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Le trasformazioni sociali e culturali
La Belle Epoque: un nuovo secolo pieno di speranze
Il ‘900 iniziò sotto i migliori auspici, la fine della grande depressione lasciava presagire un’epoca radiosa ed entusiasmante. La qualità della vita quotidiana di molti europei migliorò sensibilmente grazie anche al lungo periodo di pace vissuto. I primi anni del ‘900 vennero chiamati la Belle Epoque: periodo caratterizzato non solo dal progresso ma anche da profonde contraddizioni, ad esempio lo sviluppo industriale provocò violenti squilibri sociali tra i ceti borghesi ed operai. Inoltre si diffonde l’imperialismo: il rapporto di sottomissione stabilitosi tra i paesi più forti (Europa) ed il resto del mondo (Asia e Africa) per motivazioni economiche e politiche.
Le novita’ scientifiche ed artistiche
Tra la fine dell’800 e i primi anni del nuovo secolo si verificarono importanti progressi in campo scientifico:
1. Le case borghesi erano ora dotate di acqua corrente e servizi igienici, alcuni con ascensori.
2. Le strade vennero illuminate con lampioni elettrici.
3. Le comunicazioni divennero più facili grazie alla continua diffusione dei telefoni e grazie all’invenzione dell’aereo e l’ampliamento della rete ferroviaria.
4. L’invenzione del motore a scoppio della Standard Oil Company portò all’adozione del petrolio come principle fonte energetica.
5. Creazione di fertilizzanti chimici e di leghe metalliche.
6. Scoperta della radioattività e dei raggi x, la formulazione della teoria quantistica (Max Plance, emissione discontinua di energia) e della teoria della relatività (Einstein, demoliva l’idea newtoniana di uno spazio e un tempo assoluti).
7. Il tempo secondo Bergson: accanto ad un tempo “spazializzato” (tempo della fisica) esiste un tempo interiore inteso come “durata” (fa riferimento ai liberi flussi della coscienza e non è vincolato allo sviluppo rettilineo e uniforme dell’altro).
8. La psicanalisi di Freud per la cura delle nevrosi.
Si svilupparono anche in campo artistico nuove concezioni:
1. Musica dodecafonica.
2. Espressionismo e Cubismo (Ricasso).
3. L’opera di Proust “Alla ricerca del tempo perduto” e di Joyce “Gente di Dublino e Ulisse” (idee di Bergson).
La societa’ di fine secolo
Alla fine del XIX secolo, la società europea fu interessata da profonde trasformazioni:
1. Il ruolo dell’aristocrazia fondiaria variava da un paese all’altro:
• Germania: il ruolo dei Junker restava determinante per la guida politica del paese.
• Gran Bretagna e Francia: aristocratici devono ridefinire il loro ruolo poiché la proprietà fondiaria non rappresentava più una condizione di privilegio.
2. La borghesia divenne una classe sociale complicata e stratificata che si divideva in grande, media e piccola borghesia.
3. Il proletariato industriale non fu una classe del tutto omogenea (lavoratori specializzati con sottoccupati e disoccupati). Gli scontri fra borghesia e proletariato furono delle vere e proprie conflitti di classe.
4. Il ceto operaio era la classe più misera ma si andava sviluppando un ceto di operai specializzati. Inoltre abbiamo la diffusione della catena di montaggio di Taylor nelle fabbriche.
5. Le condizioni del ceto contadino erano come quelle dell’800ed erano spesso legati alla terra per legami semiservili.
6. Sempre più diffusa era la presenza di gruppi di diseredati: rappresentavano una sorte di “non classe” emarginata e derelitta
Tra il 1870 ed il 1914, la popolazione mondiale crebbe notevolmente. La crescita riguarda i paesi più arretrati (Europa meridionale ed orientale). La crescente pressione demografica e le conseguenze della grande depressione portano milioni di persone ad emigrare (flusso emigratorio) in Australia o America.
Alfabetizzazione e democrazia
La democratizzazione porta a:
• Allargamento del diritto di voto.
• Tra le rivendicazioni democratiche si inserì la lotta per l’emancipazione femminile (specialmente per borghesia e paesi socialmente più avanzati).
• Alfabetizzazione e scolarizzazione.
• Suffragio universale cresce parallelamente al tasso di alfabetizzazione .
Progresso economico e associazioni sindacali
La maggiore democratizzazione della società fece emergere nuovi problemi. Le associazioni socialiste mutarono quindi la loro struttura: da gruppi ristretti di intellettuali e teorici si trasformarono in partiti di massa (gruppi d’opinione e raggruppamenti elettorali d’élite). Ci furono due orientamenti:
• Riformista: prevedeva la caduta del capitalismo e vi si collocava il revisionismo di Bernstein.
• Rivoluzionaria: ispirati alle teorie del francese Sorel esaltavano gli scioperi e le proteste violente.
In seguito alla Rerum Novarum anche le associazioni cattoliche iniziarono a mobilitarsi sul piano sociale. In Italia l’esperienza cattolica si organizzò intorno all’Opera dei congressi, che prestò entro in conflitto con le grandi gerarchie ecclesiastiche più conservatrici. Pio X censurò il le espressioni più progressiste del sindacalismo cattolico e del modernismo (movimento di rinnovamento teologico e spirituale).
La nascita dei movimenti nazionalistici
Alternativi al sindacalismo ed alle prospettive di riforma sociale apparivano i movimenti nazionalistici:
1. La loro azione era diretta contro la “massificazione sociale”.
2. Esaltavano la forza militare.
3. Amore per la propria nazione politica estera aggressiva.
Si diffusero nei principali Paesi Europei (action francaise, Lega pangermanica e Partito nazionalista italiano). In Italia il primo congresso dei nazionalisti italiani si svolse a Firenze nel 1910, dalla quale nacque l’Associazione nazionalistica italiana e la pubblicazione della rivista “L’idea nazionale” dall’idea di Papini. Dalle varie riviste in circolazione (“Il Leonardo”, “Il Regno”) si delinearono i caratteri del movimento:
• Disprezzo per la democrazia e per le masse proletarie.
• Condanna del suffragio universale.
• Avversione per ogni conquista sociale.
• Recupero di una forte identità nazionale attraverso una politica estera e coloniale aggressiva.
Nel 1909 apparve il primo Manifesto Futurista (si collegava al nazionalismo) che proponeva un’esaltazione della guerra e della violenza: “Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo[…] il coraggio, l’audacia, la ribellione […] non v’è più bellezza se non nella lotta […] Noi vogliamo glorificare la guerra, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore del libertario, la bella idea per cui si muore e il disprezzo della donna […]”.
Il nazionalismo italiano era un misto di autoritarismo, irredentismo antiaustriaco, desideri imperialistici, e fun fin dall’inizio composto da molte voci dissonanti; tuttavia aspirava simpatie e consensi.
L’Italia giolittiana
Giolitti alla guida del Paese
Il fallimento politico di Crispi portò al potere la destra liberale. Il paese era scosso da gravi tensioni sociali quando i prezzi dei generi alimentari aumentarono (1898), il governo reagì con una repressione violenta delle manifestazioni, inoltre cercò di far approvare dal Parlamento delle leggi eccezionali che avrebbero limitato le libertà politiche ma trovò l’opposizione dei deputati progressisti che fecero fallire questo progetto. Le elezioni successive vennero vinte dalla sinistra liberale, che alla morte di Umberto I aveva eletto al governo Zanardelli e come ministro degli interni Giolitti. Giolitti assunse un atteggiamento nuovo consentendo gli scioperi (non riguardanti i dipendenti pubblici e politica). Abbiamo due giudizi sulla politica di Giolitti:
• Un’idea pragmatica della funzione del governo.
• Chi lo accusa di opportunismo.
Nel 1903 Giolitti sostituì Zanardelli alla guida del governo, uno dei cardini della politica di Giolitti fu l’attenzione alle nuove forze del paese tentando di avvicinare il Partito Socialista invitando il leader stesso ad entrare al governo ma tuttavia Turati non accettò poiché avrebbe rinforzato l’ala massimalistica del partito socialista. Ma questa azione di Giolitti aiutò a riavvicinare socialisti e liberali e favorì la nascita delle Camere del lavoro: enti preposti a difesa dei lavoratori dalle quali nascerà nel 1906 la Confederazione generale del lavoro (sindacato unitario italiano d cui nascerà CGIL). Giolitti riuscì a tenere isolare la corrente massimalistica e rivoluzionaria ma i massimalisti riconquistarono successivamente il partito socialista ed appoggiarono uno sciopero indetto dai sindacalisti rivoluzionari, lo sciopero si esaurì da solo e Giolitti sciolse le camere. Le elezioni successive diedero una solida maggioranza alle forze di governo e segnarono una significativa flessione dei socialisti. In questo caso la chiesa autorizzò i cattolici a partecipare al voto per favorire l’elezione dei candidati governativi. Giolitti lasciò il governo per un breve periodo (1905-1906) dove vennero varate, assieme a Turati, provvedimenti a tutela dei lavoratori e contemporaneamente Giolitti avviò la nazionalizzazione delle ferrovie e dei telefoni e emanò provvedimenti protezionistici.
Il fenomeno migratorio e la “quetione meridionale”
Il fenomeno emigratorio crebbe in modo evidente, l’emigrazione italiana era dovuta alla crisi economica internazionale ed all’arretratezza dell’economia italiana. Si emigrava verso America ed Australia. Il dramma dell’emigrazione ripropose la “questione meridionale”, giolitti intervenne con provvedimenti tesi al rilancio economico del Meridione attraverso sgravi fiscali per i ceti agricoli, favorì l’industrializzazione nell’area partenopea e la costruzione dell’acquedotto pugliese (tutto ciò senza affrontare il nodo della riforma agricola). Giolitti venne accusato di avere un doppio volto:
• Progressista: vicino ai socialisti e attento allo sviluppo produttivo al Nord.
• Conservatore: verso il problema agrario del Sud.
L’intervento statale in economia si intensificò dal 1907, il governo emanò provvedimenti a sostegno delle industri automobilistiche, siderurgiche e tessili, le più minacciate dalla recessione. L’azione coordinata di banche e governo consentì di superare gli effetti più laceranti della crisi ma la tensione sociale si inasprì a causa dell’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Nel 1909 le elezioni registrarono un incremento dei socialisti. Il governo fu messo in minoranza alla Camera su alcune iniziative di legge e Giolitti presentò le dimissioni ma tornò nel 1911 con due progetti in contraddizione:
1. Ripresa iniziativa coloniale con l’occupazione della Libia.
2. L’introduzione del suffragio universale maschile.
Così Giolitti tentò di ottenere l’appoggio sia dei socialisti moderati che dei nazionalisti.
L’Italia nel teatro internazionale
Sin dai primi anni la politica estera di Giolitti seguiva 3 linee generali:
Contraddizioni (i “giri di valzer” dell’Italia)
La riconferma della triplice alleanza. Comportava l’impegno al fianco di Austria e Germania ma, per favorire l’espansione al Mediterraneo, Giolitti aveva rinforzato il rapporto con Francia e Inghilterra. Questa alleanza fu precaria a causa anche del malcontento austro-tedesco con l’Italia. L’occasione di invadere la Libia (che poneva il paese in contrasto con gli interessi austro-tedeschi) fu offerto dal conflitto che opponeva l’ormai debole Impero ottomano alle neonate nazioni balcaniche, l’Italia inviò un ultimatum alla Turchia che venne rifiutato e iniziò la guerra. Da un inizio facile si fece più difficile ma alla fine lo scontro si concluse con l’accettazione della sovranità italiana ad eccezione delle isole del Dodecaneso (anche se in verità rimase sotto il controllo italiano fino alla seconda guerra mondiale). Il controllo della Libia fu da subito difficoltoso e appariva uno “scatolone di sabbia” e diede quindi risultati deludenti.
L’avvicinamento alla Francia.
L’attenzione alla situazione balcanica.
La conclusione dell’eta’ giolittiana
Nel 1912 Giolitti concesse il suffragio universale maschile. Le tensioni conseguenti alla guerra in Libia portarono all’indebolimento dei riformisti all’interno del partito socialista. Il congresso di Reggio Emilia del 1912 vide la vittoria dell’ala massimalistica e l’espulsione di molti leader riformisti. Giolitti, che rischiava di uscire sconfitto dalle elezioni, firmò il “Patto Gentiloni”: un accordo elettorale in base al quale i cattolici avrebbero votato per i candidati giolittiani in cambio di leggi a favore della chiesa per l’istruzione e la famiglia. Giolitti ebbe la meglio ma ottenere una solida maggioranza parlamentare risultava ora più difficile: le posizioni interne ai deputati liberali erano molto eterogenee. Giolitti presentò le dimissioni nel 1914 allo scopo di rinsaldare la maggioranza di governo.
La societa’ italiana d’inizio secolo
L’Italia di inizio secolo era principalmente agricola e tale sarebbe rimasta per un po’. Un’ipotesi di sviluppo moderno avviato da Rosa incontrava profonde resistenze materiali, sociali e culturali. Per rendersi conto dell’immobilismo sociale che si perpetuava basta leggere quanto disse Salvemini nel 1902, dal quale emerge una scuola rigidamente differenziata per compartimenti stagni, su basi classiste, nella quale i livelli superiori dell’istruzione sono appannaggio esclusivo dei ceti più ricchi e dove non si intravede nessuna possibilità di mutamento.
I contadini di inizio ‘900 erano quasi completamente al di fuori del processo di scolarizzazione, e questa esclusione si accentuava andando dal Nord al Sud. La famiglia agricola del sud era ancora quella tradizionale di tipo esteso e patriarcale. La mancanza di meccanizzazione agricola e le vecchie modalità di produzione obbligavano i figli a stare nei campi. Nel nord invece la famiglia patriarcale agricola era ridotta a causa della diffusione del sistema di fabbrica; i vari membri della famiglia concorrono a formare il reddito della famiglia ma ognuno poteva avere mestieri diversi.
L’Italia giolittiana era dunque in bilico fra trasformazione e tradizione: prima del secolo gli italiani avevano mediamente migliorato il loro tenore di vita:
1. La borghesia imprenditoriale aveva approfittato della congiuntura internazionale favorevole per incrementare i propri proventi.
2. Il ceto medio impiegatizio e gli operai specializzati avevano visto aumentare i loro stipendi ed i loro salari.
3. I braccianti delle aree agricole del nord più progredito si erano organizzati in cooperative che si inserivano in cicli di produzione in modo dinamico.
LE TRASFORMAZIONI SOCIALI E CULTURALI
LA BELLE EPOQUE: UN NUOVO SECOLO PIENO DI SPERANZE
Il ‘900 iniziò sotto i migliori auspici, la fine della grande depressione lasciava presagire un’epoca radiosa ed
entusiasmante. La qualità della vita quotidiana di molti europei migliorò sensibilmente grazie anche al lungo periodo di
pace vissuto. I primi anni del ‘900 vennero chiamati la Belle Epoque: periodo caratterizzato non solo dal progresso ma
anche da profonde contraddizioni, ad esempio lo sviluppo industriale provocò violenti squilibri sociali tra i ceti borghesi
ed operai. Inoltre si diffonde l’imperialismo: il rapporto di sottomissione stabilitosi tra i paesi più forti (Europa) ed il
resto del mondo (Asia e Africa) per motivazioni economiche e politiche.
LE NOVITA’ SCIENTIFICHE ED ARTISTICHE
Tra la fine dell’800 e i primi anni del nuovo secolo si verificarono importanti progressi in campo scientifico:
1. Le case borghesi erano ora dotate di acqua corrente e servizi igienici, alcuni con ascensori.
2. Le strade vennero illuminate con lampioni elettrici.
3. Le comunicazioni divennero più facili grazie alla continua diffusione dei telefoni e grazie all’invenzione
dell’aereo e l’ampliamento della rete ferroviaria.
4. L’invenzione del motore a scoppio della Standard Oil Company portò all’adozione del petrolio come principle
fonte energetica.
5. Creazione di fertilizzanti chimici e di leghe metalliche.
6. Scoperta della radioattività e dei raggi x, la formulazione della teoria quantistica (Max Plance, emissione
discontinua di energia) e della teoria della relatività (Einstein, demoliva l’idea newtoniana di uno spazio e un
tempo assoluti).
7. Il tempo secondo Bergson: accanto ad un tempo “spazializzato” (tempo della fisica) esiste un tempo interiore
inteso come “durata” (fa riferimento ai liberi flussi della coscienza e non è vincolato allo sviluppo rettilineo e
uniforme dell’altro).
8. La psicanalisi di Freud per la cura delle nevrosi.
Si svilupparono anche in campo artistico nuove concezioni:
1. Musica dodecafonica.
2. Espressionismo e Cubismo (Ricasso).
3. L’opera di Proust “Alla ricerca del tempo perduto” e di Joyce “Gente di Dublino e Ulisse” (idee di Bergson).
LA SOCIETA’ DI FINE SECOLO
Alla fine del XIX secolo, la società europea fu interessata da profonde trasformazioni:
1. Il ruolo dell’aristocrazia fondiaria variava da un paese all’altro:
GERMANIA: il ruolo dei Junker restava determinante per la guida politica del paese.
GRAN BRETAGNA e FRANCIA: aristocratici devono ridefinire il loro ruolo poiché la proprietà fondiaria non
rappresentava più una condizione di privilegio.
2. La borghesia divenne una classe sociale complicata e stratificata che si divideva in grande, media e piccola
borghesia.
3. Il proletariato industriale non fu una classe del tutto omogenea (lavoratori specializzati con sottoccupati e
disoccupati). Gli scontri fra borghesia e proletariato furono delle vere e proprie conflitti di classe.
4. Il ceto operaio era la classe più misera ma si andava sviluppando un ceto di operai specializzati. Inoltre
abbiamo la diffusione della catena di montaggio di Taylor nelle fabbriche.
5. Le condizioni del ceto contadino erano come quelle dell’800ed erano spesso legati alla terra per legami
semiservili.
6. Sempre più diffusa era la presenza di gruppi di diseredati: rappresentavano una sorte di “non classe”
emarginata e derelitta
Tra il 1870 ed il 1914, la popolazione mondiale crebbe notevolmente. La crescita riguarda i paesi più arretrati (Europa
meridionale ed orientale). La crescente pressione demografica e le conseguenze della grande depressione portano
milioni di persone ad emigrare (flusso emigratorio) in Australia o America.
ALFABETIZZAZIONE E DEMOCRAZIA
La democratizzazione porta a:
Allargamento del diritto di voto.
Tra le rivendicazioni democratiche si inserì la lotta per l’emancipazione femminile (specialmente per borghesia
e paesi socialmente più avanzati).
Alfabetizzazione e scolarizzazione.
Suffragio universale cresce parallelamente al tasso di alfabetizzazione .