
RIFORME IN CORSO, DUBBI IN AUMENTO - Ma cos’è che spinge le Regioni a tenere aperte scuole che, secondo un decreto dovrebbero invece perdere l’autonomia scolastica e, di conseguenza, essere chiuse? Di motivi, in realtà ce n’è più di uno. Innanzitutto, secondo Giovanna Pentenero, assessore piemontese alla pubblica istruzione, uno dei motivi è che semplicemente si preferisce rimanere cauti e aspettare di vedere gli esiti delle riforme che il Ministero dell’Istruzione sta attuando. Infatti, al momento attuale, ancora non è stata portata a compimento la riforma della scuola di secondo grado e, per giunta, è comunque troppo presto per rendersi conto degli effetti delle recenti riforme sulla scuola primaria e su quella di primo grado.
A CHI TOCCA FARE I TAGLI? - E poi, c’è da aggiungere che lo scorso ottobre era stata emanata una legge che imponeva alle regioni di effettuare, in breve tempo, tutti gli accorpamenti necessari per poter arrivare allo standard di scuole con un numero di studenti superiore a 500 (o oltre 300 per i comuni di montagna e le piccole isole). Il problema consisteva nel fatto che la stessa legge stabiliva che, se le regioni non avessero provveduto agli accorpamenti dovuti, in loro sostituzione sarebbero arrivati dei commissari nominati dal Governo per poter portare a completa realizzazione il provvedimento. Operazione questa che, in base all’attuale divisione di compiti tra Stato e regioni, appariva incostituzionale e, così, il carattere obbligatorio della legge è stato ridimensionato.

FALLITA L’OPERAZIONE-TAGLI - Così, un po’ per l’incertezza sugli esiti delle riforme scolastiche che si stanno attuando, un po’ per la confusione sulla divisione delle competenze tra Stato e Regioni fatta dai provvedimenti emanati, è comprensibile capire il motivo che ha portato molte regioni a mostrarsi poco propense a dare seguito all’ “operazione-tagli” voluta dal Ministero.
LE SORPRESE NO FINISCONO QUI - Ma non è finita qui, perché il Ministero dell’Istruzione pare abbia intenzione di sopprimere quegli Istituti con meno di 50 alunni per poter ulteriormente ridurre i posti di bidello e di assistente amministrativo. Ma anche su questa nuova proposta aleggiano un po’ di dubbi: pensate che in molti piccoli paesi il fatto che ci sia una scuola è molto importante perché permette di mantenere in quel territorio le nuove famiglie con figli evitando, quindi, che si verifichi lo spopolamento dei piccoli centri.
Insomma, i provvedimenti emanati dal Ministero dell’Istruzione continuano a lasciare non poche perplessità, sia sulla loro opportunità che sulle modalità di attuazione. Ma soprattutto, cosa ne pensano gli studenti?
Diteci la vostra commentando l'articolo: studiate in una scuola “piccola” o “numerosa”?