Concetti Chiave
- Lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori visse il suo periodo più significativo negli anni '70, sostenuto da un ampio consenso politico e giuridico.
- La prima fase (1970-1973) vide l'affermazione socio-politica dello Statuto, che divenne un simbolo di mobilitazione per il movimento operaio e sindacale.
- Nella seconda fase, lo Statuto si stabilizzò giuridicamente nella società italiana, nonostante alcune limitazioni nel rispondere a tutte le esigenze del mondo del lavoro in evoluzione.
- Verso la fine del decennio, lo Statuto affrontò una crisi dovuta a critiche politiche e ideologiche e a una disconnessione con la realtà socio-economica del tempo.
- Il Comitato di difesa e lotta contro la repressione usò lo Statuto in modo "rivoluzionario", sfruttando le sue contraddizioni per sostenere lotte politiche e sindacali alternative.
Indice
L'importanza dello Statuto negli anni '70
Lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori in questo decennio visse la stagione più importante della sua trentennale esistenza. Il largo favore politico e giuridico dello Statuto nelle vicende sindacali e del lavoro di quegli anni infatti, venne messo in discussione solo a partire dal 1979, in concomitanza con i primi segnali della crisi sindacale e in generale del mondo del lavoro edificato sul modello fordista.
Sulla stessa linea interpretativa, anche la stagione di ascesa politica e giuridica dello Statuto, si realizzò grazie a fattori differenti, che oggi ci permettono di delineare due fasi principali in cui si concretizzò il decennio d’oro della legge 300.Fasi di affermazione dello Statuto
La prima fase fu quella dell’affermazione socio-politica dello Statuto e la si può indicare nel lasso di tempo ’70-’73. In un contesto socio-sindacale altamente conflittuale, il movimento operaio e sindacale, nonostante critiche provenienti “da sinistra” e “da destra”, investì la legge di un forte valore simbolico per alimentare la spinta alla mobilitazione, affermare gli stessi diritti sanciti dalla legge e rispondere alla forte domanda di giustizia proveniente dai lavoratori. L’apporto della legge all’affermazione dei diritti dei lavoratori e del movimento sindacale, non fu solo effetto della sua applicazione giudiziaria per reprimere quelle situazioni che di fatto bloccavano la costituzione ai cancelli delle fabbriche, ma anche e soprattutto per un effetto indiretto, cioè extragiudiziale.
La seconda fase fu invece caratterizzata dalla stabilizzazione e dall’affermazione giuridica della legge nella società italiana, che da una parte ne aumentò l’uso più accorto da parte del sindacato secondo una più forte logica del
rischio organizzazione e dall’altra stabilizzò notevolmente il dibattito tra gli
operatori del diritto e tra questi e il movimento sindacale.
In questa seconda parte, nonostante si ravvisarono dei temi su cui lo Statuto non riusciva ad incidere, lo Statuto completò la sua opera di inserimento nel nuovo sistema di relazioni industriali edificato dall’autunno caldo.
Crisi e dibattiti sullo Statuto
Fu poi sul finire del decennio che lo Statuto entrò in crisi, in un processo di
accerchiamento politico ed ideologico a cui si affiancò una non perfetta aderenza
alla realtà socio-economica in continua evoluzione. Una non perfetta aderenza che iniziò a svelare le prime rughe e che inaugurò i primi dibattiti per il suo superamento/abolizione degli anni successivi.
Uso alternativo dello Statuto
Nel periodo subito dopo lo Statuto molti comitati di base e consigli di fabbrica fecero un largo uso della legge anche senza l’appoggio del sindacato, facendo leva sia sulla parte di essa che attribuiva diritti in capo al singolo lavoratore, sia cercando di attribuirsi quei diritti preposti a sostegno delle organizzazioni sindacali ufficiali, grazie all’apporto politico e giuridico di comitati di avvocati e giuristi e anche di giudici aperti ad un “uso alternativo del diritto”.Questa linea di tendenza si connetteva ad ambienti politico-sindacali e giuridici che sin dai primi mesi di vita dello Statuto ne criticarono le lacune e risvolti politici “da sinistra”. La peculiarità di tale visione stette nel fatto che, nonostante questi ritennero lo Statuto una “brutta” legge (perché la sua applicazione avrebbe comportato un arretramento dei diritti dei lavoratori, violando di fatto alcuni diritti costituzionali e comportato un raffreddamento del conflitto) essi fecero un largo degli strumenti forniti dallo Statuto. Ad essere messi sotto accusa furono praticamente tutti gli articoli dalla legge, specialmente quelli previsti nel Titolo III, perché colpevoli di espropriare i diritti di libertà conquistati con le lotte per attribuirli alle organizzazioni sindacati o riconsegnarle in mano ai datori di lavoro. L’esperienza di maggior rilievo dell’uso “rivoluzionario” dello Statuto fu quello del Comitato di difesa e lotta contro la repressione: un gruppo di avvocati e giuristi milanesi protagonisti del sessantotto studentesco. Il Comitato riteneva:
In questa prospettiva il processo e la vertenza in genere, possedeva uno “stile” d’intervento alternativo, in quanto momento parallelo di una più larga lotta politica. L’uso dello Statuto fu quindi sempre collegato ad una lotta corrispondente che si andava attuando nella fabbrica, in un senso di sostegno esterno alla lotta. L’uso rivoluzionario dello Statuto ebbe molto successo soprattutto nelle aree di forte mobilitazione di base, cioè nel triangolo industriale, mentre non ebbe fortuna nelle zone di basso conflitto e dove era presente un sindacato vecchio e istituzionalizzato. L’azione di questi gruppi fu varia e soprattutto alternativa.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il periodo più significativo per lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori?
- Quali sono le due fasi principali dell'affermazione dello Statuto negli anni '70?
- Come ha contribuito lo Statuto all'affermazione dei diritti dei lavoratori?
- Quali critiche sono state mosse allo Statuto dai comitati di base e dai consigli di fabbrica?
- Qual è stata l'esperienza più rilevante dell'uso "rivoluzionario" dello Statuto?
Il decennio degli anni '70 è stato il periodo più significativo per lo Statuto, con una forte affermazione socio-politica e giuridica, fino ai primi segnali di crisi nel 1979.
La prima fase (1970-1973) è stata caratterizzata dall'affermazione socio-politica, mentre la seconda fase ha visto la stabilizzazione e l'affermazione giuridica dello Statuto nella società italiana.
Lo Statuto ha contribuito non solo attraverso l'applicazione giudiziaria, ma anche tramite un effetto indiretto extragiudiziale, alimentando la mobilitazione e rispondendo alla domanda di giustizia dei lavoratori.
Le critiche riguardavano le lacune e i risvolti politici dello Statuto, considerato una "brutta" legge che avrebbe potuto comportare un arretramento dei diritti dei lavoratori e un raffreddamento del conflitto.
L'esperienza più rilevante è stata quella del Comitato di difesa e lotta contro la repressione, che ha utilizzato le strutture legali e giudiziarie come parte di una lotta politica non riformista, soprattutto nelle aree di forte mobilitazione di base.