’angelo consolatore della famiglia, ma
il demone tentatore...».
Il sentimento dell’amore trova ampio spazio nella filosofia di Schopenhauer, che prospetta una visione
essenzialmente materialistica.
Per Schopenhauer la vita è un continuo alternarsi di dolore e noia: il dolore è
provocato dal bisogno, dal desiderio non appagato. Quando però questo desiderio
Schopenhauer trova il suo appagamento, subentra la noia e questa situazione si ripete all’infinito
come un circolo improduttivo. Schopenhauer ricorre a tre vie di liberazione dal
dolore: l’arte, la morale e l’ascesi.
L’amore, a primo impatto, potrebbe sembrare un’altra via di fuga dal dolore, ma non è così, anzi, è visto dal
filosofo come un’estrema forma di dolore. Schopenhauer ne distingue due tipi: l’eros e l’agape(pietà). L’eros è
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un istinto distruttivo che non porta nulla di buono. Esso è atto alla perpetuazione della specie, ed esiste solo
sotto forma di impulso sessuale. Anche chi crede di essere realmente innamorato, secondo il filosofo di
Danzica, in realtà inconsciamente sta solo cercando di perpetuare la specie. Anche l’ideale di bellezza ha questo
scopo: l’uomo, cercando il bello, cerca di migliorare la sua specie. Insomma, l’amore è visto come un semplice
bisogno fisiologico e un atto procreativo tanto che, dopo il momentaneo godimento successivo all’atto sessuale,
l’uomo non prova appagamento, perché non ha fatto nulla per sé, ma ha semplicemente obbedito alla Natura, di
cui è lo «zimbello», e al quale la stessa ha affidato la missione di procreazione. Il simbolo dell’amore sensuale
diventa così la mantide religiosa, che prima si accoppia, poi uccide il suo partner. Dunque Schopenhauer,
privando ormai l’amore di ogni aspetto romantico e di ogni idealizzazione, afferma che l’amore altro non è se
non:
“Due infelicità che s’incontrano, due felicità che si scambiano e una terza
infelicità che si prepara”.
Poiché, generando una nuova vita, si destina inevitabilmente a quella sofferenza che è comune a tutti gli uomini.
La pietà, invece, è l'unica forma positiva d’amore: per Schopenhauer infatti è l’unico amore degno di elogio con
cui noi compatiamo il nostro prossimo e giungiamo a identificarci col suo tormento.
L'amore autentico è sempre compassione; e ogni amore che non sia
“
compassione è egoismo.”
Pur sempre avendo una concezione materialistica dell’amore, Freud concepisce questo sentimento come fonte di piacere e
soddisfazione fisica. Per comprendere al meglio questa teoria da lui formulata, dobbiamo far dapprima riferimento alla
psiche umana. Freud, infatti, pone l’accento sull’importanza della sessualità infantile per lo sviluppo corretto della
personalità futura dell’individuo. Attraverso gli studi sull'isteria Freud, generalizzando,
Freud perviene a un originale modello della mente umana. La psiche non è un'unità monolitica ma,
complessa e strutturata, costituita da un certo numero di sottosistemi. Il medico viennese
afferma che la maggior parte della vita mentale si svolge al di fuori della coscienza e della
ragione, in una dimensione psichica, una sorta calderone di impulsi irrazionali, che egli chiama
"inconscio". Con una celebre metafora, Freud sostiene che, se la mente è un iceberg, il conscio (l'attività cosciente
sottoposta alla ragione) è solo la punta dell'iceberg: quasi tutta l'attività psichica si svolge in modo sommerso e
inconsapevole. L'inconscio è diviso in due parti:
Il preconscio, che comprende la "memoria" solo momentaneamente indisponibile ma che, in virtù di un piccolo
sforzo di attenzione, può riemergere alla coscienza.
L'inconscio vero e proprio, dove risiedono i ricordi stabilmente al di fuori dalla portata della coscienza,
mantenuti in quel luogo da una forza.
detta "rimozione", e che possono riemergere solo grazie a specifiche tecniche, come l'ipnosi (successivamente
abbandonata) e il c. d. metodo delle associazioni libere. Il metodo delle associazioni libere consiste nel chiedere al
paziente, disteso tipicamente su di un lettino, di abbandonarsi al corso dei propri pensieri liberamente, sospendendo la
censura della logica. Nella pratica terapeutica, lo sforzo consiste nel far riemergere il contenuto dell'inconscio. Nella
terapia tutto deve essere messo al servizio della cura, compreso quel fenomeno tipico che è il transfert, ossia, l’emergere
di sentimenti ambivalenti (d'amore e di odio) che il paziente finisce per nutrire nei confronti del suo terapeuta, riflesso dei
sentimenti che provava, in età infantile, nei confronti delle figure genitoriali. L'attaccamento nei confronti del terapeuta è
interpretato, di solito, in modo positivo, come condizione preliminare del successo terapeutico. Quella descritta qui, la
suddivisione della mente in conscio, preconscio e inconscio, è detta "prima topica". Essa è stata elaborata nel cap. VII
dell'Interpretazione dei sogni del 1900. La seconda topica è invece ideata da Freud più tardi, vero il 1920 e
distingue tre "luoghi" l'Es, il Super-io , e l'Io.
L'Es è l'insieme di forze pulsionali regolate dal principio del piacere. Esso porta alla gratificazione immediata dei
bisogni e delle necessità biologiche dell'individuo. L'Es ignora la logica (Es. il principio di non contraddizione) e
non ha principi morali. 5
Il Super-io è invece la coscienza morale, l'insieme delle proibizioni che sono stata instillate all'uomo nei primi
anni di vita e che lo accompagnano sempre, anche in forma inconsapevole.
L'Io infine, è la parte organizzata della personalità, che si trova a fare i conti con i tre "severi padroni": l'Es, il
Super-io e la realtà esterna. Spinto dall'Es, stretto dal Super-io, respinto dalla realtà esterna, l'Io lotta per stabilire
l'armonia tra le forze in gioco.
In condizioni normali, l'Io riesce a essere un buon arbitro, ma nella nevrosi, può accadere che l'Es prendi il sopravvento, o
che sia troppo penalizzato. Questa distinzione tra Es, Super-io ed Io è dunque la "seconda topica” di Freud.
In un'opera di straordinaria importanza per la psicologia - almeno quanto L'origine della specie di Darwin lo è stato per la
biologia - "l'interpretazione dei sogni", Freud sostiene la tesi che: i sogni sono un appagamento camuffato di un desiderio
rimosso.
Per il padre della psicanalisi i sogni ci rivelano l'inconscio e i suoi desideri. Lo fanno però non in modo diretto, ma
presentandoci una sequenza di scene oniriche che sono il risultato di successivi camuffamenti e censure dovute al fatto