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Concetti Chiave

  • Eligabalo, imperatore dal 218 al 222 d.C., era una pedina sotto il controllo delle donne della sua famiglia, note per seguire riti orientali.
  • Il suo regno segnò un periodo di matriarcato, con il potere effettivo esercitato dalla nonna Giulia Mesa e altre influenti figure femminili.
  • I comportamenti anticonformisti di Eligabalo, tra cui cerimonie esotiche e vita nell'ozio, provocarono lo scontento di pretoriani e Senato.
  • La nonna Giulia Mesa orchestrò la sua caduta in favore di Alessandro Severo, portando alla ribellione dei pretoriani nel 222 d.C.
  • Eligabalo subì una damnatio memoriae, cancellando il suo nome e le sue immagini dalle iscrizioni ufficiali come sanzione per tradimento.

Eligabalo (218 –222 d.C.): la fallita orientalizzazione dell’Impero
Ben presto, dopo il 217 d.C., l’Impero ritornò nelle mani della famiglia dei Severi. Macrino, infatti, fu deposto e ucciso dai militari che portarono al trono Marco Aurelio Antonino, detto Eliogabalo: il quattordicenne nipote di Caracalla. Quest'imperatore (218 –222 d.C.) fu una semplice marionetta nelle mani delle potentissime dame della famiglia imperiale, la nonna Giulia Mesa, la madre Giulia Soemia e la zia Giulia Mamea, tutte seguaci di riti orientali. Di fatto, dunque, questo periodo rappresentò una specie di matriarcato, in cui il potere effettivo era esercitato dalla parte femminile della famiglia imperiale.
I costumi di Eliogabalo destarono irritazione e scandalo: egli praticava cerimonie esotiche, si circondava di maghi, trascorreva le sue giornate nell’ozio e il suo comportamento era così anticonformista da suscitare il malcontento dei pretoriani e del Senato. La potente nonna, Giulia Mesa, si rese quindi conto che conveniva eliminare lo screditato Eliogabalo e favorire l’ascesa al trono di un altro nipote, Alessandro Severo.
Così nel 222 d.C. i pretoriani si ribellarono, uccisero Eliogabalo e ne gettarono il cadavere nel Tevere. Venne proclamata la sua damnatio memoriae: una sanzione che accompagnava la condanna per tradimento. Essa comportava che il nome personale del condannato (praenomen) non potesse più essere trasmesso nella discendenza familiare che le sue immagini venissero cancellato dalle iscrizioni.

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