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Sintesi

L’eredità della Grande Guerra



1. Le trasformazioni sociali.
La guerra fu la più grande esperienza di massa mai fatta e aveva accelerato i fenomeni di massa. Molti uomini avevano dovuto lasciare il lavoro e si erano abituati a vivere in gruppo, una volta tornati trovarono le donne e ci furono problemi per il reinserimento dei reduci. Le strutture tradizionali della famiglia erano state messe in crisi (le donne a lavoro, i ragazzi allontanati) provocando mutamenti nella mentalità: le donne volevano rendersi indipendenti, c’era minor rispetto delle tradizioni, l’abbigliamento si fece più libero (sportivo per gli uomini e leggero per le donne), si chiedeva più tempo libero. Un grande problema fu il reinserimento dei reduci poiché molti avevano preso coscienza dei loro diritti e altri facevano difficoltà a riprendere lo studio o il lavoro. Nacque così la figura del reduce di guerra ostile alle divisioni politiche, sorsero associazioni di ex combattenti che si mobilitavano per la difesa dei propri valori. Si diffuse la tendenza alla massificazione della politica: aumentarono gli aderenti ai sindacati e migliorarono i loro apparati organizzativi.

2. Le conseguenze economiche.
Tutti i paesi (tranne gli USA) uscirono dalla guerra in condizioni economiche gravissime. Le spese per la guerra erano molto superiori al prodotto nazionale e gli Stati aumentarono le tasse, chiedendo prestiti al popolo e allargando il debito pubblico. Ma ciò non bastò, quindi, cominciarono a stampare carta moneta aumentando l’inflazione, ancora sconosciuta. Ciò portò alla distruzione di strutture economiche solide, come i proprietari che riscuotevano l’affitto, e dei risparmi. L’interruzione del commercio internazionale per 2 anni aveva inferto un duro colpo alla supremazia commerciale dell’Europa. Giappone e Stati Uniti avevano aumentato l’esportazione in Asia e Sud America, mentre la Gran Bretagna aveva perso i principali partner commerciali (Germania, Russia, Austria). Per non aggravare le tensioni sociali, i governi dovettero mantenere i prezzi fissi sui beni di prima necessità e sull’affitto e rimasero molti apparati burocratici per controllare i prezzi e le pensioni di guerra. Ci fu un incremento della produzione industriale che durò molto poco e nel ’20 portò alla crisi di molte fabbriche e alla disoccupazione.

3. Il biennio rosso.
I partiti socialisti ebbero un incremento elettorale. I lavoratori diedero vita a violente ondate di agitazioni che gli permisero di ottenere la riduzione del lavoro a 8 ore giornaliere. I gruppi rivoluzionari si ispiravano alla Russia e si formarono consigli operai che si proponevano come rappresentanze dirette del proletariato (soviet). Questi movimenti si presentarono con forme diverse nei vari paesi:
- In Francia e Gran Bretagna le classi dirigenti riuscirono a contenere la pressione del movimento operaio.
- In Germania, Austria e Ungheria ci furono tentativi rivoluzionari che furono rapidamente stroncati (fu possibile in Russia grazie al capitalismo debole e alla borghesia esigua).
La rivoluzione russa aveva accentuato la frattura tra i movimenti operai che si scontravano sul ruolo della democrazia e delle istituzioni.

4. Rivoluzione e controrivoluzione nell’Europa centrale.
Quando la Germania firmò l’armistizio si trovava in una situazione rivoluzionaria e l’esercito si disgregò. Il governo era esercitato da un Consiglio dei commissari del popolo presieduto da Ebert e composto da socialisti. Ma i veri padroni erano i consigli degli operai e dei soldati che: occupavano aziende, requisivano cibo da distribuire alla popolazione e dettavano le condizioni agli industriali. A Berlino, piena di disoccupati e soldati in piazza, c’erano molte manifestazioni e la situazione era simile a quella russa ma con molte differenze:
- C’erano gli eserciti dei vincitori sul Reno per bloccare ogni rivoluzione
- Mancava la mobilitazione delle classi rurali
- La classe dirigente era più numerosa e meglio radicata nella società.
- C’erano diversi rapporti di forza nel movimento operaio
- I socialdemocratici tedeschi avevano una lunga tradizione di lotte nel passato (al contrario dei menscevichi) e disponevano di un apparato organizzativo efficiente. Erano contrari alla rivoluzione simile a quella russa. Si creò un patto tra i capi della Spd e gli esponenti della vecchia classe dirigente. I capi dell’esercito si impegnavano a servire le istituzioni repubblicane in cambio della tutela dell’ordine pubblico.
La linea moderata della Spd si scontrava con gli indipendenti e i rivoluzionari della Lega di Spartaco (correnti più radicali) che si opponevano alla convocazione della Costituente puntando tutto sui consigli. Essi sapevano di essere in netta minoranza ma l’iniziativa delle masse li spinse allo scontro. Il 5 gennaio 1919 molti berlinesi protestarono contro la rimozione di un esponente di sinistra dalla carica di capo della polizia. Gli spartachisti ne approfittarono per incitare i lavoratori a rovesciare il governo. Il commissario Noske dovette fronteggiare la rivolta con un esercito di volontari detti corpi franchi che repressero col sangue l’insurrezione e i leader furono arrestati e massacrati. Il 19 gennaio ci furono le elezioni per l’Assemblea costituente e vinsero i socialdemocratici senza ottenere la maggioranza assoluta. Così, decisero di unirsi ai cattolici del centro e ai liberali, Ebert divenne Presidente della Repubblica e venne varata la nuova costituzione repubblicana che prevedeva:
- il mantenimento della struttura federale dello Stato
- suffragio universale maschile e femminile
- governo responsabile di fronte al Parlamento
- presidente della Repubblica eletto dal popolo
ma ciò non tranquillizzò il paese e ci furono nuovi disordini a Berlino repressi duramente. In Baviera i comunisti avevano proclamato una Repubblica dei consigli stroncata dopo duri combattimenti.
Con la proclamazione della Repubblica austriaca i socialdemocratici governarono il paese e nelle elezioni vinse il Partito cristiano-sociale. Nella Repubblica democratica in Ungheria, i socialisti e i comunisti formarono la Repubblica sovietica reprimendo la borghesia e l’aristocrazia agraria ma durò poco. Il regime cadde sotto Horty con le truppe rumene (grazie a Inghilterra e Francia) diffondendo il terrore bianco. L’Ungheria cadde sotto un regime autoritario sorretto dalla Chiesa e dai grandi proprietari terrieri.

5. La stabilizzazione moderata in Francia e in Gran Bretagna.
La fine del biennio rosso riportò in Europa il flusso delle agitazioni operaie. Le classi dirigenti provarono a ricostruire gli equilibri politici e sociali. In Francia il centro-destra attuò una politica conservatrice che faceva ricadere sul popolo il peso della ricostruzione. Quando la sinistra e i socialisti ottennero la maggioranza, divenne presidente Herriot ma ci fu una grave crisi finanziaria e il potere venne ripreso dai moderati con Poincarrè che riuscì a risanare il bilancio statale aumentando la pressione fiscale. Ci fu un incremento della produzione. In Gran Bretagna la produzione non riusciva a reggere la concorrenza con gli altri paesi. La presidenza fu assunta da Mac Donald (esponente del Labour Party) ma i conservatori riuscirono a far cadere la maggioranza. I conservatori avviarono una politica finanziaria molto dura. Nel 1926 i minatori entrarono in sciopero chiedendo aumenti salariali e la nazionalizzazione del settore. Furono sostenuti da altri lavoratori ma alla fine cedettero e il governo vietò sciopero. I laburisti dimezzarono ma riuscirono a riprendere il potere con Mac Donald, ma il periodo fu molto breve a causa della crisi economica mondiale.

6. La Repubblica di Waimar.
La Germania weimariana fu il centro più vivace della cultura europea e vigeva un clima di grande libertà; ma, la frammentazione dei gruppi politici e l’assenza di una forza egemone che potesse dominare i nuovi fenomeni, ne indebolivano il sistema. La socialdemocrazia, unita nella Spd, fu il partito più forte ma non riuscì mai ad allargare i consensi al di là del tradizionale elettorato operaio. Le classi medie si riconoscevano nel centro cattolico o nella destra conservatrice e moderata. Il Partito democratico tedesco era formato da intellettuali e voleva conciliare i ceti medi con le istituzioni repubblicane. Per i ceti medi l’età imperiale corrispondeva a un periodo di tranquillità e prosperità mentre la Repubblica corrispondeva all’umiliazione di Versailles e alla sconfitta. Nel 1921 una commissione stabilì l’ammontare delle riparazioni a 132 miliardi in 42 rate e i tedeschi avrebbero dovuto privarsi di ¼ del pil nazionale scatenando molte proteste. I gruppi della destra nazionalista (tra cui Hitler col Partito nazionalsocialista) attaccarono la classe dirigente, accusata di tradimento, e uccisero Erzberger (ministro delle Finanze) che firmò l’armistizio di Versailles e poi venne ucciso Ratheau. I governi cominciarono a pagare le rate ma evitarono interventi troppo drastici sulle tasse e aumentarono la stampa di carta-moneta. Fu messo in modo un processo inflazionistico. Per i governanti, la caduta del marco, avrebbe fatto capire agli altri governi l’impossibilità per la Germania di pagare.

7. La crisi della Ruhr.
Nel 1923 Francia e Belgio, a causa del mancato pagamento, inviarono truppe nel bacino della Ruhr (zona mineraria più ricca della Germania) per controllare la consegna dei materiali e spegnere ogni volontà di sottrarsi al pagamento. Non potendo reagire militarmente, il governo incoraggiò la resistenza passiva della popolazione che abbandonarono le fabbriche e rifiutarono di collaborare. Gruppi clandestini organizzarono attentati e sabotaggi contro Francia e Belgio che reagirono con fucilazioni e arresti in massa. Questa occupazione privò la Germania delle sue risorse produttive e la costringeva a spese per finanziare la resistenza passiva. Il marco precipitò e il suo potere d’acquisto fu annullato (400 miliardi per un chilo di pane). Lo Stato continuò a stampare monete e la gente cercava di liberarsene aumentando la velocità di circolazione della moneta e aumentando l’inflazione. Chi aveva risparmi in denaro perse tutto, chi viveva con il proprio salario dovette fare sacrifici poiché le retribuzioni venivano costantemente adeguate, mentre chi esportava, aveva debiti e beni reali fu avvantaggiato. In agosto, si formò un governo di grande coalizione presieduto da Stresemann (leader del Partito tedesco-popolare, ex nazionalista intransigente) che interruppe la resistenza passiva e riallacciò i rapporti con la Francia. A Monaco, il Partito nazionalsocialista e formazioni paramilitari organizzarono un’insurrezione contro il governo capeggiati da Hitler e Ludendorff ma venne repressa. Hitler venne condannato a 5 anni di carcere (molti abbonati). A ottobre venne emessa la Rentenmark (nuova moneta) garantita dal patrimonio agricolo e industriale e venne avviata una politica deflazionistica che costò ulteriori sacrifici ma consentì di tornare alla normalità. Nel 1924 Dawes (finanziere e uomo politico americano) stabilì che le rate sarebbero state graduate nel tempo e che le finanze internazionali sovvenzionassero lo Stato tedesco con vari prestiti a lunga scadenza, per permetterle di pagare. In poco tempo l’industria tedesca tornò ai primi posti al mondo. Nelle elezioni del ’24 ci fu l’avanzata delle ali estreme che si opposero al piano Dawes. Dopo di lui prese il potere Hindenburg, capo dell’esercito, e poi il potere venne conservato dai socialdemocratici.

8. La ricerca della distensione in Europa.
Il piano Dawes e il superamento della crisi della Ruhr giovò alla Francia che si era sentita tradita dai suoi alleati e si era costruita da sola un sistema di sicurezza legando a se tutti i paesi che erano stati avvantaggiati dal trattato di Versailles ed erano contrari alla revisione del nuovo assetto (Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Romania), e si unirono nella Piccola intesa. Ma c’era la paura della rivincita tedesca, per questo la Francia si impegnò a far rispettare le clausole del trattato e a far pagare le riparazioni per mettere in ginocchio la Germania. Ma con l’accettazione del piano Dawes ci fu una collaborazione tra i due paesi guidati dagli statisti Briand (francese) che voleva rendere l’equilibrio di Versailles più stabile e Stressmann (tedesco) che voleva superarlo per riportare la Germania a una condizione di potenza. Entrambi, però, volevano superare le fratture create dalla guerra e normalizzare i rapporti tra vincitori e vinti. Con gli accordi di Locarno (’25) Germania, Francia e Belgio riconoscevano l’equilibrio di Versailles e Italia e Gran Bretagna si impegnavano a farlo rispettare. Nel ’29 Young (finanziere americano) ridusse le riparazioni e ne graduò il pagamento a 60 anni e la Francia ritirò le truppe dalla Germania. Nel ’28 i rappresentanti di 15 Stati, a Parigi, su iniziativa di Briand e Kellogg (segretario di Stato americano) firmarono il patto di Parigi e rappresentò una fase di distensione che si interruppe con la crisi economica mondiale. Nel ’30 la Francia costruì varie fortificazioni lungo il confine con la Germania.
Estratto del documento

8.L’EREDITA’ DELLA GRANDE GUERRA

1. Le trasformazioni sociali.

La guerra fu la più grande esperienza di massa mai fatta e aveva accelerato i fenomeni di

massa. Molti uomini avevano dovuto lasciare il lavoro e si erano abituati a vivere in gruppo,

una volta tornati trovarono le donne e ci furono problemi per il reinserimento dei reduci. Le

strutture tradizionali della famiglia erano state messe in crisi (le donne a lavoro, i ragazzi

allontanati) provocando mutamenti nella mentalità: le donne volevano rendersi indipendenti,

c’era minor rispetto delle tradizioni, l’abbigliamento si fece più libero (sportivo per gli uomini e

reinserimento dei

leggero per le donne), si chiedeva più tempo libero. Un grande problema fu il

reduci poiché molti avevano preso coscienza dei loro diritti e altri facevano difficoltà a

reduce di guerra

riprendere lo studio o il lavoro. Nacque così la figura del ostile alle divisioni

associazioni di ex combattenti

politiche, sorsero che si mobilitavano per la difesa dei propri

massificazione

valori. Si diffuse la tendenza alla della politica: aumentarono gli aderenti ai

sindacati e migliorarono i loro apparati organizzativi.

2. Le conseguenze economiche.

Tutti i paesi (tranne gli USA) uscirono dalla guerra in condizioni economiche gravissime. Le

spese per la guerra erano molto superiori al prodotto nazionale e gli Stati aumentarono le

tasse, chiedendo prestiti al popolo e allargando il debito pubblico. Ma ciò non bastò, quindi,

cominciarono a stampare carta moneta aumentando l’inflazione, ancora sconosciuta. Ciò portò

alla distruzione di strutture economiche solide, come i proprietari che riscuotevano l’affitto, e

dei risparmi. L’interruzione del commercio internazionale per 2 anni aveva inferto un duro colpo

alla supremazia commerciale dell’Europa. Giappone e Stati Uniti avevano aumentato

l’esportazione in Asia e Sud America, mentre la Gran Bretagna aveva perso i principali partner

commerciali (Germania, Russia, Austria). Per non aggravare le tensioni sociali, i governi

dovettero mantenere i prezzi fissi sui beni di prima necessità e sull’affitto e rimasero molti

apparati burocratici per controllare i prezzi e le pensioni di guerra. Ci fu un incremento della

produzione industriale che durò molto poco e nel ’20 portò alla crisi di molte fabbriche e alla

disoccupazione.

3. Il biennio rosso.

I partiti socialisti ebbero un incremento elettorale. I lavoratori diedero vita a violente ondate di

agitazioni che gli permisero di ottenere la riduzione del lavoro a 8 ore giornaliere. I gruppi

consigli operai

rivoluzionari si ispiravano alla Russia e si formarono che si proponevano come

rappresentanze dirette del proletariato (soviet). Questi movimenti si presentarono con forme

diverse nei vari paesi:

- In Francia e Gran Bretagna le classi dirigenti riuscirono a contenere la pressione del

movimento operaio.

- In Germania, Austria e Ungheria ci furono tentativi rivoluzionari che furono rapidamente

stroncati (fu possibile in Russia grazie al capitalismo debole e alla borghesia esigua).

La rivoluzione russa aveva accentuato la frattura tra i movimenti operai che si scontravano sul

ruolo della democrazia e delle istituzioni.

4. Rivoluzione e controrivoluzione nell’Europa centrale.

Quando la Germania firmò l’armistizio si trovava in una situazione rivoluzionaria e l’esercito si

Consiglio dei commissari del popolo

disgregò. Il governo era esercitato da un presieduto da

i consigli degli operai e dei soldati

Ebert e composto da socialisti. Ma i veri padroni erano che:

occupavano aziende, requisivano cibo da distribuire alla popolazione e dettavano le condizioni

agli industriali. A Berlino, piena di disoccupati e soldati in piazza, c’erano molte manifestazioni

e la situazione era simile a quella russa ma con molte differenze:

- C’erano gli eserciti dei vincitori sul Reno per bloccare ogni rivoluzione

- Mancava la mobilitazione delle classi rurali

- La classe dirigente era più numerosa e meglio radicata nella società.

- C’erano diversi rapporti di forza nel movimento operaio

- I socialdemocratici tedeschi avevano una lunga tradizione di lotte nel passato (al

contrario dei menscevichi) e disponevano di un apparato organizzativo efficiente. Erano

contrari alla rivoluzione simile a quella russa. Si creò un patto tra i capi della Spd e gli

esponenti della vecchia classe dirigente. I capi dell’esercito si impegnavano a servire le

istituzioni repubblicane in cambio della tutela dell’ordine pubblico.

indipendenti Lega di

La linea moderata della Spd si scontrava con gli e i rivoluzionari della

Spartaco (correnti più radicali) che si opponevano alla convocazione della Costituente puntando

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