Concetti Chiave
- Il rito delle sati, dichiarato illegale nel 1829 da Lord William Bentinck, prevedeva l'immolazione delle vedove sulla pira del marito, ed era considerato un atto di devozione estrema.
- Nonostante la sua abolizione, la pratica era profondamente radicata in regioni come il Rajputana, e ci vollero anni per eliminarla completamente, con Jaipur che la soppresse solo nel 1846.
- Il rito delle sati è erroneamente associato all'induismo, sebbene non sia menzionato nelle sue sacre scritture, ma deriva da pratiche culturali che controllavano la donna come essere inferiore.
- La tradizione affonda le sue radici in miti come quello della dea Sati, e storicamente fu rafforzata da eventi come il johuar, un suicidio collettivo visto come un gesto di difesa dell'onore.
- Nonostante l'opinione pubblica contraria, ci sono stati casi isolati di vedove che hanno cercato di auto-immolarsi, attratte dall'onore e dalla gloria che circondavano la pratica.
Indice
Abolizione del rito sati
Il 4 dicembre 1829, il governatore d’India, lord William Bentinck, fece dichiarare illegale il rito delle cosiddette sati, le vedove che volontariamente si immolavano sulla pira del marito defunto. Questa pratica venne equiparata a un qualsiasi altro delitto criminale e in quanto tale venne represso e punito.
Le persone coinvolte nel sacrificio di una vedova (o perché avevano fatto ricorso alla violenza per costringerla a questo gesto, o perché avevano fatto pressione) furono dichiarate colpevoli di omicidio e il tribunale deliberò d’infliggere loro la pena capitale.Persistenza e resistenza culturale
In Rajputana, regione situata a ovest dell’ India, questo costume era fortemente radicato e fu necessario aspettare ancora molti anni per giungere alla sua completa proibizione. Nella città di Jaipur questa pratica fu soppressa solo nel 1846.
Oggi l’opinione pubblica è largamente contraria al rito delle sati e non esercita più alcuna pressione sulle vedove.
Nonostante ciò da allora non sono mancati casi di vedove che hanno cercato di raggiungere il rogo funerario del marito intenzionate a morire.
A.S. Altekov, autore di un libro della vita delle donne indù, racconta che nel 1946 sua sorella riuscì ad abbandonarsi alle fiamme dopo il decesso dello sposo, nonostante l’esistenza di un figlio e l’opposizione della sua famiglia.
Radici mitologiche e culturali
Il rito delle sati affonda le sue radici nell’antica mitologia induista. La dea Sati, nipote di Brahma e moglie del dio Shiva, adirata contro il padre perché aveva umiliato il marito, invocò il fuoco nel quale si gettò pregando fino a essere ridotta in cenere. Nella cultura tradizionale, questo atto di immolazione volontaria è percepito come un divino esempio di devozione nei confronti del marito compiuto da una donna >: la stessa devozione che si domanda alle spose indiane.
Controllo sociale e sacrificio
Ma al di là del mito, il rito delle sati non ha nulla a che vedere con l’induismo e non è menzionato in nessuna delle sacre scritture di questa religione. Le ragioni che hanno portato all’ istituzione del rito delle sati vanno ricercate nello stesso substrato culturale che ha dato origine alla dote, alla vedovanza perpetua, ai matrimoni prematuri: a tutte quelle pratiche, cioè, che mirano a controllare la donna in quanto essere inferiore, a cui va negato ogni merito per il totale vantaggio della controparte maschile.
Un esame attento conferma, infatti, che il rito delle sati cominciò a imporsi in epoca medioevale soprattutto tra le caste sacerdotali e militari. Tra queste caste (le più elevate), la donna, in quanto moglie, era vista come un peso poiché non contribuiva all’ economia familiare. Considerata solo una proprietà del marito, senza di lui la donna era ritenuta una nullità: l’immolazione rappresentava dunque per lei una logica, seppur tragica, prospettiva.
Storia e sacralità del rito
Alcuni avvenimenti storici, realmente accaduti, hanno poi contribuito a rafforzare la sacralità del rito. In epoca medievale, quando l’India si trovava sotto la minaccia del sultano di Dehli, il rito delle sati assunse la forma di un suicidio collettivo o johuar: le moglie dei soldati morti o nelle mani del nemico, ormai sole e indifese, si gettavano in massa nel fuoco con l’intenzione di difendere e preservare il proprio onore minacciato dal nemico in arrivo. Ancora oggi canti tradizionali inneggiano alle gesta di queste vedove esaltandone il sacrificio estremo.
Sati e johuar rimandano al significato del mito nella cultura indiana. Il succo della loro esistenza sta infatti proprio nella sacralità del rito, in quell’ alone di onore e di gloria che lo rende così attraente per tante donne.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il ruolo di lord William Bentinck riguardo al rito delle sati?
- Quali sono le radici culturali del rito delle sati?
- Come veniva percepita la donna nelle caste sacerdotali e militari in relazione al rito delle sati?
- Qual è il legame tra il rito delle sati e il johuar?
- Qual è l'opinione pubblica attuale riguardo al rito delle sati?
Il 4 dicembre 1829, lord William Bentinck, governatore d'India, dichiarò illegale il rito delle sati, equiparandolo a un delitto criminale e punendolo severamente.
Il rito delle sati affonda le sue radici nell'antica mitologia induista, ma non è menzionato nelle sacre scritture dell'induismo. È legato a pratiche culturali che mirano a controllare la donna, considerata inferiore.
Nelle caste sacerdotali e militari, la donna era vista come un peso economico e una proprietà del marito. Senza di lui, era considerata una nullità, rendendo l'immolazione una prospettiva logica, seppur tragica.
Il johuar era una forma di suicidio collettivo durante le minacce del sultano di Dehli, dove le vedove si immolavano per preservare l'onore. Entrambi i riti sono legati alla sacralità e all'onore nella cultura indiana.
Oggi l'opinione pubblica è largamente contraria al rito delle sati e non esercita più alcuna pressione sulle vedove, sebbene ci siano stati casi isolati di tentativi di immolazione.