Concetti Chiave
- Boccaccio utilizza la peste come cornice storica nel "Decameron", ispirandosi all'epidemia del 1348 a Firenze.
- Nella sua opera, la peste è vista come un castigo divino e un mezzo di purificazione per la rinascita sociale e morale.
- I 10 giovani protagonisti rappresentano la rinascita, allontanandosi dalla città per sfuggire alla malattia e iniziare una nuova vita.
- Manzoni descrive la peste del 1600 come un casus per il ritorno di Renzo a Milano, con un evidente focus sulla Provvidenza divina.
- La peste in Manzoni non è terrificante, ma sottolinea il potere divino che supera quello terreno, come nel caso di Don Rodrigo.
La PESTE in Boccaccio e Manzoni
Se in Boccaccio vediamo la peste con tratti che farebbero pensare al cristianesimo, ma comunque in un’ottica moderata, tutt’altro traspare nella descrizione della peste di Manzoni. Egli nei capitoli XXXI e XXXII fa riferimento ad un altro avvenimento storico, la pestilenza del 1600. Essa, pur non avendo il ruolo di cornice del racconto, ha un’altra funzione importante: deve rappresentare il casus per cui Renzo torni a Milano e sposi Lucia. Essa nella descrizione non ha nulla di orrido, spasmodico e terrificante come quella di Boccaccio, ma serve per mettere in risalto il castigo divino, e come per quanto un uomo possa avere un potere terreno non è nulla in confronto a quello divino: ne è un esempio Don Rodrigo, il quale, potente signorotto, viene velocemente piegato dalla peste. Manzoni vede la sua opera in un alone chiaramente cristiano, mettendo in risalto il ruolo della Provvidenza: essa, dopo aver mandato il flagello per punire i malvagi, lo rimuove con una divina pioggia che elimina il contagio.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo della peste nell'opera di Boccaccio?
- Come viene descritta la peste da Manzoni nei suoi capitoli?
- In che modo Boccaccio e Manzoni differiscono nella rappresentazione della peste?
- Qual è l'importanza della Provvidenza nell'opera di Manzoni?
Boccaccio utilizza la peste come cornice storica per elevare la sua raccolta di novelle a un "canzoniere", rappresentando la pestilenza come un castigo divino e un mezzo di purificazione per la rinascita della società e dei suoi valori.
Manzoni descrive la peste come un casus per il ritorno di Renzo a Milano e il suo matrimonio con Lucia, evidenziando il castigo divino e il potere della Provvidenza, senza l'orrore e il terrore presenti nella descrizione di Boccaccio.
Boccaccio vede la peste come un castigo divino e un mezzo di rinascita, mentre Manzoni la utilizza per sottolineare il potere della Provvidenza e il castigo divino, con un approccio chiaramente cristiano.
La Provvidenza è centrale nell'opera di Manzoni, poiché invia la peste per punire i malvagi e poi la rimuove con una pioggia divina, dimostrando che il potere divino supera quello terreno.