Sintesi
la Belle Epoque nella storia

La tesina presenta il periodo storico, artistico, culturale della Belle Epoque che si sviluppò e ebbe il suo massimo fulgore in Europa nel periodo compreso tra la fine dell'Ottocento e l'inizio della Prima Guerra mondiale. Belle Epoque significa "l'epoca bella" o "bei tempi", termine coniato in Francia alla fine dell'Ottocento. Questo termine rievoca a una vera e propria realtà storica e guarda a quest'ultima con una grande nostalgia. Il periodo della Belle Epoque è contrassegnato inoltre dai grandi progressi e dal grande sviluppo tecnologico. E' l'epoca delle grandi scoperte che segneranno dei notevoli cambiamenti nella vita di tutti i giorni: L'illuminazione elettrica, il cinema, la radio, ecc...
Inoltre era un periodo venato da un grande ottimismo e da grandi comodità che garantirono quindi un miglioramento della vita quotidiana delle persone. Inoltre in questo periodo si esplicarono grandissime correnti di tipo artistico-letterario, nelle capitali europee si viveva una vita assai brillante.

Indice

Periodo storico della Belle Epoque
Tecnologia: i trasporti nel periodo della Belle Epoque
Arte: movimenti artistici della Belle Epoque
Educazione fisica: Giochi olimpici
Letteratura italiana: Giovanni Verga
Musica: i compositori veristi
Inglese: New York: a city of Immigrants
Geografia: gli Stati Uniti d'America
Francese: la Basilica del Sacro Cuore
Scienze: apparato circolatorio
Belle Epoque, analisi storica - Approfondimento storico 1
Belle Epoque, periodo storico - Approfondimento storico 2
Belle Epoque, definizione storica - Approfondimento storico 3
Belle Epoque, storia - Approfondimento storico 4
Belle Epoque, descrizione - Approfondimento storico 5
Belle Epoque, spiegazione - Approfondimento storico 6
Belle Epoque e catena di montaggio

Periodo storico della Belle Epoque



L'espressione “Belle Époque” (l'epoca bella, i bei tempi) nacque in Francia dopo l’inizio della Prima Guerra Mondiale per indicare, in contrapposizione agli orrori della guerra e alle difficoltà esistenziali che essa comportava, la straordinaria stagione di progresso e di prosperità vissuta dagli Europei dal 1870 al 1914. Essa nasce, in effetti, in parte da una realtà storica e in parte da un sentimento di nostalgia.

Il periodo che prese il nome di “Belle Époque” fu uno tra quelli contrassegnati da un’intensa espansione economica, da una fioritura di scoperte e da un miglioramento della qualità della vita, destinati ad investire la società del tempo e a produrre grandi cambiamenti.

In questa descrizione c'è un fondo di verità e una parte di nostalgia. La realtà era in effetti stata abbellita anche per non risentire troppo dei traumi postbellici. Ma, senza dubbio, questo periodo è ricordato come un passato dorato che fu ridotto in frantumi dallo scoppio della prima guerra mondiale.

Migliora la qualità della vita: Nel periodo della Belle Époque la borghesia celebrava i risultati raggiunti in pochi decenni di egemonia con esposizioni universali, in cui si esibivano le ultime strabilianti meraviglie della tecnica; con conferenze di esploratori, missionari, ufficiali, che raccontavano le grandezze e le miserie di mondi lontani, il cui contrasto con l'Occidente inorgogliva gli ascoltatori e li confermava nella loro certezza di appartenere a un mondo superiore, che nulla mai avrebbe potuto incrinare. Le guerre, se c'erano, erano lontane: in Cina, in Africa e sulle pendici dell'Himalaya. Tra le potenze europee ogni accordo sembrava possibile, pur di conservare un benessere tanto evidente.
Affrontare la vita con questo spirito significava caratterizzarlo in modo spensierato e positivo. Gli abitanti delle città avevano scoperto il piacere di uscire, anche e soprattutto dopo cena, di recarsi a chiacchierare nei caffè e assistere a spettacoli teatrali. Le vie e le strade cittadine erano piene di colori: manifesti pubblicitari, vetrine con merci di ogni tipo, eleganti magazzini. Questa mentalità e questo modo di affrontare la vita aveva condizionato anche i settori produttivi. In tutta Europa si erano sviluppate una serie di correnti artistiche giunte a teorizzare che ogni produzione umana poteva divenire un'espressione artistica. Ogni oggetto e ogni luogo diveniva un'elegante decorazione, un motivo floreale, una linea curva e arabesca. Quando iniziò il nuovo secolo, Parigi volle celebrarlo con un'incredibile mostra nella quale venivano esposte tutte le innovazioni più recenti: l'esposizione universale. Per assistere a questa gigantesca fiera, nel 1900 persone da tutto il mondo sbarcavano in Francia per prendervi parte. La gente ne visitava ogni parte e ne ammirava tutti gli aspetti: scale mobili dette "Tapis roulant" e tram elettrici. In questa occasione si assaggiavano le innumerevoli varietà di tè importato dall'India. Nel corso dell’Ottocento l’Europa era andata stabilizzandosi con la creazione di grandi stati nazionali. L’industrializzazione si era diffusa, nuove scoperte scientifiche consentivano di essere applicate anche alle attività quotidiane rendendo più facile il lavoro e più comoda la vita domestico-familiare. Diversi sovrani europei avevano goduto della fortunata circostanza di poter vivere e regnare a lungo, consentendo ai loro popoli una stabilità e una prosperità accresciuta dalle conquiste coloniali, che potenziavano la ricchezza degli stati e incrementavano i commerci, favorendo lo sviluppo della borghesia che si affermava per le sue capacità di creare nuovi mercati, di moltiplicare il capitale e di farlo circolare più facilmente con la creazione di moderni istituti bancari. Anche se non tutti i paesi in Europa vivevano al meglio questa lunga parentesi di prosperità, tuttavia la maggior parte degli stati avevano attinto un livello esistenziale più accettabile anche per gli strati sociali solitamente meno favoriti, che cominciavano a prender coscienza dei loro diritti e a inserirsi più attivamente nel mondo del lavoro.
L’esempio più significativo di questa realtà era, in Europa, l’Inghilterra che, durante il regno della regina Vittoria, visse un lungo periodo di prosperità. Ma il paese che interpretò lo spirito autentico della Belle Époque fu senza dubbio la Francia.
Come detto in premessa la Belle Époque in effetti era tale solo per chi se la poteva permettere. Il progresso aveva infatti un prezzo: il benessere di alcuni si basava sul disagio di moltissimi altri; anzitutto dei popoli colonizzati, secondariamente del proletariato operaio e contadino. Quest'ultimo tuttavia, soprattutto quello operaio, durante la Belle Époque cominciò a godere di qualche vantaggio, non solo grazie alle proprie durissime lotte, ma grazie anche alla logica stessa dell'economia del mercato. In base a questa logica infatti se si vuole guadagnare di più bisogna produrre e vendere di più. Ma per aumentare le vendite è necessario che masse sempre più estese abbiano sempre più denaro per comprare. Gli imprenditori, quindi, man mano che la produzione scendeva, accettavano di concedere aumenti dei salari, facendo salire il reddito pro capite nei paesi sviluppati.

Beni di consumo come abiti, calzature, mobili, utensili domestici, che prima erano prodotti artigianalmente e venduti da piccoli commercianti al dettaglio cominciarono a essere offerti da una rete commerciale sempre più ampia. Si moltiplicarono i grandi magazzini, furono incrementate le vendite a domicilio e per corrispondenza, furono trovate nuove forme per il pagamento rateale, che indebitava le famiglie, ma nel contempo rendeva accessibili ai meno abbienti una quantità prima impensabile di prodotti costosi. In appoggio a questa massiccia strategia di vendita nasceva la pubblicità, che cominciava ormai a riempire i muri delle città e le pagine dei giornali.

I progressi legati a questo periodo: All'inizio del Novecento il mondo occidentale aveva molte ragioni d'orgoglio: era stata debellata la maggior parte delle epidemie, ridotta notevolmente la mortalità infantile tanto che gli abitanti del pianeta toccavano ormai il miliardo e mezzo. Alla crescita demografica fece riscontro un impressionante aumento della produzione industriale e del commercio mondiale, che tra il 1896 e il 1913 raddoppiarono. I passaporti non servivano in molti stati europei e la sterlina era il solidissimo riferimento economico. Si praticarono gallerie nelle montagne che consentirono di mettere in comunicazione, mediante la ferrovia, paesi vicini ma divisi da alte catene montuose e che sembravano destinati a non poter usare il treno: Italia, Svizzera, Francia ed Austria si collegarono attraverso i trafori del Gottardo, del Sempione e del Fréjus.

Nel 1913 la rete ferroviaria mondiale aveva raggiunto un milione di chilometri e le automobili cominciavano ad affollare le strade delle metropoli americane ed europee. Nelle città furono create le metropolitane che consentivano di raggiungere velocemente tutti i quartieri della città, eludendo il traffico che già cominciava a condizionare gli spostamenti in superficie. Parlando di trasporti, la corsa alla costruzione dei nuovi enormi e sfarzosi transatlantici costituiva il lato più grandioso di quest'epoca tecnologicamente avanzata ma ancora legata a certi sentimenti romantici e utopistici. Non a caso, l'affondamento della nave più potente del mondo, il Titanic, avvenuto nel 1912, è stato considerato come il più bel sogno infranto della Belle époque. Nel 1903 nasce il primo aeroplano propriamente detto quando i fratelli Wright riuscirono a far spiccare il volo ad una sorta di aliante dotato di un motore da 16 cavalli a Kill Devil Hill nella Carolina del Nord, in USA. Questo primo volo durò 12 secondi, arrivando ad un'altezza di circa 40 metri. Il vero pioniere dell’aviazione fu, l’ingegnere Alberto Santos-Dumont. Il suo volo del 12 novembre 1906 fu il primo riconosciuto ufficialmente in Europa di un apparecchio più pesante dell'aria in grado di decollare autonomamente. Il primo aereo italiano fu costruito da Aristide Faccioli nel 1908.

Tecnologia: i trasporti nel periodo della Belle Epoque



La qualità della vita contemporanea, così come l’attività economica e produttiva di una nazione, sono profondamente condizionate dall’efficacia dei mezzi di trasporto e delle infrastrutture indispensabili al loro funzionamento: strade, ferrovie, porti, aeroporti ecc. Oggi, merce persone devono spostarsi velocemente e a costi contenuti. Mezzi di trasporto e infrastrutture, costituiscono il sistema dei trasporti. Un sistema di trasporti moderno per essere efficiente deve soddisfare due requisiti fondamentali: la velocità e l’economia. I mezzi di trasporto di oggi hanno però un elevato consumo energetico, soprattutto dei derivati del petrolio, ed è perciò indispensabile elaborare strategie volte al contenimento degli sprechi e al controllo dell’inquinamento.
Classificazione dei mezzi di trasporto
I mezzi di trasporto si classificano secondo:

La via in cui si muovono via terra
via acqua
via aria
Il servizio che svolgono trasporto delle merci
trasporto delle persone
L’estensione dell’aria servita trasporti nazionali
trasporti internazionali
Tabella 1 – Classificazione dei mezzi di trasporto

Trasporti via terra: I trasporti via terra si suddividono al loro volta secondo la rete utilizzata:
Rete utilizzata Mezzi di trasporto
Strada Autocarri
Autoveicoli
Motoveicoli
Rotaia Treni
Tram
Metropolitana
Cavo Funicolari
Funivie
Seggiovie
Tabella 2 – Suddivisione dei mezzi di tra-sporto in funzione della rete utilizzata
Trasporti via acqua
I trasporti via acqua si suddividono in:
- trasporti per via di acque interne (laghi, fiumi e canali navigabili)
- trasporti marittimi per passeggeri e delle merci (mare)

Trasporti via aria: I trasporti per via aria sono in forte ascesa e i mezzi di trasporto, aerei ed elicotteri, vengono impiegati nel trasporto passeggeri, merci e postale.


Arte: movimenti artistici della Belle Epoque



Nel 1874, in Francia, presso lo studio del fotografo Nadar, si tenne la prima manifestazione ufficiale di una nuova pittura: l’Impressionismo.

Alla mostra parteciparono Claude Oscar Monet, Edgar Degas, Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cézanne, Camille Pissarro, Felix Bracquemond, Jean-Baptiste Guillaumin e l'unica donna Berthe Morisot. La manifestazione fu di per sé un'azione eversiva in quanto, al di là dell'estrema modernità delle singole opere che sconvolse la critica, venne compiuta in risposta e contro il Salon, che le aveva rifiutate, e gli studi accademici in generale.
Il nome di battesimo del nuovo movimento si deve al critico d'arte Louis Leroy, che definì la mostra Exposition Impressioniste, prendendo spunto dal titolo di un quadro di negativa, che indicava l'apparente incompletezza Monet, Impression, soleil levant. Inizialmente questa definizione aveva un'accezione delle opere, ma poi divenne una vera bandiera del movimento.

Caratteristiche della pittura impressionista: Caratteristiche della pittura impressionista erano i contrasti di luci e ombre, i colori forti, vividi, che avrebbero fissato sulla tela le sensazioni del pittore di fronte alla natura. Il colore stesso era usato in modo rivoluzionario: i toni chiari contrastano con le ombre complementari, gli alberi prendono tinte insolite, come l'azzurro, il nero viene quasi escluso, preferendo le sfumature del blu più scuro o del marrone. Fondamentale era dipingere en plein air, ovvero al di fuori delle pareti di uno studio, a contatto con il mondo. Questo portò a scegliere un formato delle tele più facile da trasportare; si ricorda che risale a questo periodo anche l'invenzione dei tubetti per i colori a olio e al cavaletto da campagna, facile da trasportare
Il pittore cerca di fissare sulla tela anche lo scorrere del tempo, dato dal cambiamento della luce e dal passare delle stagioni. Si ricordano a questo proposito le numerose versioni della Cattedrale di Rouen, riprodotta nelle diverse ore del giorno e in diverse condizioni climatiche, di Claude Monet verso la fine del 1890.

Artisti impressionisti: Nonostante un filo molto evidente colleghi tutti gli artisti impressionisti, sarebbe un errore considerare questo movimento come monolitico. Ogni artista, infatti, secondo la sua sensibilità lo rappresenta in modo diverso. Per esempio Monet non si interessò principalmente alla rappresentazione di paesaggi urbani, ma soprattutto naturali, arrivando, negli ultimi anni della sua vita, a ritrarre moltissime volte lo stesso soggetto (le Ninfee) in momenti diversi, per studiarne i cambiamenti nel tempo. Altri, come Renoir o Degas, si interessarono invece alla figura umana in movimento. Molti sono gli artisti che non si possono definire del tutto impressionisti, ma che dell'Impressionismo sono evidenti precursori, molti quelli che, nati in seno all'Impressionismo, se ne distaccheranno per intraprendere nuove strade. L'unico artista che sempre, per tutta la sua vita, rimase impressionista fu Monet. In sintesi, si può affermare che l'Impressionismo sia ai suoi inizi con Manet, culmini con Monet e si chiuda con Cezanne, che poi ne uscirà.

Educazione fisica: Giochi Olimpici



L'Europa era in pace da trent'anni, nessuno pensava più che la guerra potesse devastare ancora il mondo; si godeva della scoperta del “tempo libero”, del diritto allo svago e al divertimento: ciascuno, secondo le proprie possibilità economiche, migliorava di giorno in giorno la qualità della propria vita.
Si diffuse la pratica dello sport ora accessibile a tutte le classi sociali: l’alpinismo, le prime partite di calcio, le regate veliche, le gare ciclistiche ecc.
Nel 1892 Pierre de Coubertin , profondamente convinto dell’importanza educativa dello sport, rese nota al congresso dell’Unione francese per gli sport atletici la sua intenzione di ridar vita ai Giochi olimpici, adeguandone i caratteri alle esigenze della società moderna e richiamando la gioventù di tutto il mondo in una serie di pacifiche competizioni. Egli sperava che le nuove Olimpiadi potessero riunire atleti di ogni ceto, razza, religione, credo politico. Inoltre ripeteva: ”La cosa più importante non è vincere, ma partecipare; l’essenziale, non è aver conquistato qualcosa, ma aver combattuto bene”. Da allora le Olimpiadi hanno avuto luogo in città diverse, ogni 4 anni
Per realizzare il suo ambizioso progetto, De Coubertin convocò a Parigi, nel 1894, il primo Comitato internazionale olimpico (CIO), incaricato di valutare e studiare l’eventualità di una ripresa delle Olimpiadi. Da allora il CIO è sempre stato il responsabile del regolare svolgimento dei Giochi olimpici e il garante del rispetto dei principi enunciati da De Coubertin. Erano presenti i delegati di dodici nazioni, che accolsero la proposta del barone francese, decidendo che la prima edizione delle Olimpiadi dell’era moderna avrebbe avuto luogo nel 1896, naturalmente ad Atene.
Il 6 aprile del 1896 i Giochi furono aperti con la partecipazione di 14 paesi, fra i quali non figurava l’Italia. I partecipanti furono 241 (solo uomini), mentre le specialità incluse nel programma olimpico erano nove: atletica leggera, atletica pesante, ciclismo, ginnastica, nuoto, scherma, tennis, tiro e vela. Le gare furono seguite con grande interesse dal pubblico: ben cinquantamila spettatori riempirono lo stadio per la cerimonia di apertura. Nella prima edizione furono disputate 43 gare, undici vinte dagli Stati Uniti, dieci dalla Grecia, sei dalla Germania, cinque dalla Francia, due ciascuna da Gran Bretagna, Austria, Australia, Ungheria e una ciascuna da Svizzera, Danimarca e una squadra mista nel tennis doppio maschile.
La manifestazione ebbe gran successo e la seconda edizione si tenne a Parigi, nel 1900, contemporaneamente all’Esposizione universale. Ma gli spettatori furono meno numerosi del previsto, l’organizzazione poco curata, l’esito complessivo della manifestazione, nonostante la presenza di 24 paesi e quasi mille atleti, assai deludente.
Dopo un altro insuccesso a Saint Louis (USA) nel 1904, la vera rinascita delle Olimpiadi si ebbe nel 1908 a Londra, dove, in uno stadio, costruito appositamente per l’occasione, ospitava oltre centomila spettatori, gareggiarono più di duemila atleti, fra cui 36 donne.
La prima partecipazione italiana a un’Olimpiade risale all’edizione parigina del 1900, Il primo italiano a conquistare una medaglia olimpica fu, il conte Gian Giorgio Trissino, vincitore dell’oro in una prova di salto nella disciplina dell’equitazione. Nel 1928, ad Amsterdam, fu invece la prima medaglia italiana in campo femminile. Per il primo oro olimpico femminile si dovette attendere le Olimpiadi del 1936, a Berlino, quando Ondina Valla vinse la gara degli 80 m piani a ostacoli.

Il Comitato Olimpico Internazionale: Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO dalle iniziali del nome originale francese Comité International Olympique), fondato il 23 giugno 1894 a Parigi, è, come detto, un organizzazione non governativa creata da Pierre de Coubertin per far rinascere le olimpiadi.
Attualmente il CIO ha sede a Losanna, in Svizzera ed è composto da 126 membri che si riuniscono almeno una volta all'anno. Il Comitato sceglie i propri membri ed elegge un presidente, che rimane in carica 8 anni.
Il suo compito principale è quello di supervisionare l'organizzazione dei Giochi Olimpici. Riceve le candidature per l'organizzazione dei Giochi olimpici estivi e invernali, e procede all'assegnazione tramite votazione dei propri membri.
L'attività del CIO è finanziata dai proventi dei diritti televisivi sulle Olimpiadi (che sono l'evento più seguito al mondo), dagli accordi di sponsorizzazione con le maggiori multinazionali e dai diritti di sfruttamento dei loghi olimpici.

Simboli olimpici: I principali simboli olimpici universalmente noti e riconosciuti dal Comitato Olimpico Internazionale sono:
- la bandiera olimpica con i cinque cerchi
- il motto olimpico
- l'inno olimpico
- la fiamma olimpica
Esistono poi una serie di simboli che contradistinguono ogni singola edizione dell'Olimpiade: la torcia olimpica e il braciere olimpico dove arde la fiamma, il logo olimpico, il poster olimpico, la mascotte olimpica e la medaglia olimpica
La Bandiera: La bandiera olimpica è stata ideata da Coubertin. E’ costituita da un drappo bianco con disegnati cinque anelli intrecciati rispettivamente di colore blu, nero, rosso, giallo, verde. I cinque cerchi rappresentano i cinque continenti: il cerchio blu l’Europa, il nero l’Africa, il rosso l’America, il giallo l’Asia e il verde l’Oceania . I cerchi apparvero per la prima volta nel 1913. I cerchi e la bandiera olimpica furono presentati al Congresso Olimpico di Parigi nel 1914, pochi mesi dopo, però, scoppiò la prima guerra mondiale che impedii lo svolgimento delle olimpiadi del 1916 e solo nel 1920 si vide sventolare la bandiera coi cinque cerchi.
Il moto olimpico
Il motto è formato da tre parole latine : citius (più velocemente ), altius (più in alto) fortius (con più forza).
L’inno olimpico
L’inno olimpico è un brano musicale composta da Samaras, tratto da un poema. Venne eseguito per la prima volta all’edizione del 1896. negli anni successivi ogni nazione ospitante doveva comporre un inno olimpico specifico per la propria edizione e questo avvenne fino al 1960 perché con l’edizione del 1964 è stato reintrodotto l’inno olimpico del 1896.

La fiamma olimpica: La fiamma olimpica (o fuoco olimpico) è portato dalla torcia olimpica (o fiaccola olimpica) e brucia durante lo svolgimento dell'Olimpiade nel braciere olimpico o tripode. Le sue origini risalgono all'Antica Grecia, quando un fuoco veniva tenuto acceso per tutto il periodo di celebrazione delle Olimpiadi antiche. Il fuoco venne reintrodotto nelle olimpiadi del 1928, e da allora fa parte del cerimoniale delle Olimpiadi moderne.

Cerimonia di apertura: Ogni Olimpiade moderna si apre con una cerimonia d’apertura. Durante la cerimonia si svolge una parata, aperta sempre dalla squadra greca e chiusa dalla squadra della nazione che ospita i giochi. Viene quindi suonato l’inno olimpico e issata la bandiera ufficiale dei giochi. Successivamente un atleta della nazione che ospita i giochi, entra nello stadio reggendo la torcia olimpica, una torcia accese mesi prima a Olimpia con il fuoco che arde in un braciere e poi trasportata di città in città da una lunga staffetta di corridori, chiamati tedofori .
Con la torcia l’atleta accende la fiamma olimpica che arde fino al termine delle Olimpiadi. Quindi l’atleta pronuncia un solenne giuramento.

La cerimonia si chiude con un volo di colombe bianche che simboleggiano lo spirito di pace nel quale vengono disputati i giochi.
Al termine di ogni gara hanno luogo le cerimonie di premiazione dei primi tre atleti classificati i quali ricevono, rispettivamente, una medaglia d’oro, una d’argento e una di bronzo. Durante questa cerimonia vengono innalzate le bandiere delle nazioni dei tre atleti e viene suonato l’inno nazionale del Paese dell’atleta vincitore. Inoltre, i nomi dei primi sei atleti classificati in ogni gara vengono incisi sul muro dello stadio olimpico. Alla conclusione di tutti i giochi vi è una cerimonia di chiusura e il saluto agli atleti.

Letteratura italiana: Giovanni Verga




Sotto l’influenza di questo clima di positivismo, cioè di quell'assoluta fiducia nella scienza, nel metodo sperimentale e negli strumenti infallibili della ricerca, nasce il Verismo, che si sviluppa fin dal 1830 e prospera alla fine del XIX secolo in piena Belle Époque.

Si sviluppa a Milano, la città dalla vita culturale più feconda, in cui si raccolgono intellettuali di regioni diverse; le opere veriste, però, rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale, meridionale e insulare. Così la Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga, di Luigi Capuana e di Federico de Roberto; Napoli in quelle di Matilde Serao e di Salvatore di Giacomo; la Sardegna nelle opere di Grazia Deledda; Roma nelle poesie di Cesare Pascarella; la Toscana nelle novelle di Renato Fucini.
Caratteristiche fondamentali del Verismo sono la descrizione di un fatto realmente accaduto, che doveva servire da documento e che l'opera artistica avrebbe reso stilisticamente bello e il linguaggio vivo, immediato, spontaneo, disposto ad accettare persino le espressioni dialettali, in quanto la lingua e lo stile devono essere aderenti ai fatti e quindi espressione obiettiva del mondo rappresentato.

Giovanni Verga: L’artista più rappresentativo del Verismo fu Giovanni Verga. Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri. Trascorre i primi anni in Sicilia, scrivendo assai presto tre romanzi storici, che risultano però poco significativi e alquanto influenzati dallo scrittore francese Alessandro Dumas. A 18 anni si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma presto l'abbandona per dedicarsi completamente alla letteratura. Fra il 1865 e il 1871 vive a Firenze, in quegli anni capitale d'Italia, dove ebbe i primi contatti letterari e dove pubblicò con successo due romanzi: Una peccatrice e Storia d'una capinera. Il Verga mira qui a trasferire nei protagonisti dei romanzi i suoi stessi stati d'animo e sentimenti. Le avventure, benché non vissute ma immaginate, vengono descritte con lo scopo di criticare la falsità e l'immoralità della società borghese e aristocratica (specie quella elevata) contemporanea allo stesso scrittore. Dal 1872 al 1883 Giovanni Verga visse a Milano, dove fu in stretto contatto con gli ambienti letterari che facevano allora di Milano la città più viva d'Italia. A Milano Verga stringe amicizia con Luigi Capuana, che è il teorico del Verismo italiano.
Il Verga a Milano continua a comporre romanzi in cui ancora polemizza con la vita e il costume della media e alta borghesia: amori travagliati, impossibili, melodrammatici, che spesso si concludono con la disperazione, la morte per malattia, il suicidio, la pazzia. E' nel 1874 che, con la pubblicazione di Nedda, avviene il salto qualitativo. La novella è diversa per argomento e per stile. Il racconto è significativo perché il Verga polemizza non più con le contraddizioni interne alla vita borghese, ma con quelle che questa vita produce esternamente, nelle classi più umili. Non gli interessa più l'alta società milanese e fiorentina, ma la Sicilia dei poveri.
Nel 1880 il Verga compone una raccolta di sette novelle che intitola Vita dei campi; nel 1883 pubblica Novelle rusticane e progetta un ciclo di cinque romanzi, I vinti, di cui però scrive solo i primi due: I Malavoglia nel 1881 e Mastro don Gesualdo nel 1888, che sono i suoi capolavori, riconosciuti a livello europeo. Tutte queste opere hanno come sfondo la Sicilia intorno a Catania, e come protagonisti uomini e donne delle classi subalterne: contadini, pastori, pescatori, artigiani, braccianti. Dura è la critica nei confronti dell'aristocrazia nobiliare.
In questi romanzi, che pur possono sembrare molto pessimisti, vi sono degli aspetti positivi:
- il rifiuto di ogni paternalismo bonario nei riguardi degli oppressi, i quali hanno bisogno di giustizia e non soltanto di comprensione;
- la scoperta dell'umanità e dignità dei ceti marginali, i quali cercano di affermare, per quanto sia loro possibile, valori come l'amore, l'onestà, l'onore, la fedeltà;
- l'analisi del risvolto negativo del progresso scientifico e industriale tanto esaltato dalla borghesia.
Nella letteratura italiana il Verga rappresenta un'anomalia. E' troppo "borghese" per piacere alla sinistra, ma lo è troppo poco per piacere alla borghesia. Egli critica aspramente la vita borghese ma non dà speranze al proletariato. Critica altrettanto duramente l'aristocrazia, ma considera i contadini e i braccianti dei "vinti" per natura, segnati inesorabilmente dal destino.
Di fatto il Verga proviene socialmente da un ambiente aristocratico benestante e soprattutto egli si è formato intellettualmente negli ambienti borghesi medio-alti di Firenze e di Milano. Solo quando questi ambienti gli sono venuti a noia, egli ha deciso di ritornare a Catania, cominciando ad interessarsi delle condizioni miserevoli dei meridionali.
Verga è stato uno dei pochi grandi romanzieri in Italia a comprendere il tradimento della borghesia post-unitaria, ma, nello stesso tempo, egli è stato anche uno dei pochi romanzieri che, nonostante una tale consapevolezza politica e sociale, non ha saputo intravedere nell'emergente movimento socialista una risposta alle contraddizioni del Sud. Ma il suo merito maggiore non sta solo nell'aver evidenziato la miseria del Sud come "prodotto" dell'opulenza del Nord, ma sta anche nell'aver creato un modo nuovo di "fare letteratura", cioè nell'aver elaborato uno stile popolare, più diretto e immediato.
Agli inizi del 1900, dopo aver capito che le conquiste risorgimentali per l'unità d'Italia erano state strumentalizzate dalla borghesia per affermare il proprio dominio a livello nazionale; che la borghesia non era disposta a ridistribuire le terre dei latifondisti ai contadini e che il nuovo Stato unitario era diventato lo strumento nelle mani della borghesia al nord e dei latifondisti al sud, strettamente alleati il pessimismo del Verga diventa così cupo ch'egli praticamente smette di scrivere.
Dal 1893 sino al 1922, anno della morte, egli si ritira a Catania, dove vive in un silenzio pressoché totale, amareggiato dall'incomprensione che circondava la sua opera (e che continuerà per tutto il ventennio fascista). L'ultimo romanzo, Dal tuo al mio, del 1905, attesta questa sua involuzione politica: esso infatti descrive il voltafaccia di un sindacalista operaio che, il giorno in cui sposa la figlia del padrone, si rende conto di essere passato dall'altra parte della "barricata", e lo dimostra difendendo con le armi la miniera di zolfo che i solfatari minacciavano di far saltare.


Musica: i compositori veristi




In Italia: Sotto l'influsso letterario del Verismo, i compositori italiani privilegiarono soggetti attenti alla vita quotidiana, spesso delle classi più umili, ma trattati con gusto realistico, talvolta evidenziando la brutalità di alcune situazioni messe in scena. I sentimenti espressi sono portati all'eccesso tramite una vocalità caratterizzata da continui sbalzi e da una ricca orchestrazione. In questo periodo il pubblico italiano comincia poco per volta ad apprezzare la musica strumentale creata negli altri paesi continua ad amare l’opera lirica ed è perciò che in questo genere musicale troviamo i nostri maggiori compositori: Pietro Mascagni, il cui successo formidabile lo ottenne, nel 1890, col suo primo capolavoro, la “Cavalleria rusticana”; Ruggero Leoncavallo, che compose un'opera verista destinata a grande fortuna, Pagliacci; Umberto Giordano il cui lavoro più conosciuto è “l’Andrea Chénier”, basato sulla vita dell'omonimo poeta francese; Francesco Cilea la cui opera più nota al pubblico mondiale è “Adriana Lecouvreur”, un'opera in quattro atti ambientata nel Settecento francese. Adriana Lecouvreur rappresenta il punto di incontro più felice tra la spontaneità di un melodismo di scuola napoletana e una scrittura armonica e timbrica aggiornata sui recenti modelli francesi.
Giacomo Puccini si stacca dagli altri compositori per una vena più intimista e sentimentale: nelle sue opere, tra cui la Bohème, Madama Butterfly, la Fanciulla del West, Turandot, il più delle volte, compare un personaggio femminile che patisce le situazioni avverse create dagli uomini.

Negli altri stati: In Austria, l’autore che più drammaticamente denuncia lo spirito di violenza e sopraffazione che agita la società del tempo è Gustav Mahler, il quale, nelle sue nove sinfonie, allestisce a volte marce angosciose, a volte pagine musicali in cui mette idealmente in scena i poveri derelitti della società. Per esempio, nella prima sinfonia, Mahler deforma la canzoncina popolare “Fra Martino” e ne fa una marcia funebre per il funerale dell’uomo comune. Mahler usa un’orchestra arricchita da ogni sorta di strumenti e voci umane: la sua ottava sinfonia è detta “dei mille” proprio perché tra strumenti e voci si arriva vicini a questo numero di esecutori.

In Germania Richard Strauss è noto soprattutto per i suoi poemi sinfonici e le sue opere liriche. Come Mahler egli usa un’orchestra di grandi dimensioni, ma il suo modo espressivo è molto diverso. Strauss è più portato a descrivere le pulsioni segrete, anche violente e oscure, del nostro mondo interiore. Lo sentiamo soprattutto nelle numerose opere scritte per il teatro musicale, spesso su temi sanguinari, come, per esempio, “Salomè”, ispirata ad un episodio della Bibbia, in cui si racconta la gioia crudele con cui la principessa fa decapitare San Giovanni.
Il poema sinfonico è anche il genere di musica prediletto dal finlandese Jan Sibelius, che si ispira alle leggende e ai miti della sua terra con opere come “Finlandia” e “Il cigno di Tuonala”. Il ceco Leos Janacek è autore di alcune delle più suggestive opere teatrali del primo novecento, come “Jenufa” e “La volpe astuta”. Il russo Sergej Rachmaninov, grande pianista ed erede della tradizione rappresentata da Cajkovskij, scrive lavori per il suo strumento, fra i quali i più importanti sono i quattro concerti per pianoforte e orchestra. In Inghilterra Edward Elgar è autore di oratori e musica sinfonica mentre in Spagna Isaac Albeniz e Enrique Granados scrivono pagine scintillanti e vivaci, nelle quali sanno dare voce alle esuberanze dell’anima spagnola.

Il musicista russo Alexander Skrjabin, come Strauss, evoca immagini visive con la sola forza dei suoni, ma si spinge anche oltre: inserisce nell’orchestra, accanto agli altri strumenti, una tastiera speciale grazie alla quale, premendo i tasti, non si sentono suoni ma si proiettano luci colorate. Nasce così uno spettacolo di suoni e colori: è noto il “Poema del Fuoco”, dedicato a Prometeo, un eroe della mitologia greca a cui gli antichi attribuirono il merito di aver donato all’uomo la conoscenza del fuoco.
Nella Francia della Belle Époque i poeti esprimono le sensazioni più segrete dell’animo ricorrendo a immagini: simbolismo è appunto il nome che si da a questa corrente rappresentata, tra gli altri, da Maurice Maetterlinck. Anche i musicisti partecipano a questo ambiente culturale.

Il più illustre è Claude Debussy, che di Maetterlinck mette in musica il dramma Pelléas et Mélisande. Debussy rinnova profondamente il linguaggio musicale, le sue armonie sono delicate e sfuggenti, i ritmi raramente sono pulsati e le melodie evitano la quadratura regolare. In questo modo crea climi di sogno, fluidi ed evanescenti. Con gli strumenti crea sonorità magiche, spesso di sapore esotico che paiono vivere fuori del tempo e dei luoghi. Per questa ragione la sua musica e sempre accostata alla pittura degli impressionisti.
Sulla scia di Debussy opera Paul Dukas, che mette in musica un altro dramma di Maetterlinck: Arianna e Barbablù, ma sa anche essere scherzoso con il suo Apprendista stregone, un poema sinfonico usato da Walt Disney nel suo cartone “Fantasia” dove il protagonista è Topolino.


Inglese: New York: a city of Immigrants



Come detto più volte i bei tempi (la Belle Époque) in effetti erano tali solo per chi se li poteva permettere. La popolazione del Meridione, in effetti, era stata devastata dalle guerra (con circa un milione di morti), da cataclismi naturali (il terremoto del 1908 con l'onda di marea nello Stretto di Messina uccise più di 100.000 persone nella sola città di Messina), depredata dall'esercito e dissanguata dal potere ancora di stampo feudale e non ebbe altra alternativa che migrare in massa
Gli Stati Uniti dal 1880 aprirono le porte all'immigrazione nel pieno dell'avvio del loro sviluppo capitalistico e, tra il 1880 e il 1915, quattro milioni di italiani vi emigrarono: circa il settanta per cento proveniva dall’Italia Meridionale.
Le navi portavano merci in Europa e ritornavano cariche di emigranti. I costi delle navi per l'America erano inferiori a quelli dei treni per il Nord Europa, per questo milioni di persone scelsero di attraversare l'Oceano.

New York: a city of Immigrants: Immigrants are people who enter another country to live. People went to the united states for many reasons. Find a place to practise their religion. Escape famine, poverty or war.
Ellis island is a small island in upper New York bay. 12 million immigrants passed through Ellis island.
120,000 people were from Britain and the Netherlands. Attracted the Irish and Germans.
Million Italians went to the united states to try and get better.
People from the same country often live in the same area and create their own communities. For example Little Italy and Chinatown. Little Italy is an area with dozens of Italian restaurants and shops.
Green card that allows them to legally enter the united states. The statue of liberty in New York. The statue was a present to the united states from the people of France. The statue erected in 1886.

Geografia: gli Stati Uniti d'America




L’ambiente naturale: Il territorio degli Stati Uniti è molto vasto: è, per estensione, il quarto del mondo. Questo territorio comprende anche l’Alaska e l’Arcipelago delle Hawaii.
L’Alaska si trova a nord – ovest del paese, vicinissimo all’Asia mentre, l’Arcipelago delle Hawaii, composto da una ventina di isole vulcaniche, si trova nell’ oceano Pacifico centro-settentrionale, in Oceania.
Data l’enorme estensione gli Stati Uniti hanno una straordinaria varietà di climi e ambienti naturali. In generale le temperature aumentano da nord verso sud e le precipitazioni diminuiscono da est verso ovest.
Gli Stati Uniti hanno una imponente rete fluviale, in cui i fiumi vengono utilizzati come vie di comunicazione interne e per irrigare ampli terreni agricoli e favoriscono lo svolgimento del commercio e delle attività produttive.
I principali fiumi sono il Mississippi e il Missouri, che insieme formano un vastissimo bacino, l’Ohio e il Tennessee, l’ Hudson, il Rio Grande e il Colorado occidentale.
I laghi principali sono il Superiore, il Michigan, l’Huron, l’Erie e l’Ontario.

Demografia e modelli urbani: La popolazione degli Stati Uniti è di circa 288 milioni di abitanti distribuiti in modo non uniforme. Le densità più elevate si registrano nelle città sorte lungo la costa atlantica e nella regione dei grandi laghi. La densità media è bassa, ma alcune città si estendono per centinaia di kilometri.
Lungo la costa atlantica troviamo Washingtin, Boston, New York, Baltimora e Filadelfia. Nella regione dei grandi laghi la città più popolosa è Chicago, ed altre importanti città Detroit, Minneapolis, Cleveland.
Sulla costa occidentale abbiamo San Francisco e Los Angeles. Altre città particolarmente importanti sono: Miami, un importante centro finanziario; Atlanta, che nel 1996 ha ospitato i Giochi Olimpici; Huston e Dallas nelle quali hanno sede le grandi multinazionali petrolifere e importanti centri si ricerca.

Popoli e culture: La popolazione degli Stati Uniti è multi etnica, infatti alla popolazione originaria indiana si sono aggiunte, e sovrapposte, popolazioni colonizzatrici di origine europea, popolazioni nere africane (deportate con la tratta degli schiavi) e popolazioni provenienti dall’America centrale e meridionale e dall’Asia.
Le differenti popolazioni sono giunte negli Stati Uniti in periodi differenti. I primi flussi migratori provenivano esclusivamente dall’Inghilterra (1600-1700), successivamente ebbe inizio la deportazione degli schiavi africani e, nel 1800 vi furono importanti migrazioni di tedeschi e irlandesi. Oggi l’immigrazione proviene soprattutto dal sud America tanto che, ormai, la lingua più diffusa non è più l’inglese ma lo spagnolo.

Risorse ed economia: Gli Stati Uniti vantano una notevole supremazia mondiale in differenti settori economici. Le risorse agricole, energetiche e minerarie sono immense. Gli Stati Uniti sono al primo posto nel mondo per la produzione del mais, della soglia e del sorgo. Sono, inoltre, tra i primi produttori al mondo di allumino, rame, carbone e idrocarburi. La moneta statunitense è il dollaro ed è ancora oggi la moneta di riferimento per l’economia mondiale.
L’agricoltura e allevamento
Quasi il 50% del territorio è destinato all’agricoltura e all’allevamento. Grazie all’uso di metodi di coltivazioni moderni la produttività è altissima.
Il paesaggio agrario è contrassegnato dalla suddivisione in fasce (belts): nella regione centrale si coltiva mais, più a Nord-Ovest e a Sud si coltiva frumento e nel Sud-Est del Paese si coltiva cotone; si coltivano, inoltre, barbabietole da zucchero e, nella regione californiana, sono diffuse le colture mediterranee.
La prosperità in questo settore dipende da una serie di fattori:
- la meccanizzazione;
- l’impiego di sementi selezionate e adatte ai diversi climi;
- la diffusione del sistema d’irrigazione;
- l’intervento dello Stato che ha finanziato grandi opere di bonifica.

Nelle zone più calde è diffusa la frutticoltura (agrumeti e vigneti), mentre diverse aree sono destinate al pascolo brado per l’allevamento di bovini: con i suoi capi bovini e suini, gli USA sono 1° nella produzione mondiale di carne e al 2° in quella del latte.
Industria
Gli USA primeggiano nel settore secondario basandosi sulle forti risorse in campo agricolo e minerario: sono 1° nella produzione di alluminio, di magnesio, di molibdeno e 2° per l’argento, l’oro e il rame. Gli USA sono 2°, dopo il Giappone, nella produzione di acciaio e nell’industria automobilistica.
Le industrie meccaniche e chimiche incontrano oggi qualche difficoltà, ma gli Americani hanno investito grandi capitali nell’automazione e nella ricerca scientifica, sviluppando settori più moderni: elettronica, informatica, aeronautica e astronautica, dove gli Stati Uniti hanno un predominio assoluto.
Le industrie automobilistiche sono concentrate nella zona dei Grandi Laghi; le industrie alimentari sono diffuse nelle Pianure Centrali; le industrie meccaniche, aeronautiche ed elettroniche sono localizzate lungo la costa pacifica.
Per motivi politici ed economici, gli USA hanno sviluppato una potente industria degli armamenti.
Nonostante tutto, comunque, l’industria americana ha gravi problemi di disoccupazione, per il motivo della sempre più utilizzata automazione.
Settore terziario
Il settore terziario occupa la maggioranza della popolazione attiva degli Stati Uniti. In questo settore spiccano la fitta rete dei trasporti, le attività assicurative e finanziarie e l’industria dello spettacolo: in particolare, le attività finanziarie e bancarie rivestono un ruolo di importanza mondiale. Il turismo è molto fiorente: un’attrattiva turistica crescente è esercitata dai molti e vasti Parchi Nazionali e da zone specializzate per il divertimento come, per esempio, la California dove si trova l’mmenso parco di Disneyland.
Il sistema aeroportuale è, a discapito di quello ferroviario, il più sviluppato del mondo: ha più di 10000 aeroporti e più di 30 compagnie nazionali. Molto importante è anche il trasporto fluviale e lacustre.


Francese: la Basilica del Sacro Cuore



L'architecte est Paul ABADIE, mais six architectes se succédèrent pour achever l'édifice.
Le style est Romano-byzantin: c'est-à-dire contraste avec les églises du Moyen Age:par exemple le style gothique de Notre-Dame de Paris; le style s'inspire de modèles comme Sainte Sophie de Constantinople ou encore San Marco de Venise ou Ravenne.
La première pierre fut posée en 1875 et, en 1919, le 16 octobre, il a été la consécration
L'église est de 35 mètres de long et 85 mètres de large, le Dôme est de 83 mètres de haut et le coupole est de 55 mètres de haut et a un diamètre de 16 mètres
Du parvis de la Basilique, on voit toute la ville de Paris. La visite du Dôme, qui s'élève à plus de 200 mètres, permet d'apprécier un paysage qui s'étend à 50 km à la ronde. C'est donc le point le plus élevé de Paris après la Tour Eiffel

Scienze: apparato circolatorio



Per vivere e per lavorare, i tessuti e gli organi hanno bisogno di nutrimento e di energia.
Le principali funzioni dell’apparato circolatorio sono proprio quelle di nutrire e di dare l’energia a tutte le parti del nostro corpo. Il nutrimento e l’energia arrivano alle diverse parti del corpo attraverso un liquido: il sangue.

Il sangue è un tessuto connettivo fluido che ha la funzione di trasportare l’ossigeno, le sostanze nutritive e le sostanze di rifiuto attraverso tutto il nostro organismo. Esso comprende il plasma e una parte corpuscolata composta da cellule. Il plasma è formato per il 90% circa da acqua e per il 10% da sostanze organiche e inorganiche, la parte corpuscolata è formata da: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

I globuli rossi sono cellule di colore rosso per la presenza di emoglobina, grazie alla quale trasportano l’ossigeno. Essi sono privi di nucleo e quindi non si riproducono, ma vengono costantemente riprodotti dal midollo osseo delle ossa. Vivono in media 120 giorni e quando invecchiano sono eliminati dalla milza. In un millimetro cubo di sangue si trovano circa 5 milioni di globuli rossi.

I globuli bianchi, chiamati anche leucociti, sono cellule sferiche che hanno la capacità di muoversi. Sono in grado quindi di uscire dai vasi capillari e penetrare nei tessuti dove hanno l’importantissima funzione di difendere l’organismo dai microrganismi patogeni quali i batteri e i virus. I globuli bianchi sono prodotti dal midollo rosso, dalla milza e dai linfonodi. In un millimetro cubo di sangue ci sono circa 4500-8000 globuli bianchi.

Le piastrine non sono cellule vere e proprie ma corpuscoli adibiti alla coagulazione del sangue. In caso di ferita, infatti, le piastrine raggiungono il luogo della lesione e liberano una sostanza che trasforma il fibrinogeno in fibrina, una sostanza che attiva la coagulazione del sangue. Le piastrine sono prodotte dal midollo rosso e vengono distrutte dalla milza. In un millimetro cubo di sangue ci sono circa 120000-200000 piastrine.

I gruppi sanguigni: Non tutti gli uomini hanno lo stesso identico tipo di sangue. La diversità dipende dalla la presenza o assenza, nei globuli rossi, di due particolari sostanze: antigene A e antigene B.
La presenza di un antigene nel sangue causa la produzione di uno specifico anticorpo, capace di neutralizzare l’antigene per cui è stato prodotto.
Esistono quattro diversi gruppi sanguigni e sono:

Il gruppo 0: Non possiede alcun antigene sulla membrana dei globuli rossi; mentre il plasma sanguigno possiede ambedue le agglutinine;

Il gruppo A: Ha sui globuli rossi la presenza dell'antigene A, mentre nel plasma si riscontra la presenza dell’agglutinine chiamato anticorpo anti – B;

Il gruppo B: Caratterizzato dalla presenza dell'antigene B sui globuli rossi e dalla presenza, nel plasma, dell’agglutinina, detto anticorpo anti – A;

Il gruppo AB: Presenta entrambi gli antigeni sui globuli rossi ma nessun agglutinine nel plasma.


Fig. 18 – Gruppi sanguigni: La diversità dipende dalla la presenza o assenza, nei globuli rossi, di due particolari sostanze: antigene A e antigene B

Per raggiungere tutti i punti, il sangue deve muoversi all’interno del corpo umano: questo avviene
grazie a un meccanismo chiamato circolazione sanguigna.
Il sangue circola nel corpo umano lungo i vasi sanguigni, cioè le vene, le arterie e i capillari. Per fare ciò il sangue ha bisogno di una spinta. L’organo che spinge il sangue e lo mette in circolo è il cuore.

I componenti dell’apparato circolatorio: I principali componenti dell’apparato circolatorio sono
- Arterie
- Vene
- Capillari
- Cuore

Le arterie: Le arterie portano il sangue ricco di ossigeno dal cuore verso i tessuti. Sono formate da tre strati: a partire dall’interno vediamo l’epitelio e, intorno ad esso, due strati di tessuto muscolare che rendono le arterie robuste ed elastiche. Le arterie si dilatano e si restringono spingendo il sangue lontano dal cuore.

Le vene: Le vene portano il sangue “impuro”, cioè carico di prodotti di rifiuto (anidride carbonica), dai tessuti al cuore.
Le vene hanno una struttura molto simile a quella delle arterie anche se le pareti sono più sottili e meno resistenti. Nelle vene troviamo delle valvole a nido di rondine che servono per impedire al sangue di rifluire all’indietro.

I capillari: Le arterie e le vene si ramificano in vasi sanguigni sempre più piccoli chiamati capillari.
I capillari sono vasi sanguigni molto stretti che hanno il compito di scambiare sostanze tra il sangue e le cellule. Le cellule ricevono dal sangue l’ossigeno e le sostanze nutritive e rilasciano, nel sangue, i materiali di scarto (CO2).
I capillari hanno un solo strato: l’endotelio e collegano le arterie alle vene.

Il Cuore: Il cuore è un muscolo involontario grande quanto un pugno ed è situato nella gabbia toracica.
All’interno è diviso in due parti, una parte destra e una parte sinistra: la parte sinistra del cuore pompa il sangue ricco di ossigeno dai polmoni in tutto il corpo, mentre la parte destra riceve soltanto il sangue venoso, cioè ricco di anidride carbonica.
Ciascuna delle due parti è divisa, a sua volta, in due cavità.
La cavità superiore che si chiama atrio e la cavità inferiore che prende il nome di ventricolo.
Ogni atrio comunica con il ventricolo attraverso una valvola (quella sinistra prende il nome di mitrale e la destra di tricuspide), che impedisce al sangue di scorrere in senso contrario.
I movimenti del cuore sono chiamati pulsazioni o battiti cardiaci e il tempo che passa tra un battito e l’altro si chiama ciclo cardiaco. Il ciclo cardiaco ha due fasi: la sistole e la diastole.
Durante la fase della sistole il sangue viene spinto fuori dai ventricoli, quindi nelle arterie mentre durante la fase della diastole, i ventricoli si riempiono di nuovo di sangue.

Piccola e grande circolazione: L’apparato circolatorio dell’uomo è formato da due circolazioni, la piccola e la grande circolazione.
Esaminiamo questi percorso dal momento in cui il sangue si trova nell’atrio destro del cuore.

Piccola circolazione: L’atrio destro si contrae e spinge il sangue nel ventricolo destro. Il ventricolo destro si riempie di sangue e si contrae spingendo il sangue nella arteria polmonare. Attraverso l’arteria polmonare il sangue va ai due polmoni; qui attraverso i capillari arriva agli alveoli polmonari dove cede l’anidride carbonica e si carica di ossigeno.

Grande circolazione: Il sangue ricco di ossigeno, attraverso le vene polmonari, ritorna nell’atrio sinistro del cuore. L’atrio sinistro si contrae e spinge il sangue nel ventricolo sinistro del cuore. Il ventricolo sinistro rilassato si riempie di sangue e si contrae spingendo il sangue arterioso nell’aorta. Partendo da questa arteria il sangue viene portato in tutte le parti del corpo dove, cede l’ossigeno e le sostanze nutritive alle cellule e si ricarica delle sostanze di rifiuto. Il sangue arterioso diventa così sangue venoso. Attraverso i capillari venosi raggiunge le vene e si dirige nuovamente al cuore, raccogliendosi nelle vene cave che lo riportano nell’atrio destro, da dove riprende incessantemente il suo percorso.
La circolazione dell’uomo è doppia e completa proprio perché il sangue compie un doppio percorso e il sangue venoso non si mescola mai con il sangue arterioso.

Belle Epoque, analisi storica




Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del Novecento si respirava in Europa un clima di pace e ottimismo. Caratteristiche di questo tempo, poi definito Belle époque (letteralmente “epoca bella”), erano la fiducia nella scienza e i considerevoli progressi tecnologici, che facevano pensare a un futuro ricco di benessere. D’altra parte, però, l’impennata dell’industria aveva prodotto forti squilibri sociali nelle aree più progredite del continente, e molti abitanti vivevano in condizioni economiche disagiate. Inoltre la politica coloniale dei maggiori stati europei, detta imperialismo, finalizzata al ricavo di materie prime per l’industria e all’estensione di potere, aveva generato una netta disuguaglianza tra l’Europa e il resto del mondo.

Per questo la Belle époque fu un periodo di forti contraddizioni. Apparentemente positivo, in realtà nascondeva tensioni destinate a scoppiare.

I progressi della Belle époque: Negli anni della Belle époque si compirono eclatanti progressi nel campo scientifico-tecnologico.
Le case borghesi furono dotate per la prima volta di acqua corrente e servizi igienici, mentre nei palazzi più lussuosi videro la luce i primi ascensori. Per le strade delle città comparvero lampioni elettrici; le comunicazioni si fecero più agevoli grazie al telefono e a nuovi mezzi di trasporto come l’automobile e la metropolitana. I fratelli americani Orville e Wilbur Wright realizzarono nel 1903 un apparecchio in grado di volare per qualche centinaio di metri, destinato a progredire nei veri e propri aeroplani.
In quegli stessi anni lo scienziato tedesco Wilhelm Konrad von Röntgen scoprì i raggi X, che, grazie anche agli studi dei coniugi Curie e di Ernest Rutherford, portarono a sviluppi impensabili in campo medico.
Nel 1900 il fisico Max Planck enunciò la teoria dei quanti, e 5 anni dopo Albert Einstein formulò la teoria della relatività, che sconvolse l’idea newtoniana di spazio e tempo assoluti.
In ambito filosofico furono molto significative le riflessioni di Henri Bergson e Sigmund Freud. Quest’ultimo, in particolare, contribuì massicciamente alla messa a punto del metodo psicanalitico.
Nel campo dell’arte si distinsero soprattutto le avanguardie, che attraverso le loro opere espressero nuove concezioni. Si ricordano Arnold Schönberg e Igor Stravinskij, che condussero ricerche sulla musica dodecafonica, il pittore cubista Pablo Picasso e gli scrittori Marcel Proust e James Joyce.

L’altra faccia della Belle époque: All’inizio del Novecento, in molti paesi d’Europa, andavano rafforzandosi movimenti democratici che chiedevano maggiore coinvolgimento popolare negli affari politici. A ciò si dovette una generale estensione del diritto di voto, che in molti stati coincise con la concessione del suffragio universale maschile (in Italia dal 1912). Inoltre, assunse vigore il tema della lotta per l’emancipazione femminile.

Parallelamente al processo di democratizzazione si ebbe nel Vecchio continente una crescita dei movimenti legati al mondo dell’industria. Lo sviluppo economico, favorito da una più raffinata gestione del lavoro in fabbrica (taylorismo*), portò all’estensione delle associazioni socialiste, che da gruppi ristretti di teorici e intellettuali si evolsero in partiti di massa. Le richieste di questi ultimi non tardarono a diffondersi e la tensione tra le classi sociali si accentuò.

In particolare il socialismo difendeva gli interessi della classe proletaria, divenuta con lo sviluppo industriale una sorta di ingranaggio di catene produttive sempre più spersonalizzate. Così si affermarono le associazioni sindacali e nacquero i primi sindacati unitari nei principali paesi europei (CGIL in Italia).

Per reazione apparvero anche i primi movimenti nazionalisti, che fondavano la loro azione sull’avversione alla democrazia e sull’esaltazione della forza militare. Essi accentuavano il ruolo guida di élites di uomini superiori e presero piede nei principali paesi europei, scatenando violente campagne antidemocratiche, antisocialiste e belliciste.

*Taylorismo: dottrina ispirata alla proposta di una più efficace regolamentazione dei ritmi di lavoro, avanzata dall’ingegnere americano Frederick Winslow Taylor attraverso l’opera L’organizzazione scientifica del lavoro. Le idee di Taylor prepararono la nascita della catena di montaggio, e furono in parte applicate da Henry Ford nell’industria automobilistica.

L’Europa di inizio secolo: Attorno al 1900 la supremazia politico-culturale della Gran Bretagna – nell’Ottocento la maggiore potenza mondiale – cominciava a essere messa in discussione. Episodi come la guerra anglo-boera, combattuta nelle colonie del Sudafrica, e simbolicamente la morte della regina Vittoria (1901), segnarono l’incipiente declino del paese. Anche dal punto di vista economico, la Gran Bretagna doveva ormai fare i conti con l’aggressività delle nuove potenze industriali, e in particolare della Germania. La politica del paese, con l’affermazione del partito laburista, stava intanto mutando verso un moderato ma incisivo riformismo sociale. Nel primo Novecento scoppiò poi la cosiddetta “questione irlandese”, cioè l’isola d’Irlanda pretese l’indipendenza del dominio britannico.

Quanto alla Francia, si apriva al nuovo secolo fra le contraddizioni. Tra la crescita dei movimenti nazionalisti e la fiducia nello sviluppo industriale, si accentuavano i contrasti fra destra e sinistra: iniziava un tempo di incertezza politica, poiché nessuno schieramento era in maggioranza sugli altri.

Nel resto d’Europa la situazione era anche più turbolenta. La Germania spiccava come potenza economica in rapida crescita, ma aveva anche intrapreso, con il Kaiser Guglielmo II, una politica espansionista e militarista. L’impero austro-ungarico era travagliato da conflitti interni, scatenati dai movimenti indipendentisti delle diverse nazionalità che ne facevano parte. Doveva inoltre far fronte alle mire della Russia verso l’area dei Balcani, dove l’Impero ottomano si era indebolito. I russi desideravano quel territorio per ottenere uno sbocco diretto sul Mediterraneo, mentre la stessa Austria mirava a estendere la propria egemonia nel continente. La penisola balcanica fu chiamata, per questa contesa, la “polveriera d’Europa”.

Ma anche la Russia viveva al suo interno un momento di grave crisi. Nonostante alcune timide riforme l’impero conservava una struttura arretrata, che accentrava gran parte del potere economico-politico nelle mani di una ristretta cerchia di proprietari terrieri. Nei primi anni del Novecento emerse una spaccatura all’interno del partito socialdemocratico, tra la parte minoritaria (menscevichi) e la parte maggioritaria (bolscevichi), il cui leader era Lenin. Una guerra perduta contro il Giappone nel 1905 favorì lo scoppio della crisi interna del paese. Nella capitale San Pietroburgo contadini e operai si organizzarono in assemblee (i soviet) per rivendicare i propri diritti, mentre i cittadini borghesi manifestarono chiedendo maggior coinvolgimento politico. In seguito a una strage di civili (“domenica di sangue”) lo zar Nicola II dovette concedere Costituzione e Parlamento (Duma), e per il momento le conquiste dei rivoltosi liberali non ebbero seguito.

L’Italia giolittiana: Nel 1900 l’Italia era scossa da forti tensioni sociali che culminarono proprio in quell’anno con l’assassinio a Monza, da parte di un anarchico, del re Umberto I. La politica autoritaria e repressiva degli ultimi anni si era rivelata inefficace, e il nuovo re, Vittorio Emanuele III (1900-1946), affidò il governo a Giuseppe Zanardelli, maggior esponente della Sinistra liberale. Era ministro degli Interni Giovanni Giolitti, che dimostrò subito un atteggiamento nuovo verso la questione sociale. Egli favorì l’istituzione del Consiglio superiore del lavoro, un organismo competente in materia sociale che coinvolgeva anche esponenti sindacali.

Nel 1903 Giolitti fu eletto primo ministro e governò l’Italia, con brevi interruzioni, fino al 1914. Con lui si inaugurò una politica riformista, che cercava di assumere un atteggiamento super partes per incoraggiare la soluzione pacifica delle tensioni che affliggevano il paese. Giolitti, per mantenere la maggioranza, cercò sempre di avvicinare al governo le forze politico-sociali emergenti. Dapprima ottenne la collaborazione del partito socialista riformista di Filippo Turati, attraverso la quale poté intraprendere una serie di provvedimenti legati al mondo del lavoro. In seguito si vide però costretto a cercare nuovi appoggi. Finito in minoranza nel 1909, Giolitti tornò alla guida dell’Italia nel 1911 con due progetti: la riprese dell’iniziativa coloniale e l’introduzione del suffragio universale maschile. La prima intenzione, concretizzata con la conquista della Libia, non portò i frutti sperati, mentre l’estensione della base elettorale rischiava di compromettere gli equilibri politici tradizionali. Il partito socialista avrebbe infatti potuto moltiplicare i propri voti grazie al supporto dei lavoratori. Il Governo di Giolitti trovò una soluzione nel cosiddetto “patto Gentiloni” (dal nome dell’attuale leader dei cattolici): stipulò un accordo con i cattolici che da un lato gli assicurò il loro voto, dall’altro rappresentò il ritorno all’impegno politico di questi ultimi.

Nell’età giolittiana l’Italia conobbe la prima rilevante trasformazione industriale, ma rimaneva ancora un paese prevalentemente agricolo. In particolare esisteva una divergenza netta tra il Nord progressista e il Sud, dove dilagava l’analfabetismo. Giolitti tentò di affrontare quella che fu definita la “questione meridionale”, ma non intraprese mai alcuna riforma del settore agrario. Per questo motivo fu accusato di mostrare un doppio volto.

Belle Epoque, periodo storico




La Belle Epoque è il periodo storico che più di tutti è caratterizzato dall’armonia, dal punto di vista sociale, culturale, economico e politico. Questo periodo inizia alla fine dell’Ottocento e si conclude una trentina di anni dopo con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. E’ un periodo caratterizzato da importanti riforme, scoperte, innovazioni, cambiamenti sia in campo socio - politico - economico che in campo artistico – letterario - scientifico.
Parigi volle celebrare l’inizio del XX secolo con l’Esposizione Universale del 1900, una gigantesca fiera che accoglieva meraviglie tecnologiche create dalla Rivoluzione Industriale e tutti i prodotti esotici che un commercio di dimensioni mondiali era in grado di far affluire dai più remoti angoli della Terra. Per un anno Parigi accolse un’enorme massa di persone provenienti da tutti i paesi del mondo facendo sfoggio dei suoi larghi boulevard, della Tour Eiffel, meraviglia della tecnica, dell’atmosfera affascinante di Montmartre con tutti i suoi artisti, dei locali notturni in cui imperversava il Can Can, del maestoso teatro dell’Opéra che offriva opere liriche e operette per tutti i gusti. E’ per questo che la capitale francese fu anche la capitale della Belle Epoque, con tutta la variegata gamma delle sue espressioni, dai fenomeni di costume sociale a quelli dell’espressione artistica. Altre capitali europee, quali Londra, Vienna, Budapest, Berlino, si imposero invece come centri pilota delle moderne società industriali.
Nella Belle Epoque la tecnologia liberò tutte le sue potenzialità esercitando una straordinaria forza di attrazione culturale e psicologica. All’interno delle grandi città si determinò un sostanziale miglioramento della vita materiale, garantito da una serie di servizi nuovi. L’energia elettrica, il sistema fognario, le strade asfaltate, i centri di prevenzione sanitaria, le scuole per l’infanzia e elementari, i trasporti pubblici sono stati introdotti durante questo periodo e nel giro di pochi anni rivoluzionarono radicalmente la vita delle persone. Nel 1895 la scoperta fatta da Guglielmo Marconi sulla radio-telegrafia portò in breve alla costruzione della Prima Radio cui seguirà un regolare servizio pubblico e un efficiente servizio sulle navi. Sul finire del XIX secolo, in Francia, nasce anche il cinematografo dei fratelli Lumière. Intanto due costruttori di biciclette, i fratelli Wright, davano forma al sogno di Icaro: si poteva volare! I nuovi mezzi e le conoscenze tecniche spingono i nuovi esploratori nelle regioni del globo che fino a quel momento sono rimaste sconosciute. Dopo i tentativi di controllo e di repressione della libertà di stampa messi in atto alla fine dell’Ottocento, il nuovo secolo si apre con un periodo di sviluppo economico, sociale e di grande fermento culturale che trova il suo punto di forza nel campo editoriale e giornalistico. La spinta a sapere, informarsi, a conoscere faceva sì che al mattino alle 8.00 le edizioni fossero già esaurite. I pittori che si erano svincolati dalle commissioni dei signori e dall’arte sacra nascevano poveri e rimanevano poveri, ma lasciavano un’arte fruibile e comprensibile.
La Belle Epoque fu un periodo caratterizzato da grandi scoperte tecnologiche
Come se non bastasse, all’inizio del Novecento, la seconda Rivoluzione Industriale non era affatto finita, anzi: era in pieno svolgimento. I centri economici più importanti si stavano però spostando sul piano geografico, dove c’era più abbondanza di materie prime e dove era più sviluppata e attiva la ricerca. La Germania deteneva la supremazia della chimica e per questo era definita la regina delle scienze: per la sua capacità di rinnovare e trasformare i settori diversi dell’industria. Poteva anche contare sull’energia del carbone.
In quarant’anni le ex colonie inglesi si erano trasformate in società ultramoderne grazi a questi fattori:
a) possiedono tutti i climi e gli ambienti della terra
b) hanno un territorio sconfinato
c) hanno grande disponibilità di materie prime
d) hanno efficienza di trasporti e vie di comunicazione.
I nuovi prodotti dell’industria (automobili, telefoni, macchine da cucire, ecc.) determinarono la nascita di una dimensione nuova dell’esistenza: il tempo libero.
I fattori che avevano spinto gli industriali a moltiplicare la produzione di beni di consumo erano molteplici e uno legato all’altro.
Una tecnologia in rapido sviluppo, strettamente collegata all’industria e alla sua espansione;
una crescita demografica senza precedenti alla quale si accompagnò un’imponente urbanizzazione;
un grande sviluppo della classe impiegatizia, che, unita a un significativo aumento del reddito, favorì la nascita dei clienti anche fra ceti meno privilegiati;
un dominio locale vastissimo, dove l’industria aveva creato nuovi mercati interamente controllati dall’Occidente.
Gli Stati Uniti furono i primi a soddisfare questo desiderio provvedendo rapidamente a migliorare le tecniche di distribuzione. Nei maggiori centri urbani impiantarono grandi magazzini in cui si poteva trovare di tutto: dalla spilla da balia all’automobile; i centri più piccoli e le zone rurali furono raggiunti attraverso la vendita per corrispondenza.
Per consentire l’acquisto alle fasce meno ricche, furono escogitate tutte le possibili forme di pagamento rateale che indebitarono le famiglie ma resero possibile a chi aveva un reddito medio - basso una quantità prima impensabile di prodotti costosi.
L’eccezionalità dello sviluppo economico e culturale vissuto intensamente dagli europei durante la Belle Epoque era però destinata a finire precipitosamente. Il 1914 segna la fine di un’epoca armoniosa e con essa la fine di un sistema di vita, di un modo di vivere eccezionale. Il “New York Times” del 23 Novembre 1980 riportava le parole del ex Primo Ministro inglese Harold MacMillan che, a proposito della pacifica e prospera Età Vittoriana in Gran Bretagna, disse: “Tutto andava di bene in meglio. Questo era il mondo in cui nacqui. All’improvviso, una mattina del 1914, ogni cosa giunse inaspettatamente alla fine”
Ma è stato effettivamente così? Come è stato possibile che, da un giorno ad un altro si potesse perdere un’armonia “mondiale” per cadere nel più totale stato di disordini? E’ stata davvero una cosa “inaspettabile” o piano piano, nell’ombra, qualche minaccia all’armonia era coltivata proprio durante questa magnifica epoca? Probabilmente non è stato solo l’attentato a Sarajevo che ha segnato lo scoppio della Prima Guerra Mondiale: qualcosa di duraturo da tempo già si celava dietro una presunta armonia. Analizziamo ora le possibili cause della perdita di armonia che caratterizzò il 1914.
L’affondamento del Titanic – tra i primi segnali del grande crollo
Aprile 1912: Con il Titanic affondano le speranze di un’armonia duratura. L’orchestra continuò a suonare fino alla fine. Nessuno dei musicisti, in un impeccabile frac nero, abbandonò il proprio posto. Le musiche, dolci, ma che lasciavano trasparire la drammaticità del momento, erano le stesse che accompagnavano le serate di gala della vita mondana di tutte le grandi capitali europee da Vienna a Mosca. In questa surreale, cruda cornice, il 14 Aprile del 1912 affondava il Titanic.
Oltre 1600 uomini e donne perirono nella tragedia. I più poveri erano stati rinchiusi nelle stive: non dovevano contendere ai più ricchi il posto sulle poche scialuppe di salvataggio. Neanche nella morte vi è uguaglianza fra ricchi e poveri. Nel freddo mare del Nord una collisione con un Iceberg faceva colare a picco il transatlantico che da solo rappresentava il trionfo della tecnologia e, con essa, le speranze e i sogni di un intero secolo. Centinaia di migliaia di tonnellate d’acciaio, saloni e cabine arredati con lo stile raffinato che caratterizzava le corti e i teatri del vecchio continente. Gli scaloni e i ponti facevano invidia alle scalinate e ai ballatoi di Versailles o dei migliori teatri viennesi. Le pietanze preparate nelle cucine di bordo gareggiavano con i cibi serviti nei raffinati ristoranti parigini o di Roma. Come l’Orient Express il Titanic simboleggiava il predominio incontrastato della meccanica e della scienza. Incarnava il simbolo del pensiero positivista ottocentesco per il quale la scienza e la tecnologia risolverebbero tutti i problemi dell’uomo, arrivando per alcuni anche a sconfiggere la morte. Bastarono pochi metri cubi di ghiaccio per porre fine a tutto ciò. Lo choc nelle coscienze europee fu enorme, ciò che rappresentava tutti i valori in cui si era fino a quel momento creduto, naufragava ora miseramente in balia delle forze della natura, portandosi dietro le vite di centinaia di uomini rimasti imprigionati nel ventre della nave.
Il secolo nato dalla sconfitta di Napoleone finirà proprio con la Prima Guerra Mondiale. L’Europa che entrava nel nuovo secolo era ancora molto sicura di se stessa, eppure alcuni fermenti di lì a poco si sarebbero formati e sviluppati velocemente. I circoli anarchici di tutto il mondo avevano indetto a Parigi un congresso, durante il quale prepararono una rivolta contro il Regime Monarchico. In Luglio a Mosca veniva ucciso Umberto I, ad Agosto lo Scià di Persia sfuggiva a un attentato, a Novembre, a Bruxelles il Principe di Galles veniva ferito.
Intanto la massa dei consumatori aumentava e gli industriali dovevano produrre di più e più a buon mercato per soddisfare le richieste dei consumatori. Nasce così la catena di montaggio. Nel 1913 l’industriale degli Stati Uniti Henry Ford introdusse nella sua fabbrica la catena di montaggio, un nastro mobile lungo il quale veniva disposta a intervalli regolari, una serie di operai, ciascuno dei quali doveva compiere un determinato tipo di operazione. Con questo sistema Ford poté realizzare la produzione in serie.
Il tipo di lavoro alla catena di montaggio e i ritmi imposti dal nastro mobile erano così ripetitivi e massacranti che rendevano gli operai simili a robot. Non potevano allontanarsi nemmeno per un momento dal nastro mobile per tutto il turno, neanche per andare in bagno. Rendendosi conto della fatica alla quale sottoponeva i suoi operai, Ford cercò con successo di esaltarne lo spirito di corpo attraverso una serie di privilegi che li distinguevano dagli operai di qualsiasi altra industria:
 ridusse l’orario giornaliero a otto ore;
 concesse loro aumenti salariali e
 distribuì a fine anni premi di produzione a tutti a patto che si raggiungessero gli obiettivi prefissati.
Questo però non sempre bastò a calmare gli operai stressati dal lavoro, senza contare che tutte le fabbriche adottarono la catena di montaggio, ma pochissime i privilegi concessi da Ford ai suoi operai. Questo provocò delle importanti tensioni sociali che sfociarono nella lotta di classe del Proletariato. Vennero organizzati scioperi e manifestazioni di piazza e un numero sempre maggiore di operai aderì ai movimenti socialisti e ai sindacati. Le proteste riguardavano:
salari troppo bassi rispetto all’inflazione;
la meccanizzazione del lavoro industriale con conseguente riduzione della richiesta di manodopera specializzata;
la richiesta di legalizzare i sindacati;
la richiesta di ottenere una organizzazione sindacale più equa che prevedesse meno ore di lavoro, pensioni e assistenza sanitaria in caso di malattia;
la richiesta di suffragio universale maschile.
I Governi, dal canto loro, vararono leggi antisciopero che proteggevano con l’esercito i “crumiri”, cioè gli operai che non volevano scioperare, e prevedevano il carcere per i picchetti cioè i lavoratori che, durante gli scioperi impedivano l’ingresso dei “crumiri” nei luoghi di lavoro.
Vararono però anche una legislazione sociale che
 prevedeva l’obbligo scolastico elementare,
 proibiva il lavoro minorile ai bambini di età scolare,
 prevedeva assistenza in caso di malattia e infortuni,
 riduceva la giornata lavorativa a otto ore,
 introduceva il suffragio universale maschile
Le concessioni previste con la legislazione misero in crisi i partiti socialisti (che nel frattempo si erano preparati a una dura lotta sociale) che si divisero al loro interno in
 Socialisti riformatori che prevedevano forme di lotta per ottenere riforme pacifiche dai governi cercando un dialogo con loro e volevano allargare la base elettorale anche al mondo contadino e alle minoranze.
 Socialisti rivoluzionari seguaci di Marx e Engels che volevano abbattere il sistema borghese con una rivoluzione violenta e si rivolgevano esclusivamente al proletariato industriale.
 Anarchici contrari ai riformisti e ai rivoluzionari, rifiutavano qualsiasi forma di autorità.
Karl Marx, economista tedesco, fondatore del socialismo, da cui derivò poi il Comunismo esprime le sue teorie ne Il Capitale. Egli sostiene che:
 la società borghese non avrebbe mai posto fine allo sfruttamento della classe operaia, nonostante le riforme a favore di quest’ultima,
 la società borghese doveva essere sostituita con quella socialista, più giusta ed equa,
 la società socialista sarebbe stata costituita dalla classe operaia,
 la società socialista si sarebbe fondata sull’abolizione della proprietà privata e sul principio della proprietà collettiva dei mezzi di produzione allo scopo di porre fine definitivamente allo sfruttamento.
Tutto questo, secondo Marx, si sarebbe potuto realizzare soltanto con una rivoluzione violenta.
Dal punto di vista politico si affacciavano, accanto alle idee marxiste, politiche nazionaliste in ogni paese. Si consolida il Colonialismo e la volontà di potenza. L’America seguiva il presidente Theodore Roosvelt nel suo slancio imperialista e protezionista allo stesso tempo. In Russia la corona zarista comincia a vacillare e ad allontanarsi dalla società russa. Di lì a poco due rivoluzioni e un golpe (1905 – febbraio 1917 – ottobre 1917) cambieranno il volto della Russia.
Da questo momento in poi una delle principali cause della Prima Guerra Mondiale fu data dal forte contrasto imperialistico per il dominio economico mondiale attraverso le colonie tra la Germania, più tardi alleata con l’Austria e l’Italia nella Triplice Alleanza, la Francia e l’Inghilterra alleate alla Russia nella Triplice Intesa.
Poiché questi patti costringevano ogni stato a intervenire in caso di guerra a difesa degli alleati, queste alleanze contribuiranno a far sì che un’insignificante conflitto coloniale diventasse una Guerra mondiale.
Sarajevo 28 Giugno 1914. L’arciduca ereditario austriaco Francesco Ferdinando e la moglie Sofia Chotek vennero assassinati nella propria carrozza da uno studente serbo anarchico, Gavrilo Princip. La notizia fa rapidamente il giro dell’Europa, la guerra è imminente poiché L’Austria si scaglierà con ogni probabilità contro la Serbia e i complessi meccanismi delle alleanze continentali si metteranno improvvisamente in moto. Due mesi dopo Parigi doveva fronteggiare l’avanzata proveniente dal Belgio, violato dall’esercito germanico. Alla frenesia dei balli del Moulin Rouge si sostituisce il crepitio dei fucili e delle mitragliatrici. La Belle Epoque era finita e occorrerà attendere cinquanta anni per riassaporare i piaceri della pace e dell’armonia.
Conclusione
Nel 1968 Charles de Grulle in un suo discorso affermò: “E’ trascorso mezzo secolo, ma la tragica cicatrice lasciata dalla grande Guerra sul corpo e sull’anima delle nazioni non è scomparsa. Quel disastro ebbe dimensioni fisiche e morali tali che nulla di ciò che sopravvisse rimase come prima. La società nel suo insieme – sistemi di governo, confini nazionali, leggi, forze armate, rapporti fra stati, ma anche ideologie, vita domestica, ricchezze, patrimoni, rapporti personali – cambiò radicalmente. Infine l’umanità perse l’equilibrio, e non lo ha più riacquistato”.
Effettivamente dopo la Guerra sia i politici che altri cercarono di rallentare o fermare questa evoluzione e riportare le cose alla normalità, ripristinando il mondo che c’era prima del 1914, ma fu impossibile. Il terremoto era stato così violento e così prolungato, che il vecchio mondo ne era stato lacerato dalle fondamenta. Impossibile rimetterlo in piedi o restaurarlo secondo il modello di un tempo con i suoi sistemi sociali, la sua mentalità, i suoi principi morali. Anche i valori erano cambiati: la Guerra, unica nel suo genere fino a quel momento, aveva infranto anche molte tradizionali norme di vita e di comportamento sociale: tutto andava alla deriva. Si preannunciavano i segni della crisi dei valori a cui ora siamo ormai quotidianamente abituati. Alla società odierna il breve periodo della Belle Epoque appare come un’occasione persa: si era quasi riusciti a toccare con un dito un’armonia totale e duratura, ma erano bastati alcuni conflitti, inizialmente insignificanti, a por fine a quel mondo ideale. Questo dimostra che, come sostenne anche Montale attraverso tutti gli avvenimenti del XX secolo, l’armonia può forse essere raggiunta, ma è difficile se non impossibile da mantenere, non si può impossessarsene in modo definitivo.

>Belle Epoque, definizione storica




La fine dell’800 fu caratterizzata dall’intensificarsi dello sviluppo industriale, dovuto principalmente a numerose innovazioni tecnologiche nei settori della chimica, dell’elettricità e del petrolio, tanto che possiamo definire questo periodo una seconda rivoluzione industriale.
Malgrado la crisi agraria che colpì l’Europa in questo periodo, tutta l’agricoltura europea subì un processo di rinnovamento che la rese più moderna e più prospera. Si cercò di modernizzare l’agricoltura a tutto vantaggio delle grandi e medie aziende che producevano con metodi capitalistici e a svantaggio ovviamente delle piccole proprietà contadine. Questo processo di modernizzazione contribuì a migliorare sensibilmente le condizioni materiali della popolazione grazie ad una migliore alimentazione, alla diminuzione della mortalità e ad un allungamento della vita media.
Dopo il 1870 nacquero numerose aziende industriali che furono finanziate dalle nascenti banche miste .Fra il 1870 e il 1914 si industrializzarono paesi come la Russia, l’Austria, il Giappone e la Svezia mentre l’industrializzazione vera e propria dell’Italia si ebbe tra il 1896 e il 1914, con l’ulteriore sviluppo dei settori tessile e siderurgico e la nascita dell’industria meccanica ed elettrica.
In questo periodo nacquero le prime automobili che erano oggetti costosi e di lusso, destinate a poche persone, ma nel 1908 l’americano Ford cominciò a fabbricare un tipo di automobile relativamente economico, la prima vera utilitaria della storia, che lo stesso Ford definì “modesta come l’asino, utile come le scarpe”. Questa automobile nacque dopo la realizzazione dei primi motori a scoppio ad opera dei tedeschi Daimler e Benz nel 1885-1886.L’opera di Ford è importante poiché contribuì ad introdurre la catena di montaggio e a dare inizio alla produzione di massa.
Fra l’800 e il 900 nacquero molte società automobilistiche ancora esistenti come la RENAULT in Francia, la MERCEDES in Germania, la ROSS ROYCE in Inghilterra e la FIAT(Fabbrica Italiana Automobili Torino)in Italia. Altri avvenimenti importanti si collocano all’inizio del 900: nel 1903 ci furono i primi voli dei fratelli americani Wright e nel 1909 il francese Blèriot attraversò la Manica.Ci furono inoltre altre due importanti invenzioni destinate a grandi sviluppi, quella del cinema, realizzato la prima volta nel 1895 in Francia grazie ai fratelli Lumière e quella della radio ad opera dell’italiano Guglielmo Marconi, che sempre nel 1895 utilizzò le onde elettromagnetiche.
Questo periodo, favorito dalla condizione di pace che perdurava di fatto da circa 30 anni e che ancora non faceva presagire la tragedia della prima guerra mondiale, fu caratterizzato da un clima di grande euforia e da un’atmosfera di frivolezza ed è sintetizzato nell’espressione Belle Epoque, ossia il periodo in cui la borghesia celebrò il suo trionfo.

Questo periodo fu segnato anche dalle espansioni coloniali da parte di paesi come l’Inghilterra e la Francia, mentre l’Italia gettò le prime basi colonizzando nel 1885 quella che poi fu chiamata Eritrea.
L’ideologia dell’Imperialismo coloniale si basava sulla coscienza della superiorità della civiltà europea destinata a dominare il mondo. Nella lotta per il predominio, secondo gli europei la vittoria spettava a chi era più adatto, al più forte e al più civile, cioè all’uomo bianco, dando vita ad episodi di razzismo.
Queste colonie aumentarono di gran lunga di numero grazie ai miglioramenti introdotti dai bianchi nella medicina e nell’igiene, anche se i bianchi introdussero pure il lavoro forzato per obbligare gli indigeni a lavorare, tanto che molto spesso le popolazioni locali si ribellarono dando vita a rivolte pur di difendere i propri usi e costumi che rischiavano di essere distrutti. Fu questo il periodo in cui molti popoli europei, spinti dalla necessità ma anche qualcuno dallo spirito di avventura, emigrarono. La speranza di una rapida ascesa e di un nuovo e più ricco domani, portò poveri ma anche benestanti a tentare la fortuna oltre oceano, verso le due Americhe, l’Australia e la Nuova Zelanda. Con il fenomeno dell’emigrazione milioni di persone abbandonarono paesi europei sovrappopolati rispetto alla terra disponibile e alle risorse offerte e si sono trasferiti là dove la manodopera invece era scarsa. Moltissimi furono gli italiani che partirono e che hanno ricostruito la loro vita lontano dalla terra d’origine. Il paese che accolse il maggior numero di emigranti furono gli Stati Uniti, in cui tra il 1865 e il 1914 emigrarono più di 15 milioni di persone.

Belle Epoque, storia




Con la fine della “lunga depressione” si riaprì per l’Europa una nuova fase di sviluppo e di prosperità, destinata a durare fino allo scoppio della Grande guerra. In questo periodo tutti erano consapevoli che a breve sarebbe arrivata una catastrofe, ma il popolo cercò di esorcizzare la catastrofe quindi nacque la Belle Epoque, ovvero il periodo di ripresa economica e culturale che caratterizzò il “vecchio Continente” tra la fine del XIX secolo e lo scoppio della Prima guerra mondiale, ovvero dal 1885 al 1915.
In tale periodo si ebbe un profondo ottimismo e una rinnovata fiducia, piena di speranze, verso il nuovo secolo; si diffuse un senso di euforia, accompagnato da una fiducia illimitata nel progresso. Il popolo si sentiva quasi capace di sottomettere la natura ai propri bisogni.
Inoltre la Belle Epoque fu anche un’epoca di importanti innovazioni tecnologiche che portarono ad un miglioramento della vita quotidiana: acqua corrente e servizi igienici nelle case, l'impiego della lampadina elettrica e l'introduzione dell’ascensore elettrico, la diffusione del grammofono e della cinematografia con i fratelli Lumière che realizzarono la prima proiezione durata dieci minuti.
Inoltre nel periodo della Belle Epoque lo sport diventò il fenomeno di costume e si diffuse fra le classi popolari; sempre in questo periodo si diffuse anche il consumo di massa.
Con la Belle Epoque quindi migliorò lo sviluppo, infatti, crebbe l’industria, crebbe la produzione e a sua volta si affermò la lotta per conquistare i mercati; queste furono le premesse che avrebbero posto le basi per la Grande guerra.

Belle Epoque, descrizione



Il periodo che va all’incirca dalla fine dell’‘800 fino alla fine del 1914 è un periodo caratterizzato da profondissime trasformazioni culturali e sociali. È il periodo cosiddetto della “Belle Époque”, è il periodo in cui cambiano le concezioni del mondo fisico, sono gli anni in cui si afferma la psicanalisi, si hanno le prime teorizzazioni della meccanica, viene scoperta la relatività di Einstein.
Inoltre cambiano i metodi di organizzazione del lavoro, si afferma il cosiddetto metodo fordista, cioè in pratica Taylor che studiò i movimenti sulla catena di montaggio. Questo venne proiettato su larga scala e produsse un significativo incremento delle merci disponibili.
Le tensioni sviluppatesi nell’Ottocento all’interno della società sul tema del lavoro (sfruttamento del lavoro), nel Novecento trovano una radicalizzazione senza precedenti. “Radicalizzazione” sia dal punto di vista dello scontro, sia dal punto di vista dei contenuti del lavoro.
N.B. Nel 1909 sono pubblicate le “Riflessioni sul tema del lavoro” di George Sorel; Sorel era un sindacalista, quindi aveva l’idea che la violenza potesse in qualche modo risolvere i problemi e che ci dovesse essere una vera e propria rivoluzione sociale per cambiare il capitalismo.
Il dato che maggiormente colpisce è che agli inizi del Novecento si costituisce quella che, banalmente, è definita “società di massa”. La “massa” è una società schiacciata verso il pulsionale e l’elementare; cioè una società schiacciata sul piano dei bisogni elementari, i bisogni legati alla sopravvivenza e gli aspetti ludici.
ES. Un esempio della “massa” è la folla allo stadio, cioè l’aspetto regressivo dell’organizzazione della società stessa.
All’inizio del secolo abbiamo nuovi mezzi di comunicazione (telefono, proiezione di film, giornali…). Giustificate dall’uso degli strumenti di comunicazione massa, ci sono delle idee che circolano all’interno della società di massa come le idee razziste (es. caso Dreyfus).
Si era posto un problema di estensione dei diritti e di universalità dei diritti, infatti i diritti sono tali se riguardano la totalità della popolazione, altrimenti sono privilegi.
Si comincia a notare una contrapposizione riguardo i principi della Rivoluzione Francese, i movimenti reazionari di massa tendono a negare valore e significato agli ideali della Rivoluzione Francese; mentre i movimenti progressisti tenderanno a confermarli e a sostenerli.
Infatti era stata portata avanti dallo stato liberale l’idea che dovessero governare le élite e che queste élite fossero nominate, in Germania il potere era nelle mani del Kaiser, il cancelliere poteva continuare a governare anche solo con la fiducia del Kaiser. Lo stesso per quanto riguarda l’Italia, lo Statuto Albertino prevedeva che il capo del governo dovesse rendere conto al re. Quindi, lo stato liberale naufraga miseramente nella prova del fuoco del conflitto mondiale:
- Russia (1917) – rivoluzione e dittatura di Stalin
- Italia (1919) – fondazione del partito fascista
- Germania – Hitler nel giro di 10 anni ha completamente stravolto la nazione
N.B. Un grande pensatore spagnolo degli anni ’30 ha sintetizzato nel libro “La ribellione delle masse” l’idea che tutto ci sia dovuto. Ortega y Gasset ha definito il “barbaro verticale”, l’“uomo massa” il prodotto della società di massa che tende a far prevalere quegli istinti non del tutto controllati, l’“uomo massa” fa prevalere l’impolitico sul politico.
In questo contesto si respira un clima di esaltazione della procreazione e si realizza quel fenomeno, indicato dallo storico George Mosse come “nazionalizzazione delle masse”. Ciò vuol dire che le masse vengono inglobate, militarizzate all’interno delle nazioni concepite agonisticamente (battaglie e conflitti). Nasce quindi il vero e proprio nazionalismo (pangermanesimo, panslavismo…). I movimenti nazionalisti se la prendono con i comunisti e con gli ebrei anche perché circola un’idea sbagliata di evoluzionismo. Le idee di Darwin vengono trasferite sul piano sociale (darwinismo sociale), che significa che se una persona ha più di un’altra è perché è più brava degli altri. Il darwinismo sociale è pericoloso perché concede la ragione per sentirsi superiori e schiacciare in basso coloro che ancora non sono riusciti a emergere.
Un altro dei pregiudizi che si sviluppano è il pregiudizio etnocentrico, è l’Europa che si concede di colonizzare e di imporsi sugli altri paesi (es. colonizzazione dell’Asia; apartheid in Sudafrica).
È da sottolineare, però, che le difficoltà e i problemi verranno fuori con il conflitto mondiale perché il tutto viene coperto dall’immagine scintillante della Belle Époque (es. cancan).
L’Italia agli inizi del Novecento affronta finalmente una fase di grande crescita economica.

Belle Epoque, spiegazione



La Belle Époque, ovvero “i bei tempi”, è il periodo che va dal 1880 agli inizi della Prima Guerra Mondiale (1914).
La Belle Époque fu per la Borghesia Occidentale un periodi di progresso, benessere e pace. Lo stile di vita borghese dipendeva dal quartiere di residenza, dal piano in cui si trovava l’appartamento, dalle dimensioni dell’abitazione e dalla ricchezza dell’abbigliamento.

Questo nuovo stile di vita consentì la formazione della “grande borghesia”, rappresentata dagli industriali e dai banchieri, della “media borghesia”, rappresentata da professionisti, uomini d’affari e altri funzionari statali e della “piccola borghesia”, rappresentata dai piccoli commercianti, piccoli artigiani e impiegati.

La Bella Époque permise alla società di massa di realizzare la produzione in serie tramite la catena di montaggio.

La catena di montaggio era un lungo nastro mobile lungo il quale erano disposti operai non specializzati, ciascuno dei quali compiva meccanicamente un’unica operazione e per questo sopportava ritmi di lavoro pesantissimi. Inoltre il lavoro ripetitivo costringeva l’operaio a svolgere sempre la stessa azione, riducendolo ad un robot incapace di pensare.

Non sempre il lavoro dell’operaio era qualificato e quindi si pensò di costituire le “aristocrazie operaie”, formate da capireparto e lavoratori qualificati che sorvegliavano il funzionamento della catena di montaggio.

Questo nuovo sistema fu introdotto nel 1913 nelle officine automobilistiche Ford, a Detroit; era l’applicazione pratica della nuova organizzazione del lavoro ideata da l’ingegnere statunitense F.W. Taylor e perciò denominata “taylorismo”.

Lo scopo di questa nuova organizzazione di lavoro era principalmente quello di aumentare i profitti, con un lavoro svolto più velocemente e sostenendo costi ridotti.

Belle Epoque e catena di montaggio




L’Ottocento consegnò al nuovo secolo un mondo profondamente trasformato sotto il profilo economico, sociale, politico e culturale
1. L’idea di una parità di diritti tra gli uomini era ormai una concezione “acquisita” a livello teorico, anche se permanevano in tutto il mondo discriminazioni a più livelli (razziali,sociali, sessuali).
2. La Rivoluzione industriale creò nuovi modi di organizzazione della produzione e del lavoro che ebbero profonde ripercussioni sulle strutture della società. Le inarrestabili scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche avviate nella seconda metà del XIX secolo erano destinate a mutare per sempre la vita quotidiana di milioni di persone.
3. Con la nascita di una classe operaia sempre più numerosa ed economicamente importante si andavano affermando partiti e movimenti sindacali, grazie ai quali le “masse” si sarebbero trasformate in protagonisti della storia contemporanea.
4. L’istituto politico dell’impero si avviava fatalmente verso la dissoluzione, in seguito all’affermarsi dei concetti di Stato-nazione e di Stato sovrano.
5. L’ espansione coloniale europea raggiungerà il culmine negli anni che precedono la Prima guerra mondiale. L’inizio del secolo costituisce il punto massimo di quella che viene chiamata l’europeizzazione del mondo.
6. All’inizio del nuovo secolo, gli Stati Uniti sono ormai una potenza politica ed economica, destinata ad un futuro ruolo di egemonia.
Un’“epoca bella”
All’apertura della Quinta esposizione universale del 1900, a Parigi, il presidente francese Emile Loubet proclamava: “il xx secolo vedrà brillare un po’ più di fraternità e meno miseria". Questa dichiarazione fa cogliere bene il clima di fiducia nell’avvenire e nel progresso inarrestabile dell’umanità che caratterizza gli anni a cavallo dei due secoli. Questo periodo, chiamato con l’espressione francese Belle Époque, interessò, tuttavia, soltanto l’Europa e gli Stati Uniti.

Conquiste scientifiche e tecniche: Ad alimentare questo clima contribuivano soprattutto le straordinarie scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche grazie alle quali l’umanità sembrava in grado di risolvere tutti i suoi problemi:
• malattie epidemiche potevano essere debellate dalla ricerca medica;
• nuovi mezzi di trasporto e di comunicazione consentivano spostamenti di persone e merci secondo modalità e tempi prima impensabili;
• la produzione industriale apriva l’epoca dei consumi di massa;
• le innovazioni introdotte nell’agricoltura consentivano di produrre maggiori quantità di derrate alimentari.

Movimenti di massa e nuove ideologie: Movimenti politici, civili e sindacali stavano conquistando il diritto a costituirsi e di lottare per le proprie idee. L’Europa soprattutto si presentava al mondo come il campione del progresso. Si generò la convinzione che gli europei dovessero porsi alla guida dei popoli più arretrati. Questo portò alla nascita di ideologie nazionalistiche, cioè di concezioni politiche che sostenevano la superiorità della propria nazione rispetto alle altre.

La borghesia, protagonista della vita spensierata della Belle Époque: Il clima di ottimismo e spensieratezza esaltò la voglia di vivere e di divertirsi che ebbe come protagonista soprattutto la borghesia media e alta. Le famiglie borghesi risiedevano nei quartieri eleganti delle città, disponevano di appartamenti spaziosi, dove poter ricevere ospiti. Oltre alla casa in città, spesso possedevano una dimora in campagna, dove trascorrere il periodo estivo. I più ricchi potevano permettersi più abitazioni e le case di campagna o in altri luoghi consentivano momenti di svago e di riposo lontano dalla città.
Balli, ricevimenti, spettacoli teatrali, frequentazione di caffè alla moda divennero riti sociali irrinunciabili, dove rendersi visibili, ostentando la propria ricchezza ed eleganza. Parallelamente si diffondeva il rito della villeggiatura; le terme e le località balneari come la Costa Azzurra divennero luoghi d’incontro mondani per eccellenza. Questi modelli di vita non riguardarono ovviamente le categorie sociali più povere che dovettero attendere anni per beneficiare in qualche modo di un miglioramento della vita quotidiana.

Il rinnovamento delle arti: Il movimento del futurismo fu il portavoce più evidente dell’esigenza di rinnovamento della cultura, proclamata a chiare lettere nel famoso manifesto del futurismo, pubblicato nel 1909; particolarmente rivoluzionarie rispetto al passato furono le arti figurative e applicate. La scultura e la pittura futurista, che ebbero in Umberto Boccioni uno dei maggiori esponenti, esaltavano il dinamismo tipico delle città.
Il movimento dell’art nouveau si propose di superare gli stili tradizionali accademici, ispirandosi alle forme della natura. Anche i movimenti chiamati avanguardie, sorti agli inizi del Novecento, si proponevano di rinnovare le forme artistiche. Tra i più importanti vi fu il cubismo che ebbe tra i maggiori esponenti artisti come Pablo Picasso e Georges Braque. Un’altra corrente artistica, quella dell’astrattismo, si espresse soprattutto nell’opera del russo Vasilij Kandinskij.

Cambia il sistema della produzione industriale: Tra i fenomeni che caratterizzarono il periodo compreso fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, fondamentale importanza ebbe l’evoluzione dei sistemi di produzione e diffusione dei prodotti industriali. L’ industria iniziò per la prima volta a produrre in serie quantità rilevanti di beni, differenziando le proprie produzioni da quelle artigianali. Questo richiedeva appositi macchinari e studi progettuali al fine di preparare prodotti semplificati”, che potessero essere replicati all’infinito (prodotti standard). Per raggiungere tale scopo, inoltre, era necessaria un’organizzazione del lavoro che permettesse lo sfruttamento ottimale delle macchine e del lavoro umano. Fu un ingegnere statunitense, Frederick Winslow Taylor, a mettere a punto un nuovo sistema, detto taylorismo o organizzazione scientifica del lavoro. Esso prevedeva:
• il massimo sfruttamento delle macchine e delle tecnologie;
• l’eliminazione dei movimenti e dei tempi superflui;
• una scrupolosa preparazione e una precisa pianificazione del lavoro.


La catena di montaggio: Il taylorismo venne applicato dall’industriale statunitense Henry Ford, il quale introdusse nelle sue fabbriche la catena di montaggio che consentiva di ridurre i tempi di lavorazione e quindi i costi di produzione. Taylorismo e catena di montaggio consentirono di aumentare fortemente la produzione, ma determinarono problemi psicologici e di affaticamento per gli operai, costretti a ripetere meccanicamente per ore gli stessi gesti, senza avere la soddisfazione di vedere il frutto del proprio lavoro.

Mercato di massa e nuovi soggetti politici: Questi caratteri della produzione industriale implicavano necessariamente l’esistenza di un mercato di massa, cioè di un vasto pubblico di consumatori in grado di acquistare la grande quantità di prodotti. Ciò significava offrire beni economicamente accessibili a un maggior numero possibile di persone, sollecitandone l’acquisto attraverso campagne pubblicitarie mirate a intercettare i gusti della popolazione. Fu in questo periodo che la pubblicità divenne uno dei cardini della strategia industriale e commerciale. La legislazione sociale fu perfezionata a favore di individui e lavoratori e venne garantito il diritto all’istruzione elementare.
Il diritto di voto venne progressivamente ampliato sino a giungere al suffragio universale maschile che allargò in misura significativa il numero degli elettori. L’ampliamento della base elettorale modificò i caratteri dei partiti che divennero partiti di massa: dovendo conquistare il consenso di un maggior numero di elettori, essi dovettero organizzarsi in modo diverso, puntando su una massiccia propaganda. Tra questi partiti crebbero per consistenza e importanza quelli socialisti, così come si consolidarono i movimenti sindacali, che attraverso dure lotte si battevano per ottenere migliori condizioni di lavoro e salariali per gli operai.

L’emancipazione femminile: Le donne non avevano diritto di voto, trovavano ostacoli nell’accesso all’istruzione, ricevevano salari inferiori a quelli degli uomini nonostante l’occupazione femminile nel lavoro industriale fosse in continua crescita. Il movimento femminista, che ebbe in Anna Kuliscioff (1857-1925) una delle esponenti più rappresentative in Italia, si batté in modo particolare per il diritto di voto. Le suffragette (così vennero chiamate in modo dispregiativo le donne che portavano avanti la richiesta del “suffragio femminile”) non ebbero vita facile, ma conseguirono il risultato sperato nei primi due decenni del Novecento negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei. In Italia il voto alle donne sarà concesso solo nel 1946.

Autori che hanno contribuito al presente documento: Alfred71, SteDV, CelticHarp, Pinka, .anonimus., fra9295, Mik194, valeniky2909.
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