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“Volevo vendicarmi andando in classe con le mani in mano, senza fare lezione. Ma non ci riesco”. In queste parole c'è tutta la rabbia e la frustrazione di una docente napoletana, che su Repubblica denuncia un caso che non riguarda solo lei, ma anche molti altri suoi colleghi.

Sul banco degli imputati i conguagli fiscali di fine anno che, il più delle volte, consistono in una vera e propria mannaia che si abbatte sullo stipendio, spesso dimezzando (ma anche azzerando) l'importo netto.

Così l'insegnante ha incassato uno stipendio netto di un euro relativo al mese di dicembre.

Indice

  1. Lo stipendio da 1 euro
  2. Non un caso isolato

Lo stipendio da 1 euro

La docente è una prof precaria che insegna in una scuola media, vincitrice del concorso nel 2020. Quando ha visto l'importo dell'ultimo stipendio mensile del 2024 è rimasta fortemente delusa: “Non da un privato, ma dallo Stato, che ci umilia e mostra dispregio per il nostro lavoro.

Leggendo il cedolino paga si capisce che si tratta di conguagli fiscali. Ma io ho controllato i miei precedenti stipendi e non ho mai preso un soldo più del dovuto. Quale conguaglio c’è da fare?”, ha spiegato la docente.

La prima reazione è stata di rabbia e di sconforto: “Volevo vendicarmi andando in classe con le mani in mano, senza fare lezione. Ma non ci riesco. La fortuna di queste istituzioni matrigne è che tanti docenti svolgono il loro lavoro con dedizione e impegno, anche se sono arrabbiati e delusi, anche se invece dello stipendio prendono schiaffi”.

Al momento, dice la docente, non c’è stato alcun riscontro in seguito alle proteste di chi si trova in questa situazione: “Nessuna risposta. Solo la tesoreria del ministero mi ha inviato una mail che dice: ‘la sua Pec è stata protocollata, può seguire la situazione sul sito web’, ma quel sito è fermo da giorni”.

Non un caso isolato

E non si tratta di un caso isolato: “Siamo in tanti, in tutta Italia. Qualcuno si è rivolto ad un avvocato, qualcun altro ha parlato con i sindacati. Se almeno ci avessero avvisati. Se almeno ci avessero proposto una rateizzazione del debito, ammesso che debito ci sia.

Ed io, comunque, sono fortunata. Ho un marito che lavora. Stringeremo la cinghia, con la nostra bambina, faremo sacrifici. Ma supereremo questo burrone nel quale ci ha scaraventato lo Stato” racconta la donna.

Ma non tutti possono dirsi altrettanto fortunati: “Altri, invece, vivono solo con lo stipendio della scuola. Io abito a Napoli, per arrivare a scuola faccio mezz’ora d’auto. Con 1 euro non pago neppure mezzo litro di benzina. Vado a piedi? I mezzi pubblici costano più di quell’euro meschino che ci hanno dato”.

La docente conclude il suo intervento affermando poi che la cosa più sconcertante sia il fatto di non potersi appellare a niente e nessuno: “Siamo troppo mortificati. E scoraggiati. Contro chi fare un’azione? Contro lo Stato? Contro lo Stato che ci affida i suoi cittadini più giovani? Contro lo Stato di cui siamo pubblici ufficiali? Sarebbe kafkiano”, ha concluso, con amarezza.