
Sarà un anno scolastico ricco di novità per studentesse e studenti. Dai docenti tutor e orientatori (che hanno fatto la loro comparsa tra i banchi già lo scorso anno) alle disposizioni sul voto in condotta e l'utilizzo degli smartphone, fino alle nuove nozioni introdotte nell'insegnamento dell'educazione civica.
Novità che il Ministro Valditara ha riassunto nel videomessaggio di auguri di inizio anno, e poi riprese da Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che – in occasione della ripartenza delle attività – si è soffermata in particolare proprio sul potenziamento dello studio dell'educazione civica.
Educazione civica e integrazione: due lati della stessa medaglia
“Ai bambini e ai ragazzi che da domani inizieranno a tornare sui banchi auguro un nuovo anno ricco di conoscenze, scoperte e incontri. Spero che la scuola possa essere per tutti non soltanto un luogo in cui si apprende e ci si forma, ma anche un posto in cui si va volentieri, si sta bene e si costruiscono relazioni” dichiara Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.
A proposito del potenziamento dell'educazione civica, Garlatti auspica che questa “rappresenti veramente uno strumento per promuovere tra bambini e ragazzi la cultura del rispetto verso l’altro e i valori di solidarietà. Solo in questo modo potrà contribuire in concreto a supportare i minorenni nel loro percorso di crescita e di costruzione della personalità e potrà fare davvero la differenza in termini educativi, formando ragazzi più consapevoli che si sentano parte attiva della società e diventino il tramite per veicolare valori positivi”.
Fondamentale è per l'Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, scogiurare il rischio di un'estremizzazione del concetto di comunità nazionale, a discapito dell'integrazione: “La scuola deve essere pensata, sin da quella dell’Infanzia, come il primo luogo di integrazione. Per questo, l’attività di potenziamento dell’italiano rivolta agli studenti stranieri deve essere svolta in modo pienamente inclusivo, evitando il rischio di isolamento e di ghettizzazioni”.
Ius Scholae, se non ora quando?
Se la scuola è luogo di socializzazione e crescita dell'individuo come parte integrante di una comunità, “va da sé che non ha più senso una norma che impone di attendere il compimento dei 18 anni per acquisire la cittadinanza a ragazzi che nascono e crescono in Italia e si formano studiando la lingua, la storia, i valori e le regole di convivenza civile del nostro Paese. Sono ragazzi che si sentono italiani e che italiani lo sono di fatto” aggiunge Garlatti che, per vie traverse, rispolvera un tema di cui si è parlato negli scorsi giorni, lo Ius Scholae.
“Sono convinta – conclude – che questo possa essere davvero il momento giusto per avviare una seria riflessione sul tema. Riconoscere la cittadinanza è fondamentale per promuovere una piena integrazione; non riconoscerla, al contrario, potrebbe essere causa di frustrazione e determinare forte senso di emarginazione, accrescendo il rischio di pericolose derive oppositive”.