Concetti Chiave
- Cavour cercò di provocare l'Austria alla guerra per ottenere un casus belli, coinvolgendo Garibaldi e i Cacciatori delle Alpi.
- La prima fase della guerra fu caratterizzata da un'abile strategia franco-piemontese che portò alla liberazione di Milano e della Lombardia.
- Nella seconda fase, l'esercito austriaco, sotto il comando dell'imperatore Francesco Giuseppe, tentò un'offensiva ma fu sconfitto a Solferino e S. Martino.
- L'armistizio di Villafranca, firmato da Napoleone e Francesco Giuseppe, segnò la fine della guerra, con la Lombardia ceduta alla Francia e poi al Piemonte.
- La conclusione della guerra fu vista come un tradimento dagli Italiani, ma necessaria per la Francia a causa delle pressioni prussiane.
Indice
Provocazioni e inizio del conflitto
Cavour, dato il carattere difensivo dei patti di Plombières, cercava in ogni modo di provocare
l'Austria alla guerra: chiamò a sé Garibaldi e gli affidò organizzazione di un corpo di volontari, i Cacciatori delle Alpi, che dovevano marciare a confine con l'Austria.
L'Austria, di fronte a queste provocazioni, inviò un ultimatum al Piemonte per l'immediato disarmo dei volontari: e poiché il parlamento piemontese oppose un rifiuto, dichiarò la guerra (23 aprile 1859).
II 29 aprile l'esercito austriaco, agli ordini del generale Giulay, passò il Ticino, puntando su Tormo; ma trovò un ostacolo inatteso sulle rive della Sesia, tra Pavia e Vercelli, dove i Piemontesi avevano allagato le risaie.
Questo ostacolo fu fatale al Giulay, perché frattanto i Francesi, giunti parte per terra (Moncenisio) e parte per mare (attraverso l'Appenino Ligure, poterono congiungersi coi Piemontesi, mentre Napoleone IIIassumeva il comando supremo.
Strategie e movimenti militari
L'esercito franco-piemontese operò allora un piano strategico geniale: finse di ammassarsi sulla destra del Po, come per tentare di passare il fiume a Piacenza, ripetendo il piano di Napoleone I nel 1796; mentre in realtà il grosso dell'esercito doveva passare il Ticino più a nord, puntando con la maggiore celerità possibile su Milano, allo scopo di tagliare agli Austriaci la via del Quadrilatero.
Battaglie decisive e avanzate
Infatti, mentre i Franco-Piemontesi fingevano di puntare su Piacenza, infliggendo al nemico la sconfitta di Montebello (20 maggio), il grosso dell'esercito francese, approfittando della ferrovia Alessandria-Novara, raggiungeva rapidamente il Ticino e lo passava al ponte di Boffalora.
Intanto Vittorio Emanuele, per mascherare il movimento, si scontrava con gli Austriaci a Palestra (31 maggio), e, con l'aiuto di un reggimento di zuavi francesi, lo respingeva tanto valorosamente da meritarsi da parte di costoro il titolo di caporale d'onore.
II Giulay, accortosi dell'equivoco, accorse allora per arrestare l'avanzata nemica su Milano; ma fu sbaragliato a Magenta (4 giugno) dal generale francese Mac Mabon, a cui Napoleone diede poi il titolo di « Duca di Magenta ».
Tre giorni dopo Napoleone III e Vittorio Emanuele II facevano il loro ingresso trionfale a Milano, mentre gli Austriaci si ritiravano nel Quadrilatero, sgombrando tutta la Lombardia.
Garibaldi e le sue conquiste
Frattanto Garibaldi, coi suoi Cacciatori delle Alpi, aveva varcato il Ticino a Sesto Calende, aveva sconfitto gli Austriaci a Varese e a S. Fermo, era entrato a Como; per Lecco, Bergamo, Brescia, era passato in VaItellina, con lo scopo di penetrare nel Trentino e tagliare la ritirata agli Austriaci da quella parte.
La seconda fase della guerra si svolse sulle rive del Mincio.
L'esercito austriaco, che ora si trovava sotto il comando dello stesso imperatore Francesco Giuseppe ( il Giulay era stato deposto per incapacità), avendo ricevuto rinforzi, volle ritentare l'offensiva, e, ripassato il Mincio, occupò le alture a sud del Garda.
Napoleone III volle allora sloggiare gli Austriaci da quelle alture e rigettarli al di là del Mincio; ma il 24 giugno i Francesi a Solferino e i Piemontesi a S. Martino si trovarono di fronte a una resistenza accanita, e solo dopo ripetuti assalti riuscirono ad aver ragione dell'avversario.
Dei 300.000 uomini, che presero parte alla duplice battaglia, gli Austriaci ne persero ben 22.000, gli alleati 17.000: cifre impressionanti per quei tempi.
Armistizio e conseguenze politiche
Tutto procedeva favorevolmente, quando all'improvviso Napoleone concluse con Francesco Giuseppe l'armistizio di Villafranca (11 luglio 1859), per il quale la Lombardia era ceduta alla Francia, che a sua volta ne faceva dono al Piemonte; mentre la Toscana, Parma, Modena e le Romagna avrebbero dovuto tornare ai loro principi legittimi, ma senza intervento straniero (intendi, dell'Austria).
L'armistizio di Villafranca fu considerato dagli Italiani un vero tradimento; ma dal punto di vista francese esso costituiva una inevitabile necessità, perché la Prussia, temendo la rinascita di una egemonia napoleonica in Europa, andava mobilitando ai confini della Francia.
Ad ogni modo, mentre Vittorio Emanuele II subì con molta amarezza il fatto compiuto e Cavour indignato rassegnò le proprie dimissioni.
Napoleone cercò di lenire la cosa rinunciando a Nizza e alla Savoia.
Domande da interrogazione
- Qual era la strategia di Cavour per provocare l'Austria alla guerra?
- Come si è svolta la prima fase della Seconda Guerra di Indipendenza?
- Quali furono le conseguenze della battaglia di Solferino e S. Martino?
- Quali furono le reazioni all'armistizio di Villafranca?
- Quali furono le conseguenze politiche dell'armistizio di Villafranca per Cavour e Vittorio Emanuele II?
Cavour cercava di provocare l'Austria alla guerra organizzando un corpo di volontari, i Cacciatori delle Alpi, guidati da Garibaldi, per marciare al confine con l'Austria.
La prima fase iniziò con l'invasione austriaca del Piemonte, ma l'esercito franco-piemontese, con un piano strategico, riuscì a sconfiggere gli Austriaci a Magenta e a entrare trionfalmente a Milano.
La battaglia di Solferino e S. Martino fu sanguinosa, con pesanti perdite per entrambi gli schieramenti, ma alla fine gli alleati riuscirono a prevalere sugli Austriaci.
L'armistizio di Villafranca fu visto dagli Italiani come un tradimento, mentre per la Francia era una necessità per evitare un conflitto con la Prussia.
Cavour, indignato, rassegnò le dimissioni, mentre Vittorio Emanuele II accettò con amarezza il fatto compiuto. Napoleone cercò di mitigare la situazione rinunciando a Nizza e alla Savoia.