Concetti Chiave
- La Breccia di Porta Pia nel 1870 segnò l'annessione di Roma al Regno d'Italia, trasferendo la capitale da Firenze a Roma, nonostante le resistenze papali.
- Otto von Bismarck, cancelliere prussiano, fu il principale artefice dell'unificazione tedesca, consolidando la Germania come potenza egemone in Europa attraverso la Machtpolitik e alleanze strategiche.
- La Francia della Terza Repubblica, dopo le tensioni tra repubblicani e monarchici, stabilì una solida Costituzione nel 1875, favorendo riforme sociali significative negli anni Ottanta.
- In Inghilterra, le politiche di Gladstone e Disraeli portarono a riforme sociali ed elettorali cruciali, affrontando questioni come il diritto di sciopero e l'istruzione, mentre il Labour Party emerse come forza politica influente.
- L'epoca della Seconda Rivoluzione Industriale vide un'espansione economica e innovazioni tecnologiche come l'elettricità e nuovi metodi di produzione, trasformando società e mercati in un contesto di crescente urbanizzazione.
Indice
- Garibaldi e la spedizione contro lo Stato Pontificio
- Unificazione tedesca e Bismarck
- Francia e la Terza Repubblica
- Riforme di Gladstone in Gran Bretagna
- Seconda rivoluzione industriale
- Politica italiana e Triplice Alleanza
- Crispi e la politica coloniale italiana
- Partito Socialista Italiano e riforme sociali
- Belle époque e innovazioni tecnologiche
- Guglielmo II e la Germania imperiale
- Affaire Dreyfus e politica francese
- Politica britannica e Labour Party
Garibaldi e la spedizione contro lo Stato Pontificio
Nel 1867, Garibaldi e i suoi uomini tentarono una spedizione contro lo Stato Pontificio. Invasero rapidamente parte del Lazio ma, giunti a Mentana, furono sconfitti e respinti da un contingente dell’esercito francese schierato a difesa dei territori papali. Il 20 settembre 1870 aprirono un varco nella cinta muraria della città, presso Porta Pia, per entrare a Roma ed occuparla interamente, tranne i palazzi del Vaticano. Il 3 febbraio 1871, con un plebiscito, ci furono centinaia di migliaia di voti favorevoli all’annessione e, così, la capitale del Regno d’Italia fu trasferita da Firenze a Roma. Nel maggio del 1871 fu varata la legge delle guarentigie, con cui il Regno d’Italia si impegnava ad assicurare a Pio IX le condizioni ottimali per l’esercizio del suo magistero spirituale, riconoscendogli tutte le prerogative di un capo di Stato. Pio IX nel 1874 giunse addirittura a vietare ai suoi fedeli di partecipare alla vita politica del Regno d’Italia. Con questo ordine (“Non expedit”) soltanto chi si asteneva dal voto ed evitava di presentare la propria candidatura alle elezioni poteva dirsi un buon cattolico.
Unificazione tedesca e Bismarck
Il principale artefice dell’unificazione tedesca era stato il cancelliere prussiano Otto von Bismarck, che portò la Germania ad esercitare un’egemonia indiscussa sull’Europa continentale, per mezzo della Machtpolitik, che promosse il potenziamento delle industrie, delle infrastrutture, dell’esercito, della flotta e dello sviluppo di armamenti all’avanguardia. Egli varò anche misure protezionistiche, che posero freno a una possibile cooperazione internazionale basata sul rispetto del principio di libero scambio. Per trasformare la compagine dei 25 staterelli tedeschi in un organismo istituzionale unico e ben organizzato si optò per un modello che in apparenza garantiva molte autonomie ai diversi Stati regionali ma che in realtà era fortemente accentrato e prussificato. Il potere legislativo era affidato al Reichstag e al Bundesrat, ma era condizionato dal peso che la Costituzione riconosceva all’imperatore e al cancelliere l’esecutivo. Il potere e il prestigio di Bismarck si fondavano sull’appoggio del blocco sociale dominante, formato dall’aristocrazia terriera e militare degli Junker e dall’alta borghesia imprenditoriale dei banchieri e degli industriali, e sulla burocrazia civile e militare. Il modello politico creato da Bismarck esaltava la centralità dello Stato e privilegiava gli interessi dei conservatori. Nel 1871 nacque il Zentrum e nel 1875 fu fondata la SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands) e Bismarck li osteggiò entrambi, convinto che potessero costituire una minaccia per la stabilità delle istituzioni. Nel 1872 lanciò contro i cattolici il Kulturkampf, che mirava ad imporre il controllo dello Stato sulla Chiesa e sulle organizzazioni cattoliche. Negli anni Ottanta il Parlamento tedesco approvò una serie di leggi a tutela delle classi lavoratrici, che istituivano assicurazioni obbligatorie contro le malattie e gli infortuni sul lavoro e creavano un sistema di assistenza per l’invalidità professionale e per la vecchiaia. Dopo l’unificazione, decise di costruire per la Germania il ruolo della grande potenza mediatrice, forte e temibile ma intenzionata ad agire come arbitro sulla scena geopolitica internazionale. Fu favorito dalla politica britannica di non intervento nelle faccende continentali e riuscì ad avvicinare alla Germania l’Austria-Ungheria e la Russia, con la quali stipulò il patto dei tre imperatori nel 1873, per poi firmare nel 1882 la Triplice Alleanza con l’Austria-Ungheria e l’Italia. Nel 1877 la Russia dichiarò guerra all’Impero Ottomano, lo sconfisse e nel marzo 1878 gli impose una pace onerosa che prevedeva l’indipendenza di Serbia, Montenegro e Bulgaria e la nascita di un protettorato austro-russo sulla Bosnia, che avrebbe sancito la quasi totale egemonia russa nei Balcani. Dunque, Bismarck decise di convocare a Berlino un congresso fra le grandi potenze. La Serbia e il Montenegro rimasero indipendenti, la Bulgaria rimase indipendente ma venne ridimensionata. La Bosnia-Erzegovina fu dichiarata autonoma ma affidata temporaneamente all’amministrazione austriaca, Cipro passò alla Gran Bretagna e alla Francia si lasciò intendere che nessuno l’avrebbe ostacolata se avesse tentato di strappare la Tunisia agli Ottomani. Nel 1882 fu stipulata la Triplice Alleanza, con delle ambiguità: Italia e Austria si erano combattute a lungo e il Trentino e la Venezia Giulia erano ancora sotto al dominio di Vienna, ma fu l’Italia ad insistere per entrare nel sistema degli imperi centrali.
Francia e la Terza Repubblica
Negli anni Settanta la Francia seppe risollevarsi in tempi piuttosto brevi grazie allo sforzo economico e produttivo. Patriottismo e revanscismo agirono come elementi di coesione nella società francese, attraversata dalle tensioni fra repubblicani e monarchici e fra legittimisti e orleanisti. Alla fine furono proprio i dissensi interni al fronte monarchico a spingere gli orleanisti ad un accordo con i repubblicani moderati per la stesura di una Costituzione che entrò in vigore nel 1875. Il presidente della repubblica, eletto ogni 7 anni, aveva ampi poteri ed era a capo dell’esecutivo. Il Parlamento era bicamerale, con una Camera eletta a suffragio universale maschile e un Senato in parte elettivo e in parte vitalizio. Lo schieramento repubblicano ottenne successo e fu in grado di sventare sul nascere il tentativo di un colpo di Stato organizzato dal presidente Mac-Mahon nel 1877. Nonostante le loro divergenze sociali, opportunisti e radicali riuscirono sempre a trovare accordi di compromesso, e negli anni Ottanta vararono importanti riforme: l’elettività dei sindaci e del senato, il riconoscimento della libertà di associazione sindacale e l’introduzione del divorzio e dell’istruzione elementare obbligatoria, laica e gratuita. Georges Boulanger divenne il leader di un movimento di destra apertamente nazionalista e revanscista, che raccoglieva consensi tanto fra i conservatori quanto fra i ceti popolari, e invocava la moralizzazione della vita pubblica francese, ma i repubblicani reagirono per tempo e lo misero sotto accusa per alto tradimento. Nel 1894 l’opinione pubblica francese fu spaccata da un clamoroso caso giudiziario che vide protagonista l’ufficiale Alfred Dreyfus, che fu ingiustamente accusato di spionaggio in favore della Germania, degradato e condannato alla deportazione perpetua in Guyana Francese. Attraverso una vasta campagna di stampa fu provato che le accuse a suo carico erano infondate e motivate da un forte pregiudizio antisemita.
Riforme di Gladstone in Gran Bretagna
La riforma elettorale preparata da Gladstone aprì una nuova stagione politica per la Gran Bretagna. Nel 1870 varò l’Education Act, una legge che sottopose le scuole religiose al controllo statale e promosse l’apertura di istituti statali non confessionali. Introdusse concorsi per selezionare i funzionari dell’amministrazione pubblica e abolì la compravendita delle promozioni di grado nell’esercito. Nel 1871 approvò il Trade Unions Act che riconosceva come legale l’attività dei sindacati di mestiere e l’introduzione del sabato inglese non lavorativo. Nel 1873 fu avviata una riforma del diritto penale, con l’obiettivo di semplificare il sistema giudiziario. L’Irlanda era divenuta parte integrante del Regno Unito nel 1800 e i suoi rappresentanti sedevano nel parlamento di Londra. La società irlandese era però caratterizzata da profonde disuguaglianze, con una minoranza di grandi proprietari terrieri anglicani leali alla corona e una stragrande maggioranza di contadini poveri, cattolici e in genere ostili alla dominazione britannica. Nel 1858 nacque la Fenian Brotherhood, un movimento rivoluzionario che si proponeva di ottenere l’indipendenza dell'Irlanda anche attraverso l’uso della forza e la pratica di attentati condotti sia in patria sia sul suolo inglese. Gladstone nel 1869 abolì la chiesa episcopale irlandese e nel 1870 varò alcuni provvedimenti in favore dei contadini cattolici. Alcuni patrioti irlandesi abbandonarono le frange radicali della protesta per fondare un movimento politico più moderato, l’Home Rule League, intenzionato a proseguire la lotta autonomista attraverso i canali democratici e parlamentari. Disraeli cancellò molte delle restrizioni che fino ad allora avevano limitato il diritto di sciopero, introdusse leggi che facilitavano l’accesso all’istruzione e alle cure mediche ai poveri e stanziò fondi per il risanamento delle periferie operaie. In politica estera volle dare alla Gran Bretagna un ruolo meno defilato. Nel 1876 firmò il Royal Titles Act, con cui la regina Vittoria venne proclamata Imperatrice d’India, sottoponendo l’India sotto un più rigido controllo da parte di Londra e innalzando Vittoria allo stesso rango degli altri imperatori europei. Il partito liberale britannico si era avviato a diventare un partito di massa, sensibile alle esigenze delle classi lavoratrici, a cui rispondeva con una politica che fu ribattezzata “radicalismo popolare”. La Fabian Society fu fondata nel 1884 e sosteneva il raggiungimento del socialismo democratico attraverso riforme graduali e ripudiava il principio della lotta di classe e il cambiamento rivoluzionario propugnati dai marxisti. Fu sostenuta da molte figure eminenti del mondo della cultura e nel tempo guadagnò ampi consensi collaborando con le Trade Unions e contribuendo in modo importante alla nascita del partito laburista nel 1906. Nel 1884 fu approvata una nuova legge elettorale che estese il suffragio anche ai lavoratori agricoli e che ridisegnò le circoscrizioni elettorali, così da rendere più omogeneo il rapporto numerico fra cittadini votanti e deputati.
Seconda rivoluzione industriale
Le trasformazioni dell'industria Fra il 1873 e il 1895 la crescita economica dei Paesi più industrializzati conobbe tre battute d’arresto:
• La forte esportazione di cereali dal nord e dal sud America e dall’Australia verso l’Europa;
• Sovrapproduzione industriale;
• Eccesso di produzione e insufficiente domanda, che produssero un generale ribasso dei prezzi e, vendendo di meno, molte imprese licenziarono la manodopera o furono costrette a chiudere i battenti. Il ritorno al protezionismo fu più marcato nel settore agricolo, ma i sistemi industriali reagirono attraverso una profonda ristrutturazione produttiva e organizzativa. Le innovazioni tecnologiche, le introduzioni di nuove fonti di energia e i cambiamenti nelle forme di organizzazione delle aziende e nel loro assetto proprietario sfociarono in un modello di produzione e di consumo di massa conosciuto come Seconda rivoluzione industriale. L’aspetto più marcato è il nuovo rapporto fra scienza e tecnologia e fra tecnologia e produzione perché in un sistema più evoluto le scoperte e le innovazioni tecnologiche potevano solo essere il frutto di ricerche scientifiche che avevano una chiara dimensione collettiva. L’ondata di rinnovamento tecnologico interessò i settori chimico, metallurgico ed elettromeccanico. Furono sviluppati molti farmaci e vennero diffusi cibi in scatola o in polvere. La chimica trovò un’applicazione pratica anche nei procedimenti metallurgici come la messa a punto di tecniche per la fabbricazione dell’acciaio, che fu uno dei materiali simbolo della seconda rivoluzione industriale perché permise di costruire nuovi macchinari destinati all’impiego industriale. L’energia elettrica fu introdotta in massa e fu inventato il motore elettrico e la dinamo, che si diffusero nel trasporto pubblico cittadino con l’introduzione del tram. Seguirono altre invenzioni come il telefono, il grammofono, il telegrafo senza fili e il cinematografo. Nacquero le prime holding e i primi cartelli che, raggruppandosi, diventavano trust. Nel 1890 fu approvato lo Sherman Act perché i monopoli frenavano il mercato nazionale e contrastavano il principio della libera concorrenza difeso dal governo americano. Si creò il capitalismo finanziario dato che anche gli istituti bancari si trovarono a far fronte a nuovi modelli di azione. Per tutelare i propri investimenti le banche pretendevano di acquistare quote rilevanti dei pacchetti azionari delle imprese. L’economia della Germania e degli Stati Uniti ebbe una straordinaria accelerazione. In USA vennero introdotte nuove modalità organizzative del lavoro in fabbrica, come l’american system of manufacturing e la lavorazione a ciclo continuo.
Le trasformazioni portarono alla ribalta l’alta borghesia e i loro valori si radicarono profondamente nell’immaginario condiviso. Anche nella vecchia Europa i rappresentanti dell’alta borghesia capitalista e finanziaria guadagnarono visibilità, potere economico e prestigio. La borghesia media era formata da piccoli imprenditori, commercianti, tecnici specializzati e impiegati che lavoravano nelle industrie o nel settore dei servizi pubblici e privati con il desiderio di elevarsi nella scala sociale e la preoccupazione di non riuscirci. Nella mentalità delle nuove classi egemoni era prevista una netta separazione fra uomini e donne. La sfera pubblica era appannaggio quasi esclusivo degli uomini che dovevano studiare, mentre lo spazio privato e domestico era per le donne che si prendevano cura della casa e dei figli e che potevano avere un’istruzione formale preparandosi a diventare buone donne di casa, mogli e madri. I borghesi vivevano in quartieri esclusivi e in case con l’acqua corrente. L'utilizzo dell’energia elettrica permise che strade, case e locali potessero essere illuminati in modo più efficiente, le metropolitane e le tranvie elettrificate rivoluzionarono il trasporto pubblico urbano e alle carrozze si affiancarono le prime biciclette e le prime automobili. Le municipalità iniziarono ad investire nella creazione di parchi pubblici, musei, sale da concerto e grandi magazzini. Nel 1843 Thomas Cook fondò la prima agenzia di viaggi moderna per offrire ai clienti svago ricreando una sensazione di tranquillità domestica in un ambiente più piacevole di quello consueto. La maggioranza della popolazione era ancora formata dai contadini e dai lavoratori delle fabbriche che formavano una componente sociale inquieta. Nel contesto di fabbrica persistevano le differenze fra i lavoratori a più alta qualifica e gli operai non specializzati. L’inurbamento aveva richiamato in città anche molte figure professionali non autonome la cui condizione era assimilabile a quella della manodopera salariata delle fabbriche.
Politica italiana e Triplice Alleanza
Nel 1876 il presidente del consiglio Marco Minghetti si presentò davanti al parlamento per annunciare che il Paese aveva finalmente raggiunto il pareggio di bilancio, che era stato centrato grazie ad una politica fiscale molto severa e che aveva penalizzato le classi meno abbienti. Inoltre, le prime misure prese dalla Destra per contenere i danni provocati dalla grande depressione erano state da molti considerate inadeguate. Il nucleo originale della sinistra storica era formato da repubblicani mazziniani o garibaldini, che sostenevano cambiamenti graduali che avrebbero allargato le basi sociali dello Stato senza eccessivi scossoni. I punti chiave sono:
• Estensione del diritto di voto;
• Ricerca di un nuovo dialogo con i ceti popolari;
• Riforma dell’istruzione elementare che ne garantisse la gratuità e l’effettiva obbligatorietà;
• Decentramento amministrativo. Depretis guidò il Paese dal 1876 al 1887. Nel 1877 venne approvata la legge Coppino che portava a 9 anni l’obbligo scolastico e prevedeva severe sanzioni per coloro che non mandavano a scuola i propri figli. Nel 1879 la tassa sul macinato venne abolita e nel 1882 fu varata la riforma elettorale: venne abbassato il limite di età da 25 a 21 anni e dimezzato l’ammontare minimo delle imposte che dava accesso alle urne e in alternativa al requisito del censo poteva valere quello dell’istruzione. Spesso i politici locali raccoglievano consensi su base personale, promettendo di ottenere a Roma provvedimenti favorevoli al proprio collegio elettorale. Di conseguenza, negli anni della sinistra storica il parlamento funzionò come un’arena in cui più lobby cercavano una mediazione politico-affaristica in difesa di interessi di parte. Per emarginare i conservatori di simpatie clericali e gli estremisti di sinistra, la classe dirigente ritenne che fosse più avveduto sfumare le differenze fra destra e sinistra storica e questa divisione fu sempre più spesso superata da soluzioni di compromesso, inaugurando così il trasformismo. In campo economico fu adottata una politica protezionistica. Gli industriali del nord auspicavano tariffe doganali più alte e anche l’Italia doveva introdurre misure di protezione che avrebbero scoraggiato le importazioni e di conseguenza stimolato lo sviluppo di un’industria moderna e competitiva. Nel 1878 furono introdotte le prime misure doganali che aumentavano il dazio su alcune voci dell’industria e lo introducevano sul grano. Nel 1887 vennero introdotti dazi più alti sul grano e sullo zucchero d’importazione, finendo per danneggiare gli imprenditori agricoli più lungimiranti e aperti al cambiamento che avevano puntato su colture specializzate e alternative ai cereali, destinate soprattutto ai mercati esteri. Alcune imprese metalmeccaniche crebbero ed ingrandirono il proprio volume d’affari per via di una politica statale di supporto alle industrie per mezzo di esenzioni fiscali, incentivi e sovvenzioni a fondo perduto. Fin dal 1877 il parlamento aveva avviato una scrupolosa inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, che si protrasse fino al 1884 e fu coordinata dal senatore Jacini. Nelle campagne la situazione era peggiorata dalla fondazione del regno d’Italia, così come le condizioni di vita dei mezzadri e dei braccianti, che erano sfruttati, sottopagati, analfabeti e senza possibilità di riscatto sociale. Nella sua relazione finale Jacini suggerì di avviare una trasformazione in senso capitalistico dell’agricoltura, per migliorare la resa delle colture e le condizioni dei lavoratori della terra. Nel 1881 la Francia aveva occupato la Tunisia e questa mossa portò a una rottura dei rapporti italo-francesi. Per non rimanere isolata sul piano internazionale, l’Italia dovette avvicinarsi alle potenze centrali, stipulando nel 1882 la Triplice Alleanza con l’impero tedesco e quello austro-ungarico. Tale patto poneva l’Italia nell’orbita politica tedesca e segnava una profonda rottura con il passato: la Francia diventava un’avversaria e l’Austria era un’alleata. Nel 1887 il trattato della Triplice Alleanza venne rinnovato con 2 clausole: • L’Italia e l’impero austro-ungarico devono concordare preventivamente su eventuali acquisizioni nella regione dei Balcani, di modo che a ogni territorio occupato da una potenza corrispondesse un adeguato compenso per l’altra; • La Germania deve prestare aiuto all’Italia se i francesi avessero tentato di allargare il loro dominio in Marocco o in Tripolitania. L’esecutivo di Depretis cominciò a porre le basi per una colonizzazione del Corno d’Africa, conquistando la baia di Assab nel 1882 e occupando il porto di Massaua nel 1885.
Crispi e la politica coloniale italiana
Salì al potere nel 1887 e la sua democrazia autoritaria era ispirata alla politica di Bismarck. Rafforzò il potere esecutivo rendendo il governo più autonomo rispetto al parlamento e i prefetti ancora più subordinati al potere centrale. Per riorganizzare l’apparato statale, nel 1888 fece approvare una legge sull’ordinamento comunale e provinciale che rendeva elettivi i sindaci per i comuni con oltre 10000 abitanti ed estendeva il diritto di voto a tutti gli uomini maggiorenni, alfabetizzati e che pagassero 5 lire di imposte annuali. Nel 1889 fu varato un nuovo codice penale che abolì la pena di morte e riconobbe la libertà di sciopero e di associazione. La nuova legge di pubblica sicurezza poneva gravi limitazioni alla libertà sindacale e garantiva alla polizia e alle autorità amministrative ampi poteri discrezionali. Nel 1888 ci fu una nuova legge sanitaria e nel 1890 le istituzioni di beneficenza vennero laicizzate, con una riforma. In politica estera Crispi rinnovò il patto della Triplice Alleanza, inasprì la guerra doganale fra l’Italia e la Francia e diede impulso alle iniziative coloniali italiane. Nel 1887 il contingente italiano di Massaua tentò una sortita verso l’entroterra eritreo, che fu sterminata dalle truppe abissine al comando del negus e dei ras locali. L’eccidio di Dogali suscitò un’ondata violenta di proteste, ma Crispi si rifiutò di ritirare le truppe, consolidando la presenza italiana in Africa. Nel 1889 venne firmato il trattato di Uccialli, che legittimava l’esistenza della Colonia Eritrea. Nella versione italiana di uno degli articoli si diceva che il negus delegava al governo italiano le proprie attività di politica estera, mentre nella versione in amarico la delega era solo possibile secondo la convenienza del negus. Quando l’equivoco venne alla luce i rapporti fra i due Paesi entrarono in crisi e questo portò, 6 anni più tardi, a una nuova guerra. Nel 1892 salì al potere Giolitti, secondo cui la crisi economica e le tensioni sociali che l’Italia stava attraversando rendevano indispensabile una riforma tributaria che garantisse una ridistribuzione più equa della ricchezza, secondo i moderni principi della progressività delle imposte e una diminuzione delle tasse sulla piccola proprietà. Quando nel 1893 in Sicilia divamparono i Fasci siciliani, Giolitti non dichiarò lo stato d’assedio e si rifiutò di usare misure di repressione. A far cadere il primo governo di Giolitti fu lo scandalo della Banca Romana, che aveva stampato clandestinamente banconote false per coprire i propri debiti dovuti ad investimenti sbagliati, ma nel 1892 alcuni deputati dell’opposizione avevano scoperto e reso pubblici gli atti secretati. Crispi, tornato, proclamò lo stato d’assedio in Sicilia e inviò 30000 soldati sull’isola a ristabilire l’ordine e, così, i Fasci vennero sciolti. Nel 1894 furono approvate le leggi anti-anarchiche, che introdussero severe limitazioni alla libertà di stampa, di unione e di associazione e miravano a colpire i socialisti. Nel 1895 gli italiani ripresero a marciare verso l’Etiopia, ma un primo contingente venne distrutto durante la battaglia di Amba Alagi, mentre nel 1896 il secondo contingente venne sconfitto nella battaglia di Adua.
Partito Socialista Italiano e riforme sociali
In seguito all’aggravarsi della crisi economica i lavoratori cercarono forme di associazione stabili e riconoscibili, facendo nascere le prime federazioni del mestiere e le prime Camere del lavoro. Le leghe contadine formate in prevalenza da braccianti ripresero vigore e sorsero numerose cooperative di lavoro. Nel 1892 a Genova si riunirono a congresso i delegati di 300 circoli politici, leghe contadine e associazioni operaie di vario genere. La maggioranza dei partecipanti si riconobbe nella proposta dell’avvocato Filippo Turati di fondare un partito dei lavoratori italiani, nominato successivamente Partito Socialista Italiano. Prometteva la creazione di un mondo nuovo dove tutti i proletari avrebbero vissuto uniti e concordi. Dimostrò di ispirarsi alla dottrina marxista, adottando un programma politico che prevedeva la lotta di classe, il rovesciamento del sistema capitalistico e la socializzazione delle fabbriche e delle terre, ma ripudiava i metodi insurrezionali e puntava a migliorare la condizione del proletariato italiano con una serie di riforme graduali. Scelse una linea di azione politica che prevedeva la partecipazione attiva alle elezioni per la conquista dei poteri pubblici e l’impegno diretto nelle vertenze sindacali, al fine di ottenere miglioramenti immediati della vita operaia.
In politica interna il governo Rudinì si fece interprete degli interessi della piccola e media borghesia industriale, politicamente conservatrice e timorosa che le recriminazioni di socialisti, repubblicani e clericali potessero minacciare l’ordine costruito. La politica della destra prevedeva anche la severa repressione di ogni forma di protesta sociale. Nel 1898 scoppiarono violente agitazioni dovute al rincaro dei prezzi del pane, Rudinì dichiarò lo stato d’assedio e ordinò all’esercito di ricorrere alle armi, quindi delle truppe spararono contro i protestanti disarmati. Rudinì fu sostituito dal generale Luigi Pelloux che presentò un pacchetto di provvedimenti dal carattere autoritario. Erano leggi liberticide che limitavano drasticamente la libertà di stampa, di associazione, di insegnamento e il diritto di sciopero. I gruppi di estrema sinistra si opposero alla loro approvazione mettendo in atto l’ostruzionismo. Il 29 luglio 1900 Umberto I fu ucciso da un militante anarchico. Tutte le forze politiche si dichiararono disposte a collaborare alla ricerca di un terreno d’intesa, così come Vittorio Emanuele III che dichiarò addirittura di voler ripristinare la pace interna e la concordia di tutti gli uomini di buon volere.
Belle époque e innovazioni tecnologiche
La belle èpoque è un generale miglioramento delle condizioni di vita ed è dovuta alla centralità che aveva Parigi all’epoca perché fu sede dell’Expo nel 1889 e delle Olimpiadi nel 1900. L’economia aveva riacquistato forza, venne inventata la ferrovia e l’energia elettrica si diffuse nelle città per l’illuminazione di strade, di locali e dei trasporti pubblici. Comparirono anche il riscaldamento centralizzato, l’ascensore e i servizi igienici. La bicicletta era il primo mezzo di trasporto di massa. Nel 1876 Nikolaus August Otto inventò il primo modello di motore a scoppio, perfezionato da Benz e Daimler, portando all’invenzione dell’automobile. Nel 1903 i fratelli Wilbur e Orville Wright inventarono il primo aeroplano. Iniziarono l’estrazione e lo sfruttamento massiccio del petrolio. Vennero prodotti più giornali e nel 1895 vennero inventati il telegrafo senza fili, la radio e il cinema. In campo medico, vennero introdotte la sterilizzazione, la pastorizzazione degli alimenti e i vaccini. Nel 1895 Roentgen scoprì i raggi X e fece la prima radiografia. Nel 1896 Becquerel scoprì che l’uranio rilasciava energia sotto forma di radiazioni. Marie Curie proseguì gli studi sulla radioattività e isolò nuovi elementi radioattivi come il radio e il polonio, comprendendo che l’energia sprigionata dalle radiazioni derivava dalla scissione degli atomi. Nel 1900 Planck elaborò la teoria dei quanti e nel 1905 Einstein elaborò la prima teoria della relatività, che ampliò nel 1915.
Tramite l’urbanizzazione nacquero città di grandi dimensioni, caratterizzate dall’alta densità demografica, la cui vita ruotava principalmente intorno all’attività industriale. Il tempo libero venne impiegato tramite il turismo e lo sport, dato che si diffusero il pugilato, il rugby, il football e il ciclismo. Il generalizzato miglioramento delle condizioni economiche determinò un aumento dei salari e della domanda di beni di consumo. Nei grandi magazzini erano disponibili merci ad un prezzo più basso perché erano fabbricate in serie e in notevole quantità. Nel 1911 venne pubblicato il saggio “L’organizzazione scientifica del lavoro”, in cui si evidenziavano le tecniche per aumentare la produttività del lavoro in fabbrica: • Eliminare le pause non necessarie; • Aumentare i salari secondo un meccanismo di incentivi; • Selezionare e formare i lavoratori; • Suddividere il più possibile l’attività lavorativa. Trovò applicazione nel fordismo, il metodo elaborato da Henry Ford nel 1913, basato sulla catena di montaggio. L’esigenza e l’opportunità di aumentare la produzione finirono per favorire la concentrazione industriale e finanziaria, ovvero forme di accordi e fusioni fra grandi aziende e fra istituti finanziari. Nacquero così trust e cartelli, che mutarono radicalmente la struttura dei mercati, dando origine a situazioni di oligopolio o monopolio in cui poche aziende erano in grado di produrre e commercializzare uno specifico prodotto a un prezzo prestabilito, senza dover competere con la concorrenza. Le misure protezionistiche finirono per favorire la creazione di grandi imprese multinazionali, che mantenevano gli organi direttivi nel Paese d’origine ma che operavano anche in altri Stati.
Guglielmo II e la Germania imperiale
Nel 1888 salì al trono Guglielmo II di Hohenzollern, sostenitore della modernità e della tecnologia, convinto militarista, era deciso a rendere la Germania protagonista assoluta della politica internazionale e non era attento agli equilibri interni o internazionali e, perciò, nel 1890 Bismarck si dimise. I partiti di massa erano sempre più importanti per via della poderosa industrializzazione guidata dai grandi gruppi industriali, che vedevano nel nuovo kaiser una figura forte e adatta a garantire loro un’ulteriore crescita, attraverso il sostegno all’innovazione tecnologica e i progetti espansionistici coloniali e militari. Guglielmo II avrebbe messo la forza economica della Germania al servizio di un nazionalismo che si sarebbe presto sprigionato in tutto il suo furore. Fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento l’industria tedesca si era sviluppata in maniera esponenziale, sino a fare della Germania la prima potenza economica europea grazie alla capacità di coniugare la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche con la costruzione di un efficiente e ramificato sistema di infrastrutture. La siderurgia, la meccanica, l’industria chimica e le industrie elettriche crebbero impetuosamente. In breve tempo l’economia tedesca eguagliò e superò quella britannica e alla crescita industriale si accompagnò quella demografica. Guglielmo II, pur non potendo ambire a conquistare i vasti territori già in mano a britannici e francesi, aveva urtato in diverse occasioni gli interessi di Londra e Parigi. Nel 1896 un suo telegramma di solidarietà a Paul Kruger incrinò le relazioni con Londra, che peggiorarono ulteriormente quando la Germania fornì supporto ai turchi durante il conflitto con la Grecia nel 1897. La Weltpolitik affermò la potenza nascente della Germania e sortì l’effetto di appianare la rivalità fra Francia e Gran Bretagna e fra quest’ultima e la Russia. Di fronte all’attivismo politico e militare tedesco, la Gran Bretagna si riavvicinò alla Francia con la firma dell’Entente cordiale nel 1904.
Affaire Dreyfus e politica francese
Alla fine del XIX secolo la Francia dovette fare i conti con il revanscismo e con una profonda instabilità politica interna. Nel 1892 numerosi deputati furono coinvolti nello scandalo di Panama. Si trattò di un vasto sistema di corruzione messo in piedi dalla compagnia che gestiva i lavori di perforazione del canale. I costi del progetto erano aumentati enormemente e la società corruppe numerosi parlamentari e giornalisti per ottenere l’approvazione di una legge che potesse consentire alla compagnia l’emissione di azioni. Nonostante il finanziamento, la compagnia fallì mandando in rovina gli azionisti. Nel 1894 il presidente della repubblica Carnot venne pugnalato a morte da un anarchico italiano ed ebbe inizio l’”Affaire Dreyfus”. Era un ufficiale dell’esercito francese di origine ebraica, che venne processato con l’accusa di spionaggio e condannato al carcere a vita. I conservatori erano convinti della colpevolezza dell’ufficiale e alimentarono con la loro propaganda i sentimenti antisemiti già ampiamente diffusi nel paese. Dreyfus stava subendo un processo ingiusto, condotto senza prove e in modo poco trasparente. Nel 1899 fu graziato e nel 1906 fu riabilitato e reintrodotto nell’esercito. Nelle elezioni del 1899 prevalse una coalizione di democratici, repubblicani e radicali, i cui ideali erano l’anticlericalismo e la laicità dello Stato. Nel 1905 fu promulgata la legge sulla separazione tra Chiesa e Stato e dal 1906 al 1911 si alternarono al potere i governi radicali di Clemenceau e Briand, che introdussero riforme come la pensione di vecchiaia, la limitazione dell’orario di lavoro e il diritto al riposo settimanale.
Politica britannica e Labour Party
Dal 1886 al 1905 i conservatori di Lord Salisbury poterono avvalersi anche del sostegno dei liberali unionisti guidati da Joseph Chamberlain, che si erano staccati dal partito liberale proprio perché contrari a ogni forma di autonomia dell’Irlanda. L’appoggio della fazione di Chamberlain rese il governo di Salisbury più stabile, ma il leader dei conservatori si trovò ad affrontare delle difficoltà economiche. La guerra anglo-boera, ripresa nel 1899, rese necessario aumentare le tasse e introdurre delle imposte straordinarie che incisero negativamente sull’economia del Paese. Il sistema industriale e commerciale britannico era in crisi per la concorrenza di nuove potenze come la Germania e gli Stati Uniti, a cui il governo conservatore pensò di reagire con misure protezionistiche. Nel 1901 la regina Vittoria morì e le successe il figlio, Edoardo VII, il cui regno sarebbe durato sino al 1910, con una profonda instabilità e il ritorno in scena politica dei liberali. Nel 1900 fu fondato il Labour Party per volontà delle Trade Unions, dell’Independent Labour Party e della Fabian Society. Il partito laburista ebbe come suo primo segretario James Ramsay MacDonald e si poneva come obiettivo quello di allargare alle masse dei lavoratori l’associazionismo tipicamente sindacale. Nel 1903 i liberali e i laburisti strinsero un’alleanza: entrambi erano favorevoli al libero scambio, all’home rule, all’assistenza sociale e alla tassazione progressiva della ricchezza. Il governo guidato da Asquith ampliò gli interventi in ambito di politica sociale: furono introdotti servizi sanitari gratuiti per i bambini, l’assistenza alla maternità, le pensioni di vecchiaia e fondi assicurativi in caso di disoccupazione e di malattia. Nel 1906 Winston Churchill fu eletto nelle file del partito liberale e fu sottosegretario alle colonie e ministro del commercio e degli interni. Nel 1911 fu approvato il Parliament Act con cui Giorgio V conferiva pieni poteri in materia di bilancio alla Camera dei Comuni, risolvendo il problema dell’instabilità di governo. L’ostruzionismo della camera dei lord fu decisivo nel mantenere irrisolta la questione irlandese. Nel 1905 era stato fondato il Sinn Fèin. Nel 1912 la camera dei comuni votò a favore dell’home rule e ancora una volta la proposta di legge fu respinta dalla camera dei lord. Nel 1914 l’irrompere della Grande Guerra congelò la situazione e nel 1916 alcuni nazionalisti presero le armi dichiarando la nascita della Repubblica d’Irlanda. Tra il XIX e il XX secolo l’impero britannico aveva conosciuto una nuova fase di espansione coloniale ma erano emersi i primi segnali di crisi legati alle difficoltà di gestire possedimenti così vasti. In Africa, la Gran Bretagna aveva occupato l’Egitto e alla successiva conferenza di Berlino aveva ottenuto anche la Nigeria e la Somalia. In Asia, le truppe britanniche avevano invaso l’Afghanistan assumendone il controllo nel 1880. Dal 1885 al 1898 i britannici furono impegnati a sedare una violenta insurrezione scatenata da una setta musulmana in Sudan.
Domande da interrogazione
- Chi ha guidato l'unificazione tedesca?
- Quali furono le conseguenze della Breccia di Porta Pia?
- Quali furono le principali innovazioni tecnologiche della Seconda Rivoluzione Industriale?
- Chi fu il principale esponente della Sinistra autoritaria in Italia?
- Cosa caratterizzò la Belle Epoque?
Otto von Bismarck.
L'occupazione di Roma da parte del Regno d'Italia, ad eccezione dei palazzi del Vaticano.
L'introduzione dell'energia elettrica, il motore elettrico, il telefono, il telegrafo senza fili e il cinematografo.
Francesco Crispi.
Un generale miglioramento delle condizioni di vita, con progressi tecnologici e culturali significativi.