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Numerose altre scoperte e invenzioni (come ad esempio lo stetoscopio) consentirono enormi

progressi nel campo della chirurgia e in generale delle condizioni igienico-sanitarie negli ospedali e

nella vita quotidiana delle famiglie. Furono ad esempio gli studi di Ignac F. Semmelweis a

dimostrare che l'alto tasso di mortalità delle donne dopo il parto era in buona misura dovuto a

infezioni trasmesse dai medici stessi durante il parto. Questo complesso di scoperte e invenzioni

permise nel giro di pochi decenni di migliorare le condizioni igienico-sanitarie di gran parte delle

popolazioni dei paesi industrializzati, di abbattere l'alto tasso di mortalità infantile, e di innalzare

notevolmente l'età media della popolazione e le aspettative di vita degli individui.

Terminata ormai la fase delle unificazioni nazionali che riguardarono paesi come Italia e Germania,

cominciò una difficile ricerca dell’equilibrio.

Dal punto di vista politico, i governi europei accentuarono la tendenza a soluzioni autoritarie

utilizzate soprattutto per reprimere le spinte nazionalistiche dei diversi popoli appartenenti alla

stessa nazione. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia (1861), il potere fu gestito dalla Destra

storica che attuò una politica di rigido accentramento. Uno dei più importanti avvenimenti di fine

‘800 fu la questione meridionale. Il divario dal nord fu determinato da vari fattori: assenteismo di

grandi proprietari, carenza di una borghesia imprenditoriale, distaccata da campagne e città (Napoli,

Palermo…).

Alcune crisi agricole aggravarono ulteriormente la situazione e il divario con l’industrializzato nord

- Italia. Come risposta a tale situazione si verificarono nuove rivolte contadine e tendenze

separatiste che accusavano di "rapina" la classe dirigente del nord. Il brigantaggio fu un’ulteriore

conseguenza e prese pian piano l’aspetto di una guerra civile tra esercito e contadini ribelli.

Verso la fine dell’800 venne pareggiato il bilancio statale e si verificò l’avvento al governo della

Sinistra con Depretis, succeduto dieci anni dopo da Crispi. In questo periodo si modificò, inoltre,

l’assetto della società industriale europea. In economia si passò dal liberismo al protezionismo, in

cui lo Stato interveniva direttamente per regolare gli squilibri economici.

Dalla fine dell’800 all’inizio del 900, si avvertì una nuova fase di espansione economica, con la

diffusione di nuove tecnologie grazie alla scoperta dell’elettricità e all’uso del petrolio come fonte

di energia. Le conseguenze del progresso si manifestarono per lo più nelle società Occidentali dove

la borghesia urbana cominciò ad accedere sempre più ai beni di consumo prodotti dall’industria; il

mercato si espanse e migliorò il livello della vita; ma il progresso presentò ben presto anche il suo

lato negativo dovuto soprattutto ai nuovi metodi di produzione come la catena di montaggio che

portò ad un lavoro sempre più meccanizzato e ripetitivo.

Dal punto di vista sociale il fenomeno più rilevante era costituito dall’emergere delle masse nella

vita civile. L’ascesa delle classi medie lavoratrici e della piccola borghesia rivelarono la ristrettezza

di un sistema in cui la partecipazione era limitata a pochi cittadini, benestanti e maschi. Nacquero

pian piano organizzazioni partitiche in grado di mobilitare, attorno a programmi le masse; nacquero

cooperative e sindacati, le prime molto presenti nelle campagne.

Contraddistingue l’indirizzo generale della cultura europea ed italiana della seconda metà dell’800

dando importanza ai fatti concreti ed abbandonando quindi i problemi non reali del Romanticismo.

Il realismo assume il nome di positivismo in filosofia; naturalismo in Francia (1850-1890) con

l’esponente Emile Zolà, padre fondatore di questa nuova corrente con le sue opere tra cui

Assomuar, che trattava i temi di ereditarietà e ambiente; ed infine in Italia prende il nome di

Verismo con gli esponenti Capuana e Verga.

Il Verismo nasce in Italia nella seconda metà dell’800 come conseguenza degli influssi del

Positivismo che suscitò nell’intellettuale fiducia nel progresso scientifico. L’influenza del

Positivismo si manifestò in vari settori, fra i quali la letteratura. Esso è un movimento filosofico che

nasce in Francia attorno alla metà dell’800 e si diffonde grazie al francese A.Comte e all’inglese

Darwin.Verso la fine degli anni ’70, grazie all’impegno critico di Luigi Capuana e al genio narrativo

di Giovanni Verga, si afferma il Verismo.

Fra i principali motivi che contribuirono all’affermazione di questo movimento vi fu prima di tutto

la crescente attenzione verso lo sviluppo del sapere scientifico, che sembra fornire gli strumenti più

adeguati all’osservazione e alla spiegazione dei fenomeni naturali e dei comportamenti umani. Il

secondo elemento determinante fu l’emergere della questione sociale in genere e in particolare, il

diffondersi dell’interesse per le condizioni di vita del Meridione, un argomento che costituiva la

materia privilegiata per quell’analisi oggettiva della realtà che i nuovi orientamenti della cultura

consideravano un’esigenza primaria. Un ulteriore motivo di diffusione fu la volontà di favorire la

crescita del livello culturale dei ceti popolari.

La dottrina del Verismo fu elaborata nel centro culturale più vivace di quel periodo, l’ambiente

milanese. Colui che ne enunciò per primo i canoni teorici fu L. Capuana e il suo romanzo

"Giacinta", può essere considerato un vero e proprio manifesto programmatico della nuova poetica.

Sulle sue teorie esercitarono il loro influsso i modelli del realismo inglese, ma soprattutto i romanzi

del naturalista francese Emile Zola. Le idee del Capuana sul romanzo, ebbero una palese influenza

su tutto il gruppo della Scapigliatura lombarda e in particolare su G. Verga, che fu spinto verso il

definitivo abbandono della maniera tarda romantica.

Il Verismo che si diffonde in Italia, deriva direttamente dal Naturalismo, ma è fedele alle indicazioni

provenienti dalla Francia più nella teoria che nell’applicazione concreta. Verismo e Naturalismo

condividono una narrativa realistica, impersonale e scientifica, che non lascia trapelare nessun

intervento né giudizio da parte del narratore, mentre differiscono per quanto riguarda i contesti dove

sono ambientate le vicende. Il Naturalismo si focalizzava di norma su ambienti metropolitani e

classi (dal proletariato all’alta borghesia) legate alle grandi città e al loro sviluppo; il Verismo

invece, privilegiava le descrizioni di ambienti regionali e municipali e di gente della campagna. La

piccola provincia e la campagna, con la miseria e l’arretratezza, gli stenti e le ingiustizie sociali

divennero i luoghi e i temi prediletti de esso e contribuirono in modo decisivo a svelare aspetti

profondi o addirittura sconosciuti della realtà sociale.

 L’IMPERSONALITA’; cioè, i personaggi si presentano da se mentre il romanzo si racconta

da se, va via quindi il narratore onnisciente;

 Il DOCUMENTO UMANO CHE DIVENTA DOCUMENTO SCENTIFICO;

 Il LINGUAGGIO, ovvero, l’abbassamento del livello della lingua con uso di terminologie

popolari di ambientazione contadina;

 DISCORSO INDIRETTO LIBERO.

GIOVANNI VERGA nasce a Catania il 2 settembre 1840. Il nonno paterno era stato capo della

carboneria Vizzinese. Il padre, di Vizzini, discendeva dal ramo cadetto di una famiglia alla quale

appartenevano i baroni di Fontabianca. La madre apparteneva ad una famiglia della borghesia

Catanese.

Compiuti gli studi primari e medi, frequenta la scuola di Antonio Abate, mediocre letterato, ma di

ingegno vulcanico. In questi dieci anni alla scuola dell’Abate, Verga legge Dante, Petrarca,

Ariosto, Tasso, Manzoni.

Per un’epidemia di colera, la famiglia si trasferì a Tebidi e in questa circostanza Verga incontra

una fanciulla di una bellezza pallida e bruna che nel ricordo, suggerirà tratti e vicende della

protagonista del romanzo “Storia di una Capinera”. Nel 1857 porta a compimento il suo primo

romanzo “Amore e patria” ambientato all’epoca della rivoluzione americana. Il romanzo rimase

ed è tuttora inedito.

Il Verga adolescente non fa ancora un uso appropriato della grammatica e dell’ortografia, eppure

riesce già ad immaginare e a tessere una vastissima tela sul tema della guerra rivoluzionaria degli

Americani del nord contro la Gran Bretagna. Nel 1858 si iscrive alla facoltà di legge all’università

di Catania, senza dimostrare tuttavia propensione alcuna per gli studi giuridici, abbandonati nel

1861. Nel 1860 si arruola nella guardia nazionale istituita dopo lo sbarco di Garibaldi. Ottiene poi

l’esonero militare.

Nel 1861 inizia la pubblicazione in quattro tomi del romanzo “i carbonari della montagna”,

portata a termine l’anno seguente, nel quale descrive la lotta del popolo calabrese, sotto la guida

carbonara, contro gli invasori francesi di Murat.

In questi suoi primi romanzi non importa tanto sottolineare l’impaccio e l’immaturità espressiva,

quanto la prima apparizione di un problema di tecnica narrativa che interesserà lo scrittore per

tutta la vita: quello dal punto di vista in cui porsi per narrare la vicenda.

Nel 1865 si reca a Firenze e da questo momento la città diverrà meta frequente dei suoi viaggi.

Nel 1869 lascia Catania per trasferirsi a Firenze dove frequenta i migliori salotti della città. Inizia

la fraterna amicizia con Luigi Capuana e scrive “storia di una capinera”, che è una denuncia

sociale del tempo: narra la storia di una ragazza orfana, Maria, cresciuta in un collegio di

monache. Prima di prendere i voti trascorre un mese nella casa del padre e della matrigna: qui per

la prima volta conosce il mondo e si innamora del giovane Nino. Ma non avendo alcuna dote,

torna al convento per prendere definitivamente il velo. Non dimentica il suo amore. Tanto che

sfiora la follia nel momento in cui viene a sapere del matrimonio di Nino e della sorellastra. È uno

dei primi romanzi brevi (o storia lunga) scritto e pubblicato da Giovanni Verga: un romanzo

epistolare con elementi romanzati, che viene però presentato come documento di vita vissuta.

Verga e Capuana Nel 1872 si trasferisce a Milano, dove si stabilirà per

circa un ventennio, interrompendo il soggiorno solo

con periodici viaggi in Sicilia. Entra a fare parte

degli scapigliati, che erano dei poeti controcorrente,

nel 1873 esce, a Milano, Eva che suscita scandalo nei

critici di parte moderata avversi al naturalismo. Nel

1875 compare Eros e Tigre reale. Solo con Eros

Verga giungerà ad una narrazione oggettiva e

distaccata, tutta in terza persona, mentre

successivamente con l’adesione al verismo, farà

ricorso all’impersonalità. Dopo un silenzio di tre anni

nel 1878 esce un racconto che si discosta fortemente

dalla materia e dal linguaggio della sua precedente

narrativa, le passioni raffinate e artificiose, il

soggettivismo esasperato, la lirica melodrammatica,

si tratta di Rosso malpelo la storia di un garzone di

miniera che vive in un ambiente duro, disumano,

narrata con un linguaggio nudo e scabro, che

riproduce il modo di raccontare di una narrazione

popolare. È la prima opera della svolta verista,

ispirata ad una rigorosa impersonalità. Il Verga, in effetti, si proponeva fermamente di dirigere

il vero, rifiutando ogni etichetta di scuola. Diceva in

una lettera di se stesso: “Ho cercato sempre di essere vero, senza essere né realista né idealista, né

romantico, né altro”.

Verga suscitò molto interesse 1877 a Zola, per la sua ricostruzione di ambienti e psicologie

popolari, che davano l’impressione diretta della realtà vissuta, e soprattutto, per il suo linguaggio,

che riproduceva il gergo dei sobborghi operai parigini. Nel 1866 con dedica a Zola escono una

serie di opere, ma fallisce la sua ambizione di proporsi come modello di una nuova narrativa di

impianto naturalista, restando tutto sommato, prigioniero della tradizione del romanzo psicologico

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